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TRIBUNALE DI Omissis
SEZIONE DISTACCATA DI Omissis
Ai fini delle comunicazioni di cancelleria di cui all’art. Omissis3 e Omissis4 c.p.c. come modificati dall’art. 2 d.l. 14.3.2005 n. 35 convertito dalla legge 14.5.2005 n. 80, si chiede che tutte le comunicazioni di cancelleria siano effettuate a mezzo fax mediante invio dei relativi avvisi al numero Omissis
ATTO DI CITAZIONE
Il Dott. Omissis difeso e rappresentato nel presente giudizio dall’Avv. Omissis giusta delega in calce ed elettivamente domiciliato in…………………………., espone quanto segue.
F A T T O
Con deliberazione n. Omissis del 16.11.2005 (doc. n. 1), il Consiglio Comunale del Comune di Omissis ratificava l’accordo di programma, ivi allegato, sottoscritto tra le amministrazioni interessate avente ad oggetto la localizzazione di nuovi insediamenti produttivi relativi alla riqualificazione della Filiera Agroalimentare e del suo indotto nell’ambito del distretto industriale n. 7.
Nell’art. 8 dell’indicato accordo venivano anche stabiliti i termini iniziali e finali per le espropriazioni e per i lavori, indicati in un anno e in cinque anni decorrenti dalla data di approvazione dell’accordo (e quindi dal 16.11.2005).
Con decreto n. Omissis del 27.9.2006 (doc. n. 2) emesso dal responsabile dell’U.T.C. del comune, veniva disposta la occupazione di urgenza delle aree di proprietà dell’attore distinte in catasto al foglio n. Omissis particella n. Omissis e particella Omissis. In data 21.12.2006 seguiva la immissione nel possesso come da relativo verbale (doc. n. 3), con il quale tra l’altro l’ente dava atto che la superficie occupata e da espropriare era la seguente: mq. 1.355 per la particella n. Omissis e mq. 1.081 per la particella n. Omissis.
Successivamente con protocollo n. 6920 del 22.3.2007 (doc. n. 4), veniva anche comunicata la indennità provvisoria (calcolata sulla base della misura unitaria di € 18,00 per metro quadro) determinata in € 24.390,00 ed in € 19.458,00 giusta decreto n. Omissis (doc. n. 5), non accettata dall’attore.
Ad oggi, non risulta all’attore che la suddetta indennità sia stata depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, ne’ che l’amministrazione abbia provveduto ad emanare il decreto di esproprio.
Nel mentre però l’espropriante sta provvedendo a lottizzare i terreni occupati in via d’urgenza e a disporne, attraverso specifici bandi, l’assegnazione onerosa agli interessati. Dopo aver approvato il primo bando di assegnazione delle aree con determina dirigenziale n. Omissis del 8.11.2006 (doc. n. 6), il secondo bando con determina dirigenziale n. Omissis del 14.9.2007 (doc. n. 7), ha infine approvato un terzo bando il 29.4.2008 (doc. n. 8) con il quale ha stabilito un costo di cessione delle aree di € 100,62 per metro quadro (al netto del costo degli oneri di urbanizzazione).
Cosi’ facendo, il comune ha inteso appropriarsi dei terreni dell’attore offrendo allo stesso l’indennita’ unitaria di € 18,00 per metro quadro per poi assegnarli al prezzo unitario di € 100,62 per metro quadro (al netto del costo degli oneri di urbanizzazione).
Con nota del 9.1.2008 (doc. n. 9), l’ente comunicava all’interessato di aver affidato incarico a tecnico esterno per la redazione del tipo di frazionamento per procedere successivamente alla emissione del decreto di esproprio.
L’ingiustificato protrarsi della definizione del procedimento di esproprio, pur legittimamente ultimabile entro il termine finale di novembre 2010 secondo quanto stabilito nella deliberazione C.C. n. Omissis (da un lato) ed il mancato deposito alla Cassa DD.PP. della indennita’ provvisoria finora determinata (dall’altro), stanno creando una situazione di danno e di depauperamento all’attore, che ha comunque perso la disponibilità materiale e giuridica dei suoi fondi, pur non avendone ancora perso formalmente la titolarità perche’ non risulta ancora emesso il decreto definitivo di esproprio.
Il Comune di Omissis sta invece ingiustamente lucrando un vantaggio dalla perdurante pendenza del procedimento di esproprio di cui trattasi, tanto che l’attore con nota del 6.6.2008 (doc. n. 10) ha diffidato l’ente ad emettere quanto prima il decreto definitivo di esproprio al fine di poter esercitare le facoltà ed i diritti connessi a tale adempimento.
M O T I V I
E’ noto che l’amministrazione espropriante deve concludere il procedimento di esproprio entro i termini all’uopo previsti.
E’ altrettanto noto che, in conformita’ all’art. 22 bis d.p.r. n. 327/2001, all’amministrazione e’ consentito di procedere alla occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio, anticipando cosi’ il momento della immissione nel possesso del terreno espropriando (facolta’ di cui il comune convenuto nella fattispecie si e’ avvalso). Orbene, in attesa che l’amministrazione espropriante si decida a concludere il procedimento con l’emissione del decreto definitivo di esproprio, il privato cittadino colpito da procedimento ablatorio e’ costretto a subire per un lasso di tempo medio – lungo (nella fattispecie cinque anni) uno stato di forzosa quiescenza dei suoi diritti indennitari. E’ noto infatti che in mancanza della emissione del decreto di esproprio, il privato espropriato non puo’ esperire il giudizio di opposizione alla stima dinanzi alla Corte di Appello.
Se pertanto e’ vero che in pendenza del termine per l’emissione del decreto di esproprio non puo’ ravvisarsi alcun profilo di illegittimità/illiceita’ nel comportamento dilatorio dell’amministrazione che pur fa uso di una facoltà che la legge accorda, e’ pur vero pero’ che il soggetto espropriato risulta oggettivamente danneggiato. Egli infatti e’ costretto a rimanere in uno stato di inerte attesa senza poter (da un lato) esercitare i suoi diritti per il controllo giurisdizionale della legittima e congrua determinazione della indennita’ di esproprio proprio a causa della mancanza del decreto definitivo di esproprio non ancora emesso e senza poter (dall’altro) piu’ disporre e godere in alcun modo del bene oggetto di ablazione.
V’e’ di più. Nel frattempo, da tale situazione l’amministrazione trae per se’ un’ampia locupletazione (a danno del cittadino espropriato) atteso che essa e’ autorizzata ad utilizzare il terreno occupato potendo procedere alla realizzazione dell’opera pubblica o, come nella fattispecie, all’assegnazione in lotti del terreno ad un costo piu’ che triplicato rispetto a quello offerto a titolo di indennità all’espropriato.
Il proprietario da parte sua deve forzatamente assistere all’utilizzo del suo bene, senza poter intanto neanche intraprendere l’azione per opporsi alla stima della indennità offertagli, proprio a causa della perdurante mancanza del decreto di esproprio.
In altri termini, nel lasso di tempo (notoriamente non breve) che l’amministrazione ha a disposizione per concludere il procedimento ablatorio con l’emissione del decreto di esproprio, il privato non puo’ spiegare l’opposizione alla stima dinanzi alla Corte di Appello ed e’ privo di azione per poter esercitare la tutela dei suoi diritti in materia di legittima e congrua determinazione della indennita’ di esproprio.
Va da se’ dunque che il presente giudizio di ingiustificato arricchimento (con il concorso degli altri elementi all’uopo necessari) puo’ trovare giustificazione solo perche’ l’autorita’ espropriante non ha ancora emesso il decreto di esproprio.
La prospettazione della controversia nei termini indicati appare idonea a configurare quindi tutti gli elementi che integrano la fattispecie dell’ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c.: residualità dell’azione, depauperamento per il cittadino privato ed ingiustificata locupletazione per l’ente espropriante.
Quanto alla individuazione della natura residuale dell’azione di ingiustificato arricchimento spiegata in questa sede, e’ sufficiente considerare che (in conformita’ a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 467/2000) il cittadino espropriato:
Sul punto, si aggiunga ancora che non e’ certamente indifferente (ne’ agli effetti giuridici ne’ agli effetti economici) il momento in cui l’amministrazione espropriante si decidera’ ad emettere il decreto di esproprio, posto che solo con tale adempimento si rendera’ in concreto esercitatile il diritto del proprietario ad esperire l’azione tipica di opposizione alla stima.
La domanda di ingiustificato arricchimento spiegata in questa sede trova dunque la sua “causa pretendi” ed il suo “petitum” proprio nella pendenza ingiustificata e finora protratta della ritualita’ e legittimita’ del procedimento di esproprio, ben potendo il comune emettere immediatamente il decreto di esproprio.
Si ritiene inoltre che possa integrare, sotto un diverso profilo, gli estremi della fattispecie dell’ingiustificato arricchimento anche il ritardo con il quale l’amministrazione non ha ancora provveduto al deposito presso la Cassa DD.PP. della indennita’ provvisoria di esproprio. Infatti, fino a quando l’amministrazione non provvedera’ al deposito della indennita’ provvisoria, essa continuera’ a trattenere presso di se’ ed a godere delle somme invece spettanti all’attore. Cio’ ovviamente impedisce all’attore di esigere, ai sensi dell’art. 26/5 d.p.r. n. 327/2001, il pagamento della somma depositata, con riserva di chiedere in sede giurisdizionale l’importo effettivamente spettante.
Occorre aggiungere che ai fini della configurazione della “utilitas”, la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 25.2.2004 n. 3811; Cass. 17.7.2001 n. 9694) ha da sempre stabilito che il riconoscimento della utilita’ puo’ avvenire (e di regola quasi sempre avviene) in maniera implicita anche attraverso un comportamento concludente e significativo. Nella fattispecie, l’utilita’ puo’ essere ravvisata:
Cio’ premesso con riferimento ai presupposti per l’azione di ingiustificato arricchimento, occorre stabilire i criteri per la determinazione del relativo indennizzo. Seguendo quanto delineato dalla Suprema Corte di Cassazione nella richiamata sentenza 18.1.2000 n. 467, tale indennizzo corrisponde “al maggior valore reale del fondo espropriato rispetto alla valutazione operata dalla stima provvisoria”.
Nella fattispecie, considerando come soglia minimale il valore di € 100,62 mq. (al netto dei costi degli oneri di urbanizzazione) determinato dallo stesso comune nel bando di assegnazione dei lotti (trattasi percio’ di una stima oggettiva ed altamente attendibile per essere pervenuta direttamente dall’amministrazione espropriante), emerge una differenza di valore (rispetto alla stima provvisoria di € 18,00 per mq.) di € 82,62 per mq.. Tale differenza, moltiplicata per la superficie dei terreni espropriandi pari a complessivi mq 2.436, produce un valore complessivo di € 201.262,32 che rappresenta appunto la misura dell’indennizzo che l’amministrazione convenuta e’ tenuta a corrispondere a titolo di ingiustificato arricchimento.
L’indennizzo ex art. 2041 c.c., per costante e pacifica giurisprudenza, integra un’ipotesi di debito di valore per il quale vanno quindi corrisposti sia la rivalutazione monetaria istat che gli interessi legali. Particolarmente significativa si rivela – in tale ottica – la sentenza della Corte di Cassazione 6.2.1998 n. 1287 che ha statuito che “L’indennizzo dovuto per arricchimento senza causa – in quanto diretto a reintegrare una diminuzione patrimoniale – costituisce debito di valore e va liquidato tenendo conto della sopravvenuta perdita di valore della moneta; sulla somma cosi computata sono poi dovuti gli interessi al tasso legale per compensare l’ulteriore pregiudizio costituito dalla mancata tempestiva disponibilità della somma atta a risarcire il danno. In tema di arricchimento senza causa, il diritto del depauperato sorge per effetto e dal momento dell’arricchimento altrui con la conseguenza che da detto momento va operata la rivalutazione del credito e decorrono gli interessi, da calcolarsi sulla somma corrispondente al valore del bene al momento del ‘illecito, via via rivalutata.”
E’ evidente che l’azione di ingiustificato arricchimento spiegata dall’attore in questa sede, deve ritenersi limitata ad indennizzare il privato dei danni causati dall’attesa forzosa della emissione del decreto di esproprio (che ovviamente l’amministrazione potrebbe gia’ legittimamente emettere) e senza il quale il giudizio di opposizione alla stima non e’ esperibile e comunque dall’inerzia protratta nel portare a compimento il procedimento ablatorio.
A citati danni prodotti al proprietario si contrappone invece la locupletazione che la stessa amministrazione trae dalla libera e piena utilizzazione del fondo occupato.
Resta quindi impregiudicata, pur con l’espletamento in questa sede dell’azione di ingiustificato arricchimento, ogni futura ed eventuale azione diretta ad opporsi alla stima della indennità definitiva allorquando l’amministrazione si deciderà a determinarla e ad emettere il decreto definitivo di esproprio.
Sin da ora infatti l’attore formula riserva di esperimento di detta azione o per qualunque altra azione anche risarcitoria che dovesse rendersi necessaria a seguito di eventuale comportamento illecito dell’amministrazione.
Per completezza giova aggiungere che il valore € 100,62 per mq. preso come riferimento per la misura dell’indennizzo (in quanto valore indicato al momento dalla stessa amministrazione all’atto dell’utilizzo dei fondi occupati), può e deve essere rideterminato (sia pure in via incidentale) alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007 e della successiva legge finanziaria n. 244/2007 (art. 2 commi 89 e 90), che impongono all’amministrazione espropriante di corrispondere a titolo di indennità di esproprio il valore venale dei suoli.
Nella fattispecie, solo per memoria, si intende rammentare che la natura dei fondi espropriandi e’ senza dubbio edificatoria trattandosi di aree ricadenti in zona D4 secondo lo strumento urbanistico vigente (doc. n. 11) e destinate ad insediamenti produttivi.
Anzi, alla luce delle disposizioni appena richiamate, il Comune di Omissis avrebbe gia’ dovuto rideterminare d’ufficio la indennità provvisoria che nella sua nuova stima potrebbe astrattamente anche essere accettata dall’interessato. L’amministrazione espropriante invece non solo ha omesso tale adempimento, ma ha anche illegittimamente omesso di depositare quella comunicata con il decreto n. 6920/2007.
Questa difesa ritiene di poter affrontare solo ora (solo dopo aver esposto e trattato gli elementi relativi alla “causa pretendi” ed al “petitum” ) la questione della giurisdizione sottesa alla domanda di ingiustificato arricchimento.
A tal fine, si rende necessario prendere le mosse dall’esame dell’art. 53/3 d.p.r. n. 327/2001 il quale dispone testualmente che “resta ferma la giurisdizione del g.o. per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennita’ in conseguenza della adozione di atti di natura espropriativi o ablativa”.
Esclusa dunque la giurisdizione amministrativa per mancanza di comportamenti illeciti di cui l’amministrazione si sia resa responsabile agli effetti dell’art. 2043 c.c., resta necessariamente affidata alla giurisdizione del g.o. la controversia in materia di ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c.
Nell’ambito della giurisdizione ordinaria, si ritiene che debba declinata la competenza funzionale della Corte di Appello (non trattandosi di giudizio di opposizione alla stima, di cui peraltro difetterebbe la relativa condizione dell’azione rappresentata dal decreto di esproprio), residuando dunque quella del Tribunale.
Del resto, sono uniche le indicazione fornite in tal senso dalla giurisprudenza (C.d.S. 27.2.2008 n. 741 e Tar Catania 12.3.2002 n. 466).
Tanto premesso, il Dott. Omissis, come sopra rappresentato e difeso
C I T A
il Comune di Omissis in persona del legale rappresentante p.t. a a comparire il giorno……………………………………………………….ore e luogo di rito dinanzi al Tribunale di Salerno Sezione Distaccata di Omissis con invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c. e con invito a comparire alla suddetta udienza dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168 bis con avviso che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’art. 167 e che si procedera’ anche in contumacia per sentir ivi accogliere le seguenti
C O N C L U S I O N I
Piaccia a codesto Giudice, respinta ogni avversa domanda o eccezione:
In via istruttoria:
Dichiara che il valore della presente controversia e’ pari ad € 201.262,32 e che il relativo contributo unificato ammonta ad euro 500,00.
Omissis