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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA OMISSIS
RIC. N. OMISSIS– UDIENZA DEL 22.3.2017
M E M O R I A
OMISSIS
(AVV. OMISSIS)
C O N T R O
F A T T O
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la ricorrente (invocando l’orientamento della giurisprudenza amministrativa all’epoca seguito) chiedeva la condanna delle amministrazioni resistenti al pagamento (tra l’altro) del risarcimento dei danni prodotti dal fenomeno gia’ noto quale occupazione appropriativa, di cui le stesse si erano resi responsabili. In particolare, la ricorrente formulava le seguenti domande:”
In pendenza del presente giudizio, la giurisprudenza italiana (come e’ noto), sospinta in tal senso anche dalla giurisprudenza della C.e.d.u., ha rivisito l’originario orientamento escludendo dall’ordinamento la figura della occupazione appropriativa.
Sono ben noti gli effetti che tale cambiamento di indirizzo ha prodotto sulle domande di risarcimento dei danni gia’ presentate in data antecedente (sotto l’orientamento precedentemente seguito).
In sintesi, se da un lato oggi si ritiene non piu’ accoglibile la domanda di risarcimento danni tesa ad ottenere il valore di mercato dei terreni illecitamente occupati (il cui diritto non appare azionabile per mancanza del titolo di acquisto della proprieta’ in capo all’ente occupante), dall’altro lato la giurisprudenza piu’ recente tende comunque a recuperare la domanda risarcitoria inizialmente proposta dal privato, e cio’ anche attraverso una ampia e nuova interpretazione della stessa consentita dai poteri attribuiti al Giudice dall’art. ….. del c.p.a..
Appare utile aggiungere che, in ogni caso, resta comunque impregiudicata la domanda di risarcimento dei danni per il periodo di occupazione illecita dei terreni (espressamente formulata dalla ricorrente sotto la precedente lettera b), fino al momento del trasferimento della proprieta’ degli stessi in capo all’ente occupante.
M O T I V I
Cio’ premesso, un esatto ed esauriente inquadramento della fattispecie rende necessario procedere ora all’esame della pluralita’ delle problematiche sottese alla fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001.
Gia’ da tempo, la giurisprudenza amministrativa e’ ormai pacifica nel ritenere superata ed espunta dall’ordinamento la figura tradizionalmente nota quale accessione invertita.
“In base alla sopravvenuta giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, deve ritenersi che il quadro normativo e giurisprudenziale nazionale previgente non fosse aderente alla Convenzione Europea e, in particolare, al Protocollo addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000 ric. 31524/96). In tale ultima decisione i giudici di Strasburgo hanno infatti ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata, e cio’ indipendentemente dalle modalita’ – occupazione acquisitiva o usurpativa – di acquisizione del terreno…
La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato e’ in se’ un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprieta’, per cui solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione puo’ essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprieta’ in fatti o comportamenti materiali (C.d.S. sez. IV 29 agosto 2012 n. 4650; 27 gennaio 2012 n. 427)” (C.d.S. sezione VI 10.5.2013 n. 2559).
(conformi in termini C.d.S. V 24.4.2013 n. 2279; C.d.S. IV 26.3.2013 n. 1710; C.d.S. sezione IV 24.1.2013 n. 429; C.d.S. IV 29.8.2012 n. 4650; C.d.S. IV 16.3.2012 n. 1514; C.d.S. IV 29.8.2011 n. 4833; C.d.S. IV 2.12.2011 n. 6375; C.d.S. sezione IV 2.11.2011 n. 5844; C.d.S. IV 28.1.2011 n. 676; C.d.S. 7.4.2010 n. 1983).
Nell’esaminare le problematiche sottese all’art. 42 bis e egli effetti riconducibili alla norma, la piu’ recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (conformandosi all’indirizzo gia’ seguito dal C.d.S.) ha affermato i seguenti principi.
“In conclusione, alla luce della costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell’Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. In particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell’occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell’illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e, conformemente a quanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. A tale ultimo riguardo, dissipando i dubbi espressi dall’ordinanza di rimessione, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell’immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l’opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato (cfr. e plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cass. 28 marzo 2001, n. 4451 e Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710); tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’Amministrazione (Cass. 3 maggio 2005, n. 9173; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1814).
La cessazione dell’illecito può aversi, infine, per effetto di un provvedimento di acquisizione reso dall’Amministrazione, ai sensi dell’art. 42 bis del t.u. di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, con l’avvertenza che per le occupazioni anteriori al 30 giugno 2003 l’applicabilità dell’acquisizione sanante richiede la soluzione positiva della questione, qui non rilevante, sopra indicata al punto n. 4 della motivazione.
Per quanto sinora detto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “l’illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno. Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente” (Cass. SS.UU. 19.1.2015 n. 735).
“La disposizione in questione, pertanto, esclude che la proprieta’ possa essere perduta per effetto di una occupazione legittima seguita dalla realizzazione dell’opera pubblica ovvero per effetto di una occupazione illegittima seguita dalla richiesta di risarcimento del danno da parte del proprietario” (Cass. sezione I 10.4.2013 n. 8694).
“Peraltro per l’azione risarcitoria si e’ correttamente rilevato (Cass. 28 gennaio 2013 n. 1804) che nel nostro ordinamento non ha spazio il modo di acquisto della proprieta’ gia’ definito dalla giurisprudenza <occupazione appropriativa>, che si perfeziona per la trasformazione irreversibile delle aree occupate con la costruzione su di esse delle opere dichiarate di pubblica utilità. Tale atipica forma di acquisizione della proprieta’ privata in favore di terzi o di soggetti pubblici, va comunque oltre i limiti della Costituzione e delle norme sopranazionali e comunitarie, con la conseguenza che nelle fattispecie concrete, comunque con rispondenti alla presente causa, dovrebbe applicarsi il d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327 art. 42 bis aggiunto dal d.l. 6 luglio 2011 n. 98 art. 34 comma 1 convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111…” (Cass. sezione I 20.3.2013 n. 6883).
“E’ noto che la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha censurato con vigore le forme di <espropriazione indiretta> elaborate nell’ordinamento italiano anche e soprattutto in sede giurisprudenziale (come l’accessione invertita) e le ha configurate come illecito permanente perpetrato nei confronti di un diritto dell’uomo fondamentale, garantito dall’art. 1 del Protocollo addizionale n. 11 alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994 e ratificato con legge 28 agosto 1997 n. 296, senza che alcuna rilevanza possa assumere in contrario il dato fattuale dell’intervenuta realizzazione di un’opera pubblica sul terreno interessato, e non potendo giammai l’acquisizione del diritto di proprieta’ conseguire a un illecito (v., tra le tante, le sentenze Carbonara & Ventura c. Italia, 30 maggio 2000; Scordino c. Italia, 15 e 29 luglio 2004; Acciardi c. Italia, 19 maggio 2005; De Angelis c. Italia, 21 dicembre 2006; Pasculli c. Italia, 4 dicembre 2007)…
Una recente decisione di questa Corte (sezione II 14 gennaio 2013 n. 705) ha ritenuto non piu’ predicabile “il principio (da ultimo ribadito in Cass., Sez. 2, 16 gennaio 2007, n. 869, e in Cass., Sez. 1, 7 marzo 2008, n. 6195) secondo cui l’occupazione appropriativa per fini di pubblica utilita’ non seguita da espropriazione determina, comunque, l’acquisto della proprieta’, in capo alla P.A., dell’area occupata per effetto della realizzazione dell’opera pubblica … Cio’ e’ confermato dalla presenza, nel sistema del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’ (d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327), di una norma, l’art. 42 bis, aggiunto dal d.l. 6 luglio 2011 n. 98 art. 34 comma 1 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, il quale, anche con riguardo ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, disciplina le modalita’ attraverso le quali, a fronte di una utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, e’ possibile – con l’esercizio di un potere basato su una valutazione degli interessi in conflitto – pervenire ad una acquisizione, non retroattiva, della titolarita’ del bene al patrimonio indisponibile della P.A., sotto condizione sospensiva del pagamento, al soggetto che perde il diritto di proprieta’, di un importo a titolo di indennizzo…
In caso di occupazioni illegittime (ab origine o divenute tali successivamente) l’amministrazione puo’ legittimamente acquisire la proprieta’ altrui solo attivando il procedimento che si conclude con il provvedimento acquisitivo ex art. 42 bis che e’ sindacabile in sede giurisdizionale…Il trasferimento della proprieta’ privata in favore dell’amministrazione puo’ avvenire, oltre che a mezzo dello strumento negoziale…, soltanto mediante il procedimento espropriativo ordinario o quello <espropriativo semplificato> previsto dall’art. 42 bis in via eccezionale” (Cass. 28.1.2013 n. 1804).
(conformi in termini Cass. SS.UU. 13.1.2014 n. 442; Cass. I 13.3.2013 n. 6216; Cass. I 14.1.2013 n. 705)
Dai citati principi posti a premessa dell’indagine, la giurisprudenza univoca ha tratto una prima conclusione che ha ravvisato la natura permanente nell’illecito (occupazione “sine titulo”) sotteso alla previsione di cui all’art. 42 bis (illecito comprensivo sia della figura della occupazione appropriativa sia di quella usurpativa). Il che ha consentito di affermare, quale conseguenza logica coerente, che – poiche’ la condotta permanente si rinnova di momento in momento – non sono soggetti a prescrizione i diritti repersecutori e risarcitori del proprietario del bene occupato “sine titulo” (cfr. Cass. SS.UU. 19.1.2015 n. 735 gia’ citata) (conforme Cass. 27.4.2015 n. 8466).
“E’ appena il caso di segnalare che per il superamento della ricostruzione dogmatica della prescrizione nell’illecito dell’occupazione <sine titulo> “…e’ risultata determinante la netta presa di posizione della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, nel censurare con estremo vigore le forme di “espropriazione indiretta” elaborate nell’ordinamento italiano anche – e soprattutto – in sede giurisprudenziale (ivi per prima l’anzidetta teoria dell’“accessione invertita”), configura le occupazioni <sine titulo> come illecito permanente perpetrato nei confronti di un diritto dell’uomo fondamentale e imprescrittibile, garantito dall’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994 e ratificato con legge 28 agosto 1997 n. 296, senza che alcuna rilevanza possa assumere in contrario il dato fattuale dell’intervenuta realizzazione di un’opera pubblica sul terreno interessato, e non potendo giammai l’acquisizione del diritto di proprieta’ conseguire a un illecito (cfr. sul punto, ad es., le ben note sentenze 15 e 29 luglio 2004, Scordino c. Italia, nonche’ 30 maggio 2000, Carbonara & Ventura c. Italia)…” (C.d.S. sezione IV 11.9.2012 n. 4808).
Trattandosi dunque di un illecito permanente, esso non e’ soggetto a prescrizione (C.d.S. n. 4808/2012 citata).
“Come piu’ volte chiarito da questa sezione, l’occupazione di un immobile da parte della p.a., in difetto di un provvedimento o altro titolo legittimo che determini il trasferimento della proprieta’, costituisce illecito permanente, cui non e’ possibile ritenere applicabile il termine di prescrizione se non dal momento di cessazione dell’illecito (cfr. C.d.S. sezione IV 31 maggio 2011 n. 3294, 21 aprile 2009 n. 2420, 21 maggio 2007 n. 2582)” (C.d.S. sezione IV 16.5.2013 n. 2679). Del resto, una volta esclusa ovviamente ogni possibilita’ di evocare la figura dell’accessione invertita (per quanto gia’ prospettato al precedente punto), la protrazione oltre i termini previsti dal procedimento e la <permanenza> dell’occupazione <sine titulo> in difetto di decreto di esproprio impediscono la decorrenza del diritto al risarcimento dei danni” (C.d.S. n. 2679/2013 citata).
(C.d.S. sezione IV 2.8.2011 n. 4590; Cass. sezione I 13.3.2013 n. 6216; C.d.S. sezione IV 24.4.2013 n. 2279; C.d.S. sez. IV 28 gennaio 2011 n. 676; C.d.S. sezione IV 2.12.2011 n. 6375; Tar Sicilia Catania sezione II 26.4.2013 n. 1220; Tar Sicilia Catania sezione III 26.4.2013 n. 1199; Tar Sicilia Palermo sezione II 19.4.2013 n. 848).
E’ inoltre doveroso aggiungere che la natura permanente dell’occupazione sia stata riconosciuta a prescindere se trattasi di occupazione appropriativa ovvero usurpativa, posto che la tradizionale distinzione ha perso ogni significato e rilevanza (cfr. Cass. SS.UU. 19.1.2015 n. 735 gia’ citata).
“…la distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa (quella realizzata in assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilita’)…ha perso di significato sia con riferimento alla giurisdizione (nel senso che residuano al giudice ordinario le sole ipotesi in cui ab origine manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilita’ dell’opera) che alla decorrenza del termine di prescrizione trattandosi nei due casi di un illecito permanente come affermato dalla piu’ recente giurisprudenza amministrativa (aderendo alle argomentazioni svolte in piu’ occasioni dalla Corte Europea dei diritti umani e, di recente, C.d.S. sez. IV 27 giugno 2007 n. 3752, 16 novembre 2007 n. 5830 e 30 novembre 2007 n. 6124)” (C.d.S. sezione IV 2.11.2011 n. 5844)
(conformi C.d.S. sezione V 10.5.2013 n. 2559; C.d.S. sezione IV 24.4.2013 n. 2279; C.d.S. sezione IV 24.1.2013 n. 429; Tar Calabria Reggio Calabria 19.12.2012 n. 732; Tar Piemonte sezione I 30.8.2012 n. 985).
Sulla scorta di quanto finora prospettato, la giurisprudenza ha tracciato i principi generali in materia. In particolare, dopo aver premesso:
la giurisprudenza ha tratto coerentemente la conclusione che, in mancanza della perdita della proprieta’, il privato non puo’ fondatamente chiedere che il giudice condanni direttamente l’amministrazione al relativo risarcimento dei danni, proprio per la evidente considerazione che non si e’ ancora verificato l’evento produttivo del danno intempestivamente ed erroneamente lamentato.
In tal caso, il giudice non puo’ nemmeno condannare direttamente l’amministrazione ad adottare il decreto di acquisizione sanante previsto dall’art. 42 bis, atteso che cosi’ facendo egli si sostituirebbe illegittimamente all’amministrazione nella valutazione dei contrapposti interessi in conflitto, invadendo la relativa sfera di competenza intangibile ed avocando a se’ l’esercizio di una discrezionalita’ che invece la legge ha inteso riservare in via esclusiva alla sola amministrazione. In tal caso, invece, il giudice – avvalendosi delle larghe maglie della trama della condanna atipica prevista dall’art. 34 c.p.a. – deve limitarsi a formulare una condanna generica per effetto della quale l’amministrazione e’ tenuta ad esercitare l’opzione tra restituzione ed acquisizione sanante. In questo secondo caso, l’amministrazione ha a disposizione tre strumenti ravvisati nell’accordo bonario con il proprietario, nel decreto ordinario di esproprio (all’occorrenza, previo rinnovamento degli atti del relativo procedimento) e nel decreto semplificato di acquisizione sanante di cui all’art. 42 bis.
Resta in ogni caso incontestato che l’amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione <sine titulo> e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, acquisendo il bene occupato ovvero restituendo l’immobile al legittimo titolare, dopo aver demolito quanto ivi realizzato (atteso che la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprieta’).
In nessun caso, neppure a fronte della sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione dell’opera pubblica e nonostante l’espressa domanda in tal senso, il giudice potrebbe giungere ad una condanna puramente risarcitoria a carico dell’amministrazione, poiche’ una tale pronuncia postula l’avvenuto trasferimento della proprieta’ del bene per fatto illecito dalla sfera giuridica del ricorrente, originario proprietario, a quella della p.a. che se ne e’ illecitamente impossessata: esito, questo (a prescindere se la ricostruzione in diritto sia fatta in termini di rinuncia abdicativa implicita nella domanda solo risarcitoria, ovvero di accessione invertita) escluso categoricamente dal primo protocollo addizionale della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Di qui la necessita’ di un passaggio intermedio, finalizzato all’acquisto della proprieta’ del bene da parte dell’ente espropriante (C.d.S. sezione IV 16.11.2007 n. 5830; T.A.R. Campania Salerno sezione II 14.1.2011 n. 43; T.A.R. Campania Napoli sezione V 5.6.2009 n. 3124).
Tale passaggio, allo stato della legislazione vigente, e’ costituito senz’altro dal decreto sanante previsto dall’art. 42 bis d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327, la scelta della cui adozione e’ riservata in via esclusiva alla stessa amministrazione occupante.
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Cio’ posto, si segnala tuttavia che, secondo un recente orientamento della giurisprudenza amministrativa, anche le (“vecchie”) domande risarcitorie presentate sotto la pregressa giurisprudenza appaiono oggi suscettibili di accoglimento laddove le stesse siano interpretate in termini di volonta’ dei ricorrenti di abbandonare il diritto di proprieta’.
In tal caso, il giudice potra’ condannare l’amministrazione non direttamente a restituire ovvero ad acquisire con decreto sanante i terreni illecitamente, ma bensi’:
“Il Collegio rileva tuttavia che per le particelle (…) del foglio (…), pur assoggettate a procedura di esproprio (come risulta dal decreto n. 41 del 21 aprile 2004, con il quale sono stati prorogati i termini di cui al decreto di occupazione d’urgenza n. 39 del 26 marzo 1999 per il completamento degli atti espropriativi relativi anche alle predette particelle) non è stata comprovata l’esistenza di alcun titolo, valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto, provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis). Conseguentemente deve essere affermata la permanenza della situazione di illiceità in cui versa il Comune di Acerra, in relazione alla quale la predetta amministrazione è tenuta a RESTITUIRE le aree illegittimamente occupate (particelle (…) del foglio (…), previa rimessione nel pristino stato, fatta salva tuttavia la possibilità dell’amministrazione che utilizza sine titulo le aree in questione di VERIFICARE la sussistenza dei presupposti per l’emanazione di un PROVVEDIMENTO DI ACQUISIZIONE SANANTE, ai sensi dell’ art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e s.m.i., provvedendo in tal caso al risarcimento in favore delle parti ricorrenti del danno patrimoniale, in misura pari al valore venale dell’area occupata alla data di emissione del provvedimento di acquisizione sanante e del danno non patrimoniale (nella misura del 10% del valore venale dell’area occupata).
Con riguardo alla determinazione del valore venale delle aree illegittimamente occupate, ritiene il Collegio che l’amministrazione debba tener conto del prezzo del valore commerciale di aree aventi analoghe caratteristiche sotto il profilo urbanistico e geomorfologico.
Sia che ritenga di restituire le aree illegittimamente occupate (previa rimessione nel pristino stato) sia che ritenga di poter emanare, sussistendone i presupposti, il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42- bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e s.m.i., il Comune di Acerra è tenuto, entro il termine di 120 (centoventi) giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, a provvedere nei confronti delle parti ricorrenti al risarcimento del danno da occupazione illegittima (limitatamente alle particelle (…) del foglio (…), da quantificarsi, in base al combinato disposto dell’art. 34, comma 4, c.p.a. e dell’ art. 42-bis, comma 3, del D.P.R. n. 327 del 2001, nella misura del 5% annuo del valore venale delle aree occupate, da computarsi dalla data di scadenza del decreto di occupazione (legittima) alla data di regolarizzazione della fattispecie”
(T.A.R. Campania Napoli Sez. V 3.12.2016 n. 5597)
“Nel caso in esame, pare dunque al Collegio che, prima di esaminare la domanda risarcitoria, sia opportuno VERIFICARE se l’amministrazione intende PORRE FINE ALL’OCCUPAZIONE SINE TITULO dell’area ancora di proprietà dei ricorrenti attraverso l’adozione di un PROVVEDIMENTO DI ACQUISIZIONE SANANTE.
A tale scopo, va dunque assegnato a Roma Capitale il termine di 90 (novanta) giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza parziale, per l’eventuale adozione del provvedimento di acquisizione sanante di cui all’ art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, con contestuale obbligo di determinazione delle indennità dovute secondo quanto indicato nel medesimo art. 42-bis.
Ove nel termine assegnato alla resistente amministrazione comunale, la stessa, effettuate le dovute valutazioni, ritenga di non adottare il provvedimento di acquisizione sanate di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, questo Tribunale amministrativo provvederà a delibare la domanda di risarcimento del danno.
In conclusione, va ordinato alla resistente amministrazione di DETERMINARSI, ai sensi dell’ art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, nel termine sopra indicato, IN ORDINE ALL’ACQUISTO O MENO DELLE AREE al proprio patrimonio indisponibile, con determinazione delle indennità dovute”
(T.A.R. Lazio Roma Sez. II 20.12.2016 n. 12638).
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Si chiede dunque che l’iniziale domanda risarcitoria tesa ad ottenere il valore di mercato dei terreni sia interpretata, valutata e decisa nei termini appena prospettati.
Resta in ogni caso ferma la domanda di risarcimento danni per il periodo di occupazione illecita per il relativo periodo decorrente dal termine finale di occupazione legittima fino alla data futura di acquisizione in capo al l’ente occupante della proprieta’ dei terreni di cui trattasi.
OMISSIS