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L’espropriazione per opere strategiche e la determinazione dell’indennità

Introduzione

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. I Civile, n. 31362 del 2024, affronta in modo sistematico e approfondito una questione di grande rilievo per il diritto amministrativo e per la prassi degli espropri: la corretta qualificazione urbanistica delle aree oggetto di espropriazione nell’ambito della realizzazione di infrastrutture strategiche, con particolare attenzione agli effetti delle varianti urbanistiche derivanti dall’approvazione dei progetti da parte del CIPE, nonché la determinazione dell’indennità di esproprio per le aree ricadenti sia in zona edificabile sia in fascia di rispetto stradale.

L’ordinanza si inserisce nel complesso contesto delle espropriazioni per pubblica utilità, ponendo l’accento sulle peculiarità delle opere strategiche, quali le grandi infrastrutture di trasporto, e sulle relazioni tra disciplina nazionale, strumenti urbanistici locali e tutela dei diritti dei proprietari.

Il contesto normativo e fattuale

La vicenda trae origine dall’espropriazione di terreni per la realizzazione dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (cd. BreBeMi), opera dichiarata strategica e quindi sottoposta a una normativa speciale che prevede, tra l’altro, l’approvazione dei progetti preliminari e definitivi da parte del CIPE, con effetti diretti sugli strumenti urbanistici comunali.

Le tappe salienti della vicenda sono le seguenti:

  • Nel 2001 il CIPE approva il primo programma per la realizzazione del collegamento autostradale “BreBeMi”.
  • Nel 2005 viene approvato il progetto preliminare e nel 2009 il progetto definitivo, sempre da parte del CIPE.
  • Nel 2017 il Comune adotta un nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT) che modifica le destinazioni urbanistiche delle aree coinvolte, incrementando la superficie edificabile e riducendo quella ricadente in fascia di rispetto.
  • Nel 2018 viene emanato il decreto di esproprio.

Nel frattempo, la società concessionaria dell’opera e la società proprietaria dei terreni espropriati si sono confrontate in merito alla determinazione dell’indennità di esproprio, in particolare circa la corretta destinazione urbanistica delle aree (edificabili o in fascia di rispetto) e il relativo valore da attribuire.

La questione giuridica

La Corte di Cassazione è chiamata a chiarire, in primo luogo, quale sia il momento e il criterio per la determinazione della destinazione urbanistica delle aree oggetto di espropriazione: se si debba avere riguardo alla situazione risultante dagli strumenti urbanistici comunali vigenti al momento del decreto di esproprio (quindi dopo l’adozione del nuovo PGT), oppure se prevalgano le destinazioni impresse dai provvedimenti del CIPE relativi alle opere strategiche.

In secondo luogo, la Corte affronta il tema della corretta valutazione delle aree ricadenti in fascia di rispetto stradale: queste devono essere considerate come aree agricole, o possono essere valutate secondo un valore “a standard” superiore, in ragione di possibili utilizzazioni intermedie?

La disciplina delle varianti urbanistiche per le opere strategiche

Uno dei punti centrali dell’ordinanza riguarda l’efficacia delle delibere CIPE di approvazione dei progetti preliminari e definitivi delle opere strategiche. Il d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei Contratti Pubblici, ratione temporis applicabile) prevede infatti all’art. 165 che l’approvazione del progetto preliminare comporta “l’automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti e adottati”, mentre l’art. 166 stabilisce che l’approvazione del progetto definitivo “sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione o parere comunque denominati”.

La Corte sottolinea la natura imperativa di tali norme: la variante urbanistica così impressa dal CIPE non può essere derogata dagli enti locali, che hanno solo il compito di adeguare formalmente i propri strumenti di pianificazione. Questo comporta che l’assetto urbanistico delle aree interessate dall’opera strategica deve essere individuato con esclusivo riferimento alle delibere CIPE, anche se successivamente i Comuni adottano nuovi strumenti urbanistici.

La vicenda processuale: Corte d’Appello e motivi di ricorso

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano aveva determinato l’indennità di esproprio sulla base delle destinazioni urbanistiche risultanti dal PGT adottato nel 2017, quindi dopo i provvedimenti CIPE. In particolare, era stata riconosciuta una maggiore superficie edificabile e una minore estensione della fascia di rispetto, rispetto alla situazione antecedente.

La società espropriante ha impugnato tale decisione, sostenendo che la variante urbanistica impressa dal CIPE avrebbe dovuto prevalere, e che quindi la Corte d’Appello avrebbe errato nel fare riferimento al nuovo PGT. Inoltre, ha contestato la valutazione delle aree in fascia di rispetto come “a standard” anziché come agricole.

I motivi di ricorso, dunque, si articolano principalmente su:

  1. Erronea determinazione della destinazione urbanistica di riferimento.
  2. Errata valutazione delle aree in fascia di rispetto.

Il principio affermato dalla Cassazione sulla prevalenza delle varianti CIPE

La Cassazione accoglie i motivi di ricorso relativi alla determinazione della destinazione urbanistica, richiamando con forza il principio per cui, nelle opere strategiche, la variante urbanistica conseguente all’approvazione del progetto da parte del CIPE ha efficacia imperativa e non può essere superata da successivi interventi degli enti locali.

La Corte richiama le norme del d.lgs. n. 163/2006, nonché la giurisprudenza precedente (Cass. 26653/2020), ribadendo che “l’approvazione del progetto comporta automatica variante agli strumenti urbanistici vigenti”, e che gli enti locali devono adeguarsi, senza poter modificare la destinazione impressa dal CIPE.

Ne consegue che, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio, deve aversi riguardo alla destinazione urbanistica risultante dalle delibere CIPE vigenti al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, e non a eventuali modifiche sopravvenute con i piani comunali.

La valutazione delle aree in fascia di rispetto: da area agricola ad area “a standard”

Quanto alla seconda questione, la Cassazione conferma la possibilità che le aree in fascia di rispetto siano valutate come aree “a standard”, e non necessariamente come agricole, laddove vi sia la possibilità di utilizzazioni diverse da quella meramente agricola, quali parcheggi, aree verdi, servizi, ecc.

La Corte richiama la propria giurisprudenza (anche a Sezioni Unite) secondo cui, pur essendo le aree in fascia di rispetto soggette a un vincolo legale di inedificabilità assoluta, ciò non esclude la possibilità di un utilizzo intermedio, che ne giustifichi una valutazione di mercato superiore a quella agricola, sulla base delle concrete possibilità di sfruttamento.

Nel caso di specie, il CTU aveva ritenuto congrua una valutazione delle aree “a standard”, applicando una riduzione del 35% rispetto al valore delle aree edificabili, e la Corte reputa tale criterio corretto, in quanto supportato da elementi di fatto specifici.

Il dispositivo: cassazione con rinvio

Per effetto delle considerazioni svolte, la Cassazione accoglie i motivi di ricorso relativi alla determinazione della destinazione urbanistica, rigetta quello sulla valutazione delle aree “a standard” e cassa la sentenza della Corte d’Appello, rinviando per una nuova determinazione dell’indennità secondo i principi espressi.

Le implicazioni pratiche della decisione

1. Prevalenza della variante urbanistica “statale” sulle pianificazioni locali

La decisione fornisce un chiaro indirizzo interpretativo: nell’ambito delle opere strategiche di interesse nazionale, la pianificazione urbanistica locale è recessiva rispetto alla variante operata ex lege dal CIPE. Per i professionisti e le amministrazioni comunali, ciò significa che eventuali modifiche agli strumenti urbanistici successivi all’approvazione dei progetti strategici non possono incidere sulla destinazione delle aree coinvolte, almeno fino a che la realizzazione dell’opera non sia stata completata o il vincolo non sia decaduto.

2. Determinazione dell’indennità: il momento rilevante

Il momento da prendere a riferimento per la qualificazione urbanistica delle aree non è quello del decreto di esproprio, ma quello in cui si è consolidato il vincolo preordinato all’esproprio, cioè con l’approvazione del progetto da parte del CIPE.

3. Valutazione delle aree in fascia di rispetto

Per le aree in fascia di rispetto stradale, la decisione ribadisce che il criterio di valutazione non deve essere rigidamente ancorato al valore agricolo, ma può tenere conto delle potenzialità di utilizzo “a standard”, ove concretamente sussistano.

4. Rilievo per la prassi degli espropri

Per la prassi degli espropri, la sentenza comporta che i soggetti espropriati, i tecnici stimatori, le amministrazioni e i giudici dovranno prestare particolare attenzione nel ricostruire la sequenza degli atti amministrativi, privilegiando le varianti urbanistiche di matrice statale e valutando in modo puntuale la reale utilizzabilità delle aree in fascia di rispetto.

Il quadro sistematico e la dottrina

La questione affrontata dall’ordinanza si colloca all’incrocio tra diritto amministrativo, diritto urbanistico e diritto civile (in particolare, la disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità).

La dottrina ha da tempo evidenziato il rischio di conflitti tra la pianificazione centralizzata (statale o regionale) e quella comunale, soprattutto in presenza di grandi opere infrastrutturali. La natura “imperativa” delle varianti urbanistiche disposte dal Governo centrale trova giustificazione nell’interesse pubblico alla realizzazione tempestiva di infrastrutture strategiche, spesso considerate essenziali per lo sviluppo economico e la competitività del territorio.

Al tempo stesso, la tutela del diritto di proprietà impone che le regole sulla determinazione dell’indennità di esproprio siano chiare e trasparenti, onde evitare che i proprietari subiscano pregiudizi economici derivanti da scelte pianificatorie non congruamente motivate.

Osservazioni

L’ordinanza n. 31362/2024 rappresenta un’importante conferma del ruolo centrale che le varianti urbanistiche “statali” giocano nell’ambito delle opere strategiche, segnando un limite alla potestà pianificatoria degli enti locali e rafforzando la certezza del diritto nella determinazione dell’indennità di esproprio.

Al contempo, la decisione si dimostra attenta alle esigenze di valorizzazione delle aree in fascia di rispetto, evitando automatismi penalizzanti per i proprietari e valorizzando le potenzialità concrete di utilizzo.

In definitiva, la sentenza offre una guida sicura per gli operatori del diritto, i tecnici e le amministrazioni, e contribuisce a chiarire i rapporti tra norme statali, poteri locali e diritti dei cittadini nei casi di espropriazione per grandi opere pubbliche.

A.N.P.T.ES.
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