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Opposizione alla stima dell’indennità di esproprio

 

 

CORTE DI APPELLO DI  OMISSIS

ATTO DI CITAZIONE

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

DELLA INDENNITA’ ESPRORIO

 

  – EX ART. 19 LEGGE N. 865/1971 – 

(ORA ART. 54 D.P.R. N. 327/2001)

 

OMISSIS

in proprio e nella qualita’ di eredi di OMISSIS  deceduto in OMISSIS  il OMISSIS difese e rappresentate nel presente giudizio dall’Avv. OMISSIS  giusta delega in calce ed elettivamente domiciliati  in OMISSIS presso lo studio dell’Avv. OMISSIS, spiegano

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

ai sensi dell’art. 19 della legge n. 865/1971  della indennita’ definitiva di esproprio determinata dalla Commissione Provinciale Espropri con delibera del 8.10.2009 fascicolo n. OMISSIS  (ritirata presso gli uffici comunali in data 30.11.2009 e non ancora notificata o comunicata) (doc. n. 1).

 

COMUNICAZIONI DI CANCELLERIA

Ai fini delle comunicazioni di cancelleria di cui all’art. 133 ed art. 134 c.p.c. come modificati dall’art. 2 d.l. 14.3.2005 n. 35 convertito dalla legge 14.5.2005 n. 80, si chiede che tutte le comunicazioni di cancelleria siano effettuate a mezzo fax mediante invio dei relativi avvisi al numero OMISSIS

F A T T O

Con deliberazione del consiglio comunale n. OMISSIS del 2.3.1999, il Comune di OMISSIS  approvava la variante integrativa del p.e.e.p. in cui era compreso il p.d.z. OMISSIS .

Con deliberazione della Giunta Regionale OMISSIS n. OMISSIS del 2.8.2002 veniva approvato il piano sopra indicato con la relativa dichiarazione di pubblica utilita’, indifferibilita’ ed urgenza delle opere ai sensi dell’art. 9 della legge n. 167/1962.

Con avviso prot. n. OMISSIS  del 9.9.2004 (doc. n. 2), il Comune di OMISSIS informava il proprietario che – in vista della realizzazione dell’indicato Piano di Zona denominato OMISSIS destinato ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed in esecuzione della relativa determinazione dirigenziale n. OMISSIS  del 5.7.2004 (doc. n. 2) – in data 4.10.2004  il  comune  stesso si sarebbe immesso in via temporanea e d’urgenza nel possesso dell’area riportata in catasto al foglio OMISSIS mappale OMISSIS  estesa mq. 4.194  gia’ di proprietà di OMISSIS  [dante causa (mortis causa) delle odierne opponenti giusta relativa denuncia di successione (doc. n. 3)].

Con una prima determinazione dirigenziale n. OMISSIS  del 3.12.2007 notificata il 16.1.2008 (doc. n. 4) il medesimo ente comunicava la indennita’ provvisoria  di esproprio stimata in complessivi euro 132.948,08 (pari ad euro 31,70/mq.), cosi’ determinata dalla relazione di stima del 25.5.2007 redatta da una apposita commissione interna (doc. n. 5).

Con istanza depositata il 31.1.2008 ed assunta al prot. n. 6695 (doc. n. 6) presso il Comune di OMISSIS, le opponenti chiedevano la rideterminazione della indennita’ di esproprio formulando brevi osservazioni al riguardo.

Con decreto dirigenziale n. OMISSIS del 12.5.2008 notificato il 24.6.2008 (doc. n. 7) l’ente disponeva l’esproprio definitivo dell’area indicata.

Sussessivamente, non avendo l’ente comunicato la indennita’ definitiva di esproprio, con ulteriore istanza del 26.6.2008 prot. OMISSIS (doc. n. 8) le opponenti sollecitavano il riscontro alla precedente loro domanda depositata in data 31.1.2008.

Con nota prot. n. OMISSIS del 10.7.2008  (doc. n. 9), il Comune di OMISSIS forniva risposta precisando di essere in attesa che la competente commissione determinasse la indennita’ definitiva.

Con successivo provvedimento prot. n. OMISSIS del 15.10.2008 (doc. n. 10), l’ente comunicava intanto una nuova stima della indennita’ provvisoria  (probabilmente rivisitata a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale) determinata nella misura di euro  332.290,62.

A seguito di istanza del 25.11.2009 con la quale le opponenti chiedevano di essere autorizzate ad esperire l’accesso agli atti del procedimento (doc. n. 11),  il Comune di OMISSIS in data 30.11.2009 consentiva la estrazione di copia del provvedimento con il quale la Commissione Provinciale Espropri di OMISSIS, con delibera del 8.10.2009 fascicolo n. OMISSIS, aveva determinato l’indennita’ definitiva di esproprio nella misura di euro 443.096,10 (doc. n. 1)

Contro tale determinazione della indennita’ definitiva di esproprio (al momento non ancora comunicata o notificata) le opponenti spiegano  la presente opposizione.

 

M O T I V I

 

  • IL NUOVO QUADRO NORMATIVO


  • NORMATIVA GENERALE DI RIFERIMENTO

Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, si rende necessario precisare preliminarmente che – in conformita’ a quanto previsto dall’art. 57 d.p.r. n. 327/2001 – il presente giudizio deve essere sussunto nell’ambito della previgente legge generale sulle espropriazioni n. 2359/1865, atteso che la dichiarazione di pubblica utilita’ dell’opera (disposta con deliberazione della Giunta Regionale OMISSIS n. OMISSIS  del 2.8.2002 di approvazione del relativo p.d.z.) e’ intervenuta in data antecedente alla data di entrata in vigore del d.p.r. n. 327/2001 (1.7.2003).

 

  • CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA  24.10.2007 N. 348

Come e’ noto, con la sentenza 24 ottobre 2007 n. 348, la Corte Costituzionale ha dichiarato:

  • l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 5 bis  commi 1 e 2  del decreto legge 11.7.1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8.8.1992 n. 359;
  • nonche’, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, l’illegittimita’ costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 commi 1 e 2  del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’).

In particolare, e’ stata dichiarata l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 5 bis commi 1 e 2 del decreto legge 11 luglio 1992 n. 333 (misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992 n. 359 nella parte in cui, ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione dei suoli edificabili, prevede il criterio di calcolo fondato sulla media tra il valore dei beni e il reddito dominicale rivalutato, disponendone altresì l’applicazione ai giudizi in corso alla data dell’entrata in vigore della legge n. 359 del 1992.

E’ stata altresi’ dichiarata, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953  n. 87, l’illegittimita’ costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 commi 1 e 2 del d.p.r. 8 giugno 2001  n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), che contengono norme identiche a quelle dichiarate in contrasto con la Costituzione dalla medesima sentenza.

La questione risolta dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 348 del 24.10.2007 si incentra sul denunciato contrasto tra la norma censurata (art. 5 bis d.l. n. 333/1992 ed art. 37 commi 1 e 2 d.p.r. n. 327/2001) e l’art. 1 del primo Protocollo della c.e.d.u., quale interpretato dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, in quanto i criteri di calcolo per determinare l’indennizzo dovuto ai proprietari di aree edificabili espropriate per motivi di pubblico interesse conducevano alla corresponsione di somme non congruamente proporzionate al valore venale pieno ed effettivo dei beni oggetto di ablazione.

 

  • l’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244

Come e’ parimenti noto, che con l’art. 2 commi 89 e 90 della sopraggiunta legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla citata sentenza costituzionale ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei  casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento;
  • che la riduzione del quaranta per cento della indennita’ e’ definitivamente soppressa;
  • che le nuove disposizioni si applicano ai procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennita’ di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile.

Come dunque appare incontestabile, la stima e la determinazione della indennita’ richiesta dalle opponenti devono conformarsi ai principi stabiliti dalla sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e dall’art. 2/89-90 della legge n. 244/2007.

Quanto all’applicabilita’ nella fattispecie del solo sopraggiunto criterio previsto dal citato art. 2/89-90  legge n. 244/2007, e’ sufficiente considerare che la pacifica della giurisprudenza di legittimita’ ha stabilito che la citata norma intertemporale prevede la retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione della indennita’ espropriativi solo per i procedimenti espropriativi in corso e non anche invece per i giudizi [Cass. SS.UU. n. 22756 del 28.10.2009 (doc. n. 12) e Cass. n. 23559 del 12.9.2008 (doc. n. 13)].

  • LA NORMATIVA C.E.D.U.

L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla c.e.d.u. cosi’ testualmente recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.

Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:

  • la prima regola, contenuta nella prima frase del primo comma, e’ di natura generale ed enuncia il principio di pacifico godimento della proprieta’;
  • la seconda regola garantisce dalla privazione del possesso e la rende soggetta a certe a certe condizioni;
  • la terza regola, contenuta nel secondo comma, riconosce che gli stati contraenti hanno il compito, tra le altre cose, di controllare l’uso della proprietà per la soddisfazione dell’interesse generale.

Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).

 

La c.e.d.u. presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, cui e’ affidata la funzione di interpretare le norme della convenzione stessa. Difatti l’art. 32  paragrafo 1 stabilisce: «La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa alle condizioni previste negli articoli 33, 34 e 47».

Poiche’ le norme giuridiche vivono nell’interpretazione che ne danno gli operatori del diritto, i giudici in primo luogo, la naturale conseguenza che deriva dall’art. 32  paragrafo 1 della convenzione e’ che tra gli obblighi internazionali assunti dall’Italia con la sottoscrizione e la ratifica della c.e.d.u. vi e’ quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione.

In materia di individuazione dell’esatto valore da indennizzare, si deve rilevare che l’art. 1 del primo Protocollo della c.e.d.u. e’ stato oggetto di una progressiva focalizzazione interpretativa da parte della Corte di Strasburgo, che ha attribuito alla disposizione un contenuto ed una portata piu’ ampi di quelli riconosciuti dalla giurisprudenza italiana.

Nella giurisprudenza della C.E.D.U. – applicabile direttamente anche nell’ordinamento nazionale (quanto meno in caso di mancanza di conflitti tra normativa nazionale e quella della convenzione europea) –  il diritto alla giusta indennita’ si estende fino a comprendere IL DANNO RAPPRESENTATO DAL PIENO VALORE DI MERCATO dei terreni espropriati.

In particolare, tale sforzo di interpretazione  e di garanzia e’ stato riscontrato laddove si e’ trattato di riconoscere al cittadino espropriato prioritariamente il danno diretto in concreto prodotto dall’espropriazione e tradizionalmente individuato nel valore venale degli immobili ablati (principio fondamentale ma gia’ acquisito).

Ed e’ evidente che le opponenti chiedono che a tale interpretazione sia condivisa da codesta Corte di Appello.

La sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale conferma che, in materia di tutela della proprieta’ oggetto di espropriazione, sono rilevanti nell’ordinamento italiano – anche in forza del meccanismo ora previsto dall’art. 117/1 Costituzione – le norme della c.e.d.u. secondo cui al proprietario spetta una indennita’ finalizzata al ristoro integrale di tutti i danni subiti.

Sotto la spinta costante e pluriennale esercitata dalle numerose sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte Costituzionale e’ stata costretta a riconoscere – ma non ancora in misura sufficiente – importanza e rilevanza giuridica sia alle norme della c.e.d.u. sia alle sentenze della Corte.

Non si puo’ sottacere infatti che la Corte Europea accorda tuttora ai cittadini degli stati aderenti alla convenzione, una tutela decisamente piu’ ampia rispetto a quella offerta dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 348/2007.

Anche dopo la sentenza costituzionale n. 348/2007, il cittadino espropriato che non ottenesse  la piena tutela dai giudici italiani, conserva integro il diritto di rivolgersi comunque alla Corte Europea che continuera’, da un lato, a garantire la piu’ ampia tutela prevista dalla c.e.d.u. e, dall’altro, a condannare gli stati aderenti che si siano resi responsabili di violazioni  alle norme della c.e.d.u..

 

A titolo meramente esemplificativo, si segnala che particolare importanza – per l’impatto e la risonanza notevoli degli effetti prodotti – e’ stata unanimemente attribuita (tra le numerose altre disponibili) alla sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo emessa nel caso Scordino contro Italia (ricorso n. 36813/1997), pubblicata il 29.7.2004, pur espressamente citata dalla richiamata sentenza costituzionale n. 348/2007.

Con la citata sentenza emessa sul caso Scordino, la Corte Europea (in disaccordo con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale) ha stabilito:

  • che la norme della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo sono applicabili direttamente all’interno dell’ordinamento di ogni stato contraente (e dunque anche l’Italia);
  • che tutti i giudici degli stati contraenti sono tenuti ed obbligati all’applicazione diretta delle norme della convenzione ogni qual volta ne ravvisino la violazione;
  • che la giurisprudenza e le sentenze della Corte Europea, in quanto ritenute dalla stessa Corte parte integrante della convenzione, sono parimenti vincolanti per i giudici degli stati contraenti;
  • che (con particolare riferimento alla tutela del diritto di proprieta’) la normativa prevista  dal d.p.r. n. 327/2001  costituisce una violazione dei principi contenuti nell’art. 1 Protocollo n. 1 (normativa ora abrogata dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale e superata dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007).

Anche per il Consiglio di Stato i principi e le norme della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo hanno una diretta rilevanza e trovano diretta applicazione nell’ordinamento italiano.

 

L’interpretazione articolata nei termini indicati e’ stata adottata autorevolmente anche dal Consiglio di Stato (sezione IV n. 3752 del 27.6.2007 e sez. IV n. 2582 del 21.5.2007) il quale ha testualmente stabilito che “i principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiche’:

  • per l’art. 117/1 della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
  • per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, … in quanto principi generali del diritto comunitario»;
  • per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha piu’ volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II 30 maggio 2000, ric. 31524/96, gia’ segnalata in data 29 marzo 2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si e’ posta in diretto contrasto con l’art. 1 prot. 1 della Convenzione la prassi interna sulla <espropriazione indiretta>, secondo cui l’amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU  Sez. IV 17 maggio 2005; Sez. IV 15 novembre 2005, ric. 56578/00; Sez. IV 20 aprile 2006).”

 

Tra le numerose sentenze emesse dalla C.E.D.U.  che hanno stabilito la prevalenza della normativa della convenzione su quella italiana che dunque deve cedere il passo ai fini della completa tutela del diritto di proprieta’ colpita da espropriazione si segnalano le seguenti (ottenute con il ministero di questa difesa): C.E.D.U. 30.6.2009 Mandola contro Italia; C.E.D.U. 16.12.2006 Ippoliti contro Italia; C.E.D.U. 5.10.2006 Capoccia contro Italia; C.E.D.U. 6.7.2006 Grossi contro Italia.

 

Si ritiene dunque  di poter affermare che un legittimo recepimento dei principi appena illustrati non puo’ non comportare l’integrale serio ristoro a fronte della espropriazione dei beni privati. Diversamente risulterebbe palese ed incontrovertibile  la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 aggiunto alla Convenzione ed a tal fine si precisa che la violazione stessa andrebbe individuata nelle seguenti circostanze:

  • nell’incompatibilita’ con il principio stabilito dall’art. 1 del Protocollo n. 1 della interferenza subita dal cittadino espropriato con il diritto al pacifico godimento della proprieta’;
  • nella manifesta ingiustizia ed insufficienza della indennita’ di esproprio qualora essa non fosse parametrata sulla base dell’effettivo valore venale di mercato del terreno;  
  • nella ingiustizia che ricadrebbe sul cittadino espropriato laddove tale differenza di valore non fosse integralmente indennizzata;
  • nella mancanza del giusto equilibrio tra i requisiti e gli obiettivi dell’interesse generale della collettivita’ e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.

 

  • TRATTATO LISBONA (RATIFICATO CON LEGGE 2.8.2008 N. 130)
  • CORTE DI CASSAZIONE  ORDINANZA N. 23934 DEL 22.9.2008

Fermo restando quanto sopra prospettato, per completezza di indagine appare opportuno segnalare che (gia’ prima della entrata in vigore in data 1.12.2009 del Trattato di Lisbona), all’applicazione diretta ed immediata nell’ordinamento giuridico delle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo era stata concessa una ampia apertura con la nota ordinanza n. 23934 del 22.9.2008 con la quale la Corte di Cassazione, dopo aver richiamato i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale con le note sentenza n. 348 e n. 349 del 24.10.2007  in materia di efficacia ed applicabilita’ delle norme previste dalla Convenzone Europea, aveva stabilito che tali principi appaiono ora superati per effetto del quadro normativo delineatosi a seguito del Trattato di Lisbona ed in particolare aveva chiarito:

  • che “il 13 dicembre 2007 i capi di Stato e di Governo dei ventisette membri dell’Unione Europea hanno sottoscritto a Lisbona il trattato che modifica il trattato sull’Unione e quello istitutivo della Comunità Europea. Oltre a modifiche formali ai testi dei trattati indicati (…l’art. 6 del nuovo trattato riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione, sottoscritta a Nizza il 7 dicembre 2000…), e prevede l’adesione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, stabilendo, comunque, che i diritti fondamentali garantiti da detta convenzione e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri costituiscono principi generali del diritto dell’Unione”;
  • che “con la ratifica del trattato di Lisbona, di cui alla legge 2.8.2008 n. 130, si dovrebbe quindi aprire la strada all’APPLICAZIONE DIRETTA DELLE NORME DEL TRATTATO STESSO E DI QUELLE ALLE QUALI IL TRATTATO FA RINVIO…”.

 

  • TRATTATO LISBONA (RATIFICATO CON LEGGE 2.8.2008 N. 130)
  • LE NORME CEDU SONO OGGI, A TUTTI GLI EFFETTI, NORME DI DIRITTO COMUNITARIO

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.


E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.

  • ART. 16 BIS/5  LEGGE 4.2.2005 N. 11 (C.D. LEGGE COMUNITARIA) COME MODIFICATO DALL’ART. 6 LEGGE 25.2.2008 N. 34  (GIA’ ART. 1/1217 DELLA LEGGE 27.12.2006 N. 296 

 

Anche le autorita’ esproprianti, gia’ in sede di procedimento amministrativo di esproprio (e non solo i Giudici italiani in sede processuale), devono garantire e dare applicazione diretta nell’ordinamento alle norme della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo.

L’art. 16/5 della legge 4.2.2005 n. 11  (legge in materia di “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”) come modificato dall’art. 6 della legge 25.2.2008 n. 34 (gia’ art. 1/1217 della legge n. 296/2006) ha previsto l’obbligo per l’autorita’ espropriante di prestare rispetto e di conformarsi alle norme della c.e.d.u..

Si richiama l’attenzione su una norma vigente della cui introduzione e delle cui implicazioni in termini di responsabilita’, le amministrazione esproprianti non si sono ancora pienamente avvedute. Essa peraltro fornisce la prova della immediata efficacia e della diretta applicabilita’ nell’ordinamento nazionale delle norme della c.e.d.u..

In particolare, si intende far riferimento all’art. 16 bis/5 della legge 4.2.2005 n. 11 (legge in materia di “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”) come modificato dall’art. 6 della legge 25.2.2008 n. 34 (gia’ art. 1/1217 della legge n. 296/2006) il quale ha previsto l’obbligo per l’autorita’ espropriante di conformarsi alle norme della c.e.d.u., prevedendo testualmente che “lo Stato ha altresi’ diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.”

E’ dunque appena il caso di precisare che qualora il cittadino espropriato fosse costretto a rivolgersi  all’autorita’ giudiziaria nazionale ed alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per ottenere la piena tutela del diritto di proprieta’, gli effetti economici derivanti dalla condanna di pagamento (formalmente) rivolta contro lo stato italiano sono destinati a riflettersi integralmente in danno dell’amministrazione espropriante, proprio per effetto della previsione contenuta dal citato  citato art. 16 bis/5 della legge n. 11/2005.

 

Va da se’ che tale norma non ha subito alcuna modificazione a seguito della sentenza costituzionale n. 348/2007.

  

  1. QUANTO AL VALORE DI MERCATO DEL TERREN0

Cio’ premesso, si rende ora necessario trattare la questione relativa alla legittima e corretta determinazione dell’esatto valore di mercato da assumere ai fini della indennita’ di espropriazione.

Ricostruendo le diverse stime effettuate nella vicenda da parte del Comune di OMISSIS, si puo’ constatare:

  • che la commissione interna dell’ente nella relazione datata 25.5.2007,  prendendo come riferimento i valori del listino della borsa immobiliare  del secondo semestre 2006 dell’Agenzia del Territorio zona OMISSIS ha riportato un valore di euro 2.500 per mq. (riferito ai fabbricati) e da tale valore, con metodo analitico – ricostruttivo che si avvale di coefficienti assolutamente discrezionali e per nulla codificati,  ha poi desunto il valore di mercato del solo terreno nella misura di euro 105,65 mq.;
  • che, partendo dall’indicato valore di mercato e  facendo applicazione dell’allora vigente normativa dell’art. 5 bis  d.l. n. 333/1992, ha  determinato l’indennita’ provvisoria nel valore unitario di euro 31,70 mq.;
  • che a seguito della mancata accettazione dell’indicata indennita’ provvisoria e della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007, l’ente ha rivisitato la indennita’ offerta in via provvisoria ed, avendo sempre assunto a riferimento il valore unitario di mercato di euro 105,65 mq., con il provvedimento n. 67615 del 15.10.2008 elevava il valore unitario della indennita’ provvisoria ad euro 79,23 mq.;
  • che infine, persistendo il rifiuto all’accettazione da parte delle interessate, la indennita’ definitiva di esproprio veniva determinata dalla competente commissione provinciale nel valore unitario di euro 105,65 mq.  (confermando così il valore inizialmente stimato dal comune) e cosi’ nella somma complessiva di euro 443.096,10.

L’indennita’ definitiva e’ stata dunque determinata nel valore unitario di mercato di euro 105,65 mq., restando cosi’ confermata il valore inizialmente determinato dalla commissione comunale con la relazione di stima del 25.5.2007 (doc. n. 5). Ma tale valore e’ scaturito da un’analisi assolutamente inattendibile per il metodo seguito e per i criteri utilizzati che hanno evidentemente falsato in maniera sensibile il reale ed effettivo valore di mercato del terreno in questione.

Infatti, prendendo le mosse dal valore della Borsa Immobiliare per la zona OMISSIS (che e’ zona distante e comunque urbanisticamente molto meno pregevole di quella oggetto di esproprio) nell’applicare il  metodo di valutazione analitico – ricostruttivo,  la commissione comunale ha utilizzato una serie di dati che possono definirsi “di comodo” perche’  da un lato non risultano codificati in nessuna fonte e dall’altro rivelano un elevato grado “soggettivita’” tale da consentire all’autore di pervenire esattamente al risultato auspicato.

In realta’, tutti i dati ed i coefficienti utilizzati dalla commissione (ed applicati al valore base di euro 2.500,00 asseritamente rappresentativo del valore unitario a metro quadro degli immobili edificati in zona OMISSIS) sono del tutto arbitrari, unilaterali e soggettivi (ed in molti casi con voci fittiziamente duplicate). In quanto tali, essi sono idonei, in funzione delle modalita’ con cui sono utilizzati e combinati tra di loro, a determinare il valore del terreno nella misura ritenuta piu’ conveniente. Va da se’ che nella fattispecie la misura ottenuta risulta essere decisamente sottostimata e ben lontana dai reali valori di mercato.

In realta’, il criterio di stima che comunemente e piu’ diffusamente viene seguito e’ quello cosiddetto sintetico – comparativo, il quale, valorizzando dati statistici e quindi obiettivi ed imparziali scaturenti da valutazioni degli uffici finanziari, stime giudiziarie, negozi traslativi stipulati da societa’ e per sone fisiche, assume a riferimento  prezzi e valori degli immobili situati nel medesimo tessuto urbano. La stessa Corte di Cassazione nelle sue ultime decisioni sembra accordare preferenza a detto metodo in quanto maggiormente idoneo a rivelare il prezzo dei suoli in una libera trattativa tra le parti [E d’altra parte non e’ esatto che nella specie la corte territoriale ne abbia recepito acriticamente le indagini, essendo pervenuta alla valutazione contestata dei terreni, utilizzando anzitutto il criterio sintetico – comparativo, rivolto, come e’ noto, ad accertare il presumibile prezzo del bene medesimo in base al punto di incontro della domanda e dell’offerta per immobili similari, e, quindi, facendo riferimento ai prezzi di mercato delle aree omogenee (Cass. 3175/2008, – 13958/2006; 3766/2006). Le quali d’altra parte sono state specificamente individuate dalla sentenza non soltanto in fondi ubicati nelle contrade limitrofe, pur essi oggetto di valutazione in precedenti giudizi di espropriazione,da parte della stessa Corte di appello, ma anche in atti di compravendita specificamente indicati con riferimento alla data di stipula della vendita ed al notaio rogante l’atto” (Cass. n. 21395 del 8.10.2009) (doc. n. 14) conforme Cass. n. 20447 del 23.3.2009].

Ebbene, nella condivisa prassi giudiziaria ed amministrativa, l’applicazione del criterio sintetico – comparativo rivela una incidenza media del valore del terreno in misura non inferiore al 20% del prezzo unitario del fabbricato edificabile. In alcuni caso, detta incidenza pero’ puo’ anche superare il 30 – 35 % del valore del fabbricato.

Orbene, anche assumendo a parametro l’ipotesi maggiormente penalizzante per le opponenti ed avendo a riferimento la zona a tal fine assunta dallo stesso Comune di OMISSIS  (anche se – ripetesi – la stessa non e’ neppure paragonabile con la zona OMISSIS che oggettivamente e notoriamente rappresenta un’area decisamente piu’ pregevole presenta valori decisamente piu’ elevati), calcolando una incidenza prudenziale del 20 % sul prezzo unitario dei fabbricati determinato dallo stesso comune nella somma di  euro 2.500 mq., si deve concludere che il valore unitario del terreno e’ di almeno 500,00 euro/mq..

Trattasi dunque di un valore decisamente superiore a quello di euro 105,65 mq. determinato dapprima dalla commissione comunale con la relazione di stima del 25.5.2007 e successivamente confermato dalla Commissione Provinciale Espropri con la deliberazione del 8.10.2009 fascicolo n. OMISSIS opposta in questa sede.

E’ appena il caso di precisare che laddove fosse modificato (come appare doveroso) anche il valore unitario del fabbricato determinato nella fattispecie in euro 2.500,00 mq. (gravemente sottostimato per le considerazioni gia’ prospettate in precedenza), allora l’indennita’ di esproprio e’ destinata ad essere determinata in misura ancora maggiore.

  

  • QUANTO ALL’IPOTETICA RIDUZIONE DEL 25 %
  • l’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244

Con l’art. 2 commi 89 e 90 della sopraggiunta legge 24.12.2007 n. 244, il legislatore ha colmato il vuoto normativo prodotto dalla citata sentenza costituzionale n. 348/2007 ed ha ora previsto (tra l’altro):

  • che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei  casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento;

 

Cio’ premesso in linea generale, si tratta di accertare se l’espropriazione dell’area di cui trattasi sia o meno suscettibile di essere inquadrata nelle espropriazioni finalizzate all’attuazione di interventi di riforma economica sociale e per l’effetto se la relativa indennita’ di esproprio debba o meno scontare la riduzione del 25 % in applicazione dello “ius superveniens” introdotto dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007.

Sul punto specifico, si rende necessario precisare quanto segue.

 

E’ noto infatti che la giurisprudenza della C.E.D.U. ha ammesso che l’indennita’ di esproprio possa anche non coincidere con il pieno di valore di mercato allorquando l’espropriato soddisfi due condizioni:

  • che non si tratti di un esproprio cosiddetto “isolato”;
  • che l’esproprio sia inquadrato all’interno di una riforma economico – sociale.

Emerge infatti con tutta evidenza che il legislatore nazionale, nel tentativo di arginare i maggiori costi scaturenti dall’obbligo di determinare l’indennita’ di esproprio nella misura di mercato dei terreni, ha ritenuto di poter introdurre un temperamento gia’ noto da tempo alla giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

 

Tuttavia, non puo’ sfuggire che la stessa CEDU ha ritenuto di poter applicare la citata riduzione casi del tutto eccezionali ed infrequenti tra cui a titolo meramente esemplificativo si indicano:

  • i “mutamenti radicali del sistema costituzionale di un paese quali la transizione della monarchia alla repubblica” (caso  ex-roi de Grèce et autres c. Grèce sentenza 23 novembre 2000);
  • il quadro di riforma generale dell’enfiteusi in Inghilterra  (caso James e altri contro Regno Unito);
  • la nazionalizzazione di societa’ di costruzioni aeronautica e navale prevista dal programma economico, politico e sociale del partito che aveva vinto le elezioni (caso Lithgow e altri vs Regno Unito).

 


Com’e’ evidente, si tratta di casi eccezionali ed episodici che non hanno ragionevole attinenza diretta con le espropriazioni “ordinarie”, qual e’ certamente quella oggetto del presente procedimento (intervento finalizzato alla realizzazione del piano per interventi produttivi).

 

Nelle fattispecie, appare con immediata evidenza che difettano entrambe le citate condizioni:

  • da un lato, si tratta infatti di esproprio “isolato” dotato di una propria autonomia oggettivamente limitata e che e’ circoscritto all’interno di una parte OMISSIS del territorio di Comune di  OMISSIS ;
  • dall’altro lato, non si tratta di ipotesi della “riforma economico – sociale” di cui difettano gli estremi necessari (nei termini delineati dalla giurisprudenza della Corte Europea).

Si rende necessario aggiungere che l’analisi della recente prassi amministrativa ha evidenziato che sovente e quasi sistematicamente le pubbliche amministrazioni esproprianti si sforzino di giustificare l’applicazione, sempre e comunque, della riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio in maniera pressocche’ indiscriminata. Tale prassi contribuisce tuttora a delineare una casistica estremamente dilatata per cui, di fatto, si assiste al tentativo di ricomprendere tutte le opere pubbliche (quali strade, marciapiedi, ospedali, scuole, opere di urbanizzazione, ecc.), in quanto di per se’ connotate dalla “pubblica utilità”, nell’ambito degli interventi di “riforma economico – sociale” suscettibili di beneficiare indiscriminatamente dell’abbattimento del 25 % dell’indennita’ di esproprio.

Ma una indagine piu’ seria ed attenta non può prescindere dalla rigorosa impostazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, com’è noto, ha introdotto il concetto di “riforma economico – sociale” in un quadro di circostanze derogatorie assolutamente eccezionali al principio generale del valore venale del bene espropriato (passaggio dalla monarchia alla repubblica, riunificazione delle due Germanie, passaggio dal comunismo al regime di libero mercato e le altre ipotesi indicate in precedenza).

Orbene, la Corte Europea ha sempre distinto gli espropri appartenenti alle suddette riforme economico – sociali (oggettivamente connotati da una amplissima incisivita’ sull’ordinamento e/o sul gran numero indifferenziato e non predeterminabile dei destinatari) dagli espropri cosiddetti “isolati” (oggettivamente connotati dall’assenza di incisivita’ sull’ordinamento e/o dal ridotto numero di destinatari, spesso direttamente determinabili ed addirittura inidividuabili).  Ebbene, per gli espropri cosiddetti isolati, la CEDU ha sistematicamente seguito la regola dell’applicazione del valore venale di mercato del bene espropriato.

Cio’ deve indurre l’interprete a tenere sempre presente la distinzione (da una parte) tra opere pubbliche “singole ed isolate” progettate e approvate  per ordinarie esigenze di pubblica utilita’ e (dall’altra parte)  opere pubbliche funzionali a riforme generali dell’ordinamento per scopi di sviluppo e giustizia sociale incidenti su una pluralita’ indistinta ed indeterminabile di cittadini in situazioni eccezionali  (quale, ad esempio, e’ stata a suo tempo la riforma agraria di cui alla legge 841/1950, con i relativi espropri generalizzati dei latifondi).

Appare dunque oggettivamente difficile riscontrare oggi “riforme economico – sociali”  nella accezione fatta propria dalla Corte Europea, caratterizzate cioe’ dai connotati della generalità, dell’eccezionalita’, della incisiva innovativita’ del contenuto normativo o della eversivita’ dell’assetto economico –  sociale.

Cio’ deve condurre l’interprete a ritenere che la previsione introdotta nell’articolo 37 d.p.r. n. 327/2001 dall’art. 2/89 della legge n. 244/2007 e’ destinata a rivelarsi una pedissequa ripetizione dei concetti espressi in via generale dalla Corte Europea, destinata a rimanere sul piano potenziale di astratta regolamentazione di eventuali future riforme di quel tipo.

La tesi propugnata dalle amministrazioni a favore dell’applicazione della riduzione del 25 % – ormai superata dalle prime pronunce della  Corte di Cassazione – non appare  infatti condivisibile posto che ad esempio anche gli espropri per la realizzazione di opere pubbliche in materia di sanità, di istruzione, di giustizia, di sicurezza, di trasporti sono suscettibili astrattamente di essere ricompresi nella piu’ ampia attuazione uniforme sul territorio nazionale.

Nel merito, e’ quanto discutibile che un p.d.z.   possa essere considerato alla stregua di una eccezionale e generale riforma di carattere economico – sociale, dato il suo carattere consolidato, fisiologico e ordinario e attesa la trascurabile incidenza sul mercato immobiliare, non certo elevabile al rango di mutamento dell’assetto economico e sociale (vedi Favaretto, “funzione sociale, interventi di riforma economico-sociale e indennizzo nelle espropriazioni”).

Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.

Ne’ puo’ sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennita’ di esproprio, atteso che la realizzazione del piano p.e.e.p. non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.

Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali.

 

La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha gia’ chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali (pur astrattamente idonea a giustificare una indennità di esproprio in misura inferiore all’effetto valore di mercato), allora a maggior ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio di cui trattasi per la realizzazione del p.d.z. (trattandosi manifestamente di esproprio isolato).

 

  • CORTE DI CASSAZIONE 4.2.2009 n. 2712

Con la sentenza n. 2712 del 4.2.2009 (doc. n. 15) la Corte di Cassazione ha espressamente escluso che la espropriazione di aree per la realizzazione del piano p.e.e.p. possa configurare una ipotesi di “riforma economico sociale”. In particolare, la citata sentenza ha testualmente stabilito che “e d’altra parte alla fattispecie non è invocatile neppure lo ius superveniens costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali “quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede; una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto non rientra in quest’ultima categoria individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene”.

  • Cassazione  n. 28463 del 8.10.2008

Con la sentenza n. 28463 del 8.10.2008 (doc. n. 16), la Corte di Cassazione (con riferimento all’ipotesi di esproprio finalizzato ad un piano produttivo che la giurisprudenza di merito aveva ritenuto configurasse una “riforma economico – sociale”) ha invece escluso tale interpretazione stabilendo che l’espropriazione per un piano produttivo “…non rientra in quest’ultima categoria individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone <che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene>”.

 

  • QUANTO ALL’INCREMENTO DEL 10 %

Per completezza di indagine, si rende necessario aggiungere che, ai sensi dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007,  qualora, all’esito del presente giudizio di opposizione alla stima, l’indennita’ provvisoria offerta dal Comune di OMISSIS (valore unitario pari euro 105,65 mq. da attualizzare) dovesse risultare  inferiore agli otto decimi di quella determinata in questa sede, in tal caso l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.

 

  • QUANTO ALLA INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE LEGITTIMA

Alle opponenti spetta altresi’ anche l’indennita’ di occupazione legittima per il periodo intercorrente tra la data di immissione nel possesso del fondo (4.10.2004) e la data del decreto di esproprio (12.5.2008).

Come e’ noto, l’indennita’ di occupazione legittima e’ determinata (per i terreni edificabili qual e’ quello di cui trattasi)  per ogni anno di occupazione temporanea nella misura degli interessi legali calcolati sulla somma spettante a titolo di indennita’ di esproprio.

Dalla fine di ogni anno di occupazione, al proprietario spettano altresi’  gli interessi legali (nonche’ – a giudizio di questa difesa – anche la rivalutazione monetaria istat previo assolvimento del relativo onere probatorio) sulla singola quota annuale di indennita’.

 

  • RIVALUTAZIONE MONETARIA ISTAT ED INTERESSI LEGALI
  • MAGGIOR DANNO

E’ ben noto l’orientamento della giurisprudenza secondo cui – in line di principio – in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennita’ di esproprio) spettano i soli interessi legali, a meno che il cittadino espropriato non dimostri di aver subito un maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass.  Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass.  Sez. III  27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass.  Sez. I 22.2.2000 n. 1997). 

 

Si chiede dunque che alle opponenti sia riconosciuto il diritto ad avere sulla indennita’ di esproprio sia gli interessi moratori (per il maggior danno dovuto al ritardo nel pagamento) nella misura del rendimento dei titoli di Stato con scadenza infrannuale, sia gli interessi legali calcolati in via principale sulla sorte capitale interamente rivalutata ed in subordine sulla sorte capitale via via rivalutata.

 

Del resto, si ritiene che – in conformita’ alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiche’ essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da se’ che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennita’ di esproprio rivalutata vanno poi calcolati altresi’ gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalita’ diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.

 

Tanto premesso, le opponenti indicati in premessa

C I T A N O

il Comune di OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t. a comparire dinanzi alla Corte di Appello di  sezione e C.I. designandi alla udienza che si terra’ il giorno  ……………………. 2010 ore e luogo di rito con invito a  costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c. e con espresso invito a comparire nell’udienza indicata dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. l68 bis c.p.c. con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. per sentir ivi accogliere le seguenti

C O N C L U S I O N I

Piaccia a codesta Corte di Appello, contrariis reiectis, con riferimento al terreno di comproprieta’ in pari misura delle opponenti, sito in OMISSIS  distinto in catasto al foglio OMISSIS mappale OMISSIS  esteso mq. 4194  (s.e.o.). espropriato con decreto n. OMISSIS del 12.5.2008 anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008):

 

  1. laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848  ed i relativi Protocolli addizionali ed ora immediatamente applicabile a seguito dell’entrata in vigore dal 1.12.2009 del Trattao di Lisbona ratificato dalla legge  2.8.2008 n. 130;
  2. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nella misura dell’effettivo valore di mercato del fondo espropriato espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (12.5.2008);
  3. accertare e dichiarare che l’indennita’ di occupazione legittima per il periodo compreso dalla data di  immissione in possesso (4.10.2004) fino alla data del decreto di esproprio (12.5.2008) deve essere determinata per ogni anno di occupazione temporanea nella misura degli interessi legali calcolati sulla somma spettante a titolo di indennita’ di esproprio;
  4. accertare, disporre, determinare e liquidare la indennita’ di esproprio nel valore unitario di mercato che si indica nella misura prudenziale di euro 500,00 mq. e cosi’ nella misura complessiva di euro 2.097.000,00 e/o nella diversa o maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u. ove necessaria;
  5. accertare,  disporre, determinare e liquidare la indennita’ di occupazione legittima per il periodo compreso dalla data di  immissione in possesso (4.10.2004) fino alla data del decreto di esproprio (12.5.2008) per ogni anno di occupazione temporanea nella misura degli interessi legali calcolati sulla somma spettante a titolo di indennita’ di esproprio, da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;
  6. nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio, accertare, disporre che, ai sensi dell’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, l’indennita’ di esproprio complessiva riconosciuta alle opponenti deve essere aumentata del 10 %;
  7. per l’effetto, condannare il Comune di OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento in favore degli istanti, in pari misura ed in ragione dei diritti di ognuno, e/o al versamento presso la Cassa Depositi e Prestiti:

 

  • della indennita’ di esproprio da determinarsi in via principale ai sensi dell’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla c.e.d.u. ed in subordine ai sensi dell’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, sulla base del valore venale di mercato del fondo, espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (12.5.2008)  e cosi’ nella misura complessiva di euro 2.097.000,00 e/o nella maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u. ove necessaria oltre alla rivalutazione monetaria istat ed agli interessi legali sulla somma rivalutata dalla maturazione al soddisfo;
  • dell’incremento del 10 % da calcolarsi sulla indennita’ di esproprio spettante ai sensi dell’art. 39 della legge n. 2359/1865 ed ora dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio;
  • dell’indennita’ di occupazione legittima per il periodo compreso dalla immissione in possesso (4.10.2004) fino alla data del decreto di esproprio (12.5.2008) da determinarsi  per ogni anno di occupazione temporanea nella misura degli interessi legali calcolati sulla somma spettante a titolo di indennita’ di esproprio;
  • della rivalutazione monetaria istat e degli interessi legali sulla somma rivalutata con decorrenza, quanto alla indennita’ di esproprio, dalla data del decreto di esproprio (12.5.2008) fino al soddisfo;
  • della rivalutazione monetaria istat e degli interessi legali sulla somma rivalutata con decorrenza, quanto alle singole quote e frazioni annuali di indennita’ di occupazione legittima, dalla fine di ogni anno e frazione di anno di occupazione fino al soddisfo;

 

  1. vittoria di spese.

 

Ai fini istruttori:

    • produce i documenti come numerati ed indicati;
  • chiede ammettersi,  eventuale c.t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  1. descriva brevemente il c.t.u. il terreno di cui e’ causa oggetto del decreto di esproprio n. OMISSIS del 12.5.2008 del Comune di OMISSIS;
  2. in applicazione in via principale del criterio cosiddetto sintetico – comparativo e successivamente in applicazione del criterio cosiddetto analitico – ricostruttivo (o di trasformazione), determini il c.t.u. il valore venale di mercato del terreno espropriato espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (12.5.2008) tenendo conto della edificabilita’ legale dello stesso, peraltro gia’ ammessa e riconosciuta dal Comune di OMISSIS;
  3. determini il c.t.u. la indennita’ di occupazione legittima per il periodo della relativa durata dal 4.10.2004 al 12.5.2008, quantificandone l’ammontare in relazione alle singole annualita’ e frazioni di anno.

 

Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della presente controversia supera euro

OMISIS

 

A.N.P.T.ES.
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