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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
ATTO DI CITAZIONE
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
(ART. 54 D.P.R. N. 327/2001)
La signora OMISSIS rappresentata e difesa nel presente giudizio dal’Avv. OMISSIS giusta procura speciale rep. n. 51032 del 8.6.2011 per Notaio OMISSIS di OMISSIS o ed elettivamente domiciliata in OMISSIS o presso l’Avv. OMISSIS, spiega
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
F A T T O
Con due distinti procedimento di esproprio, il Comune di OMISSIS ha proceduto alla espropriazione dei beni della opponente la quale, con il presente giudizio intende spiegare l’opposizione alla stima avverso l’indennita’ definitiva di esproprio e l’indennita’ di occupazione legittima.
Con decreto n. OMISSIS del 16.5.2011 notificato in data 19.5.2011 (doc. n. 1), il Comune di OMISSIS – dopo aver premesso che con deliberazione n. 97 del 3.6.2009 la G.C. aveva approvato il progetto definitivo in vista della realizzazione dell’anfiteatro ed area a manifestazione in centro storico con cio’ dichiarando contestualmente la p.u. dell’opera – espropriava i seguenti fondi gia’ di proprieta’ della attrice (comproprietaria in ragione di 4/16 dei relativi diritti) distinti in catasto al foglio OMISSIS :
e cosi’ per una superficie complessiva di 4.300 mq. e per una indennita’ definitiva di esproprio complessiva di euro 107.500,00 ed per una indennita’ complessiva di occupazione legittima di euro 8.953,33.
In precedenza, il Comune di OMISSIS, con decreto n. 1 del 15.4.2010 (doc. n. 2) aveva disposto l’occupazione temporanea e d’urgenza delle aree indicate e nel contempo aveva stabilito l’indennita’ provvisoria nel valore unitario di euro 70,00 mq. e per l’effetto:
e cosi’ per una indennita’ provvisoria di esproprio complessiva pari ad euro 75.250,00 e per una indennita’ provvisoria di occupazione di legittima pari ad euro 6.270,84, in relazione alla quota di comproprieta’ spettante alla attrice.
L’attrice rifiutava le citate indennita’ provvisorie offerte perche’ ritenute insufficienti rispetto all’effettivo valore di mercato della aree.
Con nota prot. n. OMISSIS del 7.5.2010 (doc. n. 3), il Comune di OMISSIS comunicava che in data 20.5.2010 avrebbe proceduto alla immissione nel possesso.
Infine, con nota prot. n. 5419 del 12.4.2011 (doc. n. 4), il comune trasmetteva all’attrice la delibera n. OMISSIS del 28.1.2011 (doc. n. 5) con la quale la Commissione Provinciale Espropri per la Provincia di OMISSIS, rettificando in aumento le indennita’ provvisorie determinate dal comune, aveva determinato l’indennita’ definitiva di esproprio e l’indennita’ definitiva di occupazione legittima nelle misure gia’ indicate in precedenza e riportate nel decreto di esproprio n. 1 del 16.5.2011.
Con decreto n. OMISSIS del 16.5.2011 notificato in data 19.5.2011 (doc. n. 6), il Comune di OMISSIS – dopo aver premesso che con deliberazione n. 114 del 9.7.2009 la G.C. aveva approvato il progetto definitivo in vista della realizzazione del nuovo centro diurno anziani e museo della memoria contadina in edificio esistente in centro storico con cio’ dichiarando contestualmente la p.u. dell’opera, espropriava le seguenti porzioni di fabbricato (foglio OMISSIS) e le seguenti aree (foglio OMISSIS) gia’ di comproprieta’ della attrice (nella misura di seguito rispettivamente indicata) distinti in catasto (s.e.o.):
e cosi’ per una indennita’ definitiva di esproprio pari ad euro 159.271,40 e per una indennita’ definitiva di occupazione legittima pari ad euro 13.272,63;
e cosi’ per una indennita’ definitiva di esproprio complessiva di euro 25.250,00 e per una indennita’ definitiva di occupazione legittima complessiva di euro 2.104,18.
In precedenza, il Comune di OMISSIS, con decreto n. 2 del 15.4.2010 (doc. n. 7) aveva disposto l’occupazione temporanea e d’urgenza dei fabbricati e delle aree indicate e nel contempo aveva stabilito cosi’ di seguito la indennita’ provvisoria di esproprio e la indennita’ provvisoria di occupazione legittima:
e cosi’ per una indennita’ provvisoria di esproprio complessiva pari ad euro 120.511,50 e per una indennita’ provvisoria di occupazione legittima pari ad euro 10.042,63 (di cui euro 2.495,13 per il mappale OMISSISsub 2 ed euro 7.547,50 per i mappali OMISSIS sub OMISSIS , OMISSIS sub OMISSIS e OMISSIS sub 7OMISSIS ) (e cio’ in relazione alla quota di comproprieta’ spettante alla attrice).
e cosi’ per una indennita’ provvisoria di esproprio complessiva pari ad euro 17.675,00 e per una indennita’ provvisoria di occupazione legittima in relazione alle quattro aree indicate pari ad euro 1.472,92 (e cio in relazione alla quota di comproprieta’ spettante alla attrice).
L’attrice rifiutava le citate indennita’ provvisorie offerte perche’ ritenute insufficienti rispetto all’effettivo valore di mercato dei fabbricati e delle aree.
Con nota prot. n. OMISSIS del 6.5.2010 (doc. n. 8), il Comune di OMISSIS comunicava che in data 20.5.2010 avrebbe proceduto alla immissione nel possesso.
Infine, con nota prot. n. OMISSIS del 12.4.2011 (doc. n. 9), il comune trasmetteva all’attrice la delibera n. 5/2011 del 28.1.2011 (doc. n. 10) con la quale la Commissione Provinciale Espropri per la Provincia di Bergamo, in rettifica delle indennita’ provvisorie determinate dal comune, aveva assunto in euro 100,00 mq. il valore unitario delle aree ed in euro 180,00 mc. (per i mappali sub 701) ed in euro 160,00 mc. (per i mappali sub 702 e sub 703) il valore unitario dei fabbricati e piu’ in particolare nelle misure gia’ indicate in precedenza e riportate nel decreto di esproprio n. 2 del 16.5.2011.
M O T I V I
Con il presente giudizio l’opponente intende contestare l’insufficienza e l’erronea valutazione delle indicate indennnita’ di esproprio e di occupazione legittima determinate per difetto dalla Commissione Provinciale Espropri di Bergamo poiche’ esse non rispecchiano l’effettivo valore di mercato dei fabbricati e delle aree espropriate.
Con delibera n. OMISSIS del 28.1.2011, la Commissione Provinciale Espropri per la Provincia di Bergamo:
Con delibera n. OMISSIS del 28.1.2011, la Commissione Provinciale Espropri per la Provincia di Bergamo:
Ritiene l’opponente che i valori determinati dalla C.P.E. siano notevolmente sottostimati rispetto a quelli effettivi delle aree di cui trattasi praticati dal mercato.
A tal fine la opponente ha richiesto al proprio consulente (Arch. OMISSIScon studio inOMISSIS) di determinare l’indennita’ di esproprio. Con relazione del 10.6.2011 (doc. n. 11), l’indicato tecnico ha osservato testualmente quanto segue.
“PREMESSA SUL CONTESTO TERRITORIALE E STORICO/URBANO
E’ necessario portare a conoscenza gli interessati di una giusta premessa alla perizia di stima che verrà a seguire, in quanto il territorio bergamasco risulta composto da differenti caratteristiche ambientali e morfologiche (dalla bassa pianura, fino alle pre/Alpi ed alle Alpi) e storiche (la pianura è totalmente antropizzata ai fini agricoli dai tempi della centuriazione romana, mentre la zona alpina è – ancora oggi – un ambiente totalmente naturale).
In particolare, per quella fascia di pianura che corre – a Nord – dalla città di Bergamo fino – a Sud – alla città di Crema, esiste una specifica conformazione urbana per una decina di Comuni – fra i quali OMISSIS – (scarsamente considerata nelle differenze di valore dall’Agenzia del Territorio ed altri Enti).
L’impianto di detti centri urbani sviluppatisi – tra il 1300 e il 1500 (anche a seguito della tendenziale urbanizzazione delle popolazioni agricole dopo il secolo XI) – nel nostro caso con funzione militare, trovandoci al confine tra la “Repubblica di Venezia” e il rivale “Ducato di Milano”, è rimasto sostanzialmente invariato fino all’ultimo dopoguerra, quando ha fatto seguito uno sviluppo a “macchia d’olio” intorno al “centro storico” (attualmente “zona A”), il suddetto “centro storico” dove sono situati i beni oggetto di esproprio.
In questi Comuni, anche in riferimento alla tendenza abitativa emersa – sempre maggiormente – dalla fine degli anni Settanta, si è perso l’interesse verso l’abitazione esterna al “centro storico”, anche perché il cosiddetto richiamo del “verde” in questo territorio non esercita attrattiva (in quanto l’ambiente di questa campagna non possiede valori ambientali/paesaggistici di pregio come – ad esempio – per la zona collinare ed inoltre le pratiche agricole, qui – ovunque – diffuse fino a ridosso dell’abitato, creano disagi quali gli effetti della concimazione, trattamenti anti/parassitari, ecc.) oltre alle problematiche sorte – in ultimo – degli atti criminosi nelle abitazioni più esterne all’abitato, …. mentre il fulcro di tutte le attività sociali resta comunque nel “centro storico”, dove – nel tempo – si sono esaurite tutte le possibilità di utilizzo degli immobili esistenti.
A differenza dell’edificazione – esterna al centro storico – dove è possibile (seppure nei limiti di una politica regionale sempre più oculata nell’uso di nuovo territorio) urbanizzare nuove aree del circostante territorio agricolo, …. per questi “centri storici” evidentemente non è possibile questo tipo di ampliamento, diventando sempre più rara – quasi unica – la possibilità di trovarvi fabbricati ed aree idonee ancora disponibili.
Trattasi quindi di immobili il cui valore andrebbe meglio definito con un “asta” ! risulterebbe più appropriata una stima come per le opere d’arte, piuttosto che una stima di tipo immobiliare, in quanto sarebbe come chiedere ad un critico d’arte di effettuare la stima di un quadro d’autore con parametri da calcolarsi a superficie della tela o quantità dei colori utilizzati !
A dimostrazione che – per ottimizzare la realizzazione di questi interventi destinati alla pubblica fruizione – la stessa amministrazione comunale ha scelto questa dislocazione rispetto ad individuare – più facilmente – un’area o fabbricato all’esterno del centro storico.
Note al paragrafo
A conferma dell’analisi nel presente paragrafo, gli stessi progettisti – incaricati dall’amministrazione comunale – per il progetto di conservazione e riuso dell’immobile, ai fini della realizzazione di un “Museo della memoria contadina”, nella loro relazione descrittiva, riportano (seppure molto sommariamente):
“Tutto il centro storico di OMISSIS riveste una grande importanza, avendo mantenuto la struttura che il borgo possedeva in età medioevale. Ancora intatte e visibili sono infatti la cinta muraria con il relativo fossato che proteggeva l’ingresso del paese, a cui si accedeva mediante quattro entrate tutt’ora ben conservate, ed in una delle quali è collocata la sede municipale. Anche le strade e le case all’interno della fortificazione hanno mantenuto le loro peculiarità, dando un colpo d’occhio molto particolare.”…
COMMENTO SUI RIFERIMENTI ADOTTATI PER LA STIMA DEL VALORE DI ESPROPRIO
Non esistono listini che effettuano una stima di valore su immobili inseriti in un particolare ambiente urbano dalle notevoli qualità storico/ambientali e sulle specificità dell’edificio.
Comunque non risulta neppure chiara la fonte del “listino dei prezzi degli immobili di Bergamo e Provincia” (ce ne sono vari) utilizzato dalla “Commissione Provinciale Espropri” nelle due delibere – la n. 4/2011 e la n. 5/2011 – per determinare i valori della proprietà in esproprio.
E’ comunque errato prendere a riferimento la tipologia “immobili vetusti”, in quanto riferita a fabbricati realizzati nella cosiddetta “macchia d’olio” esterna al “centro storico” negli “anni 50/60” della ricostruzione post-bellica, con caratteristiche edilizie non molto superiori a quelle di alcune “baracche”.
Il fabbricato oggetto di esproprio, non avendo subito in passato “pesanti interventi”, mantiene intatte quelle caratteristiche edilizie pregevoli dal punto di vista storico/ambientali, quali le murature realizzate con la caratteristica disposizione a spina di pesce dei tipici “ciotoli del fiume Serio” e le strutture lignee di solai e copertura, che – in altri casi – “interventi maldestri” hanno cancellato.
Quindi sul “vetusto” ci si deve anche intendere, perché riferito ad una palazzina “anni 60” malconcia, con perimetrali in sottili elementi forati di laterizio, solai in calcestruzzo debolmente armati e copertura con lastre in cemento/amianto, può assumere un significato diverso rispetto invece ad un edifico storico che – non avendo subito interventi inappropriati – mantiene tutte le sue pregevoli caratteristiche.
E’ quindi comunque fuorviante assumere valori di qualsiasi listino, in quanto nessun listino inquadra questa speciale tipologia di fabbricato.
Si deve inoltre tenere presente che “storicamente”, l’Ufficio provinciale del Catasto di Bergamo, ha sempre avuto valori degli immobili completamente difformi dalla situazione reale, rispetto invece – ad esempio – all’Ufficio provinciale del Catasto di Milano i cui valori sono stati più vicini alla realtà.
Comunque l’Agenzia del Territorio per Bergamo, non ha classificato i valori immobiliari per questa tipologia di fabbricato, inoltre nelle premesse alle proprie “Quotazioni immobiliari OMI” ben specifica “la stima effettuata da un tecnico professionista rappresenta l’unico elaborato in grado di rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile e di motivare il valore da attribuire al bene medesimo”.
Mentre sulla quotazione attribuita all’area, appare l’incongruenza che per “urbanizzare” attualmente un terreno circostante all’abitato, in periferia, si deve affrontare un costo/mq. simile al valore/mq. attribuito, in esproprio, a quest’area centralissima già secolarmente urbanizzata (costi di urbanizzazione ricavabili da piani attuativi nella zona), come se il valore effettivo dell’area da espropriare fosse nullo.”
Sulla base di tali considerazioni, il c.t.p. ha elaborato i seguenti valori.
“RAFFRONTO CON I VALORI REALI DI MERCATO
Ritengo i valori stabiliti nell’esproprio sicuramente inadeguati alle reale situazione immobiliare e di potere quantificare (prudenzialmente) il valore immobiliare dell’area da €.100/mq. a €.250/mq. (tra €.200/mq. e €.300/mq.) ed un valore almeno doppio del fabbricato.
I suddetti valori in base al locale mercato immobiliare “reale”, a prescindere da rendite catastali o valori stabiliti dal Comune ai fini ICI.
Quindi basando il raffronto sui valori stabiliti nelle ultime due deliberazioni della Commissione provinciale Espropri:
Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, appare utile soffermare l’attenzione in ordine alla edificabilita’ legale dei terreni di cui trattasi.
L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. cosi’ testualmente recita:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.
Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.
E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:
Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).
L’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea Diritti dell’Uomo comporta gia’ di per se’ la naturale implicazione che i terreni e comune i beni espropriati siano stimati e valutati sulla base del loro pieno valore di mercato “sic et simpliciter”.
Appare peraltro del tutto superfluo precisare che il terreno espropriato per fini edificatori deve certamente per cio’ stesso ritenersi edificatorio ai fini della c.e.d.u..
E’ infatti sufficiente a tal fine far riferimento (tra tutte le numerose sentenze) alla nota pronuncia n. 24638/94/2003 emessa in esito al caso Carbonara e Ventura contro Italia con la quale la CEDU (facendo proprie le motivazione le conclusioni articolate dalla c.t.u. la quale si era limitata a constatare che sui fondi espropriati era stato costruito un edificio destinato a scuola) ha stabilito che l’utilizzazione in termini edificatori del terreno espropriato costituisce di per se’ motivo sufficiente ad integrare gli estremi della edificabilita’.
La conclusione appare del resto coerente con le elementari esigenze del diritto di proprieta’, risultando difficilmente ammissibile ed accettabile anche sul piano logico che la pubblica amministrazione, in vista della edificazione di strutture e complessi, possa espropriare la proprieta’ privata ed indennizzarla sulla base del valore agricolo, solo perche’ essa stessa abbia previsto unilateralmente a favore di sé la riserva dell’iniziativa edilizia.
Ad ogni buon conto, qualora codesto ente espropriante dovesse ritenere di far applicazione del criterio previsto dall’art. 32 e dall’art. 37 d.p.r. n. 327/2001, si sottolinea che i terreni espropriati hanno oggettiva ed indiscussa natura edificabile.
In particolare il citato art. 37 prevede:
Posto dunque che i terreni di cui trattasi sono stati espropriati in vista della realizzazione dell’anfiteatro ed area a manifestazione in centro storico e per la realizzazione del nuovo centro diurno anziani e museo della memoria contadina in edificio esistente in centro storico e considerato che nella fattispecie sussistono tutti gli elementi di cui sopra sintomatici e rivelatori della edificabilita’ legale nei termini in cui gli stessi sono stati individuati dal citato art. 37 d.p.r. n. 327/2001, deve convenirsi sulla conclusione che i fondi espropriati devono ritenersi edificabili e che agli stessi deve essere riconosciuta oggettiva edificabilita’ legale, non solo ai sensi delle norme cedu, ma anche ai sensi delle norme italiane.
Si aggiunga infine per completezza di indagine che del resto ogni dubbio eventuale in merito deve essere rimosso alla luce della recentissima sentenza n. 181 del 11.6.2011 della Corte Costituzionale.
Come e’ noto, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha chiarito che l’indennita’ per l’esproprio di fabbricati deve comprendere non soltanto il valore di mercato effettivo e concreto del bene ablato (e cio’ e previsto direttamente anche dall’art. 38 d.p.r. n. 327/2001) ma anche i maggiori costi che il proprietario fosse costretto a sopportare per riacquistare sul mercato altro fabbricato avente analoghe caratteristiche. In altri termini, l’indennita’ per l’esproprio di fabbricati non deve essere mai inferiore alla soglia minima necessaria a reintegrare il patrimonio del proprietario per tutti i danni effettivamente subiti.
I suddetti principi sono sanciti sia dalle norme cedu sia dalla norme italiane.
L’applicazione dell’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla c.e.d.u. comporta gia’ di per se’ la naturale implicazione che i fabbricati espropriati debbano essere stimati e valutati sulla base del loro pieno valore di mercato “sic et simpliciter”.
Univoca e’ la giurisprudenza in materia della CEDU che con riferimento alla espropriazione di fabbricati (ma anche di terreni) ha da sempre stabilito il principio secondo cui al proprietario colpito da espropriazione spetta una compensazione integrale cioe’ un ristoro totale per la perdita subita a seguito della espropriazione (ex multis n. 68309 del 9.12.2008 Cignoli contro Italia; n. 62592 del 22.7.2008 Capone contro Italia; n. 65687 del 17.7.2008 Matteoni contro Italia; n. 37637/05 del 17.7.2008 Sarnelli contro Italia; n. 71399 del 10.6.2008 Bortesi contro Italia).
La fattispecie in esame interessa la espropriazione di edifici residenziali.
Risulta quindi agevole individuare le coordinate normative ed ermeneutiche ai fini della corretta determinazione della indennita’ di esproprio.
In particolare, l’art. 38 del t.u. n. 327/2001 espressamente prevede che “nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l’indennita’ e’ determinata nella misura pari al valore venale”.
Si premette che in giurisprudenza si fronteggiano due orientamenti che – benche’ ispirati a criteri ed a modalita’ estimative diverse – tuttavia sono improntati allo stesso principio ispiratore e convergono verso il medesimo fine.
In particolare, mentre il primo orientamento sostiene che il fabbricato deve essere stimato in maniera autonoma e distinta rispetto all’area di sedime su cui e’ stato costruito ed il valore dell’area deve essere aggiunto a quello distinto ed autonomo del fabbricato, il secondo orientamento sostiene invece che la stima del valore del fabbricato deve essere articolata in maniera unica ed unitaria in modo tale da comprendere in unico valore anche il valore dell’area di sedime.
Tuttavia, entrambe le liquidazioni devono essere effettuate sulla base del valore di mercato: cio’ in virtu’ dell’art. 38 d.p.r. n. 327/2001 per l’edificio e in virtu’ della sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale per il terreno sottostante (con l’evidente precisazione che tale ultimo principio integra e sostituisce i riferimenti fatti dalla pregressa giurisprudenza all’art. 5 bis d.l. n. 333/1992 ed all’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 dichiarati incostituzionali).
In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito:
In materia di individuazione dell’esatto valore da indennizzare, si deve rilevare che l’art. 1 del primo Protocollo della c.e.d.u. e’ stato oggetto di una progressiva focalizzazione interpretativa da parte della Corte di Strasburgo, che ha attribuito alla disposizione un contenuto ed una portata piu’ ampi di quelli riconosciuti dalla giurisprudenza italiana.
La Corte Europea ha da sempre sostenuto che gli stati aderenti sono tenuti ad applicare direttamente nei rispettivi ordinamenti le norme della convenzione. A titolo meramente esemplificativo, si segnala che particolare importanza – per l’impatto e la risonanza notevoli degli effetti prodotti – e’ stata unanimemente attribuita (tra le numerose altre disponibili) alla sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo emessa nel caso Scordino contro Italia (ricorso n. 36813/1997), pubblicata il 29.7.2004, pur espressamente citata dalla richiamata sentenza costituzionale n. 348/2007.
Con la citata sentenza emessa sul caso Scordino, la Corte Europea (in disaccordo con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale) ha stabilito:
L’interpretazione articolata nei termini indicati e’ stata adottata autorevolmente anche dal Consiglio di Stato (sezione IV n. 3752 del 27.6.2007 e sez. IV n. 2582 del 21.5.2007) il quale ha testualmente stabilito che ““i principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiche’:
Anche le autorita’ esproprianti, gia’ in sede di procedimento amministrativo di esproprio devono garantire e dare applicazione diretta nell’ordinamento alle norme della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo.
L’art. 16/5 della legge 4.2.2005 n. 11 (legge in materia di “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”) come modificato dall’art. 6 della legge 25.2.2008 n. 34 (gia’ art. 1/1217 della legge n. 296/2006) ha previsto l’obbligo per l’autorita’ espropriante di prestare rispetto e di conformarsi alle norme della c.e.d.u..
Si richiama l’attenzione su una norma vigente della cui introduzione e delle cui implicazioni in termini di responsabilita’, le amministrazione esproprianti non si sono ancora pienamente avvedute. Essa peraltro fornisce la prova della immediata efficacia e della diretta applicabilita’ nell’ordinamento nazionale delle norme della c.e.d.u..
In particolare, si intende far riferimento all’art. 16 bis/5 della legge 4.2.2005 n. 11 (legge in materia di “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”) come modificato dall’art. 6 della legge 25.2.2008 n. 34 (gia’ art. 1/1217 della legge n. 296/2006) il quale ha previsto l’obbligo per l’autorita’ espropriante di conformarsi alle norme della c.e.d.u., prevedendo testualmente che “lo Stato ha altresi’ diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.”
E’ dunque appena il caso di precisare che qualora il cittadino espropriato fosse costretto a rivolgersi all’autorita’ giudiziaria nazionale ed alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per ottenere la piena tutela del diritto di proprieta’, gli effetti economici derivanti dalla condanna di pagamento (formalmente) rivolta contro lo stato italiano sono destinati a riflettersi integralmente in danno dell’amministrazione espropriante, proprio per effetto della previsione contenuta dal citato citato art. 16 bis/5 della legge n. 11/2005.
E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.
L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:
“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.
Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.
I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.
Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.
E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.
E’ appena il caso di precisare che all’attrice spetta altresi’ anche la indennita’ di occupazione legittima per il relativo protrattasi dal decreto di occupazione di urgenza (15.4.2010) alla data dei decreti di esproprio (16.5.2011). L’indennita’ di occupazione e’ stata correttamente calcolata sia dal Comune di OMISSIS sia dalla c.p.e. nella misura di 1/12 della idennita’ di esproprio per ogni anno di occupazione, in ottemperanza al criterio previsto dall’art. 50 d.p.r. n. 327/2001.
Dal termine finale di ogni anno e frazione di anno di occupazione legittima, spettano all’attrice sulla relativa indennita’ sia gli interessi moratori sia gli interessi legali sulla somma gia’ rivalutata.
E’ ben noto il piu’ recente orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennita’ di esproprio) spetta, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass. Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass. Sez. III 27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass. Sez. I 22.2.2000 n. 1997). In conformita’ all’invocato indirizzo, il maggior danno puo’ essere liquidato anche in via presuntiva, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del creditore, in funzione (tra gli altri parametri e per quanto interessa in questa sede) della qualita’ soggettiva del creditore. Nella fattispecie, il creditore e’ un risparmiatore privato il quale, se avesse avuto la tempestiva disponibilita’ della somma spettante, l’avrebbe verosimilmente e presumibilmente spesa per le esigenze e/o gli investimenti della famiglia.
Del resto, si ritiene che – in conformita’ alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiche’ essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da se’ che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennita’ di esproprio cosi’ rivalutata vanno poi calcolati altresi’ gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalita’ diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.
Tanto premesso, la signora Raffaini Luciana
il Comune di OMISSIS in persona del legale rappresentante p.t. c.f. 00281170167 a comparire dinanzi alla Corte di Appello di Brescia sezione e C.I. designandi alla udienza che si terra’ il giorno ………………………………………….…..2011 ore e luogo di rito con invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c. e con espresso invito a comparire nell’udienza indicata dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c. con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’art. 38 c.p.c. ed all’art. 167 c.p.c. per sentir ivi accogliere le seguenti
C O N C L U S I O N I
Piaccia a codesta Corte di Appello, contrariis reiectis:
anche alla luce dell’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art.
Ai fini istruttori:
Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della presente controversia e’ indeterminabile e che il relativo contributo ammonta ad euro 374,00.
OMISSIS