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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
SEZ. OMISSIS – – R.G.N. OMISSIS 5 – C.I. DOTT. OMISSIS
OSSERVAZIONI ALLA C.T.U.
DELL’ARCH. OMISSIS
OMISSIS
C O N T R O
PRESIDENTE DELLA REGIONE OMISSIS
La relazione peritale del c.t.u. e’ affetta da un grave errore di fondo che ne ha minato radicalmente l’attendibilita’.
Si tratta in particolare della verifica preliminare esperita dal c.t.u. in esito alla quale egli ha concluso che i terreni espropriati sarebbero agricoli perche’ privi della edificabilita’ legale.
Si espongono di seguito gli argomenti a dimostrazione dell’errore denunciato.
Nel paragrafo dedicato all’inquadramento urbanistico (cfr. punto 6 pagg. 11/14), il c.t.u. ha testualmente affermato quanto segue:
Conformandosi dunque in maniera acritica e passiva al citato certificato di destinazione urbanistica, il c.t.u. ha accertato la natura asseritamente agricola dei terreni espropriati.
Il c.t.u. e’ incorso in evidente errore laddove egli non e’ stato in grado di cogliere il vizio di origine che ha affetto lo stesso c.d.u., il cui contenuto egli ha invece finito per recepire in maniera del tutto acritica e peraltro contraddittoria.
A tal fine e’ sufficiente notare che la normativa emergenziale di cui all’art. 10 (“Ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012”) d.l. 22.6.2012 n. 83 ha previsto quanto segue:
Orbene, laddove il compilatore del certificato di destinazione urbanistica ha previsto che:
i terreni di cui trattasi sarebbero rimasti sempre agricoli (assoggettati all’art. 45 Ambiti Agricoli Periurbani di Rilievi Paessaggistico), egli ha operato in diretta violazione della citata normativa emergenziale.
A ben vedere, infatti, il certificato di destinazione urbanistica ha ignorato del tutto che l’art. 10/3 d.l. 22.6.2012 n. 83 aveva previsto che l’approvazione delle localizzazioni della aree di occupare, se derogatoria dei vigenti strumenti urbanistici, costituisce variantE degli stessi.
Se dunque prima dei provvedimenti di localizzazione del 14.9.2012, 20.9.2012, 3.10.2012 e 10.10.2012, i terreni espropriati avevano “destinazione agricola“, a seguito dei citati provvedimenti di localizzazione essi sono hanno acquisito la “destinazione d’uso di area di ricovero“.
La nuova destinazione urbanistica e’ stata impressa direttamente agli stumenti urbanistici vigenti per espressa previsione di legge (senza cioe’ la necessita’ che il comune adottasse alcun atto amministrativo a tal fine), atteso che lo stesso citato art. 10/3 d.l. n. 83/2012 afferma che in tal caso le localizzazioni costituivano “ope legis“ VARIANTE agli strumenti urbanistici.
Poiche’ pero’ il certificato di destinazione urbanistica (al quale il c.t.u. si e’ pedissequamente conformato, senza alcun vaglio crtico) e’ stato redatto ignorando del tutto la nuova destinazione impressa ai terreni espropriati (“area di ricovero“) e la sua conseguente efficacia di variante urbanistica, appare incontestabile che il c.t.u. ha determinato la indennita’ di esproprio sulla base di una destinazione urbanistica oggettivamente errata (destinazione agricola) perche’ superata e modificata per effetto della sopraggiunta nuova destinazione con efficacia di variante (destinazione ad area di ricovero) imposta dall’approvazione delle localizzazioni delle aree espropriate.
La gravita’ dell’errore del c.t.u. e’ altresi’ amplificata dalla circostanza che quantunque egli stesso abbia riportato testualmente, nella premessa della relazione peritale, la previsione del citato art. 10/3 d.l. n. 83/2012 (cfr. pag. 7), tuttavia ha poi operato acriticamente senza averlo tenuto in alcun considerazione, con cio’ dimostrando di non averne neppure colto il senso, pur cosi’ evidente.
Sempre con riferimento alla questione della destinazione urbanistica il c.t.u. ha altresi’ aggiunto quanto segue:
Le citata affermazioni rivelano la particolare gravita’ dell’errore in cui e’ incorso il c.t.u., laddove egli non si e’ neppure avveduto che l’approvazione delle stesse localizzazioni delle aree espropriate (disposte per effetto dei relativi provvedimenti del 14.9.2012, 20.9.2012, 3.10.2012 e 10.10.2012) aveva di per se’ costituito variante agli strumenti urbanistici vigenti.
Quanto all’affermazione, altrettanto arbitraria, secondo la quale non sarebbe intervenuta alcuna specifica variazione degli strumenti urbanistici nel periodo intercorrente tra la data del sisma del 29.5.2012 e la data della suddetta variante apportata al Piano Strutturale del Comune sono la con la delibera consiliare n. 50 del 7.5.2014, e’ sufficiente ribadire ribadire che la nuova destinazione urbanistica (area di ricovero) e’ stata impressa direttamente agli stumenti urbanistici vigente per espressa previsione di legge (senza cioe’ la necessita’ che il comune adottasse alcun atto amministrativo a tal fine).
Desta infine somma perplessita’ anche il passaggio con cui il c.t.u., cimentandosi in un ardito esercizio interpretativo, ha tentato di attribuire alla destinazione “area di ricovero“ un significato del tutto improbabile, manifestamente infondato e certamente incompatibile con la normativa e con la fattispecie.
In particolare, dopo aver premesso che, “…come data a cui riferire la destinazione urbanistica per la determinazione della INDENNITA’ DI ESPROPRIO…“, il citato art. 10 d.l. n. 83/2012 indicherebbe espressamente quella antecedente al sisma (29.5.2012) (cfr. pag. 14 righi 17/18), il c.t.u. ha quindi desunto che la destinazione d’uso ad aree ricovero “…non possa essere assimilato ad una ordinaria trasformazione urbanistica che consenta capacita’ edifcatoria…“ (cfr. pag. 14 righi 19/20).
Egli ha aggiunto che, a suo giudizio, per area di ricovero debbano intendersi “…aree istituite per ospitare temporaneamente, in caso di calamita’, servizi di emergenza, tendopoli o, come nostro caso, alloggi abitativi prefabbricati removibili“, precisando altresi’ che i moduli abitativi realizzati a Cavezzo non sarebbero permanenti e “…potranno essere smontati a fine emergenza abitativa, ripristinando lo stato quo ante“ (cfr. pag. 14 ultimi 4 righi e pag. 15 primi 2 righi).
Il c.t.u. ha addirittura evocato il glossario tecnico – giuridico della Protezione Civile secondo il quale per le aree di ricovero “Il periodo di permanenza di tale aree sara’ compreso tra pochi mesi e qualche anno“ (cfr. pag. 15 righi 12/13).
Egli ha dunque concluso che la destinazione dei terreni espropriati ad area di ricovero “…non abbia prodotto ipso facto un cambio di destinazione da area agricola ad area edificabile…“ (cfr. pag. 15 ultimi 5 righi).
I citati rilievi possono essere tutti facilmente rintuzzati perche’ manifestamente infondati e solo stumentalmente diretti a deprimere la misurta dell’indennita’ di esproprio spettante alla societa’ opponente.
In primo luogo, e’ errata, superficale e parziale la lettura che il c.t.u. ha dato dell’art. 10 d.l. n. 83/2012, laddove la norma rimanda alla destinazione urbanistica antecedente la data del sisma del 29.5.2012:
“L’INDENNITÀ DI PROVVISORIA occupazione o di espropriazione è determinata dai commissari delegati entro dodici mesi dalla data di immissione in possesso, tenuto conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29 maggio 2012” (comma 4 seconda parte).
A ben vedere, il riferimento a quel passaggio specifico dell’evocato art. 10/4 si rivela del tutto inutile, se non addirittura dannoso, atteso che esso non puo’ trovare applicazione nella fattispecie per almeno due motivi ostativi:
Non puo’ dunque il c.t.u. pretendere di forzare l’applicazione della norma al di fuori dei presupposti previsti dalla stessa ed a fattispeci diverse che essa stesa non prevede.
Ecco allora che, in assenza di alcun utile appiglio normativo, non pare ammissibile sostenere che le destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29 maggio 2012 debbano vincolare anche la determinazione della indennita’ definitiva di esproprio (che ovviamente e’ diversa dalla indennita’ PROVVISORIA di esproprio) richiesta dal proprietario al GIUDICE (che ovviamente e’ soggetto diverso dai commissari delegati), con il giudizio di opposizione alla stima.
Diversamente opinando, si rischierebbe di reintrodurre nell’ordinamento (peraltro in maniera spuria ed in via interpretativa) lo stesso principio contenuto nella norma che a suo tempo fu gia’ colpita da illegittimita’ per effetto della nota sentenza n. 5/1980 della Corte Costituzionale (in merito si rimanda per brevita’ a quanto prospettato nel punto 1.1 del ricorso introduttivo pagg. 10/12).
Cio’ premesso, suscita ancora piu’ gravi perplessita’ l’interpretazione del tutto personale e singolare che il c.t.u. ha tentato di prospettare della espressione “area di ricovero“, in relazione alla quale la occupazione sarebbe limitata ad un breve arco temporale asseritamente compreso “tra pochi mesi e qualche anno“ (cfr. pag. 15 rigo 13)
L’interpretazione prospettata si dissolve e rivela tutta la sua inattendibilita’ solo che si consideri che se la occupazione delle aree di cui trattasi fosse davvero limitata nel tempo, allora non ci sarebbe alcun valido motivo per cui l’amministrazione sia stata costretta a provvedere all’ESPROPRIO delle aree (che ovviamente implica la perdita definitiva della proprieta’ a tempo indeterminato). In tal caso infatti, l’amministrazione piu’ verosimilmente avrebbe potuto (e dovuto) provvedere solo alla OCCUPAZIONE TEMPORANEA delle aree ai sensi dell’art. 49 d.p.r. n. 327/2001 (che implica invece la perdita solo temporanea del possesso delle aree per un periodo limitato), e non invece all’esproprio definitivo delle stesse.
L’interpretazione del c.t.u., manifestanente infondata per essere stata fondata su elementi giuridicamente contraddittori, e’ smentita dagli stessi atti del procedimento di esproprio, il cui significato immediato e le cui implicazioni egli non e’ stato neppure in grado di cogliere.
Infine, e solo per completezza di indagine, e’ appena il caso di aggiungere che, ai fini della temporaneita’ della permanenza, si rivela errato ed inutile anche il rilievo che il c.t.u. ha fatto in ordine alla presunta natura provvisoria dei moduli abitativi, i quali non sarebbero permanenti ma facilmente rimuovibili. Infatti (anche volendo sottacere i facili riferimenti alle tristemente note esperienze gia’ vissute occorse in occasioni dei precedenti eventi sismici, anche molto risalenti nel tempo), appare sufficiente limitarsi a constatare che il c.t.u. ha ignorato che la stessa normativa impone la necessita’ di acquisire il permesso di costruire anche per manufatti rimuovibili [cfr. art. 3/1 lett. e.5) d.p.r. n. 380/2001 significativamente intitolato “definizione degli interventi edilizi” secondo cui per sono da considerare compresi tra gli “interventi di nuova costruzione” anche “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili…”].
Infine, e per completezza di indagine e comunque solo in via subordinata, la stima del c.t.u. e’ errata ed inattendibile perche’, laddove ha continuato a far riferimento alle “qualita’ agronomiche” dei terreni espropriati (cfr. pag. 18 rigo 10), essa e’ stata redatta anche in violazione dei principi stabiliti dalla nota sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale. Anche in questo caso, il c.t.u. si e’ limitato ad enunciare la citata sentenza, di cui pero’ non ha tenuto alcun conto.
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Tanto premesso, la relazione peritale del c.t.u. si rivela radicalmente errata ed inattendibile e per l’effetto si chiede al c.t.u. di voler procedere alla redazione di una nuova stima che tenga conto dei rilievi di cui sopra in punto di edificabilita’ legale delle aree espropriate.
OMISSIS