Nel contesto dell’espropriazione per pubblica utilità, l’atto di cessione volontaria rappresenta una via alternativa alla procedura ordinaria fondata sull’adozione del decreto di esproprio. È un istituto disciplinato dal Testo Unico Espropri (D.P.R. 327/2001), che consente al proprietario del bene espropriando di trasferire volontariamente la proprietà del bene all’amministrazione o al beneficiario, a fronte della corresponsione di un’indennità concordata.
Questa modalità, sebbene semplificata, comporta effetti giuridici definitivi e deve essere attentamente valutata. Non si tratta di una mera formalità, ma di un contratto a tutti gli effetti che chiude la vicenda espropriativa, con implicazioni economiche e legali rilevanti.
La cessione volontaria è un atto mediante il quale il proprietario, pur sapendo di essere destinatario di un procedimento espropriativo, sceglie di trasferire la proprietà dell’immobile oggetto dell’esproprio prima che l’autorità adotti il decreto formale.
Si configura quindi come una forma di trasferimento a titolo oneroso, regolata da accordi fra le parti e caratterizzata dalla volontà negoziale espressa. Pur avvenendo in un contesto di espropriazione, conserva la natura contrattuale, e ciò implica che entrambe le parti debbano esprimere consenso pieno e libero.
In concreto, l’amministrazione formula una proposta di cessione volontaria, indicando:
L’istituto della cessione volontaria trova fondamento principalmente negli articoli 45 e 46 del D.P.R. 327/2001.
Ai sensi dell’art. 45, comma 2, il bene può essere acquisito mediante cessione volontaria quando le parti si accordano sul valore dell’indennità e il proprietario presta il consenso al trasferimento.
L’art. 46 prevede che, in tale ipotesi, l’accordo ha valore di transazione e produce effetti definitivi sul piano giuridico. Inoltre, l’articolo specifica che la cessione volontaria costituisce titolo per il trasferimento del bene e per la liquidazione dell’indennità.
La sottoscrizione dell’atto di cessione volontaria comporta:
Non si tratta dunque di un semplice accordo di intenti, ma di un atto definitivo che produce effetti reali e preclude qualsiasi azione futura da parte del cedente.
L’amministrazione può proporre l’atto di cessione volontaria:
La proposta può essere formulata in modo formale (tramite PEC o raccomandata) oppure in sede di incontro tra le parti. In alcuni casi, la proposta viene allegata al progetto definitivo dell’opera, in fase di comunicazione ai proprietari.
Il proprietario ha il diritto di:
La cessione volontaria è spesso confusa con l’accordo bonario. In realtà, i due istituti sono distinti, sebbene talvolta si sovrappongano nella pratica.
La cessione è quindi un passo ulteriore, che presuppone un accordo economico e lo traduce in trasferimento reale del diritto.
L’atto deve essere redatto in forma scritta. Può essere:
Deve contenere almeno:
Una volta sottoscritto, l’atto va registrato e trascritto presso i registri immobiliari.
Nonostante l’apparente convenienza, la cessione volontaria può comportare rischi concreti per il proprietario, soprattutto quando:
Firmare la cessione volontaria equivale a chiudere ogni via di ricorso o revisione. Anche eventuali vizi della dichiarazione di pubblica utilità non possono più essere eccepiti, salvo in casi eccezionali di invalidità radicale.
Può essere una buona soluzione quando:
Deve sempre essere preceduta da:
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A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.2 La tua indennità – con le norme italiane
A.3 L’indennità di esproprio – con le norme europee
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato
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