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Opposizione alla Stima e Determinazione Giudiziale dell’Indennità di Esproprio

La Tutela dei Diritti secondo la CEDU e la Giurisprudenza Europea

Il Ruolo dell’OMI e dei Valori di Mercato nei Contenziosi Espropriativi

Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE

CORTE DI APPELLO DI OMMISSIS

 

RICORSO  EX  ART. 702 BIS CPC

(ART. 29 D.LGS. 1.9.2011 N. 150)

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

 

Il signor   OMMISSIS difeso e rappresentato dall’Avv. OMMISSIS ) nel presente giudizio giusta procura speciale notarile rep. n. OMMISSIS  del 31.10.2012 rilasciata a mezzo  di Notaio OMMISSIS di OMMISSIS ed elettivamente domiciliato in Trieste presso l’Avv……….   , spiega

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

ed in particolare formula la domanda

DETERMINAZIONE GIUDIZIALE

della indennita’ di esproprio

C O N T R O

il  Consorzio OMMISSIS in persona del legale rappresentante p.t.  con sede legale in OMMISSIS

F A T T O

In vista della realizzazione dell’ampliamento di un nuovo comparto del P.T.I. di OMMISSIS, con nota prot. n. OMMISSIS del 22.7.2001 (doc. n. 1) il Consorzio OMMISSIS informava il ricorrente:

 

  • che la OMMISSIS, con decreto presidenziale del n. OMMISSIS del 27.4.2006, aveva approvato il Piano Territoriale Infraregionale;
  • che la citata approvazione aveva comportato la dichiarazione di pubblica utilita’ e che la stessa aveva efficacia di dieci danni dall’approvazione del piano;
  • che infine all’interno del piano territoriale  era compresa anche l’area di proprieta’ del signor OMMISSISdistinta in catasto al foglio OMMISSIS mappale OMMISSIS.

Con il decreto n. OMMISSIS del 11.10.2012 notificato il 17.10.2012 (doc. n. 2), il Consorzio OMMISSIS disponeva l’espropriazione  della citata area in catasto al foglio OMMISSIS  mappale estesa 7.930 mq., in relazione alla quale aveva offerto e determinato l’indennita’ provvisoria di esproprio  nella misura di euro 91.337,39 (pari al valore unitario di euro 11,52 mq.) che il ricorrente aveva rifiutato in quanto ritenuta largamente sottostimata rispetto all’effettivo valore di mercato.

 

Ad oggi l’autorita’ espropriante non ha ancora comunicato la indennita’ definitiva di esproprio  da determinarsi adopera della Commissione Provinciale Espropri.

Con il presente giudizio, l’opponente, nel ritenere manifestamente insufficiente l’indennita’ determinata in via provvisoria, intende contestare la mancata determinazione della indennita’ definitiva di esproprio e chiederne a codesta Corte di Appello la determinazione in sede giudiziale  nella misura di legge.

 

M O T I V I

 

  • PREMESSA SULL’AMMISSIBILITA’ DELLA DOMANDA (PUR IN MANCANZA DELLA DETERMINAZIONE DELLA INDENNITA’ DEFINITIVA DI ESPROPRIO)

 

Si premette che l’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 prevede che “Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’articolo 27  comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall’articolo 29 del decreto legislativo 1 settembre 2011 n. 150”.

E’ noto che l’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 ha abrogato i successivi commi 2, 3 4  dell’indicato art. 54 ed ha previsto:

  • che “Le controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui all’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (4), sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo” (comma 1);
  • che “È competente la corte di appello nel cui distretto si trova il bene espropriato” (comma 2);
  • che “L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio…” (comma 3).

Allo stato dunque, il procedimento di esproprio di cui trattasi e’ connotato, dalla determinazione e dalla  offerta della sola indennita’ provvisoria di esproprio (quantificata in euro 91.337,99),   dalla intervenuta  emissione in data 11.10.2012 del decreto di esproprio n. OMMISSIS e dalla perdurante mancanza della indennita’ definitiva di esproprio non ancora determinata dalla commissione provinciale espropri.

 

Con il presente giudizio, l’opponente intende spiegare l’opposizione alla stima ed in particolare (stante la perdurante mancanza della indennita’ definitiva di esproprio non ancora determinata dalla commissione provinciale espropri) intende formulare la domanda di determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio.

 

 

 

 

In sostanza,  l’assetto normativo di cui sopra ha recepito il principio gia’ stabilito a suo tempo dalla nota  sentenza n. 67/1990 (doc. n. 9) con cui la Corte Costituzionale  (sotto il previgente art. 19 legge n. 865/1971) aveva stabilito che il proprietario – a cui sia stato notificato il decreto di esproprio –  puo’ comunque chiedere la determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio, pur in mancanza della determinazione in sede amministrativa della indennita’ definitiva, la quale dunque non si pone piu’ quale condizione di azionabilita’ del relativo diritto.

 

  • QUANTO ALLA EDIFICABILITA’ LEGALE DEL TERRENO ESPROPRIATO

 

  • l’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 (come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244)

Come e’ noto, con l’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla sentenza  n. 348/2007 della Corte Costituzionale ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che “L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del 25 per cento” (comma 1);
  • che “Nei casi in cui è stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10 per cento” (comma 2);
  • che “Ai soli fini dell’applicabilità delle disposizioni della presente sezione, si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o dell’accordo di cessione. In ogni caso si esclude il rilievo di costruzioni realizzate abusivamente” (comma 3);
  • che “Salva la disposizione dell’articolo 32, comma 1, non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta in base alla normativa statale o regionale o alle previsioni di qualsiasi atto di programmazione o di pianificazione del territorio, ivi compresi il piano paesistico, il piano del parco, il piano di bacino, il piano regolatore generale, il programma di fabbricazione, il piano attuativo di iniziativa pubblica o privata anche per una parte limitata del territorio comunale per finalità di edilizia residenziale o di investimenti produttivi, ovvero in base ad un qualsiasi altro piano o provvedimento che abbia precluso il rilascio di atti, comunque denominati, abilitativi della realizzazione di edifici o manufatti di natura privata” (comma 4).

 

  • la giurisprudenza di legittimita’

E’ noto infatti che la Corte di Cassazione (con principio del tutto analogo a quello stabilito in materia di piani p.e.e.p.) ha stabilito che tutti i  terreni espropriati per la realizzazione dei piani industriali e produttivi hanno per cio’ stesso natura edificabile, a prescindere dalla destinazione specifica e dalla utilizzazione concreta degli stessi nell’ambito delle previsioni del piano.

 

  • 7.4.2011 n. 7987

Con la sentenza n. 7987 del 7.4.2011 la Corte di Cassazione ha stabilito  che

“Proprio per il carattere generale ed astratto della previsione che ha compreso nell’intera zona D2 in cui rientra il terreno in disamina, le “aree destinate ad insediamenti industriali della zona ASI del Dittaino”, la stessa non puo’ assumere la qualifica di vincolo preordinato all’esproprio;….

Si deve aggiungere che la destinazione da parte del P.R.G. della zona in esame agli insediamenti industriali, gia’ sufficiente a conferire al terreno (…), “le possibilità legali di edificazione” richieste dall’art. 5 bis, ha trovato conferma proprio nello strumento consortile che l’ha ribadita, percio’ confermandone la vocazione edificatoria  ed escludendo che la valutazione dell’area possa essere compiuta con il criterio tabellare relativo ai suoli agricoli di cui alla legge n. 865/1971 art. 16”.

  • 27.4.2011 n. 9390

“Proprio in tale ottica la Corte Costituzionale (sent. 179/1999) e la giurisprudenza di legittimità (Cass. 3298/2000) hanno precisato che l’attribuzione da parte degli strumenti urbanistici al terreno di una vocazione edificatoria (sia pure specifica) ricorre quando esso sia destinato a ricevere non soltanto costruzioni edilizie in senso stretto, ma anche attrezzature e servizi realizzabili (non in astratto, ma) per volonta’ dello strumento urbanistico pure ad iniziativa libera privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento. E sempre nella medesima prospettiva questa Corte, anche a sezioni unite ha attribuito natura edificatoria ai fondi inclusi in un PIP, ovvero in zone destinate ad attivita’ industriali (c.d. zone D di cui al D.M. n. 1444 del 1968)… (Cass. 18680/2005; 10265/2004; 16710/2003)”.

 

  • 25.11.2010 n. 23965

Con la sentenza n. 23965 del 25.11.2010 la Corte di Cassazione  ha testualmente chiarito che con riferimento alle aree comprese nei piani P.I.P., la destinazione edificatoria risulta attribuita proprio in conseguenza della loro inclusione nell’ambito del piano industriale.

 

“Proprio in tale ottica la Corte Costituzionale (sent. 179/1999) e la giurisprudenza di legittimità (Cass. 3298/2000) hanno precisato che l’attribuzione da parte degli strumenti urbanistici al terreno di una vocazione edificatoria (sia pure specifica) ricorre quando esso sia destinato a ricevere non soltanto costruzioni edilizie in senso stretto, ma anche attrezzature e servizi realizzabili (non in astratto, ma) per volonta’ dello strumento urbanistico pure ad iniziativa libera privata o promiscua… (Cass. 18680/2005; 10265/2004; 16710/2003)” (Cass. 27.4.2011 n. 9390).

 

Ad ulteriore conferma del citato pacifico indirizzo, si segnalano:

  • la sentenza n. 2100 del 28.1.2011 con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito testualmente che per la stima dell’indennizzo del terreno avente destinazione edificatoria perche’ incluso in un PIP…”; 
  • la sentenza n. 15658 del 15.7.2011 con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito testualmente che “la stessa Corte di Appello…, recependo le conclusioni del c.t.u., ha accertato l’inserimento dei terreni in questione nella zona territoriale omogenea D (parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali, commerciali o ad essi equiparati”…Ne consegue il regime dalla edificabilita’…”.

 

Infine e solo per completezza e scrupolo difensivo, e’ opportuno notare che anche la giurisprudenza di legittimita’ meno recente era ferma nell’affermazione dello stesso principio:

  • “Ora non e’ dubbio che ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione e di occupazione, la inclusione del terreno in esame nel menzionato piano induceva ad attribuirgli natura edificatoria perche’ in tal modo classificato da detto strumento urbanistico, perfino se la precedente ed originaria zonizzazione ne avesse comportato la qualificazione come suolo agricolo (Cass. 9891/2007; 19128/2006; 5874/2004)…(Cass. SS.UU. 125/2001, nonche’ n. 19501/2005; n. 15519/2001; n. 1113/1999)” (Cass. 3.4.2009 n. 8121);   
  • “…questa Corte ha ripetutamente avvertito che l’edificabilità non si identifica nè si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo in via di principio non precluse (come nella destinazione industriale ed artigianale ricorrente nella specie) all’iniziativa privata che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (cfr. Cass. n. 9669/2000; n. 8028/2000 e n. 4473/99)…” (Cass. SS.UU. n. 14685 del 25.6.2007);
  • un’area va ritenuta edificabile quando (e per il solo fatto che) come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici vigenti al momento del perfezionamento della vicenda ablativa, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza dell’edificabilità legaleNe deriva che devono essere considerati edificabili anche i suoli destinati, come nella specie, ad insediamenti industriali, i quali ultimi ben possono essere attuati ad opera dei privati, ove i suoli stessi non siano fatti oggetto di iniziative ablatorie (Cass.13 giugno 2000 n. 8028), né è a tal fine necessaria l’approvazione degli strumenti attuativi (Cass. 20 maggio 1999 n. 4903)” (Cass. n. 21161 del 29.9.2006) (conformi ex multis Cass. 24.4.2007 n. 9891  n. 5874/2004; Cass. n. 4473/1999; Cass. n. 13250/1991 e Cass. n. 11742 del 8.5.2006).

 

  • edilificabilita’ legale ed indice medio di edificabilita’ territoriale/comprensoriale

 

E’ appena il caso di precisare che, proprio alla luce della giurisprudenza evocata in precedenza, sarebbe destinata all’insuccesso ogni eventuale eccezione con cui il convenuto  tentasse di sostenere la natura non edificabile dell’area espropriata facendo leva sulla circostanza che la stessa,  pur compresa nel piano P.I.P., sarebbe  ipoteticamente destinata  ad ospitare non interventi di edificazione  (fabbricati produttivi) ma bensi’ opere destinate servizi, viabilita’, parcheggi, infrastrutture, verde ecc….  Una siffatta eventuale obiezione  sarebbe infatti destinata ad essere superata da un elementare ma fondamentale principio di estimo secondo cui tutte le aree comprese all’interno dello stesso piano e/o comprensorio dotato di edificabilita’ legale (destinato ad uso  produttivo,  residenziale, di servizi, commerciale, di culto, ecc.) concorrono equamente alla determinazione dell’indice medio di edificabilita’ territoriale del piano, a prescindere se le singole aree siano destinate specificamente ad ospitare interventi di edificazione  (fabbricati) oppure  opere destinate servizi, viabilita’, parcheggi, infrastrutture, verde ecc… In altri termini, cio’ che rileva ai fini dell’edificabilita’ legale e della conseguente indennita’ di esproprio non e’ l’indice di edificabilita’ fondiario (quello cioe’ relativo al singolo fondo) ma l’indice medio di edificabilita’ territoriale (che tiene conto cioe’ di tutte le diverse tipologie di interventi previste dal piano).

La tesi citata gode ovviamente del conforto della  giurisprudenza della Suprema Corte  secondo cui  “ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione, va considerato edificabile un terreno inserito dallo strumento generale in zona destinata a insediamenti industriali, non essendo necessaria una specifica destinazione conferita da uno strumento attuativo, e restando irrilevante che, all’interno della zona, il terreno ossa essere destinato a servizi (nella specie, ad opere di viabilita’ interna), in virtu’ di prescrizioni di carattere preespropriativo, apportandosi in tal caso la valutazione alle aree comprese nella zona” (Cass. 20.9.2006 n. 20408; conformi Cass. 3.4.2009 n. 8121; Cass. SS.UU.  n. 125/2001, nonche’ n. 19501/2005; n. 15519/2001; n. 1113/1999).

 

Sul punto, non puo’ sottacersi  la nota  sentenza n. 11729 del 14.5.2010 con cui la  Corte di Cassazione SS.UU.  ha testualmente stabilito che

<Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’edificabilita’ del fondo deve necessariamente essere commisurata ad indici “medi” di fabbricabilita’ riferiti (o riferibili) all’intera zona omogenea, al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, nel senso che, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilita’ (che e’ riferito alle singole aree specificamente destinate all’edificazione privata) e che, invece, postulando l’esercizio concreto dello ius aedificandi che l’area sia urbanizzata e, che si tenga conto dell’incidenza degli spazi all’uopo riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, si debba prescindere come dal fatto che l’area sia (eventualmente) destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità, parcheggi) non potendo l’edificabilita’ essere vanificata dalla utilizzatalita’ non strettamente residenziale, cosi’ dalla maggiore o minore fabbricabilita’ che il fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni di piano attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero servizi ed infrastrutture, di guisa che tutti i terreni espropriati in uno stesso ambito zonale vengano a percepire la stessa indennita’, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialita’ edificatoria “media” di tutto il comprensorio, ovvero dietro applicazione di un indice di fabbricabilita’ (territoriale che sia frutto del rapporto tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato” (Cass.  sez. 1^ 29 novembre 2006 n. 25363; Cass. sez. un.  21 marzo 2001 n. 125; Cass. sez. 1^ 16 maggio 2006 n. 11477; Cass. sez. 1^ 16 giugno 2006 n. 13958)>.

Conforme anche Cass. n. 14755 del 18.6.2010 secondo cui  “…allorquando il valore venale di un fondo debba determinarsi in base al suo valore di trasformazione (cosidetto metodo analitico – ricostruttivo), deve essere recepito l’indice che individua la densita’ territoriale della zona (e non quello relativo alla densità fondiaria), soltanto questo includendo nel calcolo la percentuale di spazi pubblici gravanti sul fondo espropriato; e trattandosi di un terreno incluso in un piano di zona l’edificabilita’ deve commisurarsi ad indici medi di fabbricabilita’, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi e spazi liberi (Cass. 2349/2004; n. 555/2004; 0555/2004 ;  n. 25/2001)”.

 

  • quanto al momento storico da assumere ai fini dell’accertamento dell’edificabilita’ legale e della determinazione della indennita’ di esproprio

 

Infine, sia consentito aggiungere che l’unico momento storico di riferimento ai fini dell’accertamento dell’edificabilita’ legale e della determinazione della indennita’ di esproprio e’ rappresentato dalla data di emissione del decreto di esproprio.

Tale conclusione e’  imposta dall’art. 37/3 d.p.r. n. 327/2001 il quale prevede testualmente che  “Ai soli fini dell’applicabilità delle disposizioni della presente sezione, si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o dell’accordo di cessione…”.

E’ noto pero’ che la norma ha recepito il principio a suo tempo gia’ stabilito dalla interpretazione correttiva della Corte Costituzionale resa con la sentenza 16.12.1993 n. 442, la quale aveva stabilito che  ai fini dell’accertamento della edificabilita’ legale occorresse assumere e valutare le possibilita’ legali ed effettive di edificazione esistenti al momento del verificarsi della vicenda ablativa, anziche’ quelle vigenti al tempo di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, del quale ovviamente non e’ consentito tener conto ai fini della stima (ex multis Cass. 21 febbraio 2001 n. 2474).

 

  • QUANTO AL VALORE DI MERCATO DEL TERRENO

E’ appena il caso di precisare che il valore unitario di euro 11,52 mq. finora determinato ed offerto dall’amministrazione espropriante a titolo di indennita’ provvisoria di esproprio non appare affatto idoneo a rappresentare l’effettivo valore di mercato dell’area produttiva, che notoriamente si attesta su valori di gran lunga piu’ elevati.

Peraltro, tale valore risulta in linea anche con quello desunto dalla stima condotta con il criterio sintetico – diretto comparativo, laddove (per il secondo semestre anno 2009) sul valore unitario stimato dei fabbricati industriali (euro 600,00/670,00 circa mq.) pubblicato dall’osservatorio del mercato immobiliare gestito dall’Agenzia del Territorio (doc. n. 6), l’incidenza del valore del terreno e’ pari all’incirca al 20/30 %.

A tal fine, puo’ farsi riferimento al criterio di stima cosiddetto sintetico – diretto (che e’ una figura appartenente al  piu’ ampio criterio sintetico – comparativo) che rappresenta un metodo notoriamente seguito nella prassi estimativa, in particolare dagli uffici dell’agenzia delle entrate e spesso anche in sede giudiziaria.  Esso consiste nel desumere il valore di mercato dell’area calcolando la misura percentuale del valore della stessa in relazione al valore di mercato del fabbricato edificabile sulla stessa. Il valore di mercato del fabbricato e’ notoriamente pubblicato dall’Agenzia del Territorio Osservatorio del Mercato Immobiliare (O.M.I.). Come e’ noto, le quotazioni determinate dall’O.M.I. rappresentano valori medi risultanti da dati statistici rappresentativi della microzona redatti dall’Agenzia del Territorio sulla base di atti pubblici, di atti privati, di atti provenienti da societa’, di perizie e stime giudiziarie, di accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, ecc.. Si tratta pertanto di valori oggettivamente attendibili (perche’ rappresentano i valori medi per le singole destinazioni residenziali, produttive, commerciali, terziario, ecc.) riscontrabili (perche’ pubblicati sul sito dall’Agenzia del Territorio e comunque accessibile a tutti) e non soggettivi (perche’ provenienti dalla Agenzia del Territorio  che e’ soggetto terzo istituzionalmente deputato a tale funzione).

Ebbene, nella fattispecie dalla quotazione o.m.i.  risulta che, nel periodo primo  semestre 2012, il valore di mercato dei fabbricati ad uso produttivo nella microzona indicata del Comune di OMMISSIS  ammonta ad un valore compreso da euro 210,00 ad euro 230,00 mq..

 

Cio’ posto, si ritiene che la misura percentuale della incidenza del valore del terreno in relazione al valore del fabbricato produttivo possa essere desunta (oltre che da dati di comune esperienza che quantificano tale misura in circa il 30 %) anche da una  espressa previsione di legge che ha determinato tale misura, sia pure ai soli fini fiscali (con la precisazione immediata perco’ che – come accade sovente – la legge finisce per recepire principi giurisprudenziali e risultati provenienti da  una consolidata e condivisa prassi giudiziaria ed amministrativa oltre che di autorevole dottrina estimativa).

In particolare, si tratta dell’art. 36/7 d.l. n. 333/2006 il quale prevede che “ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali e’ assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza, il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, e’ quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni”.

Orbene, nella fattispecie sono  dunque conosciuti e disponibili tutti gli elementi per poter desumere il valore dell’area espropriata, atteso:

  • che e’ noto il valore di mercato dei fabbricati produttivi nella microzona del Comune di OMMISSIS che l’O.M.I. ha quantificato  nel valore compreso da euro 210,00 ad euro 230,00 mq.;
  • che e’ nota la misura della incidenza del valore della sola area rispetto al valore dell’intero fabbricato realizzabile sulla stessa (30 %).

Pertanto,  utilizzando il valore di mercato medio del fabbricato di euro 220,00 mq. (evitando picchi in eccesso ed in difetto prodotti dall’uso dei valori massimi o minimi), il valore unitario della sola area espropriata ammonterebbe ad euro 66,00 mq. circa (220,00 X 30 % = 66,00).

 

  • QUANTO ALLA (IPOTETICA) RIDUZIONE DEL 25 % ED ALL’AUMENTO DEL 10 % DELLA INDENNITA’ DI ESPROPRIO
  • 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244

Con l’art. 2 commi 89 e 90 della sopraggiunta legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla citata sentenza costituzionale n. 348/2007 ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.

 

4.1) quanto alla (ipotetica) risudizione del 25 % per interventi di riforma – economico – sociale

Nella determinazione della indennita’ provvisoria di esproprio, il consorzio legittimamente non  ha  applicato la riduzione del 25 % per interventi di riforma economico sociale.

Tuttavia, esigenze difensive e di completezza di indagine, consigliano di affrontare comunque la questione prospettata.

Cio’ premesso, si tratta di accertare se l’espropriazione per l’allocazione di iniziative produttive nell’agglomerato industriale del Comune di OMMISSIS  sia o meno suscettibile di essere inquadrata nelle espropriazioni finalizzate all’attuazione di interventi di riforma economica sociale e per l’effetto se la relativa indennita’ di esproprio debba o meno scontare la riduzione del 25 % in applicazione dell’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007.

Sul punto specifico, si rende necessario precisare quanto segue.

 

E’ noto infatti che la giurisprudenza della C.E.D.U. ha ammesso che l’indennita’ di esproprio possa anche non coincidere con il pieno di valore di mercato allorquando l’espropriato soddisfi due condizioni:

  • che non si tratti di un esproprio cosiddetto “isolato”;
  • che l’esproprio sia inquadrato all’interno di una riforma economico – sociale.

Emerge infatti con tutta evidenza che il legislatore nazionale, nel tentativo di arginare i maggiori costi scaturenti dall’obbligo di determinare l’indennita’ di esproprio nella misura di mercato dei terreni, ha ritenuto di poter introdurre un temperamento gia’ noto da tempo alla giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

 

Tuttavia, non puo’ sfuggire che la stessa CEDU ha ritenuto di poter applicare la citata riduzione casi del tutto eccezionali ed infrequenti tra cui a titolo meramente esemplificativo si indicano:

–  i “mutamenti radicali del sistema costituzionale di un paese quali la transizione della monarchia alla repubblica” (caso  ex-roi de Grèce et autres c. Grèce sentenza 23 novembre 2000);

il quadro di riforma generale dell’enfiteusi in Inghilterra  (caso James e altri contro Regno Unito);

la  nazionalizzazione di societa’ di costruzioni aeronautica e navale prevista dal programma economico, politico e sociale del partito che aveva vinto le elezioni (caso Lithgow e altri vs Regno Unito).

Com’e’ evidente, si tratta di casi eccezionali ed episodici che non hanno ragionevole attinenza diretta con le espropriazioni “ordinarie”, qual e’ certamente quella oggetto del presente procedimento (intervento finalizzato alla costruzione della nuova questura).

 

Nelle fattispecie, appare con immediata evidenza che difettano entrambe le citate condizioni:

  • da un lato, si tratta infatti di esproprio “isolato” dotato di una propria autonomia oggettivamente limitata e che e’ circoscritto all’interno del territorio di Comune di OMMISSIS;
  • dall’altro lato, non si tratta di ipotesi della “riforma economico – sociale” di cui difettano gli estremi necessari (nei termini delineati dalla giurisprudenza della Corte Europea).

Una indagine piu’ seria ed attenta non può prescindere dalla rigorosa impostazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, com’è noto, ha introdotto il concetto di “riforma economico – sociale” in un quadro di circostanze derogatorie assolutamente eccezionali al principio generale del valore venale del bene espropriato (passaggio dalla monarchia alla repubblica, riunificazione delle due Germanie, passaggio dal comunismo al regime di libero mercato e le altre ipotesi indicate in precedenza).

Orbene, la Corte Europea ha sempre distinto gli espropri appartenenti alle suddette riforme economico – sociali (oggettivamente connotati da una amplissima incisivita’ sull’ordinamento e/o sul gran numero indifferenziato e non predeterminabile dei destinatari) dagli espropri cosiddetti “isolati” (oggettivamente connotati dall’assenza di incisivita’ sull’ordinamento e/o dal ridotto numero di destinatari, spesso direttamente determinabili ed addirittura individuabili).  Ebbene, per gli espropri cosiddetti isolati, la CEDU ha sistematicamente seguito la regola dell’applicazione del valore venale di mercato del bene espropriato.

Cio’ deve indurre l’interprete a tenere sempre presente la distinzione (da una parte) tra opere pubbliche “singole ed isolate” progettate e approvate  per ordinarie esigenze di pubblica utilita’ e (dall’altra parte)  opere pubbliche funzionali a riforme generali dell’ordinamento per scopi di sviluppo e giustizia sociale incidenti su una pluralità indistinta ed indeterminabile di cittadini in situazioni eccezionali  (quale, ad esempio, e’ stata a suo tempo la riforma agraria di cui alla legge 841/1950, con i relativi espropri generalizzati dei latifondi).

Appare dunque oggettivamente difficile riscontrare oggi “riforme economico – sociali”  nella accezione fatta propria dalla Corte Europea, caratterizzate cioe’ dai connotati della generalità, dell’eccezionalita’, della incisiva innovativita’ del contenuto normativo o della eversivita’ dell’assetto economico –  sociale.

Cio’ deve condurre l’interprete a ritenere che la previsione introdotta nell’articolo 37 d.p.r. n. 327/2001 dall’art. 2/89 della legge n. 244/2007 e’ destinata a rivelarsi una pedissequa ripetizione dei concetti espressi in via generale dalla Corte Europea, destinata a rimanere sul piano potenziale di astratta regolamentazione di eventuali future riforme di quel tipo.

La interpretazione contraria tesa ad applicare la riduzione del 25 % non appare  tuttavia condivisibile posto che ad esempio anche gli espropri per la realizzazione di opere pubbliche in materia di sanità, di istruzione, di giustizia, di sicurezza, di trasporti sono suscettibili astrattamente di essere ricompresi nella piu’ ampia attuazione uniforme sul territorio nazionale.

Nel merito, e’ quanto discutibile che un piano industriale possa essere considerato alla stregua di una eccezionale e generale riforma di carattere economico – sociale, dato il suo carattere consolidato, fisiologico e ordinario e attesa la trascurabile incidenza sul mercato immobiliare, non certo elevabile al rango di mutamento dell’assetto economico e sociale (vedi Favaretto, “funzione sociale, interventi di riforma economico-sociale e indennizzo nelle espropriazioni”).

Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.

Ne’ puo’ sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennita’ di esproprio, atteso che la realizzazione del piano P.I.P.  non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.

Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali. 

 

La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha gia’ chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali (pur astrattamente idonea a giustificare una indennità di esproprio in misura inferiore all’effetto valore di mercato), allora a maggior ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio per la realizzazione dell’ampliamento di un nuovo comparto del piano industriale  in OMMISSIS.

 

  • la giurisprudenza di legittimita’

La giurisprudenza della Corte di Cassazione maturata in materia ha definitivamente stabilito  che la espropriazione di aree disposta per la realizzazione dei piani di insediamenti produttivi  (al pari  dei piani P.E.E.P.) non integra gli estremi della riforma economico sociale di cui all’art. 2/89 legge n. 244/2007 e che pertanto la relativa indennita’ di esproprio sfugge  alla riduzione del 25 % ivi prevista.

  1. la piu’ recente giurisprudenza della Corte di Cassazione:
  2. Corte di Cassazione 5.2012 n. 8445 (doc. n. 3)

La citata sentenza n. 8445/2012 della Corte di Cassazione si rivela dirimente e particolarmente utile perche’ definisce in termini espressi, diretti e chiari gli elementi necessari ad integrare  gli interventi di riforma economico – sociale.

Si riporta di seguito il passo testuale della motivazione (punti 4, 5 e 6).

 

“4. Il motivo è manifestamente infondato. Il giudizio per la determinazione dell’indennità di espropriazione, infatti, non è un procedimento espropriativo o una fase di esso, perchè è un procedimento giurisdizionale, autonomo rispetto a quello amministrativo e puramente eventuale. Del resto, è lo stesso testo unico a indicare, nel titolo secondo, quali sono le fasi del procedimento espropriativo, e tra queste non figura ovviamente l’opposizione alla stima, disciplinata invece nel titolo quarto.

Sul punto di diritto la corte si è già pronunciata a sezioni unite (sentenza 28 febbraio 2008 n. 5265), affermando il principio che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del criterio di indennizzo di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, convertito, con modifiche, nella L. 8 agosto 1992, n. 359 e al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, da parte della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale, lo “jus superveniens” costituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. a), si applica retroattivamente per i soli procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi in corso, come confermato dalla norma intertemporale di cui alla cit. L. n. 244, art. 2, comma 90.

La giurisprudenza delle sezioni semplici si è uniformata a tale insegnamento, nonostante l’isolata diversa pronuncia di Cass. 12 settembre 2008 n. 28431 richiamata dalla società ricorrente. Nel senso indicato dalle sezioni unite può ricordarsi, per tutte, la successiva Cass. 28 novembre 2008 n. 28431.

  1. Con il secondo motivo si prospetta una questione di legittimità costituzionale della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90, per violazione degli artt. 2, 3 e 42 Cost., perchè, pur prevedendo l’estensione della retroattività della novella ai “procedimenti espropriativi in corso” non ha espressamente previsto l’estensione di tale retroattività ai giudizi pendenti in materia di determinazione dell’indennità di espropriazione o di occupazione.
  2. La questione di costituzionalità prospettata è inammissibile per difetto di rilevanza decisoria nel presente giudizio. Essa postula, infatti, che l’applicabilità della norma contenuta nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, nelle modifiche apportate dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, comporterebbe l’abbattimento del 25% dell’indennità di espropriazione, trattandosi di espropriazione finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale.

L’assunto non è fondato.

L’espropriazione in questione è destinata alla realizzazione di un piano di insediamenti produttivi. Tali piani, a norma della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, hanno valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e le aree comprese nel piano sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto, in origine, dalla medesima legge in materia di espropriazione per pubblica utilità, e dalla successiva normativa ordinaria. In altre parole, I PIANI D’INSEDIAMENTI PRODUTTIVI SONO DEGLI ORDINARI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO, DAI QUALI ESULA OGNI CONNOTAZIONE DI RIFORMA, ECONOMICO SOCIALE O DI ALTRO GENERE, tale da giustificare la pretesa che possa trovare applicazione la previsione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1, seconda parte, nel testo di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89.

Peraltro ogni dibattito sul punto è superato dall’insegnamento di questa corte (Cass. 16 marzo 2012 n. 4210), per il quale il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente – non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma – al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dalla norma.”

 

Tanto basterebbe sul punto per spazzare via ogni perplessita’.

Tuttavia, per completezza di indagine puo’ appare utile aggiungere che la Corte di Cassazione ha altresi’ stabilito:

  • che “Si tratta all’evidenza di una particolare qualità di fini di utilità pubblica perseguiti in un dato momento storico e perciò devoluta esclusivamente (non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, nonchè all’interpretazione del giudice di merito in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma) al legislatore…” (Cass. 16.3.2012 n. 4210) (doc. n. 4);
  • che in materia di piani di insediamenti produttivi “… L’OCCUPAZIONE IN OGGETTO NON RIENTRA INVECE IN SIFFATTA CATEGORIA DI ESPROPRIAZIONI, BENSI’ NELLA PRIMA GENERALE ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al VALORE VENALE DEL BENE (Cass. 28.1.2011 n. 2100) (doc. n. 5);
  • che “E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo ius superveniens costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali <Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento>: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’occupazione in oggetto non rientra invece in siffatta categoria di espropriazioni, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene” (Cass. 28.1.2011 n. 2100) (doc. n. 6) (conformi ex multis Cass. n. 23965/2010  e Cass. n. 24863/2008 emesse emesse ovviamente con riferimento espresso ad espropri per piani produttivi).  

 

4.2) quanto all’aumento del 10 %

 

Si premette che questa  difesa conosce l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’incremento del 10 % della indennita’ di esproprio puo’ essere accordato solo nell’ambito del procedimento amministrativo di esproprio.

Tuttavia, si  ritiene che una diversa interpretazione  dell’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007  possa  indurre la corte territoriale a riconoscere ed accordare anche in sede giurisdizionale il beneficio dell’aumento del 10 % della indennita’ definitiva determinata dalla stessa corte territoriale:

  • sia perche’ il procedimento espropriativo era ancora in corso alla data di entrata di in vigore della legge n. 244/2007 (posto infatti che la dichiarazione di pubblica utilita’ e’ stata effettuata in data 27.4.2006 e che il decreto di esproprio e’ stato emesso in data 11.10.2012);
  • sia perche’ la determinazione dell’indennità definitiva di esproprio (non intervenuta in sede amministrativa) e’ stata richiesta  in sede giudiziaria a codesta  Corte di Appello alla quale il proprietario si e’ rivolto  avvalendosi della facolta’ prevista dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2001 (in analogia con il principio gia’ stabilito dalla nota sentenza n. 67/1990 della Corte Costituzionale);
  • sia perche’ il diniego dell’aumento del 10 % al proprietario opponente in sede giudiziale gli precluderebbe la possibilita’ di dimostrare che l’accordo di cessione non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato proprio perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, possa risultare  inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva;
  • sia perche’, diversamente interpretata, la norma finirebbe per accordare all’amministrazione colposamente inadempiente (che cioe’ non abbia  offerto un’indennita’ definitiva adeguata e seria o addirittura che non abbia neppure offerto la indennita’ definitiva, come appunto nella fattispecie) un risparmio ed un vantaggio del tutto ingiustificato ed irragionevole rispetto all’amministrazione che sia comportata diligentemente nel rispetto della legge;
  • sia infine perche’, se la norma esaurisse i suoi effetti esclusivamente in sede amministrativa nell’ambito del procedimento di esproprio, il proprietario danneggiato dalla sua denegata e/o viziata applicazione non avrebbe tutela in sede giurisdizionale.

 

5) QUANTO AL    MAGGIOR DANNO/RIVALUTAZIONE MONETRARIA

E’ ben noto l’orientamento della giurisprudenza secondo cui in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennita’ di esproprio) spettano i soli interessi legali, a meno che il proprietario espropriato non dimostri di aver subito un maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass.  Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass.  Sez. III  27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass.  Sez. I 22.2.2000 n. 1997).

Nella fattispecie, si ritiene di poter assolvere all’indicato onere della prova sia mediante il ricorso a presunzioni semplici (posto che il ricorrente e’ imprenditore commerciale) (doc. n. 7) sia mediante la produzione in giudizio di documentazione bancaria (doc. n. 8) idonea a dimostrare che l’opponente, costretto a rivolgersi al mercato bancario per il reperimento delle risorse finanziarie, paga tassi di interessi passivi  superiori a quelli istat ed a quelli legali.

Si ritiene dunque che all’opponente spett il diritto ad avere sulla indennita’ di esproprio sia gli interessi moratori (per il maggior danno dovuto al ritardo nel pagamento) nella misura del tasso euribor semestrale medio incrementato di 1,25 punti sia gli interessi legali calcolati in via principale sulla sorte capitale interamente rivalutata ed in subordine sulla sorte capitale via via rivalutata.

 

Del resto, sussistono le condizioni affinche’  – in conformita’ alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda di rivalutazione monetaria possa trovare ragionevole accoglimento poiche’ essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da se’ che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennita’ di esproprio rivalutata vanno poi calcolati altresi’ gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalita’ diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.

 

  • QUANTO ALLA NORMATIVA CEDU

E’ ovviamente superfluo premettere che, ai fini della valutazione dell’area, deve tenersi conto sia della CEDU sia degli effetti prodotti nell’ordinamento dalla nota sentenza della Corte Costituzionale sentenza  del 24.10.2007 n. 348 che, avendo abrogato l’art. 5 bis  commi 1 e 2  del decreto legge 11.7.1992 n. 333 nonche’, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, in via consequenziale, l’art. 37 commi 1 e 2  del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’), ha comportato la reviviscenza del principio generale che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nel valore di mercato delle aree espropriate (art. 39 della legge fondamentale n. 2359/1865 ed ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 come modificato ed integrato dall’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007).

  • (6.1) l’art. 1 protocollo 1 addizionale alla cedu

Il principio del valore venale era del resto gia’ previsto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo e sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte Europea.

L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. cosi’ testualmente recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.

Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:

  • la prima regola, contenuta nella prima frase del primo comma, e’ di natura generale ed enuncia il principio di pacifico godimento della proprieta’;
  • la seconda regola garantisce dalla privazione del possesso e la rende soggetta a certe a certe condizioni;
  • la terza regola, contenuta nel secondo comma, riconosce che gli stati contraenti hanno il compito, tra le altre cose, di controllare l’uso della proprietà per la soddisfazione dell’interesse generale.

Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).

  • (2) l’applicazione e l’efficacia della cedu (dopo il trattato di Lisbona)
  • trattato di Lisbona (ratificato con legge 2.8.2008 n. 130)
  • le norme cedu sono oggi, a tutti gli effetti, norme di diritto comunitario

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.

E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.

 

$ $ $ $ $

 

Tanto premesso, il signor OMMISSIS  come rappresentato e difeso

 

R I C O R R E

 

a codesta Corte di Appello affinche’, con riferimento al terreno sito in OMMISSIS in catasto al foglio OMMISSIS mappale OMMISSIS esteso 7.930 mq. (s.eo.) espropriato con il decreto n. OMMISSIS del 11.10.2012, anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:

 

  1. laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848 ed i relativi Protocolli addizionali;
  2. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nella misura del valore di mercato del terreno edificabile espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (11.10.2012);
  3. accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente la indennita’ di esproprio nel valore unitario di mercato che si indica nella misura prudenziale e minimale di euro 66,00/70,00 mq. circa o della maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da moltiplicarsi per la superficie dellarea espropriata indicata in precedenza, da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;
  4. accertare e dichiarare non applicabile nella fattispecie la riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 80 e 90 della legge n. 244/2007;
  5. nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio, accertare, dichiarare e disporre che, ai sensi dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, l’indennita’ di esproprio complessiva riconosciuta all’opponente deve essere aumentata del 10 %;
  • per l’effetto, condannare il Consorzio di OMMISSIS – in persona del legale rappresentante p.t.  con sede legale in OMMISSIS al pagamento in favore del ricorrente e/o al versamento presso il M.E.F. (e detratta l’indennita’ provvisoria di esproprio gia’ versata):
  • della indennita’ di esproprio da determinarsi nella misura e nei termini di cui sopra;
  • del maggior danno e/o della rivalutazione monetaria istat e degli interessi legali sulla indennita’ rivalutata maturata e da maturare fino al soddisfo con decorrenza, quanto alla indennita’ di esproprio, dalla data del decreto di esproprio (11.10.2012);

 

  1. vittoria di spese.

 

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.

 

A V V E R T E

 

il  convenuto Consorzio per lo Sviluppo Industriale di OMMISSIS in persona del legale rappresentante p.t.  con sede legale in OMMISSIS che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.

 

Ai fini istruttori:

  • produce i documenti come numerati ed indicati;
  • chiede ammettersi c.t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  1. descriva brevemente il c.t.u. il terreno di cui e’ causa;
  2. accerti il c.t.u., prescindendo dal vincolo preordinato all’esproprio, se l’area fosse o meno edificabile con riferimento alla data del decreto di esproprio;
  3. determini il c.t.u. il valore venale di mercato del terreno espropriato, alla luce dell’indice medio di edificabilita’ territoriale produttivo, sia in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto sia  di quello sintetico – comparativo ed, in difetto di atti e valori da assumere a riferimento,  in applicazione del criterio di stima analitico – ricostruttivo;

 

Ai fini del contributo unificato dichiara che il valore della presente controversia e’  indeterminabile e che il relativo contributo unificato ammonta ad euro OMMISSIS, corrispondente alla meta’ di quello ordinario trattando di rito sommario.

 

OMMISSIS

A.N.P.T.ES.
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