A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati.
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Responsabilità per danno erariale e ricadute economiche sugli attuatori nei P.E.E.P.

 

  • responsabilità contabile per danno erariale in capo ai soggetti che hanno operato

Si deve aggiungere per completezza di indagine che le amministrazioni dovranno inoltre ben valutare se un’eventuale condanna della Corte Europea, oltre al danno economico di cui sopra , possa comportare anche una responsabilità contabile per danno erariale in capo ai soggetti che si siano resi responsabili della mancata applicazione delle norme CEDU.
(vedasi in tema, ex plurimis, Corte dei Conti, sezione II Giurisdizionale Centrale d’Appello, sentenza 11 febbraio 2002 n. 44,  con la quale  il capo di un’amministrazione, – nella fattispecie, un Sindaco – subisce una condanna per una procedura espropriativa che ha violato la legge : “ si appalesa altrettanto evidente il nesso causale della surriferita condotta con l’evento dannoso, che le finanze comunali non avrebbero subito se il sindaco B. avesse curato di portare a termine ritualmente la procedura espropriativa”).

 

  • la responsabilità dell’amministrazione in caso di delega

Infine, in caso di delega del procedimento espropriativo ad un soggetto diverso, le amministrazioni dovranno vigilare affinche’ il procedimento stesso sia gestito e condotto correttamente e soprattutto sia concluso tempestivamente e legittimamente.
L’amministrazione, infatti, è corresponsabile in solido con il soggetto delegato per i maggiori oneri espropriativi spettanti ai cittadini
(cfr. ex plurimis: CORTE DI CASSAZIONE SEZ. UNITE CIVILI – 31 ottobre 2007 n. 23018 / Cassazione 9 ottobre 2007 n. 21096 / Cassazione 21 aprile 2006 n. 9401)

                                         

  • oneri economici a carico dei soggetti attuatori del piano p.e.e.p.

Il legislatore, emanando la legge n. 865/1971 ed in particolare l’art. 35 relativo ai contenuti delle convenzioni tra comuni e soggetti attuatori dei piani di edilizia residenziale pubblica, ebbe ad introdurre nell’ordinamento un meccanismo i cui effetti inattesi ed imprevisti si sarebbero manifestati solo molto tempo dopo, a seguito ed all’esito di un diffuso ed aspro contenzioso.

Sul presupposto che i p.e.e.p. devono assicurare il pareggio economico per l’ente pubblico, le amministrazioni comunali hanno infatti ritenuto di avere diritto di fare gravare i (maggiori ed imprevisti) costi di esproprio relativi alle opere di urbanizzazione soltanto su alcuni dei soggetti attuatori.

Come è noto, il testo originario dell’art. 35 legge 22 ottobre 1971 n. 865 stabiliva che la convenzione dovesse prevedere:

  1. il corrispettivo della concessione in misura pari al costo di acquisizione delle aree nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione se già realizzate;
  2. il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune o del consorzio, ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie…

A seguito della modifica introdotta dall’art. 3/63 legge 23 dicembre 1996 n. 662 e dall’art. 7 legge 30 aprile 1999 n. 136, si è disposto che i corrispettivi delle concessioni in superficie ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune per l’acquisizione delle aree. I corrispettivi della concessione in superficie riferiti al metro cubo edificabile non possono essere superiori al 60 % dei prezzi di cessione riferiti allo stesso volume.
A differenza del contributo per il rilascio di un permesso edilizio, che è commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione ed al relativo costo di costruzione senza che la sua determinazione corrisponda a costi effettivi o a specifici benefici, il corrispettivo della concessione del diritto di superficie deve corrispondere esattamente al costo di acquisizione delle aree e delle opere di urbanizzazione già realizzate o da realizzare.

L’art. 35 legge n. 865/1971 lettera a) attiene quindi al costo di acquisizione delle aree (sia quelle interessate dalle nuove costruzioni sia quelle interessate dagli interventi di urbanizzazione). La lettera b) è invece relativa ai costi delle opere di urbanizzazione da realizzare.

  • quanto alla possibilità per il comune di richiedere, in un momento successivo alla stipulazione della convenzione, i maggiori costi per l’acquisizione delle aree espropriate

Posto che le aree da concedere in superficie (o in proprietà), nonché quelle sulle quali vengono eseguite le opere di urbanizzazione vengono previamente espropriate dal comune, nelle convenzioni in genere i comuni sono soliti inserire una clausola con la quale si riservano di richiedere ai soggetti attuatori, o agli assegnatari in caso di vendita già effettuata, le maggiori somme (rispetto a quelle inizialmente previste in progetto) che le amministrazioni fossero costrette a corrispondere ai proprietari espropriati a seguito di sentenza di condanna al pagamento di maggiori indennità di esproprio o di risarcimento dei danni.

Tale clausola ha dato luogo ad un notevole contenzioso in particolare con le cooperative e con con gli assegnatari, i quali si sono trovati, anche a distanza di molti anni, a dovere versare somme spesso molto ingenti ad integrazione di quelle inizialmente previste nel programma finanziario.

La giurisprudenza ha ritenuto legittima tali clausole, in quanto la legge n.  865/1971, anche prima della modifica del 1996, prevedendo il corrispettivo della concessione in misura pari al costo di acquisizione delle aree nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione, conteneva il principio del perfetto pareggio economico con corrispondenza delle entrate e delle uscite. Conseguentemente era già insita nella legge la previsione della necessità del rimborso, da parte delle cooperative e dei singoli soci assegnatari degli alloggi o loro aventi causa, di tutte le spese sostenute per l’acquisto delle aree medesime (Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7820; Tar Puglia, Bari, sez. III, 17 gennaio 2006 n. 130; Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2003 n. 382).

In forza di tale principio, i comuni risultano legittimati, anche a distanza di molto tempo, a richiedere agli acquirenti/assegnatari degli alloggi, il maggior onere ed i maggiori costi determinati dalla sentenze di condanna emesse nei loro confronti. L’unico limite all’azione di “regresso” e’ rappresentato dalla prescrizione decennale, che pero’ inizia a decorrere dal momento in cui viene determinato in via definitiva il costo delle aree.

Stante la natura imperativa del disposto di cui all’art. 35 legge n. 865/1971, l’eventuale clausola contenuta in una convenzione che non prevedesse il conguaglio o, a maggior ragione, lo escludesse, sarebbe nulla e andrebbe sostituita ai sensi dell’art. 1339 e dell’art. 1419 c.c. attraverso il meccanismo dell’inserzione automatica delle previsioni normative imperative.
Il principio del pareggio dei costi opera anche per i costi della realizzazione delle opere di urbanizzazione.

  • quanto alla possibilità per il comune di richiedere, in un momento successivo alla stipulazione della convenzione, i conguagli per l’acquisizione delle aree espropriate destinate alle opere di urbanizzazione

Ma il vero problema che è emerso nel corso degli anni è stato quello relativo alla possibilità di fare carico al soggetto attuatore e ai suoi aventi causa dei maggiori costi sostenuti dal comune per l’esproprio di aree esterne al peep, ma destinate ad ospitare le opere di urbanizzazione.
Poiché ai sensi dell’art. 35 della legge n.  865/1971 rientrano tra i “costi” o “corrispettivi” delle opere di urbanizzazione realizzate o realizzande a cura del comune anche quelli sostenuti o da sostenersi per l’esproprio delle aree su cui tali opere devono sorgere, si ritiene che il concessionario (ed i soci assegnatari degli alloggi) debba sopportare tutti i costi delle opere di urbanizzazione funzionali alla edificabilità del suo lotto, a nulla rilevando che tali opere possano sorgere su aree esterne ai lotti concessi in superfici o dati in proprietà.

E’ indubbio che intento della legge n. 865/1971 sia quello di fare in modo che la pubblica amministrazione chiuda in pareggio il conto costi – ricavi nell’esecuzione dei piani p.e.e.p..

In conclusione, non appare irragionevole concludere che,
– sia il comune  sia l’impresa eventualmente delegata al procedimento di esproprio hanno l’obbligo giuridico, imposto comunque anche dalla necessita’ del rispetto della lealta’ e correttezza, di informare immediatamente i soggetti concessionari (le cooperative) ed i singoli soci assegnatari dei rischi economici ai quali gli stessi sono astrattamente ma concretamente esposti per i motivi di cui sopra
– il comune, inoltre, ha l’obbligo di adottare adeguate misure di garanzia a suo favore, per evitare che eventuali somme derivanti da condanne non possano in futuro essere recuperate (ad es. fallimento dell’impresa, insolvenza degli assegnatari, ecc…)
si ricorda, infatti, che l’amministrazione è sempre responsabile anche in caso di delega a terzi delle procedure e degli oneri connessi e l’amministrazione sarà chiamata certamente in causa dai proprietari espropriati.

 

 

A.N.P.T.ES.
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