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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA OMISSIS
SEZIONE 3 – RIC. N. OMISSIS – UDIENZA DEL 7.4.2020
MEMORIA
“OMISSIS .”
(ricorrente) (Avv. OMISSIS )
C O N T R O
Deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’amministrazione convenuta.
La difesa avversaria ha fatto leva sulla circostanza sia il Libero Consorzio Comunale di OMISSIS (con nota prot. n. OMISSIS del 6.12.2016) sia il commissario ad acta (con il provvedimento impugnato in questa sede) avrebbero fornito risposta espressa alla istanza della società ricorrente di emissione del decreto di esproprio sanante, con ciò ottemperando al relativo obbligo imposto dalla sentenza n. 2445/2016 di codesto Tribunale.
Così impostata, la questione è malposta ed è protesa a dare un errato inquadramento della fattispecie.
La domanda infatti non è se l’amministrazione (o il commissario ad acta) abbia o meno risposto in termini espressi e definitivi alla istanza della società. Tale questione è stata infatti già risolta dalla sentenza n. OMISSIS con la quale codesto Tribunale ha accertato che il Libero Consorzio Comunale di OMISSIS è incorso nel relativo silenzio inadempimento, e lo ha condannato a decidere con provvedimento definitivo se restituire o acquisire i fondi occupati senza titolo.
La vera questione è invece è se sia o meno legittimo il provvedimento espresso e definitivo impugnato in questa sede (rappresentato dal decreto prot. n. OMISSIS del 29.3.2019 emesso in esecuzione della citata sentenza) con cui il Prefetto della Provincia di OMISSIS, nella veste di commissario ad acta, ha respinto la istanza del 11.5.2015 della società ricorrente.
Oggetto del presente giudizio è dunque il controllo richiesto al Giudice su quel provvedimento in relazione ai motivi prospettati nel ricorso.
E sotto questo profilo, così correttamente reimpostata la questione, non v’è dubbio che il ricorso sia ammissibile.
Quanto poi al rilievo secondo cui nel presente giudizio la partecipazione del commissario ad acta sarebbe superflua (posto che l’atto impugnato sarebbe imputabile all’amministrazione inerte e non al commissario ad acta), va da sé che esso non incide sull’ammissibilità del ricorso. Infatti, la partecipazione al giudizio di una parte ritenuta non necessaria al più potrà comportare il difetto di legittimazione passiva della stessa, ma non potrà mai pregiudicare l’ammissibilità e/o la procedibilità del ricorso.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società ricorrente ha prospettato contro il provvedimento impugnato due distinti motivi.
Il primo, proposto in via principale, è teso a far valere la nullità del decreto impugnato, prospettata in termini di violazione o elusione del giudicato (e come tale ricondotta nell’ambito del giudizio di ottemperanza).
Il secondo, proposto in via subordinata previa conversione del rito, è teso a far valere l’illegittimità del decreto impugnato, in via autonoma per vizi suoi propri, secondo l’ordinario giudizio di legittimità.
Va da sè che le due domande possono essere proposte contemporaneamente e finanche nel medesimo giudizio, purchè in via subordinata e condizionata tra di loro, in conformità alla relativa previsione di legge ed alla giurisprudenza in materia.
Quanto al merito dei due motivi, si rimanda per brevità a quanto già prospettato nel ricorso introduttivo.
2.1) quanto all’asserita mancanza di competenza in capo all’ente resistente
La ex Provincia di OMISSIS (ora Libero Consorzio Comunale di OMISSIS) ha eccepito di non avere competenza ai fini della emissione del decreto di esproprio sanante per non aver mai preso parte al procedimento di esproprio ed alla realizzazione dei lavori dell’opera di cui trattasi di cui trattasi.
La difesa dell’ente si è giovata della confusione e delle convulse vicende non sempre chiare che hanno contraddistinto il procedimento di esproprio.
Ma con la memoria del 20.2.2020, finalmente la ex Provincia di OMISSIS ha ammesso l’esatto contrario, confessando invece espressamente la sua diretta partecipazione al procedimento di esproprio di cui trattasi.
Infatti, dopo aver premesso che i terreni di cui trattasi sono stati oggetto di due distinti procedimenti di esproprio, la ex Provincia di OMISSIS ha confessato di aver gestito il primo di essi avente ad oggetto i lavori di completamento del I lotto della strada a scorrimento veloce OMISSIS (cfr. pag. 3).
Inoltre, si deve rimarcare che il frontespizio del piano particellare del 15.11.1969 dei terreni da occupare depositato dall’ente resistente (distinto con il doc. n. 1 allegato alle memoria del 20.2.2020) depone contro la sua stessa tesi e finisce invece paradossalmente per fornire una ulteriore prova della partecipazione diretta dell’ente al procedimento di esproprio. E’ sufficiente infatti notare che il piano particellare reca in basso il timbro della (ex) “Amministrazione Provinciale di OMISSIS Ufficio Tecnico” (quale autore del progetto) e la firma dell’Ingegnere Capo dell’Amministrazione Provinciale.
Similmente, depone paradossalmente contro la ex Provincia di OMISSIS anche l’elenco del piano particellare di esproprio (cfr. doc. n. 2 allegata alla memoria del 20.2.2020) dal quale risultano compresi tra i beni da occupare non solo le particelle OMISSIS (n. 3 dell’elenco) e OMISSIS (n. 9 dell’elenco), ma anche la particella 12 (n. 4 dell’elenco), per la quale ultima l’ente resistente non ha mai formulato alcuna contestazione.
Tanto basta sul punto.
In realtà, il progetto iniziale (che prevedeva l’occupazione dei terreni in oggetto) ha subito una variante che ha prodotto la traslazione dell’asse stradale (lineare nel progetto iniziale e curvilineo nella variante) in modo da creare una biforcazione nel tracciato stradale.
I lavori previsti dapprima nel progetto iniziale, quelli previsti successivamente dalla variante e quelli ulteriori resi necessari dalla realizzazione delle opere infrastrutturali relativi alle scarpate laterali, alla rotatoria ed al raccordo con il viadotto Morandi hanno comportato una occupazione delle superfici diverse e maggiori di quelle inizialmente previste. Le superficie occupate illecitamente e senza titolo sono quelle oggetto del presente giudizio per le quali la ricorrente chiede che l’ente sia condannato a restituirle o a acquisirle.
La convulsa e non lineare sequenza degli atti del procedimento espropriativo non ha agevolato una chiara rappresentazione dei fatti e per l’effetto l’esatto inquadramento giuridico degli stessi.
2.2) quanto all’asserita mancanza del titolo di proprietà
Solo con memoria del 20.2.2020, l’ente resistente ha eccepito l’asserita mancanza in capo alla società ricorrente della proprietà dei terreni occupati, producendo la relativa documentazione giustificativa.
Intanto, non può sottacersi che sarebbe stato certamente opportuno ed ossequioso del principio di lealtà collaborativa se l’amministrazione avesse offerto da subito alla ricorrente la citata documentazione, già in risposta alla istanza di emissione del decreto di esproprio sanante o anche in sede di giudizio avverso il relativo silenzio (atteso che ciò avrebbe consentito una più chiara rappresentazione dei fatti), anziché produrla solo ora addirittura in sede di ottemperanza (atteso che ciò in questo momento rischia di ingenerare solo confusione).
In ogni caso, l’eccezione è infondata allorquando si consideri:
Ai fini di una più chiara esposizione, si richiama l’attenzione sulla allegata planimetria che illustra i termini della questione meglio di quanto non riescano a fare le parole dei difensori.
Essa rappresenta con estrema chiarezza i fatti di causa e nel contempo fornisce anche una corretta chiave di lettura del titolo di proprietà della ricorrente (atto di compravendita rep. n. 128.688 del 14.3.2011), dal momento che contribuisce ad individuare distinguere nell’ambito delle due particelle OMISSIS e OMISSIS (da una parte) le superfici acquistate dalla società e (dall’altra parte) quelle oggetto di occupazione illecita e di decreto esproprio legittimamente emesso.
Orbene, dall’esame della richiamata planimetria si evince:
Si fornisce di seguito la ulteriore dimostrazione della infondatezza della eccezione dell’ente resistente.
Come già anticipato, nell’atto di compravendita rep. n. 128.688 del 14.3.2011, le parti hanno dichiarato che la particella OMISSIS risulta avere una superficie catastale pari a 9.770 mq., ma una superficie effettiva pari a 3.347 mq., così risultante al netto delle superfici occupate per gli espropri (cfr. pag. 7). Si noto peraltro che tale superficie coincide esattamente anche con quella risultante dall’allegata planimetria (3.788 mq. + 2026 mq. + 2.450 mq. + 1.506 mq. = 9.770 mq.)
Orbene, se dalla superficie catastale complessiva (9.770 mq.) si sottraggono la superficie effettivamente espropriata con il decreto del 23.10.19OMISSIS pari 2.635 mq. (C OMISSIS indicata in planimetria con una superficie di poco inferiore pari 2.450 mq.) e la superficie erroneamente ritenuta espropriata (ma per la quale infatti in verità non c’è alcuna decreto di esproprio) indicata in planimetria con A OMISSIS pari a 3.788 mq., si ottiene la superficie netta di 3.347 mq. [9.770 – (2.635 + 3788) = 3.347].
Come si vede, tale superficie netta di 3.347 mq. coincide esattamente con quella di 3.3.47 mq. che nell’atto di compravendita del 2011 la società ricorrente ha acquistato al netto delle superfici occupate.
Risulta così dimostrato che dall’originaria superficie catastale pari a 9.770 mq. della particella OMISSIS bisogna sottrarre soltanto la superficie effettivamente espropriata di 2.635 mq. con il decreto del 23.10.19OMISSIS. La differenza pari a 7.135 mq. (9.770 mq. – 2.635 mq.) è quella oggetto del presente che l’ente deve decidere se restituire ovvero acquisire.
Ne consegue dunque che dalla corretta lettura coordinata del decreto di esproprio del 23.10.19OMISSIS e del contratto di compravendita del 14.3.2011 (fatta alla luce della richiamata planimetria), si può affermare che con riferimento alla particella OMISSIS (fatta eccezione per la superfice di 2.635 mq. di cui al decreto di esproprio del 23.10.19OMISSIS), è fondata la domanda della ricorrente tesa da ottenere la restituzione o l’acquisizione sanante delle superfici residue pari a 7.135 mq..
Discorso diverso e più semplice può farsi per la particella OMISSIS per la quale l’amministrazione resistente, pur contestandone la mancanza di proprietà in capo alla ricorrente, ne ha espressamente ammesso l’occupazione ma non è stata però in grado di produrre alcun decreto di esproprio.
Di essa dunque, l’intera superficie pari a 6.805 mq. (nella planimetria A OMISSIS 734 mq. + B OMISSIS 2.351 mq. + C OMISSIS 3.720 mq.) è quella oggetto del presente che l’ente deve decidere se restituire ovvero acquisire.
Discorso infine ancora più semplice deve essere riservato alla particella 12, anche per la quale con la sentenza ottemperanda n. 2445/2016 codesto Tribunale ha condannato la ex Provincia di OMISSIS a pronunciarsi se intenda restituirla ovvero acquisirla con decreto di esproprio sanante.
Orbene dagli atti di causa risulta che tale particella:
Va aggiunto che in relazione a tale particella, la ex Provincia di OMISSIS non ha mai mosso alcuna contestazione di sorta, dal momento che non ne ha mai contestato la mancanza di proprietà in capo alla società ricorrente né ha prodotto in giudizio l’eventuale decreto di esproprio.
Ecco allora che con riferimento alle particelle OMISSIS, OMISSIS devono ritenersi irrilevanti ed inconcludenti gli argomenti ed i documenti prodotti dall’ente resistente.
A maggiore ragione tale conclusione resta confermata per la particella 12 per la quale l’ente resistente, non avendo dedotto assolutamente nulla, ha assunto un comportamento che integra chiaramente gli estremi della “non contestazione”.
* * * * *
Il quadro complessivo di cui sopra impone di trarre le seguenti conclusioni per effetto delle quali si deve affermare e risulta pacifico:
2.3) quanto all’invocata usucapione dei terreni occupati
Valga infine una ultima considerazione.
Dalla memoria del 20.2.2020 risulta evidente che la stessa ex Provincia di OMISSIS abbia delle perplessità sulla fondatezza della eccezione relativa alla mancanza di proprietà in capo alla ricorrente.
Ciò è comprovato dalla constatazione che l’ente resistente ha sentito la necessità di giustificare l’acquisto dei terreni occupati invocando addirittura l’intervenuta usucapione degli stessi (cfr. pag. 4).
Ma è facile replicare che si tratta di eccezione chiaramente infondata.
E’ noto che la giurisprudenza ha escluso che le amministrazioni che abbiano occupato senza titolo la proprietà privata possano invocare l’istituto dell’usucapione per paralizzare le azioni dei proprietari. Cio’ in forza di una pluralità di argomenti tra cui:
Tale profilo, ha chiarito la giurisprudenza, si giustifica allorquando si consideri che sino all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001, risultava radicalmente preclusa, per il proprietario colpito da occupazione acquisitiva, la possibilità di esperire l’azione restitutoria, poiché l’occupazione acquisitiva era qualificata come una vera e propria “fattispecie ablatoria seppur atipica”.
In tale contesto dunque, posto che secondo art. 2935 c.c. la prescrizione decorre “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere“, il dies a quo di un possibile possesso utile a fini di usucapione non potrebbe che individuarsi a partire dall’entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (l’art. 43 ivi contenuto, come è noto, aveva sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva). Il che implica ovviamente che, anche sotto tale profilo, ad oggi il termine ventennale non e’ ancora maturato (30.6.2023)
(cfr. ex multis T.a.r. Campania sez. V 22.11.2016 n. 5415; C.d.S. sezione IV 6.2.2017 n. 494; C.d.S. Sezione IV 29.2.2016 n. 840; C.d.S. Sezione IV 2.2.2016 n. 389; C.d.S. Sezione IV 3.7.2014 n. 3346; C.d.S. IV 14.5.2015 n. 2420; T.a.r. Lazio Latina 17.2.2017 n. 104; T.a.r. Calabria Catanzaro 12.12.2016 n. 1273).
Risolutiva appare la nota sentenza n. 2/2016 del C.d.S. A.P.:
“In linea generale, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. – con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sull’occupazione contra ius, ovvero, dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene – che viene a cessare solo in conseguenza:
III) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del t.u. espr. (30 giugno 2003) perché solo l’art. 43 del medesimo t.u. aveva sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il “….giorno in cui il diritto può essere fatto valere“;
(C.d.S. A.P. n. 2/2016)
Del resto, pacifica è la giurisprudenza in materia (C.d.S. IV 1.8.2017 n. 3838; C.d.S. IV 27.7.2017 n. 3730; C.d.S. IV 3.11.2017 n. 5084; T.a.r. Calabria Reggio Calabria 22.9.2017 n. 805; T.a.r. Basilicata 7.11.2017 n. 195; T.a.r. Basilicata 24.5.2017 n. 383; T.a.r. Puglia Bari 9.2.2017 n. 120)
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Si insiste nell’accoglimento del ricorso.
In allegato:
OMISSIS