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I terreni espropriati per la realizzazione di manufatti e strutture destinate ad attività produttive e commerciali devono ritenersi edificabili anche in base alla giurisprudenza italiana
Avvertenza: questo estratto di documento fa parte dell’archivio storico di alcuni atti prodotti da ANPTES e non è aggiornato. Per la documentazione aggiornata torna alla home page del sito.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione
Del resto tale conclusione e’ confermata dalla pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione che, in materia di espropriazione di aree comprese in zone destinate ad insediamenti produttivi, ha stabilito:
1. che “Ora non e’ dubbio che ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione e di occupazione, la inclusione del terreno in esame nel menzionato piano induceva ad attribuirgli natura edificatoria perche’ in tal modo classificato da detto strumento urbanistico, perfino se la precedente ed originaria zonizzazione ne avesse comportato la qualificazione come suolo agricolo (Cass. 9891/2007; 19128/2006; 5874/2004),
2. che a nulla rilevano le suddivisioni in zone nell’ambito di esso, ne’ che all’interno di ciascuna zona edificatoria o in alcune di esse fossero lasciati spazi ed aree per servizi e supporti pubblici come prescritto del d.m. 2.4.1968 art. 3 e segg.: trattandosi di opere a servizio delle singole zone (cfr. legge n. 1150/1942 art. 13), che rientrando nel novero delle previsioni particolari e’ da ritenere siano appositamente destinate all’ablazione dei suoli necessari alla loro realizzazione, e in quanto integranti altrettanti vincoli espropriativi, di esse non deve tenersi conto ai fini del calcolo dell’indennita’ espropriativa, risentendo tali aree della natura assegnata alla singola zona cui sono di corredo (Cass. SS.UU. n. 125/2001, nonche’ n. 19501/2005; n. 15519/2001; n. 1113/1999)” (Cass. 3.4.2009 n. 8121)
3. che “Questa Corte ha gia’ in passato affermato il principio, che deve trovare applicazione nella specie, che, ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale (nella specie, piano di fabbricazione) in zona destinata a insediamenti industriali (Cass. 20 settembre 2006 n. 20408)” (Cass. 26.3.2009 n. 7296) (conforme Cass. 5.3.2009 n. 5305);
4. che “…l’accertamento delle “possibilità legali ed effettive di edificazione” di un’area, ai fini sopraindicati, va effettuato tenendo conto della destinazione attribuita all’area dal piano regolatore generale o dal piano di fabbricazione, nonchè delle varianti apportate in sede di “zonizzazione” del territorio da strumenti urbanistici generali, e non anche da quelli che rivestono, riguardo alla destinazione impressa all’area stessa dai piani già menzionati, la efficacia di strumento attuativo di terzo livello: le relative norme, che direttamente o indirettamente ripartiscono costruzioni e spazi liberi nel singolo fondo da espropriare o in più fondi espropriandi coinvolti dall’opera pubblica o dalle opere pubbliche e private previste da quest’ultimo strumento, ovvero di collocare in alcuni fondi una cubatura diversa rispetto a quella mediamente prevista dal piano regolatore, non hanno, infatti, funzione di variante di quest’ultimo mancando della generalità ed astrattezza proprie delle disposizioni conformative della proprietà privata, ma restano interne al programma di edificazione mediante esproprio” (Cass. 22.1.2009 n. 1605);
5. che “…ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale (nella specie, piano di fabbricazione) in zona destinata a insediamenti industriali (Cass. 20 settembre 2006 n. 20408)” (Cass. 26.3.2009 n. 7296 e conforme Cass. 30.10.2008 n. 26112)
6. che “ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale in zona destinata a insediamenti industriali, non essendo necessaria una specifica destinazione conferita da uno strumento attuativo, e restando irrilevante che, all’interno della zona, il terreno possa essere destinato a servizi (nella specie, ad opere di viabilita’ interna), in virtu’ di prescrizioni di carattere preespropriativo, rapportandosi in tal caso la valutazione alle aree comprese nella zona” (Cass. 20.9.2006 n. 20408);
7. che “…questa Corte ha ripetutamente avvertito che l’edificabilità non si identifica nè si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo in via di principio non precluse (come nella destinazione industriale ed artigianale ricorrente nella specie) all’iniziativa privata che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (cfr. Cass. n. 9669/2000; n. 8028/2000 e n. 4473/99)…” (Cass. SS.UU. n. 14685 del 25.6.2007);
8. che “la sentenza impugnata ha infatti accertato, senza contestazione alcuna del comune al riguardo, che all’epoca del decreto ablativo (settembre 1995) – che è quella alla quale va eseguita la ricognizione legale del suolo ex l. n. 359 del 1992, art. 5 bis – il terreno T. rientrava in zona d3 dello strumento urbanistico comunale, destinata all’insediamento di attività commerciali, laboratori artigianali, nonché servizi pubblici e privati; ed era inserita in un piano urbanistico per insediamenti produttivi. E tanto è sufficiente a rivelarne la natura edificatoria avendo la giurisprudenza di questa Corte, resa anche a sezioni unite (Cass. n. 172 e 173 del 2001 e succ.), costantemente enunciato la regola che un’area va ritenuta edificabile quando, e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata in ragione della sua allocazione zonale e della destinazione (generale) correlativa al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale. Sicché siffatta destinazione legale è sufficiente ad imprimere al fondo detta qualità, la quale non richiede, perché rilevi giuridicamente, di essere volta a volta confermata da ulteriori indagini sulle sue caratteristiche materiali: essendo state queste già preventivamente apprezzate in un certo modo nella fase di elaborazione dello strumento urbanistico e tradotte nelle conseguenti prescrizioni che le rispecchiano;… D’altra parte, il fatto che l’immobile sia stato incluso in un piano per insediamenti produttivi conferma questa destinazione, posto che il piano in questione, di carattere attuativo, e volto ad incentivare le imprese mediante offerta di aree per l’impianto e l’espansione di azienda, deve necessariamente comprendere secondo il disposto della legge n. 865 del 1971 art. 27/2, aree incluse “nell’ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti”: e perciò necessariamente classificate edificabili dallo strumento urbanistico generale (Cass. n. 5874/2004; n. 4473/1999; n. 13250/1991; C.d.S. n. 5501/2004)” (Cass. n. 9891 del 24.4.2007);
9. che “si deve aggiungere che la destinazione da parte del p.r.g. della zona in esame agli insediamenti industriali, già sufficiente a conferire al terreno V., “le possibilità legali di edificazione” richieste dall’art. 5 bis, ha trovato conferma proprio nello strumento consortile che l’ha ribadita, perciò confermandone la vocazione edificatoria accertata dalla corte di appello; ed escludendo che la valutazione dell’area potesse essere compiuta con il criterio tabellare relativo ai suoli agricoli di cui alla l. n. 865 del 1971 art. 16″ (Cass. n. 11742 del 8.5.2006);
10. che “un’area va ritenuta edificabile quando (e per il solo fatto che) come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici vigenti al momento del perfezionamento della vicenda ablativa, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza dell’edificabilità legale, mentre la c.d. edificabilità di fatto rileva esclusivamente in via suppletiva (in carenza di strumenti urbanistici) ovvero, in via complementare ed integrativa, agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell’area espropriata, incidente sul calcolo dell’indennità (Cass. 21 maggio 2003 n. 7950, sulla scia dei principi enunciati da Cass. SS.UU. 23 aprile 2001 n. 172). In particolare, nella rigida dicotomia tra aree edificabili ed aree agricole o comunque non classificabili come edificabili (rispetto alla quale non è consentita la prospettazione di un tertium genus), l’edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma comprende tutte quelle trasformazioni del suolo che siano riconducibili alla nozione tecnica ed economica di edificazione. Ne deriva che devono essere considerati edificabili anche i suoli destinati, come nella specie, ad insediamenti industriali, i quali ultimi ben possono essere attuati ad opera dei privati, ove i suoli stessi non siano fatti oggetto di iniziative ablatorie (Cass.13 giugno 2000 n. 8028), né è a tal fine necessaria l’approvazione degli strumenti attuativi (Cass. 20 maggio 1999 n. 4903)” (Cass. n. 21161 del 29.9.2006)
Null’altro occorre aggiungere sul punto: norme e giurisprudenza cedu e norme e giurisprudenza italiane, infatti, concordano nell’affermare che le aree destinate ad insediamenti commerciali o industriali – pip devono ritenersi edificabili.
Per i documenti aggiornati, vedi anche:
A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.3 Vuoi accettare l’indennità? Le avvertenze
A.4 La tua indennità – con le norme italiane
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato