La sentenza 17834/2024 offre un’occasione preziosa per riflettere su alcune questioni centrali nel diritto delle espropriazioni: la determinazione dell’indennità di occupazione temporanea, il ruolo e i limiti del giudizio di opposizione alla stima, il rispetto del principio della domanda e la distinzione tra errore materiale e vizio di motivazione. Analizzeremo la struttura della controversia, le questioni giuridiche affrontate e i principi sistematici che la Cassazione ha enucleato.
Le parti:
Fatti principali:
Motivi di ricorso:
Porta Rossa S.p.A. lamentava:
La Cassazione ribadisce un principio fondamentale:
“In materia di espropriazione per pubblica utilità, il giudizio di opposizione alla stima dell’indennità non si configura come un giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo, ma introduce un ordinario giudizio sul rapporto, che non si esaurisce nel mero controllo delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma è diretto a stabilire il ‘quantum’ dell’indennità effettivamente dovuto, nel quale il giudice compie la valutazione in piena autonomia.”
(1783420240627snciv@s10@a2024@n17834@tO.clean.pdf)
Questo significa che il giudice, investito della domanda di opposizione, non è vincolato alle somme fissate in sede amministrativa, ma deve individuare con autonomia la corretta misura dell’indennità, sempre nel rispetto del principio della domanda.
In particolare:
Uno dei punti centrali della sentenza riguarda i criteri per la liquidazione dell’indennità di occupazione temporanea, regolata dall’art. 50 d.P.R. 327/2001.
Il giudice deve tener conto sia degli esiti della CTU che delle richieste delle parti, ma non può discostarsi dai limiti posti dalle domande formulate e deve motivare adeguatamente ogni scelta.
Nel caso, la Cassazione rileva che la Corte d’Appello sia incorsa in una insanabile contraddizione:
Questo vizio è ritenuto non emendabile come mero errore materiale, ma configura una nullità per violazione degli artt. 112 e 156 c.p.c., poiché impedisce di ricostruire il percorso logico-giuridico della decisione.
La Corte distingue nettamente tra errore materiale (emendabile ex art. 287 c.p.c.) e vizio di motivazione/nullità della sentenza:
“…si esula dagli artt. 287 e ss. cod. proc. civ., siccome il procedimento per la correzione degli errori materiali…è esperibile per ovviare…ad un difetto di corrispondenza fra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica…che non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all’atto della formazione del provvedimento…”
(1783420240627snciv@s10@a2024@n17834@tO.clean.pdf)
Nel caso in esame, si trattava invece di un contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo, che incide sul contenuto sostanziale della decisione e ne determina la nullità.
La Cassazione sottolinea la centralità del principio della domanda:
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha errato nel condannare la resistente-opposta al pagamento di una somma minore senza che vi fosse una domanda in tal senso da parte dell’espropriante.
Questa sentenza, al di là del caso concreto, richiama praticanti avvocati, amministrazioni e giudici alla massima attenzione per:
La pronuncia rafforza la funzione garantista del giudizio di opposizione alla stima e la centralità del processo quale luogo di emersione piena dei diritti delle parti, a tutela sia dell’espropriato sia della collettività.
La Corte accoglie il ricorso principale, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese.
Il motivo di ricorso incidentale resta assorbito.
La sentenza Cass. n. 17834/2024 rappresenta un importante presidio a tutela della coerenza, logicità e trasparenza delle decisioni in materia di indennità espropriative.
Ribadisce la funzione del giudizio di opposizione alla stima come giudizio ordinario di accertamento e sottolinea la necessità di rispetto rigoroso delle regole processuali e sostanziali, con particolare riferimento al principio della domanda.