Deve essere calcolata sulla base del valore di mercato del bene ed i costi che il proprietario deve sostenere per acquistarne un altro con analoghe caratteristiche
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L’indennità di esproprio di fabbricati deve comprendere non soltanto il valore di mercato effettivo e concreto del bene ablato ma anche i maggiori costi che il proprietario fosse costretto a sopportare per riacquistare sul mercato altro fabbricato avente analoghe caratteristiche.
E deve anche comprendere, ovviamente, tutti i costi da sostenere per il trasferimento.
Nell’ipotesi in cui la vicenda ablatoria è un complesso immobiliare costituito sia da un’area di terreno edificabile latistante un fabbricato che su di essa insista, sia dal fabbricato stesso, questo ultimo costituisce entità economica la quale va computata tramite separata valutazione come bene autonomo.
In caso di espropriazione parziale dei fondi, con o senza la produzione di aree marginali relitte, al proprietario spetta una specifica indennità finalizzata a compensarlo per la perdita del valore commerciale dei terreni causata dal frazionamento.
L’indennità per l’esproprio di fabbricati deve comprendere non soltanto il valore di mercato effettivo e concreto del bene ablato ma anche i maggiori costi che il proprietario fosse costretto a sopportare per riacquistare sul mercato altro fabbricato avente analoghe caratteristiche.
L’indennità per l’esproprio di fabbricati non deve essere mai inferiore alla soglia minima necessaria a reintegrare il patrimonio del proprietario per tutti i danni effettivamente subiti.
I suddetti principi sono sanciti sia dalle norme cedu sia dalla norme italiane.
LA NORMATIVA CEDU
L’applicazione dell’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla c.e.d.u. comporta gia’ di per se’ la naturale implicazione che i fabbricati espropriandi debbano essere stimati e valutati sulla base del loro pieno valore di mercato “sic et simpliciter”.
LA GIURISPRUDENZA CEDU
Univoca e’ la giurisprudenza in materia della CEDU che con riferimento alla espropriazione di fabbricati (ma anche di terreni) ha da sempre stabilito il principio secondo cui al proprietario colpito da espropriazione spetta una compensazione integrale cioe’ un ristoro totale per la perdita subita a seguito della espropriazione (ex multis n. 68309 del 9.12.2008 Cignoli contro Italia; n. 62592 del 22.7.2008 Capone contro Italia; n. 65687 del 17.7.2008 Matteoni contro Italia; n. 37637/05 del 17.7.2008 Sarnelli contro Italia; n. 71399 del 10.6.2008 Bortesi contro Italia).
LA NORMATIVA NAZIONALE
La fattispecie in esame interessa la espropriazione di edifici industriali utilizzati nell’attivita’ produttiva.
Risulta quindi agevole individuare le coordinate normative ed ermeneutiche ai fini della corretta determinazione della indennità di esproprio.
In particolare, l’art. 38 del t.u. n. 327/2001 espressamente prevede che “nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l’indennità è determinata nella misura pari al valore venale”.
Tale criterio, come precisato dalla giurisprudenza in rassegna, vale sia per i fabbricati che per eventuali manufatti installati tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile trasformazione.
LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE
Si premette che in giurisprudenza si fronteggiano due orientamenti che – benche’ ispirati a criteri ed a modalita’ estimative diverse – tuttavia sono improntati allo stesso principio ispiratore e convergono verso il medesimo fine.
In particolare, mentre il primo orientamento sostiene che il fabbricato deve essere stimato in maniera autonoma e distinta rispetto all’area di sedime su cui e’ stato costruito ed il valore dell’area deve essere aggiunto a quello distinto ed autonomo del fabbricato, il secondo orientamento sostiene invece che la stima del valore del fabbricato deve essere articolata in maniera unica ed unitaria in modo tale da comprendere in unico valore anche il valore dell’area di sedime.
Tuttavia, entrambe le liquidazioni devono essere effettuate sulla base del valore di mercato: cio’ in virtu’ dell’art. 38 d.p.r. n. 327/2001 per l’edificio e in virtu’ della sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale per il terreno sottostante (con l’evidente precisazione che tale ultimo principio integra e sostituisce i riferimenti fatti dalla pregressa giurisprudenza all’art. 5 bis d.l. n. 333/1992 ed all’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 dichiarati incostituzionali).
In merito, la Corte di Cassazione ha chiarito:
1. “l’operazione di calcolo differenziale indicata dall’art. 40 della legge n. 2359/1865 non è vincolante, potendosi raggiungere il medesimo risultato attraverso la somma del valore venale della parte espropriata e del minor valore della parte residua, oppure attraverso il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle spese e degli oneri, che incidendo sulla parte residua, ne riducano il valore, o mediante altri parametri equivalenti, in applicazione del principio di effettività, riaffermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 305 del 2003, proprio con riferimento ai terreni agricoli, tanto che l’art. 33 del nuovo T.U. espropriazioni non menziona più la stima differenziale, ma impone soltanto al giudice di merito di tener conto della diminuzione di valore della parte residua, perciò autorizzandolo ad avvalersi del criterio ritenuto più idoneo nel caso concreto a raggiungere siffatto risultato” (Cass. n. 11782 del 21.5.2007);
2. “l’art. 33 del nuovo t.u. non menziona piu’ la stima differenziale ma impone soltanto al giudice di merito di tener conto della diminuzione di valore della parte residua, percio’ autorizzandolo ad avvalersi del criterio rienuto piu’ idoneo nel caso concreto a raggiungere siffatto risultato” (Cass. n. 10217 del 4.5.2009).
3. “La premessa sulla quale si fonda la sentenza impugnata, consistente nella affermazione che il citato art. 5 bis, concerneva le sole aree edificabili, cioe’ i suoli suscettibili di edificazione, ma non ancora edificati al momento dell’imposizione del vincolo ablatorio, non i fabbricati, i quali fruivano del criterio indennitario previsto dalla legge n. 2359/1865 art. 39, e’ corretta, in quanto conforme ad un principio più volte affermato da questa Corte, che va qui ribadito, senza sia necessario riesaminarlo… (cfr., anche con riferimento al caso dell’area di sedime su cui insiste il fabbricato ed alle ipotesi, omologhe per quanto qui interessa, dell’occupazione appropriativa, Cass. n. 5528/2006; Cass. n. 13001/2005; Cass. n. 6091/2004; Cass. n. 14020/2002; Cass. n. 5064/1998)” (Cass. n. 14351 del 29.5.2008 e Cass. n. 12472 del 16.5.2008).
4. “In tema va ricordato che quando oggetto di espropriazione sia un fabbricato con latistante terreno, il manufatto costituisce un’entita’ economica, il cui valore deve essere considerato in aggiunta al valore del suolo, effettuando la liquidazione corrispondente con riferimento al valore di mercato per l’edificio (comprensivo di area di sedime, che da esso non e’ scindibile ne’ autonomamente apprezzabile: (Cass. 27.9.2002 n. 14020), senza che rilevi il fatto che il fabbricato sia destinato dall’espropriante alla demolizione. Quanto invece al terreno pertinenziale, la liquidazione va effettuata con riferimento ai criteri di cui alla legge n. 359/1992 art. 5 bis (ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 dopo la sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale) oppure alla legge n. 865/1971 art. 16 (ora art. 40 d.p.r. n. 327/2001), a seconda se esso risulti edificabile o inedificabile (Cass. 25.7.2006 n. 16980; Cass. 26.3.2004 n. 6091)…
5. L’immobile va valutato nella sua complessiva consistenza, per i volumi che esso esprime, fuori e sotto terra. In tale valutazione scompare l’area di sedime, che non ha autonoma utilizzabilita’. A tale componente, che va assunta nel suo pieno valore di mercato (vedi anche il d.p.r. n. 327/2001 art. 38), va aggiunto il valore delle pertinenze, di cui va preliminarmente qualificata la natura sotto il profilo urbanistico (Cass. 7.4.2005 n. 7295), se inserite in area destinata all’edificazione o riservate a verde privato [nel primo caso si e’ ritenuta applicabile la formula di cui al d.l. n. 333/1992 art. 5 bis (ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001) e nel secondo caso va fatto riferimento al valore agricolo, rinviando alla legge n. 865/1971 art. 16 (ora art. 40 d.p.r. n. 327/2001)], e, qualora edificabili, se esse conservino i requisiti di effettiva edificabilita’, per non essere state assorbite le potenzialita’ edificatorie, nella costruzione dell’edificio limitrofo (Cass. 7.11.2003 n. 16710).
6. Va tenuto conto che… l’art. 5 bis ai commi 1 e 2, e’ stato dichiarato incostituzionale (Corte Cost. 24.10.2007 n. 348). La sentenza d’incostituzionalita’ non produce effetti per la rideterminazione dell’indennita’ che il giudice di rinvio dovra’ compiere riguardo all’edificio espropriato, comprensivo dell’area di sedime, da indennizzare comunque secondo il prezzo di mercato” (Cass. n. 599 del 11.1.2008 e conforme Cass. n. 809 del 15.1.2009).
7. “Vero e’ che detto criterio indennitario ed il meccanismo di determinazione del risarcimento del danno da occupazione appropriativa che ad esso si collega, di cui al citato art. 5 bis comma 7 bis e’ applicabile alle sole aree edificabili, cioe’ ai suoli suscettibili di edificazione ma non ancora edificati al momento dell’imposizione del vincolo ablatorio, e non quindi ai fabbricati (nonche’ alla relativa area di sedime); e che in quest’ultimo caso, in cui l’espropriazione abbia appunto ad oggetto un’area sulla quale siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile trasformazione, cosi’ da rendere attuali le originarie potenzialita’ edificatorie del terreno medesimo, l’indennita’ di esproprio va determinata, in modo unitario, sulla base non gia’ del criterio della semisomma dettato dalla legge n. 359/1992 art. 5 bis (ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001), bensi’ del valore venale dell’edificio, a norma della legge n. 2359/1865 art. 39 (ora art. 38 d.p.r. n. 327/2001), senza che l’edificazione del suolo consenta in alcun modo di distinguere il valore della costruzione medesima da quello dell’area su cui detta costruzione insiste (Cass. n. 1113/1997; Cass. n. 18820/2003; Cass. n. 9372/2005)” (Cass. n. 531 del 11.1.2008).
8. “L’edificazione del suolo, da cui consegue, in caso di espropriazione, la necessita’ di commisurare l’indennizzo al valore di mercato, anziche’ secondo il criterio della semisomma di cui all’art. 5 bis della legge 359/1992, presuppone che si tratti di un’area sulla quale siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile trasformazione, cosi’ da rendere attuali le originarie potenzialita’ edificatorie del terreno medesimo…” (Cass. 15.6.2005 n. 12844).
9. “Sia ai fini della quantificazione del danno, a causa della perfezionatasi accessione invertita, sia ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, il bene viene in considerazione nel concreto stato di consistenza nel quale si trova al momento del verificarsi della vicenda ablatoria, ovvero alla data di scadenza dell’occupazione legittima, ove l’irreversibile trasformazione del fondo occupato si sia realizzata (come nel caso in esame) in epoca precedente, oppure dalla data della medesima trasformazione se successiva allo spirare dei termini dell’occupazione già indicata, oppure, ancora, alla data di emissione del decreto di esproprio nell’ipotesi in cui la vicenda anzidetta sia pervenuta invece alla sua fisiologica conclusione. Deriva, da quanto precede, pertanto, che allorche’ oggetto della vicenda sopra menzionata e’ un complesso immobiliare costituito vuoi da un’area di terreno edificabile latistante un fabbricato che su di essa insista, vuoi dal fabbricato stesso, quest’ultimo costituisce entità economica la quale va computata nella predetta determinazione tramite separata valutazione come bene autonomo. Il valore di detto fabbricato, in particolare, deve essere distintamente considerato in aggiunta al valore del suolo, effettuando la liquidazione corrispondente con riferimento al valore di mercato per l’edificio e con riferimento ai criteri di cui all’articolo 5 bis del d.l. n. 333/1992 convertito nella legge n. 359/1992 per il terreno edificabile. Al riguardo è irrilevante verificare se si sia (o meno) a fronte di una costruzione destinata alla demolizione dallo stesso espropriante, negli scopi che quest’ultimo si sia prefisso” (Cass. 17.6.2005 n. 13001).
10. “In tema di espropriazione per pubblica utilita’, quando oggetto di espropriazione sia un edificio con area latistante, vanno adottati differenti criteri indennitari, atteso che il manufatto costituisce un’entita’ economica da apprezzarsi come bene autonomo, il cui valore deve essere considerato in aggiunta al valore del suolo, effettuando, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 2359/1865, la liquidazione con riferimento al valore di mercato per l’edificio (comprensivo dell’area di sedime su cui esso insiste e che ne costituisce parte integrante), laddove, quanto all’area pertinenziale, la medesima liquidazione va effettuata con riguardo ai criteri previsti dall’art. 5 bis del d.l. n. 333/1992 convertito nella legge n. 359/1992 (ora art. 38 d.p.r. n. 327/2001) dall’art. 16 della legge n. 865/1971 (ora art. 40 d.p.r. n. 327/2001), a seconda che tale area possieda autonome potenzialita’ di sfruttamento edificatorio oppure sia interessata da vincoli di inedificabilita’, restando in ogni caso esclusa la possibilita’ di adottare un criterio indennitario unico, fondato sulla natura ed il valore della cosa principale” (Cass. 25.7.2006 n. 16980).
11. “Poiche’ il suolo, una volta incorporato nel fabbricato, perde la propria individualita’ e, fatta eccezione per la proprieta’ superficiaria, non è separatamente valutabile dalla costruzione che su di esso insiste, per la determinazione dell’indennita’ di esproprio dei fabbricati, deve ricorrersi al criterio del valore venale, e non all’art. 5 bis d.l. n. 333/1992, applicabile unicamente alle aree fabbricabili” (Cass. 21.5.1998 n. 5064).
12. “Il criterio indennitario introdotto dall’art. 5 bis d.l. n. 333/1992 (inserito dalla legge n. 359/1992 dello stesso anno), e’ applicabile, per espressa disposizione, unicamente alle aree fabbricabili, ossia suscettibili di edificazione, ma non ancora edificate al momento dell’imposizione del vincolo espropriativo; ragion per cui non si applica all’area di sedime su cui insiste un fabbricato, la quale costituisce parte integrante del fabbricato stesso. Ne consegue che, nel caso in cui l’espropriazione abbia ad oggetto una costruzione, l’indennita’ di esproprio va determinata, in modo unitario, sulla base del valore venale dell’edificio, a norma dell’art. 39 della legge n. 359/1992″ (Cass. 6.2.1997 n. 1113).
Ne consegue che l’indennità spettante ai proprietari deve essere parametrata al valore di mercato del fabbricato e del terreno, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge e giurisprudenza italiane e dalle norme europee.
L’indennità di esproprio deve quindi ristorare il proprietario non solo della oggettiva diminuzione patrimoniale prodotta dall’espropriazione subita, ma anche dei maggiori costi accessori ed indiretti necessari a reperire sul mercato un bene avente analoga consistenza e caratteristiche di quello oggetto di esproprio ed ai costi di “trasloco” nel nuovo fabbricato.
Difatti, se tali costi restassero a carico dei proprietari, la reintegrazione sarebbe incompleta, e lo scopo riparatorio verrebbe frustrato.
Per i documenti aggiornati, vedi anche:
A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.3 Vuoi accettare l’indennità? Le avvertenze
A.4 La tua indennità – con le norme italiane
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato
ISTRUZIONI PER TUTELARSI
A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza
Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).
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Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.
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