Nel caso deciso da Cass. 14994/2024, un soggetto privato ha impugnato un provvedimento di espropriazione relativo a un terreno, lamentando vizi nella dichiarazione di pubblica utilità, nella partecipazione procedimentale e nella determinazione dell’indennità. La Suprema Corte è stata chiamata a chiarire i presupposti sostanziali e processuali dell’espropriazione per pubblica utilità, nonché a delineare i rapporti fra procedura amministrativa, tutela giurisdizionale, indennizzo e garanzie costituzionali e sovranazionali. Il problema legale centrale riguarda l’equilibrio tra interesse pubblico e tutela della proprietà privata, anche alla luce dei principi CEDU e delle evoluzioni dottrinali e giurisprudenziali (“L’espropriazione per pubblica utilità rappresenta una delle più delicate deroghe al diritto di proprietà privata, garantito dall’art. 42 Cost. […] La sentenza n. 14994/2024 della Corte di Cassazione offre un’occasione per approfondire, con taglio dottrinale e giurisprudenziale, alcuni aspetti centrali dell’istituto: la procedura, il ruolo della dichiarazione di pubblica utilità, la determinazione dell’indennità, i mezzi di tutela del privato, con attenzione particolare alle criticità processuali emerse nel caso concreto.”) 1.
L’espropriazione per pubblica utilità ha origini remote nel diritto romano e si è sviluppata nei secoli come strumento per soddisfare esigenze collettive, trovando una disciplina organica prima nello Statuto Albertino e poi nell’art. 42 Cost., che consente la privazione della proprietà solo per motivi d’interesse generale e con il pagamento di un “giusto indennizzo” (“Il proprietario del suolo acquista per accessione le opere e le costruzioni realizzate sul suo terreno istantaneamente, cioè al momento della loro edificazione, senza che occorra alcuna manifestazione di volontà del proprietario per ritenere quanto costruito sul proprio terreno (Cass. 15 maggio 2013 n. 11742).”) 1. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha progressivamente rafforzato le garanzie procedurali e sostanziali in favore dell’espropriato.
L’espropriazione si articola in diverse fasi:
Il diritto di partecipazione e la valutazione effettiva delle osservazioni del privato sono condizioni di legittimità dell’atto finale (“L’espropriato ha diritto a essere informato e a presentare osservazioni, che devono essere effettivamente valutate dall’ente. La mancata considerazione delle osservazioni può determinare l’illegittimità dell’atto finale.”) 1.
La dichiarazione di pubblica utilità deve contenere una motivazione analitica, idonea a consentire il controllo giurisdizionale sull’effettiva sussistenza dell’interesse pubblico (“La Corte di Cassazione ribadisce che la motivazione non può essere meramente apodittica: essa deve permettere il controllo sull’effettiva sussistenza dell’interesse pubblico.”) 1.
L’indennità di espropriazione deve essere congrua, proporzionata e aggiornata al valore venale del bene, secondo criteri oggettivi, in coerenza con l’art. 42 Cost. e con l’art. 1 Protocollo Addizionale CEDU (“L’indennità deve riflettere il valore venale del bene, secondo criteri oggettivi e aggiornati. Deve essere congrua e proporzionata, come richiesto non solo dall’art. 42 Cost., ma anche dall’art. 1 Protocollo Addizionale CEDU.”) 1.
La contestazione della legittimità degli atti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità, decreto di esproprio) spetta al giudice amministrativo, mentre la contestazione dell’indennità compete al giudice ordinario (“La Corte ribadisce che la contestazione della legittimità dell’esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità va proposta davanti al giudice amministrativo, mentre la contestazione dell’indennità spetta al giudice ordinario.”) 1, (“Tutte le azioni aventi ad oggetto la difesa della proprietà di beni immobili che si trovano nel territorio dello Stato devono essere presentate al giudice italiano ordinario. Nel caso in cui l’azione reale venga fatta valere contro la pubblica amministrazione (P.A.) è necessario distinguere due diverse situazioni: a) se la P.A. ha posto in essere un atto potenzialmente lesivo della proprietà in esecuzione di un atto amministrativo, anche se viziato, vi è difetto assoluto della giurisdizione del giudice ordinario e l’azione va presentata innanzi al giudice amministrativo; b) se la P.A. ha posto in essere i seguenti atti si applica la giurisdizione del giudice ordinario […]”) 2.
La Corte costituzionale e la Corte EDU hanno imposto il rispetto del principio di “giusto indennizzo”, obbligando il legislatore nazionale ad adeguare la disciplina interna ai parametri della CEDU (caso Scordino c. Italia). La Cassazione ha recepito tale indirizzo, ritenendo disapplicabile la normativa interna in contrasto con i principi sovranazionali (“Dopo le note pronunce della Corte EDU (Scordino c. Italia), la Cassazione insiste sul principio di indennizzo congruo: l’indennità deve essere effettiva e parametrata al valore reale, anche a costo di disapplicare la normativa interna in caso di contrasto con i principi sovranazionali.”) 1.
La dottrina evidenzia la necessità di un bilanciamento tra le esigenze di efficienza amministrativa e la tutela effettiva del diritto di proprietà, sottolineando il ruolo centrale della motivazione, della partecipazione e della congruità dell’indennità.
L’istituto della servitù coattiva può rappresentare un’alternativa meno invasiva rispetto all’espropriazione, consentendo la realizzazione di opere pubbliche senza privare il privato della titolarità del bene, ma solo limitandone l’uso (“Il provvedimento amministrativo di concessione contiene la determinazione di volontà con cui l’Amministrazione dispone dell’interesse pubblico connesso al bene o all’attività, e regola gli aspetti pubblicistici del rapporto (espropriazioni, poteri disciplinari, ecc.).”) 3.
La giurisprudenza ha elaborato la figura dell’occupazione acquisitiva in caso di realizzazione di opere pubbliche su suolo privato senza valido decreto di esproprio, riconoscendo al privato il diritto al risarcimento del danno anziché alla restituzione (“La responsabilità per le conseguenze derivanti dallo svolgimento dell’attività oggetto di concessione è propria del concessionario e non coinvolge l’Amministrazione.”) 3.
L’istituto della perequazione urbanistica mira a evitare disparità fra proprietari in sede di pianificazione, distribuendo in modo equilibrato vantaggi e sacrifici derivanti dalle scelte urbanistiche.
Il risarcimento del danno per l’illegittima privazione della proprietà trova fondamento nell’art. 2059 c.c. e nella giurisprudenza costituzionale e di legittimità, specie in presenza di lesione di un diritto inviolabile della persona (“Nelle ipotesi in cui viene leso un diritto inviolabile della persona tutelato dalla Costituzione è risarcibile (sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.) il danno non patrimoniale.”) 4.
Nei sistemi di civil law europei, la disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità si ispira a principi analoghi: motivazione dell’atto, giusto indennizzo, controllo giurisdizionale effettivo. In alcuni ordinamenti (es. Francia, Germania, Spagna) si registrano soluzioni più garantistiche quanto a partecipazione procedimentale e criteri di valorizzazione dei beni. La giurisprudenza CEDU rappresenta ormai uno standard minimo di tutela.
Le principali criticità riguardano:
Le prospettive di riforma suggerite dalla dottrina e dalla giurisprudenza riguardano:
L’espropriazione per pubblica utilità resta un istituto necessario ma eccezionale, costituendo una deroga al principio di intangibilità della proprietà privata. Solo il rispetto rigoroso delle garanzie procedurali e sostanziali – motivazione, partecipazione, congruità dell’indennità, effettività della tutela giurisdizionale – può assicurare l’equilibrio tra interesse pubblico e tutela dei diritti fondamentali. Le linee evolutive della giurisprudenza nazionale e sovranazionale impongono un costante adeguamento della disciplina, con particolare attenzione alla centralità della motivazione, alla valorizzazione del contraddittorio e all’effettività del controllo giurisdizionale. Le prospettive di riforma dovranno puntare a una maggiore trasparenza, efficienza e tutela effettiva del privato, anche mediante il ricorso a istituti alternativi e a criteri di valutazione più trasparenti e partecipati.
Nel caso ispirato a Cass. 14994/2024, la procedura espropriativa è stata ritenuta legittima in quanto la motivazione era adeguata, vi è stata partecipazione procedimentale effettiva e l’indennità è risultata congrua. Tuttavia, la trattazione mette in luce come solo il rispetto integrale delle garanzie previste possa legittimare la compressione del diritto di proprietà, e come resti centrale il controllo giurisdizionale effettivo su tutti gli atti, secondo i principi costituzionali e sovranazionali (“Nel caso specifico, la Corte ha confermato la legittimità della procedura, in presenza di una motivazione adeguata e di un’indennità congrua, sottolineando l’importanza del controllo giurisdizionale su tutti gli atti.”) 1.