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Ricorso in Cassazione per la Determinazione Giudiziale dell’Indennità di Esproprio: Tempi, Eccezioni e Giurisprudenza

Termini per l’Opposizione alla Stima e Azione di Determinazione Giudiziale dell’Indennità

Motivazione della Sentenza, Espropriazione Parziale e Legittimazione Attiva: Risposte alle Eccezioni Difensive

Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE

 

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

 

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

(RIC. N. OMISSIS- CAMERA DI CONSIGLIO DEL 3.10.2017)

(RELATORE CONSIGLIERE DOTT.SSA OMISSIS)

 

 

M E M O R I A

 

OMISSIS E + 1

(ricorrenti principali) (Avv. OMISSIS )

 

C O N T R O

 

CONSORZIO OMISSIS + 1

(controricorrenti) (Avv. OMISSIS)

 

 

  • QUANTO AL PRIMO MOTIVO DEL RICORSO PRINCIPALE:

violazione (in relazione dll’art. 360/1 n. 3 c.p.c.):

  • dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001
  • dell’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011

 

 

Nel rimandare per brevita’ al  primo motivo del ricorso principale,  corre l’obbligo di soffermare  l’attenzione sui principi da ultimo  affermati in materia da codesta Suprema Corte.

Si intende far riferimento alla recentissima giurisprudenza con la quale  codesta Suprema Corte ha chiarito le condizioni, le modalita’ ed i termini previsti dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011  ai fini  dell’ammissibilita’ del giudizio di opposizione  alla stima (nella forma della domanda di determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio) in presenza del solo decreto di esproprio ed in mancanza della determinazione della indennita’ definitiva.

 

In particolare, successivamente alla introduzione del presente giudizio di legittimita’,  codesta Suprema Corte  ha emesso in materia almeno ben sei sentenze  (di cui due in accoglimento dei relativi ricorsi proposti da questa difesa fondati sugli stessi motivi prospettati nel presente giudizio): si tratta delle sentenze del 6.3.2017 n. 5518; del 6.3.2017 n. 5517; del 9.11.2016 n. 22844; Cass. 19.7.2017 n. 17863; del 27.4.2017 n. 10446 e del 10.2.2017 n. 3606).

L’altro precedente rappresentato dalla sentenza  del 24.5.2016 n. 10720 e’ stato gia’ richiamato  ed illustrato in sede di ricorso principale (cfr. pag. 11).

 

 

Con le citate sentenze, codesta  Suprema Corte ha affermato:

 

  • che il principio stabilito dalla Corte Costituzionale con le note sentenze n. 67/1990 (in materia di indennita’ di esproprio) e n. 470/1990 (in materia di indennita’ di occupazione temporanea), benche’ pronunciato sotto la previgente normativa, e’ tuttavia applicabile quale criterio interpretativo anche  sotto i vigenti art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 ed art. 29 d.lgs. n. 150/2011, la formulazione dei quali ha chiaramente recepito il “dictum” della Corte Costituzionale;

 

  • che l’art. 54/1 d.p.r. prevede che il proprietario espropriato dispone di una duplice azione:
  1. la prima azione consiste nella vera e propria opposizione alla stima ed e’ diretta a contestare l’insufficienza della indennita’ definitiva di esproprio determinata in sede amministrativa quella definitiva;
  2. la seconda azione consiste nella domanda rivolta al giudice di determinazione giudiziale dell’indennita’ (allorche’ non sia stata determinata in sede amministrativa quella  definitiva),  come si desume chiaramente dall’avverbio “comunque” che figura nella seconda parte della norma [sul  cui significato si rimanda a quanto gia’ prospettato in sede di controricorso (cfr. lett. a pagg. 7/9)] (ipotesi questa appunto oggetto del presente giudizio);
  • che l’azione di determinazione giudiziale dell’indennita’ di esproprio (esperibile in mancanza della stima della indennita’ definitiva) e’ dunque espressamente prevista dall’art. 54/1  in aggiunta al giudizio ordinario  di opposizione alla stima (esperibile avverso la stima della indennita’ definitiva determinata dalla commissione provinciale espropri o dal collegio tecnico);

 

  • che nell’ipotesi in cui sia stato notificato il solo decreto di esproprio (ed in perdurante mancanza della indennita’ definitiva), il proprietario puo’ proporre la domanda di determinazione giudiziale della indennita’ nel termine ordinario di prescrizione decennale decorrente dalla notifica del decreto medesimo (ipotesi questa oggetto del presente giudizio);

 

  • che infine il termine di decadenza di trenta giorni per la proposizione del giudizio ordinario di opposizione alla stima decorre:
  1. dalla notifica del decreto di esproprio se questo sia   successiva alla notifica della stima definitiva  (ed  ovviamente qualora il proprietario non abbia in precedenza gia’ proposto  la domanda di determinazione giudiziale);
  2. dalla notifica della stima definitiva se questa sia successiva alla notifica del decreto di esproprio;

 

  • che la possibilita’ per il proprietario di adire la terna tecnica per la determinazione della indennita’ definitiva e’ (non un obbligo, che peraltro si porrebbe in aperta contrapposizione con il divieto della giurisdizione condizionata, ma) una mera facolta’, peraltro destinata ad ampliare e non restringere lo spettro delle azioni a  tutela del proprietario;

 

  • che infine anche il rimedio ipotizzato (suggerito dai controricorrenti) per superare la mancanza della stima definitiva (consistente nell’onere  del proprietario di attivarsi  a richiedere alla commissione provinciale esproprio la determinazione della stima definitiva ed, in caso di formazione di silenzio, di impugnare lo stesso dinanzi al g.a., con richiesta di nomina del commissario ad acta), oltre ad essere inammissibile per evidente difetto di giurisdizione vertendosi in materia di diritti soggettivi, si rivela altresi’ defatigante e non conclusivo e comunque scarsamente efficace al fine di assicurare in tempi ragionevoli all’espropriato il ristoro per la perdita del bene, a lui dovuto, ai sensi dell’art. 42 costituzione, dell’art. 6 della C.e.d.u.  e dell’art. 1 del Primo Protocollo della C.e.d.u..

 

 

In altri termini, una volta emesso  il decreto di esproprio (ed offerta la sola indennita’ provvisoria di esproprio),  sorge contestualmente, ed e’ per cio’ stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a proporre l’opposizione alla stima nella forma della domanda di determinazione giudiziale della indennita’, in conformita’ a quanto gia’ chiarito dal C.d.S. Adunanza Generale con la relazione illustrativa del 29.3.2001, gia’ richiamata nel primo motivo del ricorso principale (cfr. pag. 5).

Solo per completezza di indagine e per facilita’ di lettura, si riportano di seguito i passaggi significativi delle richiamate sentenze emesse da codesta Suprema Corte:

 

“…un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54, comma 1, citato <avrebbe dovuto indurre la corte territoriale ad affermare che l’opposizione alla stima deve ritenersi ammissibile se proposta (entro il termine ordinario di prescrizione decennale dalla notifica del decreto di esproprio) anche in presenza del solo decreto di esproprio e pur in mancanza dell’indennità definitiva>, in tal senso deponendo la lettura della norma a suo tempo operata dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato in data 29.3.2001, la lettera della norma, ove l’avverbio <comunque>, se ad esso si voglia conservare un significato e un contenuto diversi rispetto alle precedenti prescrizioni, va inteso nel senso di accordare al proprietario la tutela dei propri diritti anche prima della stima peritale, la consonanza della norma al giudizio a suo tempo espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 67/90 ed, in ultimo, la natura quindi specifica e speciale accordata alla predetta azione dall’ordinamento.

[…]

…è convinzione che questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Cass., Sez. 1, 24/05/2016, n. 10720; Cass., Sez. 1, 9/11/2016, n. 22844) e che il collegio intende qui ribadire che, ove si proceda all’esproprio nei modi previsti dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 22 ed insieme al decreto si comunichi la misura dell’indennità provvisoria, i soggetti che ne siano destinatari possano Adire Fin Da Subito La Corte D’appello ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 onde sentir dichiarare giudizialmente l’indennità loro dovuta per il provvedimento patito, senza dunque dover attenderne la determinazione in via definitiva.

A ciò conduce un’interpretazione del citato art. 54 che, oltre a trovare un conforto nella lettera e nella ratio della norma, voglia porsi, segnatamente, in linea di continuità rispetto al dictum di Corte Cost. sentenza n. 67 del 1990.

[…]

E’ però doveroso notare – a confutazione perciò dell’argomento enunciato dal giudice distrettuale – che il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 22, comma 4, si esprime in termini meramente facoltativi (“Se non condivide la determinazione della misura della indennità di espropriazione, entro il termine previsto dal comma 1 l’espropriato può chiedere la nomina dei tecnici, ai sensi dell’art. 21 e, se non condivide la relazione finale, può proporre l’opposizione alla stima”), di talchè esso, contrariamente a quanto crede il decidente amplia ma non restringe il quadro delle tutele che l’ordinamento accorda all’espropriato, tanto più se si riflette sul fatto che la lettura della norma patrocinata dal decidente, anche in disparte dalla sua dissonanza rispetto al dettato letterale, laddove si risolve nel rendere in pratica obbligato il ricorso all’attivazione del procedimento di cui all’art. 21 citato, si pone in aperta contrapposizione con il divieto della giurisdizione condizionata. Onde, in questa direzione, un’interpretazione minimamente coerente con il percorso ermeneutico inaugurato a suo tempo dalla Corte costituzionale porta a ritenere errato il diverso convincimento fatto proprio dal giudice distrettuale.

[…]

Ancorchè si possa credere che la stesura della disposizione, laddove segnatamente essa si premura di rendere <comunque> possibile il ricorso all’autorità giudiziaria, sia stata influenzata in modo determinante da Corte Cost. 67/90 – in tal senso sembra del resto esprimersi l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema del decreto poi trasfuso nel D.P.R. n. 327 del 2001 – l’avverbio <comunque> che figura nella parte conclusiva della disposizione delinea un’alternativa rispetto alla prima parte di essa e se di esso non si vuole avallare un’interpretazione sostanzialmente abrogatrice la conclusione che occorre trarne è che il proprietario espropriato nell’ottica dell’art. 54 citato disponga di una duplice azione, l’una diretta ad opporre la stima allorchè ad essa si proceda nei modi previsti dal D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 20 e 21 e che trova recezione nella prima parte della norma, l’altra, appunto autorizzata dall’avverbio che figura nella seconda parte di essa, intesa a conseguire la determinazione giudiziale dell’indennità dovuta. Come invero ha già chiarito in motivazione questa Corte l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è, dunque, testualmente prevista dalla norma in esame, in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dal contestuale utilizzo della congiunzione e dell’avverbio <e comunque>…

[…]

Invero non può trascurarsi il fatto che la deroga alle ordinarie regole di competenza, tradottasi nella concentrazione delle relative controversie in capo ad un giudice unico che si pronuncia in un unico grado, persegue una maggiore snellezza processuale – tanto più evidente quando si considera l’adozione per esse del rito sommario di cognizione – ed insieme una consistente riduzione dei tempi del giudizio, e ciò non già in funzione di deflazionare il contenzioso presso le Corti d’Appello, ma in funzione eminentemente della tutela del proprietario espropriato al fine di assicurare al medesimo in tempi ragionevoli il giusto ristoro per la perdita dei beni subita”.

[Cass. 6.3.2017 n. 5518 Presidente Giancola Maria Cristina e Consigliere Relatore Marulli Marco  (doc. n. 1)]

 

 

“Che del resto l’art. 54 citato, nella parte in commento, comprenda due azioni a tutela dell’espropriato è opinione ben salda nella giurisprudenza di questa Corte che anche di recente, in motivazione, ha ribadito che <l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è, dunque, testualmente prevista dalla norma in esame, in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dal contestuale utilizzo della congiunzione e dell’avverbio <e comunque> e costituisce la codificazione del principio, costantemente affermato da questa Corte (Cass. n. 17604/2013; 1OMISSIS06/2012; 20997/2008; 11054/2001), secondo cui, una volta emanato il provvedimento ablativo sorge contestualmente, ed è per ciò stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a percepire il giusto indennizzo di cui art. 42 Cost., che si sostituisce al diritto reale, va determinato in riferimento alle caratteristiche del bene alla data del provvedimento, e non è subordinato alla liquidazione in sede amministrativa>. (Cass., Sez. 1^, 9/11/2016, n. 22844)”

[Cass. 6.3.2017 n. 5517 Presidente Giancola Maria Cristina e Consigliere Relatore Marulli Marco) (doc. n. 2)

 

 

“Col proposto ricorso, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 e della Legge Delega del D.P.R. n. 327 del 2001, per avere la Corte d’Appello negato l’ingresso all’azione giudiziale di determinazione dell’indennità, in mancanza di stima definitiva, quando, invece, la disposizione, che ha riunito i precetti di cui alla L. n. 865 del 1971, artt. 19 e 20 ha ammesso siffatta azione, in conformità con i principi sanciti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 67 del 1990 e secondo una lettura costituzionalmente orientata…

Il ricorso è fondato. Il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 1, nel testo applicabile catione temporis (ed in parte qua non modificato dalla L. n. 150 del 2011) dispone che, decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima dei tecnici o della Commissione provinciale prevista dall’art. 27, comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può <impugnare innanzi alla Corte d’Appello, nel cui distretto si trova il bene espropriato, gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici o dalla Commissione provinciale, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità>.

L’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è, dunque, testualmente prevista dalla norma in esame, in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dal contestuale utilizzo della congiunzione e dell’avverbio <e comunque>, la relativa previsione […]  costituisce la codificazione del principio, costantemente affermato da questa Corte (Cass. n. 17604/2013; 1OMISSIS06/2012; 20997/2008; 11054/2001), secondo cui, una volta emanato il provvedimento ablativo sorge contestualmente, ed è per ciò stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a percepire il giusto indennizzo di cui all’art. 42 Cost., che si sostituisce al diritto reale, va determinato in riferimento alle caratteristiche del bene alla data del provvedimento, e NON È SUBORDINATO ALLA LIQUIDAZIONE IN SEDE AMMINISTRATIVA.

[…]

In conseguenza, questa Corte ha sempre affermato la regola, secondo cui all’espropriato è attribuita una duplice azione per chiedere la determinazione della giusta indennità spettante per l’avvenuta espropriazione dell’immobile, a seconda che sia stata calcolata o meno da parte della commissione provinciale quella definitiva di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16: nel primo caso, l’opposizione alla stima suddetta, mentre ove sia stata soltanto offerta dall’espropriante l’indennità provvisoria – come si è verificato nella fattispecie – la determinazione giudiziale del giusto indennizzo.

[…]

L’errore ermeneutico in cui è incorsa la Corte napoletana risulta confermato dal fatto che l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 29 marzo 2001 – che ha definito, della L. n. 50 del 1999 , ex art. 7, comma 5, lo schema del Testo Unico, poi sostanzialmente recepito dal D.P.R. n. 327 del 2001 – ha chiarito che il criterio adottato con l’art. 54 è volto ad unificare le discipline previste dalla L n. 2359 del 1865, art. 51 e dalla L. n. 865 del 1971, artt. 19 e 20 (gli ultimi due, ovviamente, quali risultanti dalle declaratorie d’incostituzionalità rispettivamente emesse dalla menzionata sentenza n. 67 del 1990, e, per la diretta azionabilità della pretesa all’indennità per l’occupazione di urgenza, dalla sentenza n. 470 del 1990), ed ha espressamente aggiunto che, in mancanza di stima, può esser proposta l’azione di diretta determinazione giudiziale dell’indennità.

[…]

Neppure la ratio legis risulta colta. La deroga alle regole ordinarie sulla competenza e l’eliminazione di un grado di giudizio per le controversie aventi ad oggetto la determinazione del dovuto a titolo d’indennità di espropriazione (o di quella di occupazione), adottata per la generalità dei casi dalla nuova disciplina, è volta a perseguire una maggiore snellezza e la riduzione dei tempi del giudizio in funzione di tutela delle parti del procedimento ed, eminentemente, del proprietario espropriato, e non già in funzione deflattiva del contenzioso presso le Corti d’Appello, come ipotizza, al contrario, il giudice a quo, che, delinea un iter (messa in mora dell’Amministrazione, o comunque, impugnazione innanzi al GA del silenzio) defatigante e non conclusivo e, comunque, scarsamente efficace al fine di assicurare in tempi ragionevoli all’espropriato il ristoro per la perdita del bene, a lui dovuto, ai sensi dell’art. 42 Cost. , art. 6 della CEDU, ed art. 1 del primo Protocollo della CEDU”.

[Cass. 9.11.2016 n. 22844 Presidente Salvago Salvatore e Relatore Consigliere Sambito Maria Giovanna) (doc. n. 3)]

 

 

“…va qui nuovamente ribadita la convinzione, scaturita dall’esegesi D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 art. 54 – applicabile alla specie in grazia del rinvio operato dall’art. 50 citato – e coerente con il dictum di C. Cost. sent. n. 67 del 1990, che l’azione di determinazione dell’indennità di esproprio “è testualmente prevista dalla norma in esame, in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dal contestuale utilizzo della congiunzione e dell’avverbio – e comunque -” che figura nella norma (così in motivazione Cass., Sez. 1, 9/11/2016, n. 22844), onde il suo esperimento non è precluso dalla mancanza di una stima definitiva.

Nè in contrario rileva l’argomento opposto nella memoria, in replica al quale va ancora osservato che l’attivazione del rimedio previsto D.P.R. del 8 giugno 20011 n. 327 art. 22, è, come fatto palese dallo stesso dettato normativo, meramente facoltativo ed esso perciò non restringe, ma amplia il quadro delle tutele che l’ordinamento accorda al proprietario, tanto più che una lettura diversa della norma, come quella qui proposta, nel rendere in pratica obbligato il ricorso all’attivazione del procedimento di cui D.P.R. del 8 giugno 2001, n. 327, art. 21, si porrebbe in aperta contrapposizione con il divieto della giurisdizione condizionata (così in motivazione Cass., Sez. 1, 6/03/2017, n. 5518)”

[Cass. 19.7.2017 n. 17863 Presidente Campanile Pietro e Relatore Consigliere Marulli Marco (doc. n. 4)]

 

 

L’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è, dunque, testualmente prevista dalla norma in esame, in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dalle parole “e comunque“. La relativa previsione costituisce la codificazione del principio secondo cui, una volta emanato il provvedimento ablativo, sorge contestualmente, ed è per ciò stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a percepire il giusto indennizzo di cui all’art. 42 Cost. , che va determinato con riferimento alle caratteristiche del bene alla data del provvedimento, senza essere subordinato alla liquidazione in sede amministrativa (Cass. n. 17604/2013; 1OMISSIS06/2012; 20997/2008; 11054/2001).

All’espropriato è, infatti, attribuita una duplice azione per chiedere la determinazione della giusta indennità di espropriazione: l’opposizione alla stima, nel caso in cui l’indennità definitiva sia stata calcolata dalla Commissione provinciale; l’azione per la determinazione giudiziale del giusto indennizzo, nel caso in cui sia stata soltanto offerta dall’espropriante l’indennità provvisoria, come si è verificato nella fattispecie, nel qual caso non è possibile ritenere che l’azione possa esser proposta dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione della stima, dal momento che la stima non è avvenuta e, in conseguenza, non possono venire in rilievo termini e comunicazioni che ne presuppongono l’esistenza.

A questo orientamento, di recente ribadito (v., con riferimento al t.u. del 2001, Cass. n. 22844/2016 in motiv.), si deve dare continuità.

L’errore ermeneutico in cui è incorsa la Corte napoletana è confermato dal fatto che l’Adunanza generale del Consiglio di Stato del 29 marzo 2001 – che ha definito, della L. n. 50 del 1999, ex art. 7, comma 5, lo schema del Testo Unico, poi sostanzialmente recepito dal D.P.R. n. 327 del 2001 – ha chiarito che il criterio adottato dall’art. 54 è volto ad unificare le discipline previste dalla L. L. n. 2359 del 1865, art. 51 e della L. n. 865 del 1971, artt. 19 e 20 (quali risultanti dalle sentenze di incostituzionalità n. 67 e 470 del 1990) ed ha aggiunto che, in mancanza di stima, può essere proposta l’azione di diretta determinazione giudiziale dell’indennità

[Cass. 27.4.2017 n. 10446 Presidente Campanile Pietro e Consigliere Relatore Lamorgese Antonio Pietro (doc. n. 5)].

 

 

“Dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che la domanda dei proprietari era conseguente all’offerta di un’indennità provvisoria ritenuta incongrua (pag. 2: “L’indennità provvisoria era stata determinata in maniera irrisoria”..”agivano contro l’Azienda per la determinazione dell’indennità di esproprio”); nessuna decadenza può verificarsi in assenza della comunicazione di una stima definitiva, avendo la parte interessata facoltà di proporre l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità per l’intera durata della prescrizione decennale, a far tempo dall’emanazione del provvedimento ablatorio (cfr. la recente Cass., 24 maggio 2016, n. 10720).

Deve poi rilevarsi che anche la disciplina tuttora vigente, regolata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29 al comma 3, quanto al termine in esame, la cui natura processuale è stata ribadita di recente (Cass., OMISSIS gennaio 2016, n. 442), così recita:” L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio”.

[Cass. 10.2.2017 n. 3606 Presidente Salvago Salvatore e Relatore Consigliere Campanile Pietro (cfr. punti 9.1 e 9.2) (doc. n. 6)].

 

[quanto alla sentenza Cass. 24.5.2016 n. 10720 Presidente Salvago Salvatore e Relatore Consigliere Sambito Maria Giovanna (cfr. punto 8) (doc. n. 7), la stessa   e’ stata gia’ richiamata ed illustrata in sede di ricorso principale (cfr. pag. 11)].

 

Alla luce di quanto finora prospettato, si deve concludere che la motivazione della decisione impugnata e gli argomenti spesi dall’amministrazione nel controricorso  non riescono neppure a scalfire i principi affermati dalla citata giurisprudenza di legittimita’.

 

 

  • quanto al secondo motivo DEL RICORSO PRINCIPale:

violazione e falsa applicazione;

  • dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.)
  • dell’art. 360 n. 4 c.p.c.

 

I controricorrenti (cfr. pag. 13 controricorso punto 4.2) hanno eccepito l’asserita inammissibilita’ del motivo atteso che lo stesso sarebbe stato erroneamente ricondotto e prospettato nell’ambito della violazione dell’art. 132 n. 4 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) e dell’art. 360 n. 4 c.p.c., anziche’ della violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c..

Il rilievo appare infondato allorquando si consideri che la giurisprudenza di codesta Suprema Corte (testualmente riportata nel secondo motivo del ricorso principale: cfr. pag. 15) ha chiarito che il   “…vizio di motivazione… esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c. n. 4, la nullità della sentenza per <mancanza della motivazione>. In proposito dovrà tenersi conto di quanto questa Corte ha già precisato in ordine alla “mancanza della motivazione”, con riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c.  n. 4: tale “mancanza” si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum” (Cass. n. 20112 del 2009)”   (Cass. SS.UU. 7.4.2013 n. 8053).

 

 

  • QUANTO AL TERZO MOTIVO DEL RICORSO PRINCIPALE:

violazione  dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 per nullita’ della sentenza e del procedimento)

 

Si insiste  nel terzo motivo del ricorso principale con il quale i ricorrenti hanno  chiesto la cassazione della ordinanza impugnata per aver la corte territoriale omesso di pronunciarsi  sulla domanda di determinazione giudiziale (anche) della indennita’ di occupazione temporanea, pur espressamente formulata.

 

Sul punto, si rende necessario ribattere alla eccezione con la quale i  controricorrenti hanno sostenuto:

  • da un lato, che la corte territoriale si sarebbe comunque pronunciata sulla domanda laddove ha stabilito che “l’eccezione di tardivita’ risulta assorbente rispetto alle altre questioni” (cfr. ordinanza impugnata pag. 3);
  • dall’altro lato, che la domanda sarebbe inammissibile per tardivita’ atteso che anche alla domanda di determinazione giudiziale della indennita’ di occupazione temporanea (di cui all’art. 50 d.p.r. n. 327/2001) proposta in mancanza della stima definitiva si applicherebbe il termine di decadenza di trenta giorni decorrenti dalla notifica del decreto di occupazione (negli stessi termini della  interpretazione dell’art. 54 d.p.r. n. 327/2001 gia’ prospettata dai controricorrenti con riferimento alla indennita’ di esproprio).

 

E’ semplice replicare che trattasi di rilievo privo di pregio in quanto smentito radicalmente dalla giurisprudenza di codesta Suprema Corte, ed in particolare dalla sentenza  19.7.2017 n. 17863  (gia’ citata e riportata in precedenza sotto il doc. n. 4) emessa proprio in materia di occupazione temporanea.

 

  • QUANTO ALL’ASSERITO ASSERVIMENTO DEI TERRENI

 

Con argomento che suscita perplessita’ ed  ingenera  confusione (cfr. controricorso pag. 19 punto 6.2), i controricorrenti hanno sostenuto che la domanda con la quale i signori OMISSIS hanno chiesto i danni per il deprezzamento della parte residua della proprieta’ non colpita dalla espropriazione, sarebbe inammissibile per difetto del provvedimento di asservimento.

 

La citata prospettazione e’ erronea, inappropriata  e fuorviante allorquando si consideri che i signori OMISSIS  hanno chiesto (non l’indennita’ di asservimento, ma bensi’) l’indennita’ da esproprio parziale prevista dall’art. 33 d.p.r. n. 327/2001, che ovviamente rappresenta una fattispecie del tutto distinta.

 

Va da se’ che la domanda  della indennita’ da esproprio parziale  e’  immediatamente azionabile con la stessa domanda di determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio la quale, per effetto del noto principio della unicita’ della indennita’ di esproprio,  comprende tutte le singole voci che concorrono alla sua quantificazione complessiva.

 

Si riporta per mero scrupolo difensivo il passaggio testuale del ricorso proposto dinanzi alla Cote di Appello di Brescia (cfr. pagg. 15 e 16 motivo n. 4):

 

“Come risulta direttamente dai dati  indicati nel decreto di esproprio prot. SDP-U-OMISSIS10-286-SE-MMA del 30.10.20OMISSIS  (doc. n. 1), l’espropriazione ha riguardato solo una parte (pari a 32.130 mq.) della piu’ estesa superficie complessiva del terreno  sito in Comune di Caravaggio  distinto in catasto  al foglio OMISSIS mappale OMISSIS  (ex 8453) [pari a  46.OMISSIS0 mq. come indicato nel primo decreto di occupazione temporanea prot. SDU-U-1006-OMISSIS2-ST-LMA del 30.6.2010 (doc. n. 2)].

Dell’iniziale compendio, e’ sopravvissuta  una superficie residua  estesa OMISSIS.010 mq., la quale non rappresenta piu’ la stessa utilita’ iniziale per il proprietario.

 

Si e’ dunque in presenza di una  espropriazione parziale che si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un unitario complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass. n. 19570/2007; conformi ex Cass. n. 24435/2006 sul solco di fermo indirizzo espresso per tutte da Cass. n. 10634/2004; Cass. n. 10934/2001, Cass. n. 10570/2003 e Cass. n. 6388/2000)”.

 

 

  • QUANTO AL DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE ATTIVA (LIMITATAMENTE AI DANNI ASSERITAMENTE SUBITI DALLA SOCIETA’ OMISSIS SPA)

 

Parimenti perplessa e confusoria e’ l’eccezione (cfr. controricorso pag. 19 punto 6.3) con la quale i controricorenti hanno opposto l’inammissibilita’ della domanda nella parte in cui i ricorrenti avrebbero asseritamente chiesto i danni  subiti dalla societa’ OMISSIS s.p.a. (di cui gli stessi sono soci).

 

La citata prospettazione e’ chiaramente erronea.

 

Si riporta di seguito il passaggio testuale del ricorso introduttivo del giudizio di determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio (cfr. pag. 11 punto 2.3):

 

“Con una successiva perizia di stima del 20.4.2015 (doc. n. 8) redatta dal geom. Gualteroni Eugenio di Bergamo in data successiva alla sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale, il valore unitario di mercato rettificato e  determinato nella misura unitaria  di euro 20,00 mq.. In particolare, il tecnico – dopo aver premesso che i ricorrenti erano titolari dell’azienda metalmeccanica OMISSIS s.p.a. operante nel settore della produzione di macchinari agricoli (doc. n. 9) – giustificava il maggior valore sostenendo  testualmente quanto segue:

“…successivamente alla perizia di stima del 27 giugno 2005,…, la stessa non teneva conto dell’ulteriore valore di mercato dovuto alla possibilita’ di realizzare nella suddetta area l’esposizione e la dimostrazione di macchinari relativi alla nostra attivita’ di forniture di componenti agricoli…”.

 

In altri termini, l’area espropriata ben si prestava ad essere utilizzata in concreto per spazio ideale destinato  non solo per esporre i macchinari agricoli prodotti dall’azienda degli stessi ricorrenti ma anche e soprattutto per consentirne ai clienti la dimostrazione e l’uso in prova direttamente sul campo.

Tale diversa possibilita’ di sfruttamento dell’area non era stata evidenziata nella prima perizia perche’ la normativa all’epoca vigente (prima cioe’ della sentenza della Corte Costituzionale n.181 del 2011) considerava irrilevante ogni  possibilita’ di utilizzazione del bene diversa da quella agricola”.

 

A ben vedere, dunque, i ricorrenti non hanno fatto chiesto i danni asseritamente subiti dalla citata societa’ OMISSIS s.p.a., come del resto risulta dalla insuperabile circostanza che tale domanda non figura nemmeno tra le conclusioni formulate  alla Corte di Appello.

Piuttosto, essi si sono limitati ad allegare una ipotesi di utilizzazione economica dei terreni  espropriati non edificabili (appartenente al cosiddetto “tertium genus”), diversa da quella meramente agricola. In altri termini, i terreni espropriati (non edificabili) ben potrebbero  essere utilizzati non solo come spazio ideale  per esporre macchinari agricoli, ma anche per consentirne agli acquirenti la dimostrazione e l’uso in prova direttamente sul campo. La circostanza che i macchinari agricoli siano prodotti da una societa’ (OMISSIS s.p.a.) di cui i ricorrenti sono soci, rappresenta un dato del tutto accidentale ed e’ piuttosto a finalizzata a circostanziare la sussistenza delle condizioni per una utilizzazione dei terreni diversa da quella agricola ed appartenente al cosiddetto “tertium genus”.

La citata allegazione  e’ in ogni caso diretta  alla determinazione della indennita’ di esproprio in conformita’ ai noti principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di codesta Suprema Corte in relazione ed a seguito della  sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale.

 

 

Tanto basta per superare l’eccezione di cui trattasi.

 

 

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Si insiste per l’accoglimento del ricorso.

 

Con vittoria di spese.

 

Sora/Roma

 

In allegato: le sentenze come numerate.

 

OMISSIS

A.N.P.T.ES.
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