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OPPOSIZIONE ALLA STIMA – RICORSO EX ART. 702 BIS CPC

Procedura Giudiziale per la Determinazione dell’Indennità di Esproprio e di Servitù

Criteri di Valutazione del Valore Venale e Riduzioni: Giurisprudenza e Prassi

Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE

CORTE DI APPELLO DI SALERNO

 

RICORSO  EX  ART. 702 BIS CPC

(ART. 29 D.LGS. 1.9.2011 N. 150)

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

 

 

 

Il Dott.  OMISSIS difeso e rappresentato dall’Avv. OMISSIS ) giusta procura speciale notarile rep. …………………………….. rilasciata a mezzo Notaio……………………….ed elettivamente domiciliato presso l’Avv.  OMISSIS, spiega

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

ed in particolare formula ai sensi dell’art. 54 d.p.r. n. 327/2001 la domanda

DETERMINAZIONE GIUDIZIALE

della indennita’ di esproprio e di servitu’ coattiva di rete fognaria

C O N T R O

il Comune di OMISSIS in persona del legale rappresentante p.t.

F A T T O

In vista della realizzazione del Piano per gli Insediamenti Produttivi in localita’ OMISSIS , il Comune di OMISSIS  approvava i seguenti atti   emessi nell’ambito del relativo procedimento di esproprio:

  • deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del 13.12.2005 di approvazione della relazione istruttoria (doc. n. 1);
  • deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del 21.7.2006 di approvazione della “adozione della variante urbanistica al vigente p.r.g. al fine di localizzazione area insediamenti produttivi alla localita’ frazione OMISSIS(doc. n. 2);
  • deliberazione del consiglio comunale n. OMISSIS del 9.8.2006 di “adozione della variante al p.r.g. – PIP OMISSIS(doc. n. 3);
  • deliberazione del consiglio comunale n. OMISSIS del 28.8.2006 di “adozione variante p.r.g. – individuazione area PIP frazione OMISSIS(doc. n. 4);
  • deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del 3.8.2010 di approvazione del “progetto per acquisizione ed infrastrutturazione delle aree per insediamenti produttivi (PIP) localita’ OMISSIS(doc. n. 5);
  • deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del3.2011 di approvazione della “integrazione deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del 3.8.2010 <progetto esecutivo stralcio I lotto per l’acquisizione ed infrastrutturazione delle aree per insediamenti produttivi PIP localita’ OMISSIS (doc. n. 6);
  • determinazione n. 274 del 13.7.2011 di quantificazione ed offerta della indennita’ provvisoria di esproprio nel valore unitario di euro 16.50 mq. (cosi’ ottenuto dopo aver ridotto il valore unitario di mercato determinato in euro 22,00 mq. del 25 % per la asserita natura economico sociale del piano di investimenti produttivi) (doc. n. 7);
  • determinazione n. 37 del 26.1.2012 contenente il decreto di esproprio dei seguenti terreni in relazione ad ognuno dei quali confermava (sulla base del valore unitario di euro 16,50 mq.) l’indennita’ provvisoria di esproprio nei termini di cui in seguito (doc. n. 8):

 

  • per l’esproprio
  1. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 4.324 mq. di superficie espropriativa: euro 71.3465,00;
  2. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 14.169 mq. di superficie espropriativa: euro 233.788,50;
  3. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 18.303 mq. di superficie espropriativa: euro 301.999,50;
  4. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 1.921 mq. di superficie espropriativa: euro 31.696,50;

 

  • per la servitu’ di rete fognaria
  1. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 270 mq. di superficie espropriativa: euro 1.620,00;
  2. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 376 mq. di superficie espropriativa: euro 2.256,00;
  3. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 264 mq. di superficie espropriativa: euro 1.584,00;
  4. foglio OMISSIS mappale OMISSIS con 98 mq.  di superficie espropriativa:  euro 588,00;

 

e cosi’ per un totale complessivo di euro 644.878,50.

 

Ad oggi l’autorita’ espropriante non ha ancora comunicato la indennita’ definitiva di esproprio e di occupazione legittima da determinarsi adopera della Commissione Provinciale Espropri.

Con il presente giudizio, l’opponente, nel ritenere manifestamente insufficiente l’indennita’ determinata in via provvisoria, intende contestare la mancata determinazione della indennita’ definitiva di esproprio e di servitu’ e chiederne a codesta Corte di Appello la determinazione in sede giudiziale  nella misura di legge.

M O T I V I

 

  • MANCANZA DELLA DETERMINAZIONE DELLA INDENNITA’ DEFINITIVA DI ESPROPRIO E DELLA INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE LEGITTIMA

 

Con il presente giudizio, l’opponente intende avvalersi del diritto accordato dalla nota sentenza n. 67/1990 (doc. n. 9) con cui la Corte Costituzionale  ha stabilito che il proprietario – a cui sia stato notificato il decreto di esproprio –  puo’ comunque chiedere la determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio, pur in mancanza della determinazione in sede amministrativa della indennita’ definitiva, la quale dunque non si pone piu’ quale condizione di azionabilita’ del relativo diritto.

Peraltro, l’entrata in vigore recentemente dell’art. 29 del d.lgs. 1.9.2011 n. 150 conferma l’ammissibilita’ della  presente azione nei termini spiegati (oltre ad prevedere la gestione del giudizio nel rispetto del rito sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c.).

 

  • QUANTO ALLA EDIFICABILITA’ LEGALE DEI TERRENI ESPROPRIATI

E’ stata altresi’ dichiarata, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953  n. 87, l’illegittimita’ costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 commi 1 e 2 del d.p.r. 8 giugno 2001  n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), che contengono norme identiche a quelle dichiarate in contrasto con la Costituzione dalla medesima sentenza.

 

  • l’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 (come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244)

Come e’ noto, con l’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla sentenza  n. 348/2007 della Corte Costituzionale ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che “L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del 25 per cento” (comma 1);
  • che “Nei casi in cui è stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10 per cento” (comma 2);
  • che “Ai soli fini dell’applicabilità delle disposizioni della presente sezione, si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o dell’accordo di cessione. In ogni caso si esclude il rilievo di costruzioni realizzate abusivamente” (comma 3);
  • che “Salva la disposizione dell’articolo 32, comma 1, non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta in base alla normativa statale o regionale o alle previsioni di qualsiasi atto di programmazione o di pianificazione del territorio, ivi compresi il piano paesistico, il piano del parco, il piano di bacino, il piano regolatore generale, il programma di fabbricazione, il piano attuativo di iniziativa pubblica o privata anche per una parte limitata del territorio comunale per finalità di edilizia residenziale o di investimenti produttivi, ovvero in base ad un qualsiasi altro piano o provvedimento che abbia precluso il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata” (comma 4).
  • la giurisprudenza di legittimita’

E’ noto infatti che la Corte di Cassazione (con principio del tutto analogo a quello stabilito in materia di piani p.e.e.p.) ha stabilito che i terreni espropriati per la realizzazione dei piani industriali e produttivi hanno per cio’ stesso natura edificabile, a prescindere dalla utilizzazione concreta degli stessi nell’ambito delle previsioni del piano.

 

  • 7.4.2011 n. 7987

Con la sentenza n. 7987 del 7.4.2011 la Corte di Cassazione ha stabilito  che “Proprio per il carattere generale ed astratto della previsione che ha compreso nell’intera zona D2 in cui rientra il terreno in disamina, le aree destinate ad insediamenti industriali della zona ASI del Dittaino”, la stessa non puo’ assumere la qualifica di vincolo preordinato all’esproprio;….

Si deve aggiungere che la destinazione da parte del P.R.G. della zona in esame agli insediamenti industriali, gia’ sufficiente a conferire al terreno (…), “le possibilità legali di edificazione” richieste dall’art. 5 bis, ha trovato conferma proprio nello strumento consortile che l’ha ribadita, percio’ confermandone la vocazione edificatoria  ed escludendo che la valutazione dell’area possa essere compiuta con il criterio tabellare relativo ai suoli agricoli di cui alla legge n. 865/1971 art. 16”.

 

  • 27.4.2011 n. 9390

“Proprio in tale ottica la Corte Costituzionale (sent. 179/1999) e la giurisprudenza di legittimità (Cass. 3298/2000) hanno precisato che l’attribuzione da parte degli strumenti urbanistici al terreno di una vocazione edificatoria (sia pure specifica) ricorre quando esso sia destinato a ricevere non soltanto costruzioni edilizie in senso stretto, ma anche attrezzature e servizi realizzabili (non in astratto, ma) per volonta’ dello strumento urbanistico pure ad iniziativa libera privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento. E sempre nella medesima prospettiva questa Corte, anche a sezioni unite ha attribuito natura edificatoria ai fondi inclusi in un PIP, ovvero in zone destinate ad attivita’ industriali (c.d. zone D di cui al D.M. n. 1444 del 1968)… (Cass. 18680/2005; 10265/2004; 16710/2003)”;

 

  • 25.11.2010 n. 23965

Con la sentenza n. 23965 del 25.11.2010 la Corte di Cassazione  ha testualmente chiarito che con riferimento alle aree comprese nei piani P.I.P., la destinazione edificatoria risulta attribuita proprio in conseguenza della loro inclusione nell’ambito del piano industriale.

 

“Proprio in tale ottica la Corte Costituzionale (sent. 179/1999) e la giurisprudenza di legittimità (Cass. 3298/2000) hanno precisato che l’attribuzione da parte degli strumenti urbanistici al terreno di una vocazione edificatoria (sia pure specifica) ricorre quando esso sia destinato a ricevere non soltanto costruzioni edilizie in senso stretto, ma anche attrezzature e servizi realizzabili (non in astratto, ma) per volonta’ dello strumento urbanistico pure ad iniziativa libera privata o promiscua… (Cass. 18680/2005; 10265/2004; 16710/2003)” (Cass. 27.4.2011 n. 9390).

Ad ulteriore conferma, si segnalano altre due recenti decisioni:

  • la sentenza n. 2100 del 28.1.2011 con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito testualmente che per la stima dell’indennizzo del terreno avente destinazione edificatoria perche’ incluso in un PIP…”; 
  • la sentenza n. 15658 del 15.7.2011 con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito testualmente che “la stessa Corte di Appello…, recependo le conclusioni del c.t.u., ha accertato l’inserimento dei terreni in questione nella zona territoriale omogenea D (parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali, commerciali o ad essi equiparati”…Ne consegue il regime dalla edificabilita’…”.

 

Inoltre, altre pronunce della Suprema Corte hanno stabilito:

  • che “Ora non e’ dubbio che ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione e di occupazione, la inclusione del terreno in esame nel menzionato piano induceva ad attribuirgli natura edificatoria perche’ in tal modo classificato da detto strumento urbanistico, perfino se la precedente ed originaria zonizzazione ne avesse comportato la qualificazione come suolo agricolo (Cass. 9891/2007; 19128/2006; 5874/2004)…(Cass. SS.UU. 125/2001, nonche’ n. 19501/2005; n. 15519/2001; n. 1113/1999)” (Cass. 3.4.2009 n. 8121);
  • che “…questa Corte ha ripetutamente avvertito che l’edificabilità non si identifica nè si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo in via di principio non precluse (come nella destinazione industriale ed artigianale ricorrente nella specie) all’iniziativa privata che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (cfr. Cass. n. 9669/2000; n. 8028/2000 e n. 4473/99)…” (Cass. SS.UU. n. 14685 del 25.6.2007);
  • cheun’area va ritenuta edificabile quando (e per il solo fatto che) come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici vigenti al momento del perfezionamento della vicenda ablativa, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza dell’edificabilità legaleNe deriva che devono essere considerati edificabili anche i suoli destinati, come nella specie, ad insediamenti industriali, i quali ultimi ben possono essere attuati ad opera dei privati, ove i suoli stessi non siano fatti oggetto di iniziative ablatorie (Cass.13 giugno 2000 n. 8028), né è a tal fine necessaria l’approvazione degli strumenti attuativi (Cass. 20 maggio 1999 n. 4903)” (Cass. n. 21161 del 29.9.2006) (conformi ex multis Cass. 24.4.2007 n. 9891 n. 5874/2004; Cass. n. 4473/1999; Cass. n. 13250/1991 e Cass. n. 11742 del 8.5.2006).

 

Sulla base della giurisprudenza appena riportata, ogni eventuale obiezione che dovesse provenire dalla amministrazione convenuta tesa a sostenere che le aree in questione  pur comprese nel piano P.I.P. sono state destinate non alla edificalita’ ma a servizi, viabilita’, infrastrutture, verde ecc.., sarebbe destinata ad essere superata proprio dal principio sempre ribadito dalla Suprema Corte  secondo cui  “ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale in zona destinata a insediamenti industriali, non essendo necessaria una specifica destinazione conferita da uno strumento attuativo, e restando irrilevante che, all’interno della zona, il terreno ossa essere destinato a servizi (nella specie, ad opere di viabilia’ interna), in virtu’ di prescrizioni di carattere preespropriativo, apportandosi in tal caso la valutazione alle aree comprese nella zona” (Cass. 20.9.2006 n. 20408).

 

 

In particolare, si richiama l’attenzione su un  principio del tutto pacifico stabilito dalla invocata giurisprudenza secondo il quale “ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale in zona destinata a insediamenti industriali, non essendo necessaria una specifica destinazione conferita da uno strumento attuativo, e restando irrilevante che, all’interno della zona, il terreno possa essere destinato a servizi (nella specie, ad opere di viabilita’ interna), in virtu’ di prescrizioni di carattere preespropriativo, rapportandosi in tal caso la valutazione alle aree comprese nella zona” (Cass. 20.9.2006 n. 20408 gia’ indicata) (conformi Cass. 3.4.2009 n. 8121; Cass. SS.UU.  n. 125/2001, nonche’ n. 19501/2005; n. 15519/2001; n. 1113/1999).

Orbene, appare opportuno aggiungere (solo per completezza di indagine) che con la recente sentenza n. 11729 del 14.5.2010 la Corte di Cassazione SS.UU.  ha testualmente stabilito che

<Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’edificabilita’ del fondo deve necessariamente essere commisurata ad indici “medi” di fabbricabilita’ riferiti (o riferibili) all’intera zona omogenea, al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, nel senso che, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilita’ (che e’ riferito alle singole aree specificamente destinate all’edificazione privata) e che, invece, postulando l’esercizio concreto dello ius aedificandi che l’area sia urbanizzata e, che si tenga conto dell’incidenza degli spazi all’uopo riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, si debba prescindere come dal fatto che l’area sia (eventualmente) destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità, parcheggi) non potendo l’edificabilita’ essere vanificata dalla utilizzatalita’ non strettamente residenziale, cosi’ dalla maggiore o minore fabbricabilita’ che il fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni di piano attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero servizi ed infrastrutture, di guisa che tutti i terreni espropriati in uno stesso ambito zonale vengano a percepire la stessa indennita’, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialita’ edificatoria “media” di tutto il comprensorio, ovvero dietro applicazione di un indice di fabbricabilita’ (territoriale che sia frutto del rapporto tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato” (Cass.  sez. 1^ 29 novembre 2006 n. 25363; Cass. sez. un.  21 marzo 2001 n. 125; Cass. sez. 1^ 16 maggio 2006 n. 11477; Cass. sez. 1^ 16 giugno 2006 n. 13958)>.

Conforme anche Cass. n. 14755 del 18.6.2010 secondo cui  “…allorquando il valore venale di un fondo debba determinarsi in base al suo valore di trasformazione (cosidetto metodo analitico – ricostruttivo), deve essere recepito l’indice che individua la densita’ territoriale della zona (e non quello relativo alla densità fondiaria), soltanto questo includendo nel calcolo la percentuale di spazi pubblici gravanti sul fondo espropriato; e trattandosi di un terreno incluso in un piano di zona l’edificabilita’ deve commisurarsi ad indici medi di fabbricabilita’, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi e spazi liberi (Cass. 2349/2004; n. 555/2004; 0555/2004 ;  n. 25/2001)”.

Ogni ulteriore residua perplessita’ circa la natura edificabile delle aree oggetto del presente ricorso, e’ destinata ad essere spazzata via allorquando si consideri che nella giurisprudenza di legittimita’ non si rinviene una sola sentenza (!) con la quale la Corte di Cassazione abbia affermato che le aree espropriate comprese in piani PIP non abbiano natura edificabile.

 

Infine, sia consentito aggiungere che, per effetto della interpretazione correttiva della Corte Costituzionale resa gia’ con la sentenza 16.12.1993 n. 442, ai fini dell’accertamento della edificabilita’ legale occorre assumere e valutare le possibilita’ legali ed effettive di edificazione esistenti al momento del verificarsi della vicenda ablativa, anziche’ quelle vigenti al tempo di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, del quale ovviamente non e’ consentito tener conto ai fini della stima. Tale momento deve essere correttamente e legittimamente identificato in quello di adozione del decreto di esproprio (ex multis Cass. 21 febbraio 2001 n. 2474).

 

  • QUANTO AL VALORE DI MERCATO DEI TERRENI

E’ appena il caso di precisare che il valore unitario di euro 16,50 mq. finora determinato ed offerto dall’amministrazione espropriante non appare affatto idoneo a rappresentare l’effettivo valore di mercato delle aree produttive, che notoriamente si attesta su valori di gran lunga piu’ elevati.

E’ sufficiente a tal fine far riferimento non solo ai valori dichiarati negli atti di compravendita delle aree produttive site nel circondario (non ostante siano notoriamente indicati in misura inferiore all’effettivo prezzo corrisposto e cio’ in conformita’ all’art. 54 d.p.r. n. 131/1986), ma anche alle quotazioni dei capannoni industriali pubblicate dall’Omi Agenzia del Territorio (da cui e’ notoriamente possibile ricavare il valore della sola area) ed alle stesse sentenze emesse da codesta Corte di Appello in esito a giudizi di opposizioni alla stima relativamente ad aree espropriate per piani PIP di comuni siti nel circondario.

 

  • QUANTO ALLA INDENNITA’ DI SERVITU’

L’opponente intende contestare anche che il gravame imposto sui terreni distinti in catasto:

  • foglio 7 mappale 88 con 270 mq. di superficie espropriativa;
  • foglio 7 mappale 24 con 376 mq. di superficie espropriativa;
  • foglio 7 mappale 11 con 264 mq. di superficie espropriativa;
  • foglio 7 mappale 20 con 98 mq. di superficie espropriativa;

sia inquadrabile nell’ambito della servitu’ anziche’ della espropriazione vera e propria (stante la sostanziale residua inutilizzabilita’ delle aree interessate).

In subordine, qualora fosse confermata la configurabilita’ della servitu’, la relativa indennita’ definitiva deve essere coerentemente rideterminata, alla luce dell’effettivo valore delle aree.

 

  • QUANTO ALLA RIDUZIONE DEL 25 %
  • 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244

Con l’art. 2 commi 89 e 90 della sopraggiunta legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla citata sentenza costituzionale n. 348/2007 ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.

 

Nella determinazione della indennita’ provvisoria di esproprio, il comune ha (ovviamente ma erroneamente) ritenuto di applicare la riduzione del 25 % per interventi di riforma economico sociale.

Cio’ premesso, si tratta di accertare se l’espropriazione per l’allocazione di iniziative produttive nell’agglomerato industriale del Comune di OMISSIS  sia o meno suscettibile di essere inquadrata nelle espropriazioni finalizzate all’attuazione di interventi di riforma economica sociale e per l’effetto se la relativa indennita’ di esproprio debba o meno scontare la riduzione del 25 % in applicazione dell’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007.

Sul punto specifico, si rende necessario precisare quanto segue.

 

E’ noto infatti che la giurisprudenza della C.E.D.U. ha ammesso che l’indennita’ di esproprio possa anche non coincidere con il pieno di valore di mercato allorquando l’espropriato soddisfi due condizioni:

  • che non si tratti di un esproprio cosiddetto “isolato”;
  • che l’esproprio sia inquadrato all’interno di una riforma economico – sociale.

Emerge infatti con tutta evidenza che il legislatore nazionale, nel tentativo di arginare i maggiori costi scaturenti dall’obbligo di determinare l’indennita’ di esproprio nella misura di mercato dei terreni, ha ritenuto di poter introdurre un temperamento gia’ noto da tempo alla giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

 

Tuttavia, non puo’ sfuggire che la stessa CEDU ha ritenuto di poter applicare la citata riduzione casi del tutto eccezionali ed infrequenti tra cui a titolo meramente esemplificativo si indicano:

–  i “mutamenti radicali del sistema costituzionale di un paese quali la transizione della monarchia alla repubblica” (caso  ex-roi de Grèce et autres c. Grèce sentenza 23 novembre 2000);

il quadro di riforma generale dell’enfiteusi in Inghilterra  (caso James e altri contro Regno Unito);

la  nazionalizzazione di societa’ di costruzioni aeronautica e navale prevista dal programma economico, politico e sociale del partito che aveva vinto le elezioni (caso Lithgow e altri vs Regno Unito).

Com’e’ evidente, si tratta di casi eccezionali ed episodici che non hanno ragionevole attinenza diretta con le espropriazioni “ordinarie”, qual e’ certamente quella oggetto del presente procedimento (intervento finalizzato alla costruzione della nuova questura).

 

Nelle fattispecie, appare con immediata evidenza che difettano entrambe le citate condizioni:

  • da un lato, si tratta infatti di esproprio “isolato” dotato di una propria autonomia oggettivamente limitata e che e’ circoscritto all’interno del territorio di Comune di OMISSIS;
  • dall’altro lato, non si tratta di ipotesi della “riforma economico – sociale” di cui difettano gli estremi necessari (nei termini delineati dalla giurisprudenza della Corte Europea).

Si rende necessario aggiungere che l’analisi della prassi amministrativa ha evidenziato che sovente e quasi sistematicamente le pubbliche amministrazioni esproprianti si sforzino di giustificare l’applicazione, sempre e comunque, della riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio in maniera pressocche’ indiscriminata. Tale prassi contribuisce tuttora a delineare una casistica estremamente dilatata per cui, di fatto, si assiste al tentativo di ricomprendere tutte le opere pubbliche (quali strade, marciapiedi, ospedali, scuole, opere di urbanizzazione, ecc.), in quanto di per se’ connotate dalla “pubblica utilità”, nell’ambito degli interventi di “riforma economico – sociale” suscettibili di beneficiare indiscriminatamente dell’abbattimento del 25 % dell’indennita’ di esproprio.

Ma una indagine piu’ seria ed attenta non può prescindere dalla rigorosa impostazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, com’è noto, ha introdotto il concetto di “riforma economico – sociale” in un quadro di circostanze derogatorie assolutamente eccezionali al principio generale del valore venale del bene espropriato (passaggio dalla monarchia alla repubblica, riunificazione delle due Germanie, passaggio dal comunismo al regime di libero mercato e le altre ipotesi indicate in precedenza).

Orbene, la Corte Europea ha sempre distinto gli espropri appartenenti alle suddette riforme economico – sociali (oggettivamente connotati da una amplissima incisivita’ sull’ordinamento e/o sul gran numero indifferenziato e non predeterminabile dei destinatari) dagli espropri cosiddetti “isolati” (oggettivamente connotati dall’assenza di incisivita’ sull’ordinamento e/o dal ridotto numero di destinatari, spesso direttamente determinabili ed addirittura individuabili).  Ebbene, per gli espropri cosiddetti isolati, la CEDU ha sistematicamente seguito la regola dell’applicazione del valore venale di mercato del bene espropriato.

Cio’ deve indurre l’interprete a tenere sempre presente la distinzione (da una parte) tra opere pubbliche “singole ed isolate” progettate e approvate  per ordinarie esigenze di pubblica utilita’ e (dall’altra parte)  opere pubbliche funzionali a riforme generali dell’ordinamento per scopi di sviluppo e giustizia sociale incidenti su una pluralità indistinta ed indeterminabile di cittadini in situazioni eccezionali  (quale, ad esempio, e’ stata a suo tempo la riforma agraria di cui alla legge 841/1950, con i relativi espropri generalizzati dei latifondi).

Appare dunque oggettivamente difficile riscontrare oggi “riforme economico – sociali”  nella accezione fatta propria dalla Corte Europea, caratterizzate cioe’ dai connotati della generalità, dell’eccezionalita’, della incisiva innovativita’ del contenuto normativo o della eversivita’ dell’assetto economico –  sociale.

Cio’ deve condurre l’interprete a ritenere che la previsione introdotta nell’articolo 37 d.p.r. n. 327/2001 dall’art. 2/89 della legge n. 244/2007 e’ destinata a rivelarsi una pedissequa ripetizione dei concetti espressi in via generale dalla Corte Europea, destinata a rimanere sul piano potenziale di astratta regolamentazione di eventuali future riforme di quel tipo.

La interpretazione contraria tesa ad applicare la riduzione del 25 % non appare  tuttavia condivisibile posto che ad esempio anche gli espropri per la realizzazione di opere pubbliche in materia di sanità, di istruzione, di giustizia, di sicurezza, di trasporti sono suscettibili astrattamente di essere ricompresi nella piu’ ampia attuazione uniforme sul territorio nazionale.

Nel merito, e’ quanto discutibile che un piano industriale possa essere considerato alla stregua di una eccezionale e generale riforma di carattere economico – sociale, dato il suo carattere consolidato, fisiologico e ordinario e attesa la trascurabile incidenza sul mercato immobiliare, non certo elevabile al rango di mutamento dell’assetto economico e sociale (vedi Favaretto, “funzione sociale, interventi di riforma economico-sociale e indennizzo nelle espropriazioni”).

Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.

Ne’ puo’ sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennita’ di esproprio, atteso che la realizzazione del piano P.I.P.  non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.

Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali. 

 

La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha gia’ chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali (pur astrattamente idonea a giustificare una indennità di esproprio in misura inferiore all’effetto valore di mercato), allora a maggior ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio per la realizzazione del P.I.P. in  OMISSIS (trattandosi manifestamente di esproprio isolato)

 

  • la giurisprudenza di legittimita’

Con la gia’ citata sentenza n. 2100 del 28.1.2011, la Corte di Cassazione, con riferimento ad aree espropriate per la realizzazione di un piano P.I.P. ha stabilito che   “E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo ius superveniens costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali <Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento>: sia per la sua inapplicabilita’  ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’occupazione in oggetto non rientra invece in siffatta categoria di espropriazioni, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene” (conformi ex multis Cass. n. 23965/2010  e Cass. n. 24863/2008 emesse emesse ovviamente con riferimento espresso ad espropri per piani P.I.P.).

 

 

 

  • QUANTO ALLA INDENNITA’ PER ESPROPRIO PARZIALE

Come emerge direttamente anche dalla determinazione n. 274 del 13.7.2011, nella fattispecie il procedimento ablativo ha comportato danni patrimoniali anche in termini di espropriazione parziale.

  • l’art. 33 d.p.r. n. 327/2001

L’art. 33/1 d.p.r. n. 327/2001 prevede che “Nel caso  di esproprio parziale di un bene unitario, il valore della parte espropriata e’ determinata tenendo conto della relativa diminuzione di valore”.

La citata norma reitera in parte il principio gia’ previsto dall’art. 40 della previgente legge n. 2359/1865, con la ulteriore previsione che il criterio cosiddetto differenziale non rappresenta piu’ l’unico utilizzabile dal giudice.

 

In materia di espropriazione parziale si registra una copiosa e pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione che, anche gia’ sotto il previgente quadro normativo, aveva stabilito i principi  ispiratori dell’istituto tuttora seguiti anche sotto la vigenza dell’art. 33 d.p.r. n. 327/2001.

 

In materia di esproprio parziale, trova applicazione “…il criterio di stima differenziale di cui alla legge n. 2359/1865 art. 40 (poi recepito dall’art. 33 del T.U.), rivolto a garantire proprio che l’indennita’ di espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo, e quindi anche il deprezzamento subito dalle parti residue del bene espropriato in dipendenza dell’espropriazione; ed ha applicato il principio giurisprudenziale ripetutamente enunciato da questa Corte che tale risultato può essere conseguito attraverso diverse vie: anzitutto detraendo dal valore venale che l’intero cespite aveva prima dell’esproprio il valore successivamente attribuibile alla parte residua (non espropriata) (Cass. 22110/2004; 13887/1999). Oppure accertando e calcolando detta diminuzione di valore, anziche’ attraverso tale comparazione diretta, mediante il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle spese e degli oneri, che incidendo sulla parte residua, ne riducono il valore (Cass. 15359/2000; 18050/2004; 21092/2005)” (Cass. 18.11.2011 n. 24304).

“Una volta sussunta la fattispecie concreta nella previsione dell’esproprio parziale, viene meno la necessita’ di una determinazione specifica del valore di singole componenti dell’immobile, essendo sufficiente il raffronto tra i due valori complessivi pari al giusto prezzo di mercato ante e post ablazione” (Cass. 20.6.2011 n. 13455).

“Quanto al riferimento all’ipotesi dell’espropriazione parziale, deve richiamarsi il costante insegnamento di questa Corte secondo cui tale fenomeno sì verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass. 24 settembre 2007 n. 19750; Cass. 5 settembre 2008 n. 22409). In applicazione di tale principio si e’ sostenuto che l’espropriazione di un terreno adiacente a un fabbricato, abbia o meno questo i connotati della pertinenza di cui all’art. 817 c.c., non e’ riconducibile nell’ambito dell’espropriazione  parziale e delle regole ad essa attinenti, se l’unico proprietario dell’insieme non riceva un impoverimento maggiore rispetto a quello correlato al valore del terreno medesimo in se’ considerato (Cass. 27 agosto 2004 n. 17112)” (Cass. 27.4.2011 n. 9254).

“E proprio siffatto principio ha trovato recente conferma sia nell’art. 33 del nuovo T.U. che non menziona piu’ la stima differenziale, ma impone soltanto al giudice di merito di tener conto della diminuzione di valore della parte residua, percio’ autorizzandolo ad avvalersi del criterio ritenuto piu’ idoneo nel caso concreto a raggiungere siffatto risultato” (Cass. 4.5.2009 n. 10217 e Cass. 21.5.2007 n. 11782).

“E che, d’altra parte, non e’ interpretabile nei termini prospettati dal comune, disponendo la norma (idest art. 33 d.p.r. n. 327/2001) che in tal caso l’indennizzo deve coprire tutti i danni conseguenti all’esproprio, tra cui l’eventuale deprezzamento subito, dalle parti residue del suolo; e rimettendone il relativo accertamento al giudice del merito”  (Cass. 5.2.2008 n. 2746).

Si aggiunga per completezza di indagine che la Corte di Cassazione ha altresi’ precisato:

 

  • che “…la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha ritenuto che possa parlarsi di <espropriazione parziale>, qualora il giudice accerti, anche d’ufficio, che la parte residua del fondo sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale, cioe’, da conferire all’intero immobile unita’ economica e funzionale, cosicche’ il distacco di parte di esso influisca oggettivamente in modo negativo sulla parte residua. In tal caso il giudice deve riconoscere al proprietario il diritto ad un’unica indennita’, che può calcolarsi o sulla base della differenza tra il giusto prezzo dell’immobile prima dell’occupazione ed il giusto prezzo (potenziale) della parte residua dopo l’occupazione dell’espropriante, ovvero attraverso la somma del valore venale della parte espropriata e del minor valore della parte residua (in termini Cass. Sez. 1 n. 3175 del 11.2.2008; precedenti vedi: Cass. n. 13887/1999; Cass. n. 17112/2004; Cass.  n. 22110/2004; Cass.  n. 12131/2006);
  • che “…le Sezioni Unite (sentenza n. 9041 dell’8.4.2008) si sono pronunciate nel senso che nell’espropriazione parziale,… , vada compresa ogni ipotesi di diminuzione di valore (nella specie interclusione) della parte non interessata dall’espropriazione, con necessario riferimento al concetto unitario di proprieta’ ed al nesso di funzionalita’ tra cio’ che e’ stato oggetto del provvedimento ablativo e cio’ che e’ rimasto nella disponibilita’ dell’espropriato…” (Cass. 10.12.2008 n. 28979);
  • che l”’indennizzabilita’ della diminuzione di valore della parte di fondo non espropriata presuppone non soltanto che vi sia stato un effettivo degrado della parte residua, ma altresi’ l’esistenza, tra la parte di fondo espropriata e quella non espropriata, di un rapporto di unita’ funzionale, per ubicazione e destinazione, sicche’ il degrado sia imputabile alla loro separazione” (Cass. n. 6722/1998);
  • che “l’istituto in esame e’ configurabile quando ricorra la duplice condizione che la parte residua del fondo sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale e obiettivo, tale da conferire all’intero immobile unita’ economica e funzionale, e che il distacco di una parte di esso influisca, oggettivamente, in modo negativo sulla parte residua, con esclusione di ogni valutazione soggettiva, cioe’ rilevante per il solo proprietario o per persone determinate” (Cass. n. 9489/1998 e Cass. n. 6722/1998);
  • che “l’espropriazione parziale, per la quale l’indennita’ va determinata sulla base della differenza fra il valore dell’unico bene prima dell’espropriazione ed il valore della porzione residua, ai sensi della legge n. 2359/1865 art. 40, (…) si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa(Cass., n. 19570 del 2007) (Cass. 5.12.2008 n. 28817).

 

In sostanza, l’espropriazione parziale si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un compendio immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, ed inoltre implichi per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristoratile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa” (Cass. n. 19570/2007; conformi ex Cass. n. 24435/2006 sul solco di fermo indirizzo espresso per tutte da Cass. n. 10634/2004; Cass. n. 10934/2001, Cass. n. 10570/2003 e Cass. n. 6388/2000).

 

  • QUANTO ALLA NORMATIVA CEDU

E’ ovviamente superfluo premettere che, ai fini della valutazione delle aree, deve tenersi conto sia della CEDU sia degli effetti prodotti nell’ordinamento dalla nota sentenza della Corte Costituzionale sentenza  del 24.10.2007 n. 348 che, avendo abrogato l’art. 5 bis  commi 1 e 2  del decreto legge 11.7.1992 n. 333 nonche’, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, in via consequenziale, l’art. 37 commi 1 e 2  del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’), ha comportato la reviviscenza del principio generale che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nel valore di mercato delle aree espropriate (art. 39 della legge fondamentale n. 2359/1865 ed ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 come modificato ed integrato dall’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007).

  • (6.1) L’ART. 1 PROTOCOLLO 1 ADDIZIONALE ALLA CEDU

Il principio del valore venale era del resto gia’ previsto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo e sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte Europea.

L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. cosi’ testualmente recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.

Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:

  • la prima regola, contenuta nella prima frase del primo comma, e’ di natura generale ed enuncia il principio di pacifico godimento della proprieta’;
  • la seconda regola garantisce dalla privazione del possesso e la rende soggetta a certe a certe condizioni;
  • la terza regola, contenuta nel secondo comma, riconosce che gli stati contraenti hanno il compito, tra le altre cose, di controllare l’uso della proprietà per la soddisfazione dell’interesse generale.

Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).

 

  • (2) L’APPLICAZIONE E L’EFFICACIA DELLA CEDU (DOPO IL TRATTATO DI LISBONA)
  • TRATTATO LISBONA (RATIFICATO CON LEGGE 2.8.2008 N. 130)
  • LE NORME CEDU SONO OGGI, A TUTTI GLI EFFETTI, NORME DI DIRITTO COMUNITARIO

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.

E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.

 

  • RIVALUTAZIONE MONETARIA ISTAT ED INTERESSI LEGALI: MAGGIOR DANNO

E’ ben noto il piu’ recente orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui in materia di credito di valuta spetta, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass.  Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass.  Sez. III  27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass.  Sez. I 22.2.2000 n. 1997). In conformita’ all’invocato indirizzo, il maggior danno puo’ essere liquidato anche in via presuntiva, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del creditore,  in funzione (tra gli altri parametri e per quanto interessa in questa sede) della qualita’ soggettiva del creditore.  Nella fattispecie, il creditore e’ un imprenditore il quale, se avesse avuto la tempestiva disponibilita’ della somma spettante, l’avrebbe verosimilmente e presumibilmente investito nell’esercizio dell’attivita’ commerciale. La mancata disponibilita’ delle risorse finanziarie spettanti devono dunque essere reperite sul mercato bancario con oneri (interessi passivi quali il prime rate) a carico dello stesso creditore.

Del resto, si ritiene che – in conformita’ alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiche’ essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da se’ che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennita’ di esproprio cosi’ rivalutata vanno poi calcolati altresi’ gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalita’ diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.

 

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Tanto premesso, il Dott. Giuseppe Talamo Atenolfi   cosi’ come rappresentato e difeso

 

R I C O R R E

 

a codesta Corte di Appello affinche’, con riferimento ai seguenti terreni espropriati e gravati di servitu’ per effetto della determinazione n. 37 del 26.1.2012 del Comune di OMISSIS contenente il relativo decreto:

 

  • per l’esproprio
  1. foglio 7 mappale 10 con 4.324 mq. di superficie espropriativa: euro 71.3465,00;
  2. foglio 7 mappale 9 con 14.169 mq. di superficie espropriativa: euro 233.788,50;
  3. foglio 7 mappale 24 con 18.303 mq. di superficie espropriativa: euro 301.999,50;
  4. foglio 7 mappale 89 con 1.921 mq. di superficie espropriativa: euro 31.696,50;

 

  • per la servitu’ di rete fognaria
  1. foglio 7 mappale 88 con 270 mq. di superficie espropriativa: euro 1.620,00;
  2. foglio 7 mappale 24 con 376 mq. di superficie espropriativa: euro 2.256,00;
  3. foglio 7 mappale 11 con 264 mq. di superficie espropriativa: euro 1.584,00;
  4. foglio 7 mappale 20 con 98 mq. di superficie espropriativa:  euro 588,00;

 

anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:

 

  1. laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848 ed i relativi Protocolli addizionali;
  2. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nella misura del valore di mercato dei terreni edificabili espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (26.1.2012);
  3. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata anche ai sensi dell’art. 33 d.p.r. n. 327/2001, tenendo conto della riduzione del valore di mercato del complesso immobiliare residuo per effetto della  espropriazione parziale degli stessi;
  4. accertare e dichiarare che in relazione ai terreni formalmente gravati da servitu’ (foglio 7 mappale 88 con 270 mq., mappale 24 con 376 mq., mappale 11 con 264 mq. e mappale 20 con 98 mq.) spetta invece il diritto all’indennita’ di esproprio o in subordine la indennita’ di servitu’ spettante nella misura di legge;
  5. accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente la indennita’ di esproprio nel valore unitario di mercato che si indica nella misura prudenziale e minimale di euro 60,00/80,00 mq. o della maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da moltiplicarsi per la superficie delle aree espropriate indicata in precedenza, da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;
  6. accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente   la indennita’ per il danno da esproprio parziale e/o da frazionamento, nella misura che sara’ ritenuta di giustizia, da determinarsi in corso di giudizio anche disponenda c.t.u.;
  7. nell’ipotesi in cui fosse confermata la costituzione della servitu’ di rete fognaria sui fondi dalla stessa gravata (foglio 7 mappale 88 con 270 mq., mappale 24 con 376 mq., mappale 11 con 264 mq. e mappale 20 con 98 mq.), accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente   la indennita’ per la costituzione di servitu‘  nella misura che sara’ ritenuta di giustizia, da determinarsi in corso di giudizio anche disponenda c.t.u.;
  8. accertare e dichiarare non applicabile nella fattispecie la riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 80 e 90 della legge n. 244/2007;
  9. nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio, accertare, dichiarare e disporre che, ai sensi dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, l’indennita’ di esproprio complessiva riconosciuta all’opponente deve essere aumentata del 10 %;
  10. per l’effetto, condannare il Comune di OMISSIS in persona del rispettivo  legale rappresentante p.t.,  al pagamento in favore del ricorrente e/o al versamento presso il M.E.F. (e detratta l’indennita’ provvisoria di esproprio gia’ versata):
  • delle indennita’ espropriative di cui sopra;
  • del maggior danno e degli interessi legali sulle indennita’ rivalutate maturate e da maturare fino al soddisfo con decorrenza, quanto alla indennita’ di esproprio, dalla data del decreto di esproprio (26.1.2012);
  • vittoria di spese.

 

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.

A V V E R T E

il Comune di OMISSIS convenuto che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.

 

Ai fini istruttori:

  • produce i documenti come numerati ed indicati;
  • chiede ammettersi c.t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  1. descriva brevemente il c.t.u. i terreni di cui e’ causa;
  2. accerti il c.t.u., prescindendo dal vincolo preordinato all’esproprio, se le aree fossero o meno edificabili con riferimento alla alla data del decreto di esproprio;
  3. determini il c.t.u. il valore venale di mercato dei terreni espropriati, alla luce dell’indice medio di edificabilita’ territoriale del piano di insediamenti produttivi,  sia in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto sia  di quello sintetico – comparativo ed, in difetto di atti e valori da assumere a riferimento,  in applicazione del criterio di stima analitico – ricostruttivo;
  4. dica in particolare il c.t.u. se se la espropriazione abbia investito o meno parte dei terreni, caratterizzati da un’unitaria destinazione economica, aventi superficie maggiore di quella espropria espropriata;
  5. dica il c.t.u. se la espropriazione  implichi o meno un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alle singole porzioni di aree espropriate, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione dei rispettivi compendii immobiliari;
  6. precisi il c.t.u. se la parte residua dei fondi non espropriati sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale, cioe’, da conferire ai rispettivi interi compendii immobiliari una unita’ economica e funzionale, per  ubicazione e destinazione, cosicche’ il distacco di parte di esso abbia influito oggettivamente in modo negativo sulla parte residua;
  7. in caso affermativo, dica il c.t.u. se la espropriazione parziale abbia o meno causato un deprezzamento della parte residua (non espropriata) della proprieta’ ed, in caso affermativo, ne determini il relativo ammontare in applicazione del criterio previsto dall’art. 33 d.p.r. n. 327/2001 e del criterio cosiddetto differenziale;
  8. dica infine il c.t.u., alla luce delle modalita’ e delle circostanze specifiche del caso ed in particolare del grado di utlizzabilita’ e di utilita’ dei terreni, se il vincolo imposto sui terreni terreni in catasto al foglio OMISSIS mappale OMISSIS  con 270 mq., mappale OMISSIS con 376 mq., mappale OMISSIS  con 264 mq. e mappale OMISSIS con 98 mq. sia configurabile quale servitu’ di rete fognaria ovvero quale esproprio.

 

 

Ai fini del contributo unificato dichiara che il valore della presente controversia e’  indeterminabile e che il relativo contributo unificato ammonta ad euro 225,00.

OMISSIS1

A.N.P.T.ES.
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La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 05/11/2025