Relazione fra indennità di esproprio ed ICI per le aree edificabili
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In caso di infedele o omessa dichiarazione ICI, in base alle norme europee ed alla giurisprudenza italiana, nessuna detrazione può essere applicata sulla indennità di espropriazione, avendo il privato espropriato la possibilità di rifondere all’erario le somme eventualmente non corrisposte.
QUANTO ALLA RELAZIONE TRA INDENNITA’ DI ESPROPRIO ED I.C.I.
Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, occorre prender le mosse dal dato normativo di riferimento per giungere all’interpretazione ed all’applicazione dello stesso fattane dalla giurisprudenza.
L’art. 37 comma 7 del DPR n. 327/2001 (testo unico sulle espropriazioni) prevede testualmente che “l’indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell’ultima dichiarazione o denuncia presentata dall’espropriato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili prima della determinazione formale dell’indennità nei modi stabiliti dall’art. 20, comma 3, dall’art. 22, comma 1, e dall’art. 22-bis qualora il valore dichiarato risulti contrastante con la normativa vigente ed inferiore all’indennità di espropriazione come determinata in base ai commi precedenti”.
Ciò comporta che, se il cittadino ha presentato (per il terreno espropriato) una dichiarazione ici con un valore inferiore rispetto al valore di mercato (che coincide con l’indennita’ di esproprio che gli spetta), in tal caso l’indennita’ di esproprio rischia di essere ridotta al minor valore del terreno dichiarato ai fini dell’ici.
La legge non contempla l’ipotesi in cui il cittadino abbia omesso del tutto la dichiarazione.
Omessa dichiarazione ICI
L’ipotesi di omessa dichiarazione ICI è tutt’altro che remota e si è quindi largamente imposta nella prassi e nella giurisprudenza che spesso e’ stata costretta ad occuparsi della questione.
Si è quindi posta la questione se al soggetto espropriato che non abbia presentato alcuna dichiarazione ai fini i.c.i., possa o meno applicarsi il meccanismo penalizzante previsto dall’art. 37/7 di cui sopra di riduzione della indennita’ di esproprio al valore dichiarato ai fini dell’i.c.i..
A tale quesito la stessa Corte Costituzionale ha fornito già da tempo risposta negativa.
In particolare, con la sentenza n. 351/2000 la Corte Costituzionale ha stabilito che in caso di omessa dichiarazione i.c.i. di un terreno espropriato, al cittadino espropriato spetta comunque il diritto a percepire l’indennita’ di esproprio nella misura piena del valore di mercato del terreno ed il comune conserva comunque la facolta’ di procedere all’accertamento per recuperare l’ici che il cittadino non abbia pagato, ovviamente con le sanzioni previste.
Infedele dichiarazione ICI
Lo stesso criterio è poi stato applicato anche alla dichiarazione ici infedele (o meglio, non coincidente con il pieno valore di mercato).
La giurisprudenza di legittimità ha stabilito in particolare che – dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007 che ha introdotto nuovi parametri di interpretazione non e’ legittima la riduzione automatica del valore della indennita’ di esproprio al minor valore del terreno dichiarato ai fini dell’i.c.i..
E’ sufficiente richiamare al riguardo le sentenze della Corte di Cassazione, in particolare la n. 19 del 3.1.2008 e la n. 9245 del 9.4.2008, in cui si afferma:
“… Con la conseguenza che, in detti casi, una interpretazione costituzionalmente adeguata e compatibile, rispettivamente comporti – come, del resto, già chiarito dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 351 del 2000 – che:
• l’evasore totale non già perda il suo diritto all’indennizzo espropriativo (come reiteratamente affermato già da questa Corte: cfr., da ultimo, sent.za n. 24509/06), ma unicamente sia “destinato a subire le sanzioni per la omessa dichiarazione e l’imposizione per l’i.c.i. che aveva tentato di evadere”, potendo l’erogazione della indennità di espropriazione “intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo ragguagliato al valore accertato per l’i.c.i., ed a seguito della regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero dell’imposta e delle sanzioni” (così testualmente, appunto, Corte cost. n. 351/00 cit.);
• che “l’evasore parziale resti soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato”, potendo quindi il Comune procedere ad accertamento del maggiore valore dei fondo agli effetti tributari e sulla base di questo commisurare consequenzialmente, in via definitiva, l’indennità espropriativa (ivi) e non già liquidarla (come nella specie) in misura irrisoria, con ancoraggio alla dichiarazione infedele.Nella quale seconda evenienza, in particolare, va da sè che il previo recupero del tributo i.c.i., parzialmente evaso, possa avvenire, agli effetti indicati, oltre che per accertamento da parte dell’amministrazione, a seguito di rettifica, in termini, da parte dello stesso proprietario (argomentando legge n. 413/1991, ex art. 32, 49 e 53, d.lgs. n. 241/1997 art. 13; d.lgs. n. 446/1997 art. 59/1 lett. l; e considerando che la dichiarazione tributaria è atto di scienza e di non di volontà).
Tali principi sono ormai definitivamente consolidati nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, di cui qui di seguito si riportano alcune pronunce.
Corte di Cassazione 8.10.2009 n. 21395
Con la sentenza n. 8.10.2009 n. 21395 la Corte di Cassazione ha stabilito che
“Ove il piano regolatore comunale od altri strumenti equivalenti prevedano l’edificabilita’ della zona in cui e’ ubicato l’immobile, dichiarandola espressamente, regolandone la densita’ edilizia e consentendo la presentazione di piani di lottizzazione od altro ancora, tale destinazione legale e’ sufficiente ad imprimere allo stesso qualita’ edificatoria; la quale non richiede, perche’ rilevi giuridicamente, di essere, volta a volta, confermata da ulteriori indagini sulle sue caratteristiche materiali, essendo state queste gia’ preventivamente apprezzate in un certo modo nella fase di elaborazione dello strumento urbanistico e tradotte nelle conseguenti prescrizioni che le rispecchiano; per cio’ solo si realizza il presupposto indispensabile dello sfruttamento edificatorio da parte del proprietario, a nulla rilevando, ai fini di tale ricognizione, che il proprietario abbia contravvenuto all’obbligo di compiere la conseguente dichiarazione ai fini dell’ICI prescritta dal d.lgs. n. 504 del 1992”.
Corte di Cassazione n. 11096 del 22.5.2009
Con la sentenza n. 11096 del 22.5.2009, la Corte di Cassazione ha stabilito che “…conformemente ai principii affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 348 del 2007, nonche’ da questa Corte (per tutte vedi Cass. 14459/2008; Cass. n. 19/2008), secondo cui in ogni caso
“In tema di espropriazione di area fabbricabile, qualora il valore dichiarato ai fini dell’i.c.i. risulti inferiore all’indennita’ di espropriazione stabilita secondo i criteri previsti dalle disposizioni vigenti, il principio per il quale l’indennita’ e’ pari al valore di mercato, enunciato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 348 del 2007, comporta una lettura costituzionalmente orientata del d.lgs. 30.12.1992 n. 504 art. 16/1, applicabile “ratione temporis”, tesa ad evitare che il collegamento in funzione antievasione tra indennita’ di esproprio e valore dichiarato ai fini dell’i.c.i. sia fatto con riferimento al valore indicato in una dichiarazione del contribuente che risulti infedele (collegamento che realizzerebbe la finalita’ antielusiva, ma sacrificherebbe ingiustificatamente il diritto costituzionalmente tutelato al serio indennizzo), piuttosto che a quello indicato nella dichiarazione sottoposta all’accertamento del comune o, eventualmente, emendata e rettificata dallo stesso proprietario, in modo che l’indennizzo non sia del tutto ed aprioristicamente svincolato dal valore commerciale del bene espropriato. Pertanto l’indennita’, determinata (con provvedimento amministrativo o con pronuncia giurisdizionale in seguito all’opposizione alla stima) avendo riguardo al valore di mercato, può essere concretamente erogata solo dopo la regolarizzazione della posizione tributaria dell’espropriato, attraverso la rettifica del valore indicato nella dichiarazione, (a seguito di accertamento del comune o su iniziativa del contribuente) e la liquidazione dell’imposta dovuta, con interessi e relative sanzioni”;
“In tema di espropriazione, il diritto all’indennita’ di esproprio non va penalizzato in caso di omessa od infedele dichiarazione i.c.i… Pertanto, la disciplina che regola il rapporto tra i due istituti, va interpretata nel senso che l’evasore totale non perde il suo diritto all’indennizzo espropriativo, ma e’ unicamente destinato a subire le sanzioni per l’omessa dichiarazione e l’imposizione per l’i.c.i. che aveva tentato di evadere, potendo l’erogazione dell’indennita’ di espropriazione intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo ragguagliato al valore accertato per l’i.c.i.., stessa, ed a seguito della regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero dell’imposta e delle sanzioni. Analogamente l’evasore parziale resta soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato e, salva rettifica da parte dello stesso proprietario, il comune puo’ procedere ad accertamento del maggior valore del fondo agli effetti tributari per poi commisurare, in via definitiva, l’indennita’ espropriativa che, quindi, non va liquidata con riferimento alla dichiarazione infedele”.
Corte di Cassazione 9.7.2008 n. 18844
Con la sentenza 9.7.2008 n. 18844, la Corte di Cassazione (vedi motivazione punto 5.3.1.) ha testualmente chiarito quanto segue.
“Infatti, a tale proposito questa Corte ha gia’ affermato (nella sentenza n. 19 del 2008) che il diritto all’indennita’ di esproprio non va penalizzato in caso di omessa od infedele dichiarazione I.C.I.;
che la disciplina che regola il rapporto tra i due istituti, va interpretata nel senso che l’evasore totale non perde il suo diritto all’indennizzo espropriativo, ma e’ unicamente destinato a subire le sanzioni per l’omessa dichiarazione e l’imposizione per l’I.C.I. che aveva tentato di evadere, potendo l’erogazione dell’indennita’ di espropriazione intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo ragguagliato al valore accertato per l’I.CI. stessa, ed a seguito della regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero dell’imposta e delle sanzioni;
che analogamente l’evasore parziale resta soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato e, salva rettifica da parte dello stesso proprietario, il Comune puo’ procedere ad accertamento del maggior valore del fondo agli effetti tributari per poi commisurare, in via definitiva, l’indennita’ espropriativa che, quindi, non va liquidata con riferimento alla dichiarazione infedele;
che, in ogni caso (sentenza n. 24509 del 2006), la questione nascente dall’osservanza dell’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1992, non e’ rilevabile d’ufficio ma e’ esaminabile ad istanza dell’espropriante, trattandosi di diritto disponibile”.
Corte di Cassazione 29.5.2008 n. 14459
In seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 348/2007, l’art. 16/1 d.lgs. n. 504/1992 (nonche’ l’art. 37/7 d.p.r. n. 327/2001 attualmente vigente) deve essere interpretato secondo un indirizzo costituzionalmente orientato ai principi enunciati nella citata sentenza, nel senso che, in caso di espropriazione di area fabbricabile e qualora il valore dichiarato ai fini dell’i.c.i risulti inferiore all’indennita’ di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti, l’indennita’ di espropriazione stessa, in tal modo determinata con provvedimento amministrativo o con pronuncia giurisdizionale in seguito ad opposizione alla stima, non possa essere concretamente erogata se non dopo la regolarizzazione della posizione tributaria dell’espropriato che – attraverso la rettifica del valore indicato nella dichiarazione, a seguito di accertamento del comune o su iniziativa del contribuente, e la liquidazione dell’imposta dovuta, con interessi e relative sanzioni – determini l’avvio del recupero dell’imposta medesima.
In particolare, con la sentenza del 29.5.2008 n. 14459, la Corte di Cassazione (punto 8 della motivazione) ha stabilito:
che “i ricorrenti hanno censurato l’applicazione nella specie del d.lgs. n. 504/1992 art. 16/1, prospettando, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale di detto articolo, nel senso che l’automatica equiparazione dell’indennità di espropriazione al valore dell’area fabbricabile dichiarato ai fini dell’applicazione dell’i.c.i., come previsto dallo stesso art. 16, comporterebbe la violazione del diritto all’indennizzo della subita espropriazione, inteso come giusto ristoro tutelato dall’art. 42/3 costituzione”;
che “la doglianza dei ricorrenti trova fondamento nei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 348 del 24 ottobre 2007, con la quale il giudice delle leggi – nel dichiarare la illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117/1 cost. del d.l. n. 333/1992 art. 5 bis commi 1 e 2, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359/1992 e, in via consequenziale, del d.p.r. n. 327/2001 art. 37 commi 1 e 2, e nel riaffermare l’orientamento, già espresso in precedenti pronunce (1980/5; 1983/223; 1993/283), secondo cui “l’indennizzo assicurato all’espropriato dall’art. 42/3 costituzione, se non deve costituire una integrale riparazione della perdita subita – in quanto occorre coordinare il diritto del privato con l’interesse generale che l’espropriazione mira a realizzare – non può essere, tuttavia, fissato in misura irrisoria o meramente simbolica, ma deve rappresentare un serio ristoro” – ha affermato che “il punto di riferimento per determinare l’indennità di espropriazione deve essere il valore di mercato (o venale) del bene ablato“, anche se non vi è “coincidenza necessaria tra valore di mercato e indennità espropriativa, alla luce del sacrificio che può essere imposto ai proprietari di aree edificabili in vista del raggiungimento di fini di pubblica utilità”, fermo restando che un’indennità “congrua, seria ed adeguata” non può “adottare il valore di mercato del bene come mero punto di partenza per calcoli successivi che si avvalgono di elementi del tutto sganciati da tale dato, concepiti in modo tale da lasciare alle spalle la valutazione iniziale, per attingere a risultati marcatamente lontani da essa“. L’indennità di espropriazione deve essere pertanto espressione di un “ragionevole legame” con il valore venale, come prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in coerenza con l’esigenza di far conseguire all’espropriato il “serio ristoro”, richiesto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana”;
che “l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 2007/348, non può non ispirare anche l’interpretazione costituzionalmente orientata del d.lgs. N. 504/1992 art. 16, in quanto l’automatica equiparazione dell’indennità di espropriazione al valore dell’area fabbricabile dichiarato ai fini dell’applicazione dell’i.c.i. Si traduce, sostanzialmente, nell’applicazione di un criterio di calcolo di detta indennità privo di collegamento con il valore di mercato”;
che “la stessa Corte Costituzionale nella sentenza 25 luglio 2000 n. 351 – nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 504/1992 art. 16/1, per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, 42/3, 53 e 97 costituzione, sul presupposto che il meccanismo di aggancio limitativo tra indennità di esproprio e valore dichiarato in sede di i.c.i., risultava tutt’altro che manifestamente irragionevole o palesemente arbitrario, risolvendosi in un rafforzamento indiretto dell’adempimento di obblighi tributari ed in un incentivo alla lealtà, correttezza e chiarezza nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, sia nell’adempimento del dovere di concorrere alle spese pubbliche (art. 53 cost.), sia nel partecipare alla determinazione di valore, anche ai fini dell’indennità di espropriazione per motivi di interesse generale (art. 42/3 cost.), – ha fornito anche una possibile chiave interpretativa della finalità antievasione del citato art. 16 che prescinda dal collegamento limitativo tra indennità di esproprio e valore dichiarato ai fini i.c.i. e mira piuttosto ad un obiettivo di coerenza tra indennità di esproprio e valore dell’area fabbricabile accertato ai fini i.c.i., in una prospettiva che, senza svuotare di significato e di concreta utilità la finalità antievasione, consente comunque di agganciare l’indennità di esproprio al valore venale del bene e di attuare il diritto dell’espropriato ad un serio ristoro. In particolare, la Corte Costituzionale, nella menzionata sentenza n. 351 del 2000, con riferimento specifico all’ipotesi di omessa dichiarazione i.c.i. e quindi di evasione totale dell’imposta – ma secondo una logica interpretativa che, suffragata dalla successiva e più recente evoluzione giurisprudenziale, può adattarsi anche a situazioni di evasione parziale conseguente a dichiarazione infedele – ha prospettato l’ipotesi che l’erogazione dell’indennità di espropriazione intervenga solo dopo la regolarizzazione della posizione tributaria dell’espropriato e l’avvio del recupero dell’imposta evasa e delle sanzioni, in un quadro di necessario e armonico raccordo dei valori costituzionali che rilevano nella fattispecie, in particolare del diritto al serio indennizzo (art. 42 cost.) e dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche (art. 53 cost.). E’ quindi possibile, alla stregua del percorso argomentativo fin qui seguito e secondo gli indirizzi interpretativi, costituzionalmente orientati, enunciati in materia dalla Consulta, un’interpretazione del disposto del d.lgs. n. 504/1992 art. 16 che, salvaguardando il collegamento, in funzione antievasione, tra indennità di esproprio e valore dichiarato ai fini dell’i.c.i. del bene espropriato, consenta di realizzare tale collegamento con riferimento non al valore indicato in una dichiarazione del contribuente che risulti infedele (collegamento che realizzerebbe la finalità antielusiva, ma sacrificherebbe ingiustificatamente il diritto costituzionalmente tutelato al serio indennizzo), ma al valore indicato nella dichiarazione a fini i.c.i. che sia stata sottoposta all’accertamento del comune, o eventualmente emendata e rettificata dallo stesso proprietario, alla stregua del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali che siano frutto di errore (cfr. Cass. SS.UU. 2004/14088; Cass. 2002/8972; 2006/25056). Tale interpretazione consente di mantenere inalterata la finalità antievasione della norma, ma anche di corrispondere un indennizzo che non sia del tutto e aprioristicamente svincolato dal valore commerciale del bene espropriato, nel rispetto dell’indirizzo costituzionalmente orientato enunciato dal giudice delle leggi in tema di serio ristoro del pregiudizio subito dal proprietario espropriato”;
che “in base a quanto precede deve dunque ritenersi che, in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 348 del 2007, il d.lgs. n. 504/1992 art. 16/1, vada interpretato, secondo un indirizzo costituzionalmente orientato ai principi in detta sentenza enunciati, nel senso che, in caso di espropriazione di area fabbricabile e qualora il valore dichiarato ai fini dell’i.c.i. risulti inferiore all’indennità di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti, l’indennità di espropriazione stessa, in tal modo determinata con provvedimento amministrativo o con pronuncia giurisdizionale in seguito ad opposizione alla stima, non possa essere concretamente erogata se non dopo la regolarizzazione della posizione tributaria dell’espropriato che – attraverso la rettifica del valore indicato nella dichiarazione, a seguito di accertamento del comune o su iniziativa del contribuente, e la liquidazione dell’imposta dovuta, con interessi e relative sanzioni – determini l’avvio del recupero dell’imposta medesima
Conformi ex multis
Cass. 10.7.2008 n. 19048;
Cass. 9.4.2008 n. 9245
Cass. 3.1.2008 n. 19
Si rende necessario aggiungere per completezza di indagine che con la recente nota ordinanza n. 8489 del 14.4.2011 la Corte di Cassazione SS.UU. ha sollevato la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 16/1 d.lgs. n. 504/1992 e dell’art. 37/7 d.p.r. n. 327/2001. Va da se’ che ove fosse accolta, l’eventuale sentenze di accoglimento non potrebbe che aprire scenari di maggior tutela a favore del proprietario espropriato.
Tuttavia, la circostanza che sia stata sollevata la indicata questione di costituzionale ad opera della stessa Corte di Cassazione, non impedisce e non ha impedito alla stessa Corte di Cassazione di continuare a far applicazione – anche dopo la citata ordinanza del 14.4.2011 – degli stessi principi finora seguiti dalla giurisprudenza di legittimita’.
Si segnalano, infatti, le seguenti sentenze, successive alla data in cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale: quanto segue.
Cass. 20.5.2011 n. 11180
“Al riguardo va infatti osservato che la detta disposizione non e’ diretta a regolare un autonomo criterio di determinazione dell’indennita’ di espropriazione, ne’ ad integrarne i criteri di determinazione, ma introduce un distinto meccanismo correttivo, eventualmente riduttivo o maggiorativo di tale indennita’, qualora il valore dichiarato dall’espropriato ai fini dell’i.c.i. risulti inferiore o superiore rispetto a quello accertato. Ne consegue che l’istanza di rideterminazione dell’indennita’ a seguito di opposizione alla stima, contrariamente a quanto ritenuto, puo’ accogliersi anche nel caso di omessa dichiarazione i.c.i., sia perche’ la norma risponde al fine di introdurre elementi dissuasivi non gia’ alla totale evasione, bensi’ alla sola elusione fiscale propria di chi dichiari un valore inferiore a quello venale, sia perche’ non sussiste alcuna preclusione normativa alla delibazione di istanza di rideterminazione dell’indennita’ di espropriazione a seguito di opposizione alla stima, preclusione che viceversa, ove ipoteticamente configurata, si porrebbe in contrasto con la garanzia di non irrisorieta’ dell’indennizzo espropriativo, di cui all’art. 42 Costituzione (C. 08/29768, C. 07/2144, C. 07/12771, C. 06/24509, C. 05/126)”.
Cassazione 20.6.2011 n. 13456
“…va resa applicazione dello jus superveniens, rappresentato dalla sentenza della Corte Cost., n. 348 del 24/10/2007, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, commi 1 e 2, per cui, venuto meno “il criterio riduttivo di indennizzo di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis torna nuovamente applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 che è l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, e per di più non stabilito per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma provvedesse diversamente. E che quindi nel caso concreto si presenta idoneo ad essere applicato, riespandendo la sua efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale (Cass. 9321/2008; 9245/2008; 8384/2008; 7258/2008; 26275/2007): anche per la sua corrispondenza con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU.”(così Cass. 14939/2010, tra le ultime). Nè infine è applicabile lo jus superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento”, in ogni caso ratione temporis, dato che la norma di diritto intertemporale di cui al comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina, con riferimento solo “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11498/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto non rientra in quest’ultima categoria individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene” (così Cass. 14939 del 2010)”.
Appare percio’ evidente che la Corte di Cassazione continua ad interpretare la normativa negli stessi termini in cui la interpretava anche prima di aver sollevare la questione di legittimita’ costituzionale, il cui accoglimento e’ stato sollecitato con l’evidente intento di evitare che, in conformita’ peraltro ai numerosi richiami della C.E.D.U., l’indennita’ possa essere ridotta soltanto per ragioni fiscali.
Null’altro occorre aggiungere a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sopra riportata sentenza con la quale la Corte Suprema, (come essa stessa afferma) ha inteso “allinearsi” a quanto sancito dalle norme CEDU.
Quindi
· 1 – in conformità ai principi stabiliti dalle norme CEDU
· 2 – in conformità ai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale
· 3 – in conformità ai principi stabiliti dalla Corte di Cassazione
in caso di omessa dichiarazione ICI o di infedele dichiarazione ICI non può applicarsi nessuna detrazione sull’indennità da corrispondere al cittadino espropriato.
Per i documenti aggiornati, vedi anche:
A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.3 Vuoi accettare l’indennità? Le avvertenze
A.4 La tua indennità – con le norme italiane
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato
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