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L’indennità di esproprio e il vincolo di viabilità

Introduzione

Il tema della determinazione dell’indennità di esproprio in presenza di vincoli urbanistici di viabilità rappresenta da sempre un terreno di forte tensione tra interesse pubblico e tutela della proprietà privata. L’ordinanza n. 29268/2024 della Prima Sezione Civile della Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale che ha progressivamente affinato i criteri distintivi tra vincoli conformativi e vincoli espropriativi, con ricadute decisive sulla quantificazione dell’indennità spettante al proprietario espropriato.

Questa pronuncia, relativa a un contenzioso tra ANAS S.p.A. e una pluralità di proprietari di terreni ubicati nel Comune di Nuraminis, offre lo spunto per un’ampia riflessione sui principi cardine della materia, sul ruolo degli strumenti urbanistici e sulle modalità di valutazione dei suoli colpiti da vincoli di destinazione pubblica.

1. Il fatto: la vicenda processuale

I ricorrenti, proprietari di diversi terreni (individuati catastalmente), contestavano la determinazione dell’indennità di espropriazione per aree occupate in via d’urgenza dall’ANAS per lavori di ampliamento e adeguamento della SS 131 in Sardegna. Nessuno dei proprietari aveva accettato l’indennità provvisoria offerta, in quanto si trattava di occupazione urgente ex art. 22bis DPR 327/2001. La sentenza della Corte d’Appello di Cagliari aveva disposto una CTU per accertare la destinazione urbanistica e il valore dei terreni.

Il primo CTU, Ing. Floris, aveva riconosciuto la qualità edificatoria per alcune aree, in quanto ricadenti in zona D (nuova urbanizzazione industriale/artigianale) dei piani comunali, salvo la presenza di alcune particelle in zona agricola E. Tuttavia, la relazione integrativa aveva escluso che le aree oggetto di esproprio interessassero le fasce di rispetto stradale.

La Corte d’Appello, invece, aveva ritenuto che le stesse aree dovessero essere valutate come non edificabili, poiché destinate a viabilità nel PUC, e aveva quindi disatteso le conclusioni del primo CTU, adottando i criteri del secondo ausiliario (agr. Costa), che aveva attribuito alle aree il valore agricolo, escludendo il valore comprensoriale. Tuttavia, in sede di quantificazione finale, la Corte aveva parzialmente recepito le valutazioni del primo CTU, determinando alcuni valori superiori a quelli agricoli.

L’ANAS ricorreva in Cassazione, lamentando la contraddittorietà della decisione d’appello.

2. Il nodo giuridico: vincoli conformativi vs. vincoli espropriativi

Il cuore della questione risiede nel corretto inquadramento del vincolo urbanistico imposto dal PUC. Secondo la giurisprudenza consolidata, la distinzione tra vincolo conformativo e vincolo espropriativo è determinante: solo il secondo, in quanto incidente su una pluralità di beni individuati e destinati specificamente all’ablazione, giustifica il riconoscimento di una indennità parametrata al valore edificatorio, mentre il primo, in quanto generalizzato e funzionale a scelte di programmazione territoriale, determina la non edificabilità dei suoli e, conseguentemente, una minore indennità.

La Cassazione (tra le altre, Sez. U, n. 7454/2020; n. 15519/2001) ha chiarito che il vincolo di viabilità derivante dalla pianificazione generale comporta, per sua natura, l’impossibilità per i privati di esercitare lo ius aedificandi, attenendo a una limitazione imposta nell’interesse pubblico e destinata a una pluralità indistinta di aree. L’inclusione di un terreno in una fascia di rispetto stradale, o comunque in una zona destinata a viabilità, produce un effetto di inedificabilità assoluta.

3. La motivazione della Corte: la contraddizione rilevata

La Cassazione accoglie il ricorso dell’ANAS, evidenziando la contraddittorietà della decisione di merito: da un lato, la Corte d’Appello afferma che le aree sono da considerare non edificabili per la presenza di un vincolo di viabilità conformativo; dall’altro, in sede di stima, riconosce loro il cosiddetto “valore comprensoriale”, tipico delle aree edificabili soggette a piani attuativi.

Questa oscillazione tra due opposte qualificazioni ha determinato una valutazione incoerente e non motivata, tale da giustificare la cassazione della sentenza e il rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari.

4. La funzione dei piani urbanistici e l’incidenza sul diritto di proprietà

I piani regolatori generali e i piani urbanistici comunali svolgono una funzione di programmazione e gestione del territorio, attraverso la zonizzazione e la destinazione d’uso delle aree. L’indicazione di aree destinate a viabilità, verde pubblico o attrezzature pubbliche non integra un vincolo espropriativo, ma conformativo, in quanto attiene all’assetto generale del territorio e non alla localizzazione di una specifica opera pubblica.

L’espropriazione di aree destinate a viabilità comporta l’applicazione di un’indennità calcolata secondo il valore agricolo, salvo che la destinazione urbanistica renda concretamente possibile l’edificazione privata. In questo senso, la Cassazione richiama il principio per cui “le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui, per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico” (Cass. SU, n. 7454/2020).

5. Il ruolo della consulenza tecnica e la motivazione del giudice

La pronuncia in commento evidenzia anche la rilevanza del contraddittorio tecnico tra CtU e parti. La Corte richiama l’esigenza che il giudice dia conto, in motivazione, delle contestazioni delle parti rispetto alle valutazioni peritali e che valuti con attenzione la destinazione urbanistica effettiva delle aree. Non è sufficiente una mera presa d’atto delle relazioni tecniche, ma occorre una motivazione congrua, soprattutto se la stima si discosta dai criteri oggettivi fissati dalla normativa e dalla giurisprudenza.

6. Rilievi sulla funzione sociale della proprietà e il bilanciamento con l’interesse pubblico

La sentenza si inserisce in una linea interpretativa che valorizza il bilanciamento tra la tutela del diritto di proprietà, garantito dall’art. 42 Cost., e la funzione sociale che la proprietà stessa deve assolvere. L’esproprio per pubblica utilità rappresenta una manifestazione tipica di questo bilanciamento: la compressione del diritto individuale trova giustificazione solo se accompagnata dal riconoscimento di una indennità “giusta”, cioè corrispondente al concreto valore del bene, tenendo conto delle limitazioni imposte dalla pianificazione.

La Corte Costituzionale ha più volte ribadito (sentt. n. 348/2007, n. 349/2007) che il parametro per la quantificazione dell’indennità è il valore venale di mercato, ma che questo deve essere rettamente individuato alla luce delle reali possibilità di utilizzazione del suolo.

7. La distinzione tra vincolo generico e vincolo specifico: implicazioni pratiche

La distinzione tra vincolo generico (conformativo) e vincolo specifico (espropriativo) è fondamentale per orientare la prassi amministrativa:

  • Il vincolo generico, imposto dalla pianificazione generale, comporta l’inedificabilità e determina la liquidazione dell’indennità in base al valore agricolo.
  • Il vincolo specifico, imposto da strumenti attuativi o piani particolareggiati, può invece comportare il riconoscimento di un indennizzo parametrato a valori superiori, in quanto collegato alla realizzazione di una determinata opera.

Il caso in esame conferma che il semplice inserimento di un’area in una zona industriale non è sufficiente a conferirle la qualità edificatoria se, contestualmente, il piano urbanistico la destina a viabilità o ad altro uso pubblicistico.

8. Le conseguenze processuali: cassazione e rinvio

La Corte, accogliendo il ricorso dell’ANAS, cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, affinché provveda a una nuova valutazione delle aree, dando corretta applicazione ai principi enunciati e provvedendo anche sulle spese di legittimità.

9. Approfondimenti giurisprudenziali e dottrinali

9.1. Giurisprudenza

  • Cass. SU n. 7454/2020: ribadisce che le aree destinate dal piano regolatore generale a viabilità, verde pubblico, ecc., devono essere considerate non edificabili ai fini dell’indennità.
  • Cass. n. 15519/2001: distingue tra vincoli generali e vincoli particolari, chiarendo che solo questi ultimi possono qualificarsi come espropriativi.
  • Cass. n. 14632/2018: conferma che la presenza di un vincolo di rispetto stradale determina la non edificabilità a prescindere dall’inclusione dell’area in piani attuativi.

9.2. Dottrina

La dottrina (D. De Nictolis, “Espropriazione e urbanistica”, in Urbanistica e Appalti, 2022) pone l’accento sull’esigenza di evitare automatismi nella qualificazione delle aree e invita a una valutazione caso per caso che tenga conto della concreta attitudine edificatoria e delle effettive limitazioni imposte dalla pianificazione.

10. Conclusioni

La sentenza n. 29268/2024 della Cassazione rappresenta un importante richiamo alla coerenza motivazionale nella determinazione dell’indennità di esproprio e alla corretta applicazione dei principi in tema di vincoli urbanistici. Il rispetto della funzione sociale della proprietà, il bilanciamento tra interesse pubblico e tutela del privato e la centralità del valore venale effettivo restano i cardini dell’intera materia.

In definitiva, la pronuncia in commento conferma che l’indennità di esproprio deve essere calcolata sulla base della reale destinazione urbanistica del bene e delle sue possibilità legali di utilizzazione, evitando riconoscimenti di valori edificatori laddove la pianificazione imponga vincoli di carattere pubblicistico e generale

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