La motivazione costituisce un elemento essenziale di ogni provvedimento amministrativo, e assume un ruolo ancora più rilevante quando si tratta di espropriazione per pubblica utilità, poiché in gioco vi è la compressione del diritto di proprietà, tutelato dall’articolo 42 della Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ogni atto che determina l’ablazione di un bene – sia esso la dichiarazione di pubblica utilità, il provvedimento di occupazione d’urgenza, il decreto di esproprio o il rigetto delle osservazioni del proprietario – deve essere assistito da una motivazione puntuale, logica e verificabile. In caso contrario, l’atto è annullabile per difetto di motivazione.
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L’art. 3 della legge 241/1990 sancisce l’obbligo di motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi. Tale obbligo consiste nell’esplicitare:
Nel caso di esproprio, l’obbligo si estende alla dimostrazione della necessità dell’ablazione rispetto ad altre soluzioni progettuali e alla proporzionalità del sacrificio imposto al privato.
Nel procedimento espropriativo, devono essere adeguatamente motivati:
Ogni atto che incide su diritti soggettivi primari deve esplicitare le valutazioni istruttorie e i motivi di pubblico interesse che ne giustificano l’adozione.
La giurisprudenza amministrativa ha individuato il contenuto minimo che una motivazione espropriativa deve possedere:
Una motivazione generica, stereotipata o puramente formale è inidonea a legittimare l’esproprio e può essere annullata dal TAR su ricorso del proprietario.
Il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di scegliere la misura che incide meno sui diritti dei privati. Per questo, nella motivazione deve emergere:
L’omessa valutazione di questi profili comporta l’illegittimità dell’atto espropriativo per violazione dei principi generali del diritto amministrativo.
La motivazione deve riflettere il contenuto effettivo dell’istruttoria. Non è sufficiente richiamare genericamente un progetto approvato o una delibera consiliare, ma occorre:
Un’istruttoria lacunosa o formalmente incompleta riflette una motivazione apparente, che può essere sindacata dal giudice.
L’apposizione di vincoli urbanistici preordinati all’esproprio (es. variante al PRG) deve essere accompagnata da una motivazione rafforzata. In particolare, va indicato:
La Cassazione e il Consiglio di Stato hanno più volte dichiarato illegittimi i vincoli imposti senza adeguata istruttoria o senza considerare alternative più equilibrate.
Quando il proprietario presenta osservazioni, memorie o istanze di esclusione del bene, l’amministrazione ha l’obbligo di rispondere puntualmente. Il silenzio o il rigetto motivato per formule standard (“l’interesse pubblico prevale”) non sono legittimi.
La motivazione deve dimostrare di aver valutato:
L’eventuale rigetto non motivato apre la strada all’annullamento dell’intero procedimento.
Si parla di difetto assoluto di motivazione quando l’atto:
In tali casi, il provvedimento è radicalmente nullo. Il giudice amministrativo può dichiararne l’illegittimità anche d’ufficio, senza necessità di prova ulteriore.
Quando il bene non viene utilizzato per la realizzazione dell’opera, il proprietario ha diritto alla retrocessione. Se l’amministrazione nega questa possibilità, deve motivare il diniego indicando:
Un diniego non motivato correttamente è impugnabile dinanzi al TAR entro 60 giorni dalla notifica.
Il proprietario può proporre ricorso al TAR contro ogni atto espropriativo privo o carente di motivazione. Il ricorso può essere fondato su:
Il giudice, se accoglie il ricorso, può annullare l’atto, ordinare la rinnovazione del procedimento o riconoscere il diritto al risarcimento del danno.
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La giurisprudenza ha chiarito che:
Le sentenze più significative (Cons. Stato, sez. IV, n. 4205/2016; Cass. civ., sez. un., n. 735/2015) sottolineano la centralità della motivazione come garanzia sostanziale e non solo formale.
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