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Ricorso in ottemperanza per mancata acquisizione

 

ECC. MO CONSIGLIO DI STATO

R I C O R S O

(IN OTTEMPERANZA EX ART. 112 D. LGS. N. 104/2010)

La societa’ OMISSIS con sede in OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t. signor OMISSIS rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’Avv. OMISSIS   giusta procura  in calce  al presente ricorso  ed elettivamente  domiciliata in OMISSIS  presso  l’Avv. OMISSISspiega il presente ricorso

 

C O N T R O

il Comune di OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t.

 

PER L’OTTEMPERANZA

 

della sentenza di codesto Consiglio di Stato n. OMISSIS depositata il 26.8.2015 (doc. n. 1)  che ha rigettato l’appello avverso la sentenza del TAR Umbria n. OMISSIS/2014 (doc. n. 2) con la quale il giudice amministrativo ha condannato il  Comune di OMISSIS  a riscontrare in termini espressi, nel termine di novanta giorni,  all’istanza del  27.8.2013 con la quale la societa’ ricorrente ha chiesto di provvedere  all’acquisizione sanante  ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r.  n. 327/2001 del terreno illecitamente occupato.

 

FATTO E DIRITTO

 

Con la citata sentenza del 5.5.2015 n. OMISSIS, codesto C.d.S., nel rigettare l’appello proposto dal resistente comune, ha confermato la sentenza del Tar OMISSIS n. OMISSIS che, in accoglimento del ricorso della societa’ OMISSIS, ha ordinato al Comune di OMISSIS di assumere le  determinazioni in ordine all’istanza della ricorrente del 27.8.2013 sulla quale si era formato il relativo silenzio dell’amministrazione.

 

Con l’indicata sentenza, il Tar dell’Umbria ha stabilito testualmente  quanto segue:

 

deve, quindi, ordinarsi al Comune di OMISSIS di provvedere sull’istanza della ricorrente entro il termine di giorni novanta – tenuto conto della complessita’ tecnica e amministrativa che la decisione provvedimentale, specie nel caso di acquisizione autoritativa del bene, puo’ implicare – dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notifica su istanza di parte, se anteriore, provvedendo all’acquisizione dell’immobile ai sensi dell’art. 42 bis dpr n. 327/2001, ovvero manifestando il proprio intento di non procedere a tale acquisizione, restando cosi’ soggetto agli obblighi restitutori e risarcitori disciplinati dal diritto comune“.

 

Con la sentenza ottemperanda n. OMISSIS/2015, codesto Consiglio di Stato ha affermato quanto segue:

 

“Il primo aspetto sollevato attiene al rigetto dell’eccezione, formulata dall’appellante con il ricorso incidentale, che negava la formazione del silenzio  per la ragione che l’amministrazione si era gia’ pronunziata sulla istanza precedente.

Tale eccezione, ad avviso del Collegio, si conferma infondata poiche’ il Tar ha ben spiegato la differenza tra l’istanza del 27.8.2013, di attivazione del procedimento di acquisizione sanante sulla quale si e’ formato il silenzio di cui e’ causa, e la domanda precedente (6.12.2012) avente un conteneuto molto piu’ ampio in quanto proponente una soluzione transattiva in alternativa ad un contratto misto di permuta transazione” (cfr. pagg. 5/6).

 

La sentenza di codesto Consiglio di Stato n. OMISSIS/2015, che ha confermato integralmente la sentenza del Tar Umbria, comunicata in via amministrativa al Comune di OMISSIS in data 26.8.2015 (come risulta dalla relativa attestazione stesa in calce alla sentenza medesima), e’ stata notificata  a cura della  societa’ ricorrente  in data 19.11.2015 al Comune di OMISSIS in persona del procuratore costituito Prof. Avv. Antonio Bartolini  mediante consegna nel domicilio eletto in Roma presso lo studio del Prof. Avv. Aristide Police in data 24.9.2015 ai fini del decorso del termine breve per l’eventuale impugnazione.

 

Avverso la citata  sentenza del C.d.S. n. OMISSIS/2015 il Comune di OMISSIS non ha proposto, nel termine breve di sessanta giorni dalla notifica, ne’ ricorso per cassazione ne’ altra forma di impugnazione   e dunque la stessa si e’ resa definitiva e passata in giudicato, come risulta dalla relativa certificazione rilasciata dalla competente segreteria in data 14.3.2016 (doc. n. 3).

 

Infine, per garantire anche l’ulteriore tutela del  decorso del termine dilatorio di 120 giorni previsto dall’art. 14 d.l. n. 669/1996, la societa’ ricorrente ha provveduto alla notifica della sentenza al Comune di OMISSIS nella sua sede legale a mezzo di raccomandata a.r. n. 76598766947-6 spedita in data 24.9.2015 e consegnata  al comune in data 29.9.2015, come risulta dalla relata di notifica di altra copia della sentenza di cui trattasi (doc. n. 4).

 

Ad oggi pertanto risulta infruttuosamente spirato  anche il citato  termine di 120 giorni, senza che il Comune di OMISSIS abbia assunto alcuna iniziativa ne’ alcun atto idoneo  preordinato a garantire il  rispetto  dell’obbligo imposto dalla citata sentenza.

 

Se e’ vero, come e’ stato chiarito  dalla sentenza del Tar Umbria, che nella fattispecie  l’amministrazione comunale e’ chiamata ad assumere determinazioni ampiamente discrezionali e complesse dal punto di vista tecnico ed amministrativo,  e’ pur vero tuttavia che alla stessa e’ stato concesso un temine congruo termine, peraltro  ampiamente spirato,  entro il quale  pervenire ad una scelta, non potendosi ovviamente consentire che la situazione di illegittimita’ sia protratta indefinitamente nel tempo.

 

Cio’ premesso, appare utile aggiungere che nella fattispecie appare ineludibile l’intervento del commissario ad acta affinche’, in sostituzione  dell’amministrazione inadempiente, egli stesso ponga in essere direttamente tutti gli adempimenti, ivi  compresa la valutazione  degli interessi pubblici coinvolti, e gli atti necessari  alla emissione del decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001.

Diversamente, infatti, la statuizione del giudice si risolverebbe in una mera affermazione di principi che, in quanto tale, rischierebbe di rimanere astratta ed  incoercibile. Cio’  a sua volta pregiudicherebbe la effettivita’ della tutela dei diritti del privato, posto che  in tal caso la volonta’  di prestare esecuzione  o meno alla decisione  del giudice sarebbe lasciata alla libera valutazione discrezionale della stessa amministrazione inadempiente.

 

Il punto specifico e’ stato gia’ oggetto di dibattito ed approfondimenti in giurisprudenza.

 

In particolare, prima della nota recente sentenza n. 2/2016 dell’Adunanza Plenaria del C.d.S., si riteneva che il commissario ad acta non potesse esercitare poteri cosi’ invasivi fino a  sostituirsi del tutto all’amministrazione inadempiente. In particolare, si pensava che egli non  potesse assumere direttamente la decisione se emettere o meno il decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, dovendosi limitare a comporre gli interessi in conflitto mediante l’attivazione di “tavolo tecnico”.

 

“13. Al fine di indirizzare l’attività commissariale, peraltro, la Sezione ritiene necessario fornire alcune ulteriori precisazioni su temi che le parti hanno evocato nei propri scritti difensivi.

 

13.1. Innanzi tutto, con riferimento alla possibilità che possa procedersi ad acquisizione dell’immobile ai sensi dell’ art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, è stato adombrato che a questa potrebbe ostare la recente sentenza della Corte costituzionale nr. 71 del 30 aprile 2015, nella parte in cui, pur escludendosi l’incostituzionalità della citata disposizione, si assume che l’esercizio del potere di acquisizione c.d. sanante sarebbe precluso dall’esistenza di un giudicato di condanna alla restituzione.

Tale affermazione prima facie mal si concilia con il rilievo, costante nella giurisprudenza che si è occupata dell’istituto, secondo cui il potere di acquisizione c.d. sanante spetta alla p.a. a titolo originario e autonomo, essendo soggetto esclusivamente alla valutazione comparativa dagli interessi imposta dal legislatore ed esercitabile anche in corso di causa, e finanche in presenza di un giudicato già formato in materia di occupazione sine titulo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2014, nr. 4696; id., 6 agosto 2014, nr. 4203; id., 29 aprile 2014, nr. 2232; id., 19 marzo 2014, nr. 1344).

Tuttavia, nel caso che occupa non è necessario approfondire la questione se l’affermazione della Corte sopra richiamata costituisca o meno un obiter dictum, non essendo strettamente conferente al caso in quella sede esaminato, dal momento che nella decisione da ottemperare è stata espressamente fatta salva la facoltà dell’Amministrazione di procedere ad acquisizione ex art. 42-bis (oltre che di addivenire con i ricorrenti ad un accordo traslativo della proprietà): di modo che non può dirsi che nella specie sussista un giudicato sic et simpliciter impositivo della restituzione del bene illegittimamente occupato, del quale si possa predicare un carattere preclusivo dell’esercizio del potere di acquisizione c.d. sanante. 

[…]

  1. In conclusione, l’attività del Commissario ad acta dovrà comportare necessariamente il coinvolgimento, in una sorta di “tavolo tecnico“, degli altri Enti e soggetti attualmente coinvolti nella materiale detenzione dell’immobile per cui è causa, al fine di individuare la soluzione più idonea ad assicurare l’attuazione del decisum giudiziale in modo da contemperare i diversi interessi pubblici e privati.

A tale fine, dovrà essere evidentemente valutata in prima battuta la praticabilità di una resitutio in integrum (che resta la prima e più satisfattiva forma di ristoro per i ricorrenti vittoriosi), verificando però, in alternativa, la possibilità di sottoscrizione di un accordo meramente traslativo della proprietà ovvero di sollecitare l’adozione di un decreto di acquisizione, ai sensi dell’ art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, da parte dell’Autorità che allo stato abbia in uso l’immobile de quo…;  

 

  1. Per completezza, è opportuno anche aggiungere che, contrariamente a quanto assunto da talune delle parti intimate, nella sentenza da ottemperare la Sezione non si è in alcun modo pronunciata né sull’essere stato o meno l’immobile in questione interessato da trasformazioni irreversibili, tali da rendere impossibile o antieconomica una sua restituzione ai sensi dell’art. 2058, comma 2, cod. civ. , né tanto meno su quale fosse lo stato dell’edificio anteriormente all’avvio della procedura di esproprio e sull’entità delle modifiche e migliorie apportate; su tali punti, ci si è limitati a prendere atto delle differenti posizioni delle parti ed a ritenere le questioni allo stato non rilevanti, potendo esserne rimesso l’approfondimento alla fase esecutiva del risarcimento.

Pertanto, il Commissario ad acta non è in alcun modo vincolato – se non dal rispetto dei parametri individuati in sentenza ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. – nella quantificazione del danno da risarcire, come pure nelle valutazioni circa la praticabilità o meno della restituzione chiesta dai ricorrenti (anche in considerazione di possibili disparità di opinioni circa la sussistenza o meno di pubblico interesse nell’attuale destinazione dell’edificio)” (C.d.S. sezione IV 7.7.2015 n. 3363).

 

“Infatti, anche in caso di inerzia dell’amministrazione nell’esecuzione del giudicato, questa Sezione ha già chiarito che la valutazione degli interessi in gioco, e la conseguente scelta circa la procedura da seguire, debba essere comunque compiuta, eventualmente da un commissario ad acta all’uopo nominato dal giudice dell’ottemperanza e che si sostituisca negli adempimenti inevasi dall’amministrazione (cfr. Cons. St., sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4445; e più di recente questa Sezione è giunta addirittura a ritenere illegittima l’interruzione del procedimento di cui all’art. 42 bis a seguito dell’insediamento del commissario ad acta, ben potendo l’ente espropriante continuare nel peculiare procedimento ivi disciplinato, trattandosi di vicenda non omologabile all’ottemperanza: Cons. St., sez. IV, 13 marzo 2014 n. 1222)” (C.d.S. sezione IV 6.8.2014 n. 4203).

 

“2.2. – Si è poi evidenziata l’autonomia tra il giudicato amministrativo e l’azione amministrativa tesa al recupero della legalità tramite il procedimento di cui all’art. 42 bis, evidenziando come i due modi di azione si pongano su piani differenti, tanto da impedire al giudice amministrativo di considerare lo strumento dell’acquisizione sanante come mezzo per l’ottemperanza della sentenza (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 marzo 2014 n. 1222, che ha ritenuto illegittima l’interruzione del procedimento di cui all’art. 42 bis del testo unico sull’espropriazione a seguito dell’insediamento del commissario ad acta, ben potendo l’ente espropriante continuare nel peculiare procedimento ivi disciplinato, trattandosi di vicenda non omologabile all’ottemperanza).

  1. – Le osservazioni appena svolte consentono di evidenziare la natura del tutto autonoma del procedimento di acquisizione sanante, che non si lega alla precedente pronuncia ma ha un valore indipendente…” (C.d.S. sezione IV 29.4.2014 n. 2232).

 

Ma con la  recentissima sentenza decisione n. 2/2016, l’Adunanza Plenaria del C.d.S., dopo accurata analisi delle disposizioni  dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 e delle conseguenti implicazioni in punto di ottemperanza della sentenza in relazione  al contenuto del relativo giudicato,  ha ora abbattuto anche i vecchi limiti che impedivano il libero ed incondizionato esercizio dei poteri commissariali.

In particolare la citata sentenza ha ora affermato il principio secondo il quale (con esclusione delle ipotesi in cui il giudicato comporti l’obbligo delle restituzione dei beni occupati), allorquando a definizione del giudizio in materia di   silenzio il giudice amministrativo imponga all’amministrazione di pronunciarsi espressamente e di decidere se provvedere  all’acquisizione sanante dei beni illecitamente occupati ovvero di optare per  altre soluzioni alternative,  in caso di perdurante inerzia della p.a.,  ben puo’ il commissario ad acta procedere in sostituzione dell’amministrazione inerte fino a  compiere tutte le valutazioni degli interessi pubblici in gioco e porre in essere tutti gli adempimenti necessari alla emissione del decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001.

 

 

“6.1. La possibilità di emanazione del provvedimento ex art. 42-bis in sede di ottemperanza, da parte del giudice amministrativo o per esso dal commissario ad acta, non può essere predicata a priori e in astratto ma, al contrario, come bene testimonia il caso di specie, postula una risposta articolata che prenda necessariamente le mosse dal contesto processuale in cui è chiamato ad operare il giudice (ed il suo ausiliario) e lo conformi ai principi dianzi illustrati (in particolare al § 5.4.).

 

6.2. Si è visto in precedenza (retro § 5.4., lett. f), che l’effetto inibente (all’emanazione del provvedimento di acquisizione) del giudicato restitutorio costituisce elemento essenziale dell’istituto disciplinato dall’art. 42-bis nella lettura costituzionalmente orientata che ne ha fatto il giudice delle leggi in armonia con la CEDU: conseguentemente in presenza di un giudicato restitutorio il provvedimento di acquisizione non può essere emanato.

 

[…]

 

6.5. Come si è testé rilevato è ben possibile, invece, che il giudice amministrativo, adito in sede di cognizione ordinaria ovvero nell’ambito del c.d. rito silenzio, a chiusura del sistema, imponga all’amministrazione di decidere – ad esito libero, ma una volta e per sempre, nell’ovvio rispetto di tutte le garanzie sostanziali e procedurali dianzi illustrate – se intraprendere la via dell’acquisizione ex art. 42-bis ovvero abbandonarla in favore delle altre soluzioni individuate in precedenza (retro § 5.3.).

In questo caso non vi è ragione di discostarsi dai principi recentemente enucleati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio (cfr. sentenza 15 gennaio 2013, n. 2) in sintonia con la Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. sentenza 18 novembre 2004, Zazanis), alla stregua dei quali l’effettività delle tutela giurisdizionale e il carattere poliforme del giudicato amministrativo, impongono di darvi esecuzione secondo buona fede e senza che sia frustrata la legittima aspettativa del privato alla definizione stabile del contenzioso e del contesto procedimentale: in tali casi, la totale inerzia dell’autorità o l’attività elusiva di carattere soprassessorio posta in essere da quest’ultima, consentiranno al giudice adito in sede di ottemperanza di intervenire, secondo lo schema disegnato dagli artt. 112 e ss. c.p.a., direttamente o (più normalmente) di nominare un commissario ad acta che procederà, nel rispetto delle prescrizioni e dei limiti dianzi illustrati, a valutare se esistono le eccezionali condizioni legittimanti l’acquisizione coattiva del bene ex art. 42-bis.

 

  1. L’Adunanza plenaria restituisce gli atti alla IV Sezione del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, commi 1, ultimo periodo, e 4, c.p.a., affinché si pronunci sull’appello in esame nel rispetto del seguente principio di diritto:

 

«Il commissario ad acta può emanare il provvedimento di acquisizione coattiva previsto dall’articolo 42-bis d.p.r. 8 giugno 2011, n. 327 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità-:

 

  1. se nominato dal giudice amministrativo a mente degli artt. 34, comma 1, lett. e), e 114, comma, 4, lett. d), c.p.a., qualora tale adempimento sia stato previsto dal giudicato de quo agitur;

 

  1. se nominato dal giudice amministrativo a mente dell’art. 117, comma 3, c.p.a., qualora l’amministrazione non abbia provveduto sull’istanza dell’interessato che abbia sollecitato l’esercizio del potere di cui al menzionato art. 42-bis»”.

 

 

$ $ $ $ $

 

Tanto premesso, la ricorrente

 

C H I E D E

 

a codesto Ecc.mo Consiglio di Stato:

 

  • di voler accertare e dichiarare l’inottemperanza e  l’inadempimento  del Comune di OMISSIS agli obblighi stabiliti dalla sentenza n. OMISSIS/2015 di codesto Consiglio di Stato, e per quanto di competenza dalla sentenza  n. OMISSIS/2014 del Tar dell’Umbria emessa a definizione del giudizio di primo grado [in particolare l’inottemperanza all’obbligo di riscontrare espressamente l’istanza del 27.8.2013 con la quale la  societa’ OMISSIS  aveva chiesto di provvedere  all’acquisizione  ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. 327/2001 degli immobili illecitamente occupati siti in Comune di OMISSIS distinte in catasto al foglio n. OMISSIS particelle OMISSISe al catasto urbano particelle OMISSIS per una  superficie complessiva di mq. 2.214 (s.e.o.)];

 

  • per l’effetto, di voler disporre la nomina di un commissario ad acta affinche’, in sostituzione del comune inadempiente, adotti tutti gli atti ed appronti tutti gli adempimenti necessari a garantire l’ottemperanza alla sentenza n. OMISSIS/2015 di codesto Consiglio di Stato, e per quanto di competenza alla sentenza  n. OMISSIS del Tar dell’OMISSIS emessa a definizione del giudizio di primo grado, ed in particolare affinche’ emetta il decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r.  n. 327/2001 degli immobili illecitamente occupati siti in Comune di OMISSIS distinte in catasto al foglio n. OMISSIS  particelle OMISSIS e 467 e al catasto urbano particelle OMISSIS per una  superficie complessiva di mq. 2.214 (s.e.o.).

 

Con vittoria di spese.

 

Ai fini del c.u. si dichiara che trattandosi di ottemperanza l’importo e’ pari ad euro OMISSIS

 

Procura

 

  • Nella qualita’ di amministratore e legale rappresentante della societa’ OMISSIS con sede in OMISSIS  in Via OMISSIS , io  sottoscritto OMISSIS delego  a rappresentarmi e difendermi  nel presente giudizio  contro il Comune di OMISSIS dinanzi al Consiglio di Stato per l’ottemperanza della sentenza n. OMISSIS del Consiglio di Stato, e per quanto di competenza della sentenza n. OMISSIS del Tar OMISSIS  emessa a definizione del giudizio di primo grado, l’Avv. OMISSIS procuratore antistatario  ai quale conferisco  ogni piu’ ampia facolta’ di legge. Eleggo domicilio   in OMISSIS  presso  l’Avv. OMISSIS Dichiaro  di essere stati informati in ordine al regime del trattamento dei dati personale di cui al d.lgs. n. 196/2003 e di aver rilasciato il relativo consenso.

 

OMISSIS

A.N.P.T.ES.
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