L’ordinanza n. 28647/2024 della Prima Sezione della Corte di Cassazione affronta una questione di massima attualità e grande rilevanza pratica: quale sia il termine per proporre opposizione all’indennizzo determinato con decreto di acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. 327/2001. Si tratta di stabilire se il termine perentorio di 30 giorni previsto per la classica opposizione alla stima espropriativa sia applicabile anche al caso dell’indennizzo in via acquisitiva-sanante, oppure se valga il termine ordinario di prescrizione decennale.
Per decenni, la prassi amministrativa e la giurisprudenza avevano tollerato il fenomeno della cosiddetta “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”, con cui la PA, realizzando opere pubbliche su suoli illegittimamente occupati, ne acquisiva il titolo mediante il pagamento del solo risarcimento del danno. Tale meccanismo, tuttavia, è stato dichiarato contrario ai principi costituzionali e convenzionali dalla Corte costituzionale (sent. 349/2007) e dalla Corte EDU (sent. Carbonara e Ventura c. Italia, 2000), in quanto lesivo del diritto di proprietà.
Per colmare il vuoto normativo, è stato introdotto l’art. 42-bis d.P.R. 327/2001, che consente all’amministrazione di sanare l’occupazione illegittima mediante un provvedimento formale di acquisizione, con contestuale liquidazione di un indennizzo “commisurato al valore venale del bene” e, se del caso, un risarcimento per ulteriori pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali.
L’indennizzo previsto dall’art. 42-bis si distingue dall’indennità espropriativa ordinaria:
Nel caso deciso dall’ordinanza n. 28647/2024, alcuni proprietari di terreni occupati illegittimamente dal Comune hanno visto annullato il decreto di esproprio dal TAR, con condanna al risarcimento. Successivamente, l’ente ha emanato un decreto di acquisizione sanante ex art. 42-bis, liquidando un indennizzo ritenuto dai proprietari inferiore ai criteri fissati in sede amministrativa.
Il Comune eccepiva che la richiesta di integrazione dell’indennizzo era tardiva, non essendo stata proposta entro 30 giorni dalla notifica del decreto, come previsto per l’opposizione alla stima d’esproprio (art. 54 T.U. – art. 29 d.lgs. 150/2011).
La Corte d’Appello accoglieva questa tesi, ma la Cassazione ribalta la decisione.
L’amministrazione e la Corte territoriale sostenevano che, essendo l’acquisizione sanante un procedimento “ablatorio”, l’opposizione all’indennizzo dovesse rispettare il termine perentorio di 30 giorni, per analogia con l’opposizione alla stima ordinaria.
La Suprema Corte, richiamando la sentenza n. 35287/2023, afferma invece che:
Si tratta di una soluzione che tutela l’effettività del diritto di proprietà e il diritto di difesa del privato, impedendo che decadenze non previste dalla legge limitino l’accesso alla giurisdizione.
La decisione si pone in linea con i principi della Corte costituzionale e della Corte EDU, che hanno più volte ribadito l’importanza della tutela effettiva dei diritti patrimoniali e della tassatività delle decadenze processuali, specie in materie “sensibili” come le ablazioni per pubblica utilità.
La dottrina più recente sottolinea che l’art. 42-bis non può essere considerato un semplice “ritaglio” della procedura espropriativa ordinaria, ma costituisce un rimedio speciale e autonomo, destinato a sanare illegittimità pregresse e quindi meritevole di una disciplina più ampia e garantista in tema di termini.
Alcune pronunce avevano ritenuto applicabile per analogia il termine breve di decadenza anche alle impugnazioni dell’indennizzo ex art. 42-bis, valorizzando la natura indennitaria della prestazione e la necessità di certezza nei rapporti.
La sentenza in commento, riprendendo Cass. 35287/2023 e la posizione del Pubblico Ministero, afferma invece che non è consentita l’estensione analogica di termini decadenziali a casi non espressamente previsti dalla legge, specialmente quando si tratta di diritti fondamentali e di accesso alla tutela giurisdizionale.
La soluzione adottata dalla Cassazione assicura una maggiore tutela ai proprietari, evitando che decadenze non previste dalla legge limitino il diritto di accesso alla giustizia.
Conferma il principio di legalità e tassatività dei termini decadenziali, particolarmente rilevante in materia di espropriazione, dove sono in gioco diritti fondamentali.
L’ordinanza n. 28647/2024 chiarisce definitivamente che il termine perentorio di 30 giorni per l’opposizione alla stima NON si applica all’impugnazione dell’indennizzo ex art. 42-bis, che resta soggetta ai termini ordinari di prescrizione decennale.
La pronuncia tutela il diritto di difesa, rafforza le garanzie per i proprietari espropriati e richiama amministrazioni e giudici ad un’applicazione rigorosa dei principi di legalità e tassatività in materia di decadenze processuali.