L’espropriazione per pubblica utilità rappresenta un istituto centrale del diritto amministrativo e urbanistico italiano, in cui il diritto di proprietà privata cede necessariamente di fronte a esigenze di interesse generale. La determinazione dell’indennità spettante all’espropriato è oggetto di costante attenzione legislativa, dottrinale e giurisprudenziale, soprattutto per quanto concerne il ruolo dei vincoli urbanistici e la distinzione tra vincoli conformativi e vincoli espropriativi. L’ordinanza Cass. n. 23383/2024 offre una chiara esemplificazione delle questioni più controverse in materia e consente di articolare alcune riflessioni di sistema, con ricadute concrete per operatori, amministrazioni e proprietari coinvolti.
La società “Porta Rossa” s.p.a., proprietaria di una piccola particella di terreno nel Comune di Cuneo, agisce contro la società “Autostrada Asti-Cuneo” s.p.a., che durante la realizzazione dell’infrastruttura ha occupato sine titulo il terreno. Successivamente, con provvedimento del 6 marzo 2012 ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, la società concessionaria ha disposto l’acquisizione del bene, liquidando un indennizzo ritenuto insufficiente dalla proprietaria.
Dopo una dichiarazione di incompetenza della Corte d’Appello di Torino (che rimanda al Tribunale di Cuneo), il giudizio è riassunto e il CTU quantifica il valore venale del terreno in base alle previsioni del PRG del 1986, che ne attribuiva capacità edificatoria. Il Tribunale accoglie questa impostazione, mentre la Corte d’Appello di Torino, in accoglimento dell’appello della società autostradale, riforma la sentenza e riduce drasticamente l’indennità, valorizzando la sopravvenuta inedificabilità del terreno risultante dal PRG del 2008. Tale decisione è impugnata per cassazione dalla società espropriata, che contesta il criterio seguito per la stima del valore indennitario.
L’art. 42, co. 3, Cost. stabilisce che la proprietà privata può essere espropriata per motivi di interesse generale nei casi previsti dalla legge, “salvo indennizzo”. La giurisprudenza costituzionale ha più volte ribadito che l’indennità deve essere “seria e ragionevole”, pur non necessariamente corrispondente al valore integrale (“valore di mercato”) del bene.
L’art. 32, co. 1, del T.U. Espropri dispone:
“Salvi gli specifici criteri previsti dalla legge, l’indennità di espropriazione è determinata sulla base delle caratteristiche del bene al momento dell’accordo di cessione o alla data dell’emanazione del decreto di esproprio, valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e quelli connessi alla realizzazione dell’eventuale opera prevista (…)”.
Il principio è dunque quello della “fotografia” delle caratteristiche giuridiche e fattuali del bene al momento della traslazione coattiva, ma senza tenere conto dei vincoli preordinati all’esproprio.
La Cassazione richiama un insegnamento costante: la distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi non dipende dalla categoria di strumento urbanistico che li impone, ma dalla finalità concreta perseguita.
Solo i vincoli conformativi vanno considerati nella stima dell’indennità; i vincoli espropriativi devono essere “neutralizzati”, per evitare che il valore indennitario sia artificiosamente abbattuto per effetto della stessa attività ablatoria.
Nel caso di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis T.U. Espropri, la stima delle caratteristiche giuridiche e fattuali del bene va effettuata “alla data in cui si è realizzata la fattispecie traslativa”, ossia alla data del decreto di acquisizione, non a quella dell’occupazione o di un precedente accordo di programma.
“…ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, la ricognizione della qualificazione, edificatoria o meno, dell’area deve essere operata tenendo conto delle caratteristiche fattuali e giuridiche del bene alla data del decreto di esproprio, prendendo in considerazione i vincoli conformativi, non ablatori, incidenti a tempo indeterminato sul regime di uso della proprietà nei confronti di una generalità di beni e di una pluralità indifferenziata di soggetti, e prescindendo dai vincoli di natura espropriativa ovvero da quelli sostanzialmente preordinati all’esproprio…”
“…nella ipotesi in cui la vicenda ablatoria sia riferibile direttamente al provvedimento acquisitivo adottato ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, è a tale data, in cui si è realizzata la fattispecie traslativa, che deve essere condotta l’indagine sulla situazione urbanistica dell’area…”
Il nuovo PRG del 2008 aveva attribuito all’area una destinazione non edificabile (“fascia di ambientazione stradale e ferroviaria”, “fascia di rispetto ferroviaria e stradale”). Tale vincolo, secondo la Corte, è di tipo conformativo e non espropriativo, perché imposto a una pluralità indifferenziata di beni e soggetti, sulla base di esigenze di pianificazione generale e non di localizzazione di una specifica opera pubblica.
“Ha evidenziato che la particella di terreno era stata assoggettata dal p.r.g. comunale approvato il 7.7.2008 al vincolo derivante dalla sua ricomprensione nella ‘fascia di ambientazione stradale e ferroviaria’, nella ‘fascia di rispetto ferroviaria’ e nella ‘fascia di rispetto stradale’, dunque a vincolo conformativo…”
“…ha evidenziato che dovevano nella specie reputarsi ininfluenti i pregressi vincoli espropriativi, ovvero sia il decreto del 29.1.2002 del Ministero dei Trasporti, cioè il provvedimento di approvazione del progetto definitivo contenente il vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità, sia la deliberazione n. 12 parimenti in data 29.1.2002 del Comune di Cuneo, recante il progetto preliminare del nuovo p.r.g. comunale…”
La Corte respinge quindi la pretesa della società espropriata di attribuire valore edificatorio al terreno in base al PRG del 1986, ritenendo corretta la valutazione della Corte d’Appello.
La Cassazione ribadisce che, in presenza di vincoli preordinati all’esproprio, la valutazione dell’indennità deve prescindere dagli effetti di tali vincoli, per evitare che l’attività ablatoria si traduca in un danno patrimoniale eccessivo per il proprietario, in violazione del principio di equità e ragionevolezza del ristoro. L’indennità deve essere “seria”, cioè fondata sulle effettive potenzialità del bene, ma non può essere calcolata sulla base di destinazioni urbanistiche ormai superate e non più vigenti al momento dell’ablazione.
Le “fasce di rispetto ferroviarie e stradali” sono tipici esempi di vincoli conformativi, che limitano in modo generalizzato la possibilità edificatoria su vaste aree, perseguendo finalità di sicurezza, salute pubblica e pianificazione infrastrutturale. Tali vincoli, se imposti per esigenze di carattere generale e non per la realizzazione di una specifica opera, devono essere considerati nella stima del valore indennitario, anche se riducono notevolmente l’aspettativa di edificazione del proprietario.
La sentenza sottolinea che il valore del bene deve essere stimato al momento della traslazione coattiva (data del decreto di acquisizione sanante), con riferimento alla destinazione urbanistica vigente. Non è possibile retrodatare la valutazione a piani regolatori precedenti o ignorare le modifiche intervenute, salvo che esse siano il prodotto diretto dell’attività ablatoria (vincoli espropriativi).
La Corte respinge la doglianza relativa al vizio di motivazione, precisando che, nel vigore dell’art. 360 n. 5 c.p.c., il vizio di “contraddittorietà” non è più configurabile, e che la parte non può rimettere in discussione in Cassazione l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito, salvo l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
“…la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404)…”
“…l’assunto della ricorrente secondo cui il vincolo di Piano Regolatore Generale introdotto il 7 luglio 2008 è semplicemente la traduzione urbanistica del precedente vincolo disposto dal Ministero… si risolve senza dubbio in una censura, per giunta generica, rilevante sul piano del giudizio ‘di fatto’…” (2338320240830snciv@s10@a2024@n23383@tO.clean.pdf)
La sentenza Cass. n. 23383/2024 conferma e sviluppa un orientamento rigoroso in tema di indennità di espropriazione, tutelando l’interesse pubblico alla pianificazione urbanistica e la necessità di corrispondere all’espropriato un ristoro equo e ragionevole. La distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi resta centrale per evitare abusi e garantire la certezza del diritto, ma richiede una puntuale ricostruzione fattuale e giuridica caso per caso.
Per le amministrazioni e i privati coinvolti in procedure espropriative, la lezione è chiara: solo un’analisi approfondita degli strumenti urbanistici, della natura dei vincoli e delle loro finalità consente di determinare correttamente il valore indennitario ed evitare contenziosi lunghi e costosi. La giurisprudenza recente, pur nel rispetto dell’autonomia decisionale dei giudici di merito, offre linee guida preziose che dovrebbero orientare la prassi operativa e la redazione degli atti.