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Ricerche espropri

Esproprio e aree destinate alla realizzazione di opere ospedaliere

I terreni espropriati per la realizzazione di opere ospedaliere devono ritenersi edificabili anche in base alla giurisprudenza italiana. In conformita’ alle norme CEDU, i terreni devono essere valutati ed indennizzati sulla base del valore di libero mercato degli stessi.

Avvertenza: questo estratto di documento fa parte dell’archivio storico di alcuni atti prodotti da ANPTES e non è aggiornato. Per la documentazione aggiornata torna alla home page del sito.

A tal fine, la giurisprudenza della Corte di Cassazione offre un contributo decisivo:

1. Cass. 15.9.2006 n. 20011 “…la Corte di Cassazione ha stabilito che un’area deve essere ritenuta edificabile per il solo fatto che risulti tale in base allo strumento urbanistico vigente (Cass. SS.UU. n. 172/2001)

2. e più specificamente che “l’edificabilità non si identifica nè si esaurisce ….in quella residenziale abitativa ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del territorio in via di principio non precluse all’iniziativa privata” (Cass. SS.UU. n. 172/2001).

3. Il requisito dell’edificabilita’ non richiede che l’edificazione sia consentita a tutti, essendo sufficiente che sull’area sia possibile realizzare una determinata struttura edilizia… Invero al fine di attribuire ad un’area sottoposta ad espropriazione la natura edificatoria non è sufficiente che la stessa sia inserita in zona F (destinazione ad impianti di interesse generale) ma è necessario che l’edificabilità di tali impianti come ad esempio, per quanto qui rileva, istituti sanitari sia realizzabile anche da privati (Cass. 29.9.2004 n. 19542)…”.

4. Cass. 25.1.2007 n. 1641 “Quanto al primo motivo è da osservare che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (tra le altre Cass. n. 2871/2005), il sistema introdotto dalla legge n. 359/1992 art. 5 bis, caratterizzato dalla rigida distinzione tra aree edificabili ed aree agricole o, comunque, non edificabili, non ammette figure intermedie; ne deriva che il riconoscimento della edificabilità è ancorato ad un paradigma di legalità per cui un’area è edificabile se risulta classificata come tale dagli strumenti urbanistici al momento dell’adozione del decreto di esproprio, soccorrendo il criterio della edificabilità di fatto solo in via suppletiva (ossia in difetto di disciplina legale), ovvero in via complementare (sul piano, cioè, della qualificazione del valore Venale del bene).Pertanto, il riconoscimento della edificabilità (che pur non si identifica e non si esaurisce in quella abitativa) postula l’indagine in ordine alla effettiva destinazione attribuita all’area, per cui, se la zona è vincolata ad un utilizzo pubblicistico (strutture ospedaliere o verde pubblico), è preclusa ai privati ogni possibilità di trasformazione tecnicamente riconducibile all’edificazione. L’area è, dunque, non edificabile, risultando irrilevanti, ai fini del riconoscimento di un tertium genus in ordine alla natura dell’area, gli interventi e le strutture finalizzati alla realizzazione dello scopo pubblicistico.Correttamente i Giudici di merito (sulla base della consulenza di ufficio) hanno affermato che, essendo il terreno in questione, al tempo dell’espropriazione, inserito dal P.R.G. in parte entro la fascia di rispetto stradale, assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta, e in parte in zona destinata ad attrezzature ospedaliere, edificabili solo dagli enti pubblici, la relativa area non ha natura edificabile ai fini del calcolo dell’indennità di esproprio”(con l’inevitabile conclusione che invece qualora l’attivita’ di costruzione delle strutture sanitarie sia consentita anche su iniziativa privata, allora in tal caso il terreno deve ritenersi dotato della edificabilita’ legale).

5. Cass. 7.2.2006 n. 2613 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, invero, alla luce di una interpretazione logico – sistematica, secundum costitutionem, dal disposto del D.L. n. 332 del 1992, art. 5, comma 3 conv., con modif., in legge n. 359/1992 – interpretazione già adottata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 442 del 1993 ed oggi esplicitamente confermata dal d.Lgs. 8 giugno 2001, n. 327 art. 32 comma 1 (recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) – la ricognizione della qualità edificatoria o meno delle aree, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, va compiuta in relaziona al momento in cui si attua la vicenda ablatoria – e, cioè, alla data di adozione del provvedimento di esproprio – prescindendo dall’incidenza del vincolo preordinati all’espropriazione (ex plurimis, Cass., 1 agosto 2003 n. 11729; Cass., 4 luglio 2003, n. 10570; Cass., 19 giugno 2003, n. 9808; Cass., 21 marzo 2003, n. 4130; Cass. 7 dicembre 2001, n. 15514; Cass., 21 febbraio 2001, n. 2474; Cass., 30 marzo 2000, n. 3873; Cass., 15 gennaio 2000, n. 425) tenendo conto, invece, dei vincoli “conformativi”, che – in quanto non correlati (a differenza dei primi) alla vicenda ablatoria, ma connaturati, viceversa, alla proprietà in sè, per inerenza alla stessa di un regime giuridico generale o di un particolare statuto urbanistico – contribuiscono a fondare i caratteri dei suoli anche per gli aspetti valutativi.

6. Il carattere “conformativo”, e non ablatorio, agli effetti indennitari, dei vincoli di piano, non discende, peraltro – come mostra di ritenere l’amministrazione municipale ricorrente – dalla loro collocazione in una determinata categoria di strumenti urbanistici (nella specie, il piano regolatore generale), ma dipende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e di struttura, dei vincoli stessi. In particolare, si è in presenza di vincoli conformativi allorchè le prescrizioni mirino ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica. Di contro, allorquando previsioni pur contenute in piani c.d. di secondo livello – inerenti, cioè, all’intero territorio comunale – non abbiano, eccezionalmente, una tale natura generale, ma impongano un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata (con indicazione c.d. “lenticolare”), il vincolo deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione, con conseguente sua ininfluente agli effetti indennitari (tra le altre, Cass., 16 febbraio 2005, n. 3116; Cass., 21 gennaio 2005, n. 1336; Cass., 20 ottobre 2004, n. 20502; Cass., 28 maggio 2004, n. 10265; Cass., 27 febbraio 2004, n. 3966; Cass., 1 agosto 2003, n. 11729; Cass., 9 maggio 2002, n. 663; Cass., 19 aprile 2002, n. 5727; Cass., Sez. un., 23 aprile 2001, n. 173).

Per i documenti aggiornati, vedi anche:

A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.3 Vuoi accettare l’indennità? Le avvertenze
A.4 La tua indennità – con le norme italiane
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).


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Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

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