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Memoria di Replica sull’Ammissibilità dell’Opposizione alla Stima di Esproprio e sulla Destinazione Urbanistica della Particella

I Termini per l’Opposizione alla Stima di Esproprio: Normativa e Giurisprudenza

Edificabilità, Destinazione Urbanistica e Valore della Particella Espropriata

Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE

CORTE DI APPELLO DI OMISSIS

SEZIONE OMISSIS  – R.G.N. OMISSIS – C.I. DOTT.SSA OMISSIS (UDIENZA P.C. DEL OMISSIS )

 

MEMORIA DI REPLICA

 

  • OMISSIS

OMISSIS

(proprietari espropriati)  Avv. OMISSIS

 

C O N T R O

  • Comune di OMISSIS
  • (amministrazione espropriante) (Avv. OMISSIS)

 

 

Si rende necessario replicare brevemente alle affermazioni formulate da controparte perche’ infondate ed erronee.

 

  • quanto alla inammissibilita’ dell’opposizione del comune per tardivita’

Non ha alcun pregio la difesa del comune nel tentativo di sottrarre alla inammissibilita’ il giudizio di opposizione dallo stesso proposto.

E’ infatti  indiscutibile e provato in atti:

  • che in data 5.2011 il Comune di OMISSIS ha emesso il decreto di esproprio;
  • che in data 9.2011 il comune ha avuto piena ed esaustiva conoscenza del contenuto della stima peritale comunicatagli dalla Commissione Provinciale Espropri;
  • che pero’ solo in data 11.2011 il Comune di OMISSIS ha proposto il giudizio di opposizione alla stima a seguito della consegna all’ufficiale giudiziario del relativo atto di citazione.

Il comune dunque si e’ difeso invocando la distinzione (tracciata  dalla nota sentenza n……. della Corte di Cassazione)  tra comunicazione di deposito e notificazione della stima peritale, in relazione alle quali decorrerebbero rispettivamente il termine ordinario  ed il termine perentorio (entrambi di trenta giorni) per la proposizione del giudizio di opposizione alla stima.

Ma, nei termini prospettati, la difesa dell’ente e’ infondata, quanto meno per  aver fatto confusione tra il contenuto degli adempimenti partecipativi previsti dalla legge ed i relativi termini  che ne discendono.

 

Si  rende necessario ricordare ancora:

 

  • che l’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 prevede che Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’articolo 27 comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall’articolo 29 d.lgs. 1.9.2011 n. 150”;

 

  • che l’art. 27 d.p.r. n. 327/2001 prevede cheLa relazione di stima è depositata dai tecnici ovvero della commissione provinciale presso l’ufficio per le espropriazioni. L’autorità espropriante dà notizia dell’avvenuto deposito mediante raccomandata con avviso di ricevimento e segnala la facoltà di prenderne visione ed estrarne copia” (primo comma) e che “Decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito, l’autorità espropriante, in base alla relazione peritale e previa liquidazione e pagamento delle spese della perizia, su proposta del responsabile del procedimento autorizza il pagamento dell’indennità, ovvero ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti” (secondo comma);

 

  • che l’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011 prevede che “L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio…”.

 

L’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 (che – si noti – non e’ stato abrogato dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2011) disciplina  l’ipotesi ben circostanziata in cui, in presenza della  gia’ avvenuta notifica del decreto di esproprio, pervenga alle parti ivi indicate  (con semplice raccomandata) la comunicazione che informa solo dell’avvenuto deposito della stima peritale. L’inoltro della citata comunicazione, dal momento che informa  le parti  in ordine al solo avvenuto deposito (non anche il contenuto della stima), impedisce semplicemente la proposizione dell’azione per trenta giorni. Il termine dunque e’ chiaramente dilatorio ed e’ previsto al fine di consentire al proprietario (al quale la comunicazione e’ inviata pero’ dalla autorita’ espropriante) di valutare e ponderare la stima dopo averne preso visione (art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001).

Una volta determinata in sede amministrativa la indennita’ definitiva di esproprio, l’autorita’ espropriante e’ chiamata ad approntare due diversi adempimenti dai quali scaturiscono effetti e termini diversi. In particolare, l’autorita’ espropriante:

  • procedera’ ad inviare, con semplice raccomandata, al proprietario la relativa comunicazione che lo informa solo dell’intervenuto deposito della stima peritale (art. 54/1 prima parte ed art. 27/2);
  • procedera’ alla notifica della stima peritale al proprietario nelle forme degli atti previste dal codice di rito (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011).

Orbene, con riferimento al primo adempimento, l’invio alle parti  della comunicazione dell’intervenuto deposito della stima peritale obbliga rispettivamente l’autorita’ espropriante [che abbia ricevuto la comunicazione dalla Commissione Provinciale Espropri (come appunto nella fattispecie)] ed il proprietario (che abbia ricevuto la comunicazione dall’autorita’ espropriante) a  rispettare il termine dilatorio di trenta giorni prima di poter  proporre  l’azione di opposizione alla stima. In entrambe le citate ipotesi pero’, l’azione deve essere  necessariamente proposta nella forma della domanda di determinazione giudiziale dell’indennita’” (art. 54/1 seconda parte d.p.r. n. 327/2001) proprio perche’  alle parti non e’ stata estesa la conoscenza anche del contenuto della stima peritale contenente cioe’ la indicazione delle indennita’ espropriative determinate in via definitiva.

Con riferimento invece al secondo adempimento, la notifica della stima peritale obbliga il proprietario a proporre il giudizio (tipico) di opposizione alla stima rispettare entro il termine perentorio di trenta giorni.

Ma gli elementi caratterizzanti il caso oggetto del presente non consentono di inquadrare la  fattispecie nell’ambito dell’art. 54/1 prima parte d.p.r. n. 327/2001. Infatti, in data 30.9.2011 al Comune di OMISSIS e’ pervenuta dalla Commissione Provinciale Espropri non la sola comunicazione dell’intervenuto deposito della stima peritale ma bensi’ la relazione peritale nella sua interezza (contenente cioe’ i dati ed i valori stabiliti  ai fini della indennita’ definitiva di esproprio). Tale circostanza  risulta dimostrata dalla stessa nota prot. n. 29 del 26.9.2011  (vedi doc. n. 14 fascicolo del comune  r.g.n. OMISSIS ) con la quale la Commissione Provinciale Espropri  non si e’ semplicemente limitata ad informare il comune  in ordine all’intervenuto deposito della relazione peritale, ma ha rappresentato all’ente il contenuto integrale ed i dati estimativi e metrici della stessa relazione peritale.

 

Cio’ chiarito, appare significativo che la stessa della Corte di Cassazione 28.2.2011 n. 4880 evocata da controparte offre paradossalmente ulteriori argomenti proprio alla tesi dell’inammissibilita’ dell’oppposizione spiegata dal comune:

 

“In base al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, commi 2 e 3, solo decorso il termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, l’espropriante Comune di Rimini poteva autorizzare il pagamento dell’indennità o il deposito di essa presso la Cassa depositi e prestiti e, successivamente, emettere il decreto di esproprio, mentre, ai sensi del comma 1, dell’art. 54 dello stesso D.P.R., solo superato il medesimo termine dilatorio decorrente dalla comunicazione del deposito della stima, l’espropriato o il promotore dell’espropriazione, cioè nel caso il Comune stesso, possono impugnare la stima dei tecnici e chiedere la liquidazione giudiziale della indennità di espropriazione entro il termine perentorio di cui al secondo comma, decorrente dalla notificazione degli atti in tale norma espressamente indicati(ora art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011).

“Il ricorso esattamente afferma la negazione del carattere perentorio del termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2, essendo chiaro dalla lettera della legge che tale termine e’ solo dilatorio, imponendo a tutti di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno un mese dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino al termine perentorio di cui all’art. 54, comma 2, che decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima se successiva all’atto ablatorio, termine che non corrisponde in alcun modo a quello dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2 e art. 54, comma 1, ed è comunque diverso da quello che la legge stessa pone, a pena di decadenza, nel secondo comma di tale norma, a decorrere dalla notificazione degli atti previsti nella norma e che rientra quindi tra quelli perentori di cui all’art. 152 c.p.c..

Erroneamente si e’ qualificato quindi a pena di decadenza, dalla Corte di merito, un termine dilatorio, solo decorso il quale il diritto di opporsi alla stima era esercitatile fino al termine di trenta giorni dopo la notificazione del decreto di esproprio o della stima successiva a tale atto, come non e’ dedotto da nessuna delle parti in causa”.

 

Se l’azione spiegata dal Comune di OMISSIS fosse stata esperibile decorso il  termine dilatorio di trenta giorni, il comune (in coerenza con la previsione dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e con il principio stabilito dalla evocata sentenza n. 4880/2011 della Corte di Cassazione) avrebbe potuto e dovuto chiedere alla Corte di Corte solo  la “determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio” (che ovviamente  presuppone la mancanza della determinazione della indennita’ de finitiva di esproprio). Ma con l’atto di citazione introduttivo del giudizio iscritto al r.g.n. 6670/2011, il Comune di OMISSIS ha invece chiesto espressamente “…in riforma della suddetta stima eseguita dalla Commissione Provinciale per la determinazione dei v.a.m. e delle Indennita’ di Espropriazione ed Occupazioni di OMISSIS con atto prot. n. 29 del 26.9.2011, determinare secondo legge e secondo il dovuto l’indennita’ di esproprio…” (vedi conclusioni rassegnate a pag. 6). A ben vedere l’azione spiegata dal comune integra tutti gli estremi della ordinaria e tipica opposizione alla stima avverso la indennita’ di esproprio e pertanto il comune non puo’ utilmente invocare ne’ il termine dilatorio di trenta giorni previsti dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2011 ne’ tanto meno il principio stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4880/2011 poiche’  entrambi i citati parametri fanno riferimento alla diversa ipotesi della domanda di “determinazione giudiziale della indennita’”.

 

Se si ritenesse (come erroneamente prospettato da controparte) che la ricezione della relazione peritale  nel suo contenuto integrale  (con conseguente piena ed effettiva conoscenza dello stesso) non comporta per il comune la decorrenza  termine perentorio di trenta giorni per la proposizione della opposizione alla stima, si arriverebbe alla conclusione del tutto inammissibile che in tal caso  il comune avrebbe a disposizione  un termine (che non potrebbe nemmeno piu’ dirsi  perentorio)  piu’ lungo e/o comunque diverso da quello previsto per il privato espropriato. In altri termini (a dire di controparte), una volta ricevuta dalla Commissione Provinciale Espropri la stima peritale nel suo contenuto integrale, il comune non avrebbe il termine perentorio di trenta giorni per la proposizione del giudizio di opposizione alla stima ma al contrario sarebbe libero di decidere l’”an” ed il “quando” di tale azione. Cio’ ovviamente consentirebbe al comune di avere un termine discrezionalmente (arbitrariamente) piu’ ampio  per contestare la indennita’ di esproprio, mentre al privato sarebbe riservato il termine perentorio di soli trenta giorni, con evidente disparita’ di trattamento tra le parti.  Ma si ricorda che tale interpretazione e’ stata gia’ colpita dalla censura di incostituzionalita’. E’ noto infatti che – gia’ sotto la  previgente  legge n. 865/1971 (il cui art. 20/4  che “Contro la determinazione dell’indennità gli interessati possono proporre opposizione davanti alla corte d’appello competente per territorio, con atto di citazione notificato all’occupante entro trenta giorni dalla comunicazione dell’indennità a cura del sindaco nelle forme prescritte per la notificazione degli atti processuali civili”) – con la sentenza 27.7.1992 n. 365 (doc. n. 11 fascicolo ricorrenti r.g.n. 6670/2011), la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 20, quarto comma, nella parte in cui non prevede(va) che anche l’espropriante possa proporre opposizione davanti alla corte d’appello contro la determinazione dell’indennità di occupazione dei beni da espropriare, con atto di citazione notificato alle controparti nei modi ivi stabiliti e, quando l’espropriante sia il comune, con decorrenza del termine per l’opposizione dal giorno in cui sia pervenuta al comune stesso la comunicazione della determinazione di detta indennità da parte della commissione prevista dall’art. 16. Il tentativo di riproporre ora la stessa chiave di lettura delle norme che presidiano il procedimento di esproprio deve ritenersi del tutto inammissibile e destinato all’insuccesso.

 

 

  • quanto alla destinazione urbanistica della particella 790

La difesa avversaria ha sostenuto (vedi comparsa conclusionale pag. 5 punto 3.1) che la particella OMISSIS sarebbe priva della edificabilita’ legale  atteso che anche la  c.t.u. (di cui ha richiamato la pag. 11) avrebbe attestato che la destinazione urbanistica in parte in “zona per attrezzature urbane a carattere pubblico S2” ed in parte a “zona agricola F2” discenderebbe dal p.r.g. approvato con D.M. 1788 del 1972 e dalla variante approvata con deliberazione della G.R. Lazio n. 4455 del 5.8.1987.

L’affermazione e’ falsa e peraltro rappresentata in termini parziali e  fuorvianti e con il solo intento di ingenerare confusione ed errori.

E’ infatti pur vero che la c.t.u., nell’illustrare tutto il procedimento storico  degli strumenti urbanistici susseguitisi nel tempo (vedi pag. 11), ha  premesso  che, sulla base delle previsioni  del p.r.g. approvato con D.M. 1788 del 1972 e della variante approvata con deliberazione della G.R. Lazio n. 4455 del 5.8.1987, il mappale OMISSIS ricadeva  in parte in “zona per attrezzature urbane a carattere pubblico S2” ed in parte a “zona agricola F2”. Ed’ e’ certamente pur vero che la c.t.u. abbia precisato che, alla luce della variante di P.R.G. approvata nel 1987, la classificazione in sottozona S2 – Ospedale comportava un uso unicamente pubblicistico delle aree ricadenti in tale zona.

Ma e’ altrettanto vero che la stessa c.t.u. ha aggiunto immediatamente dopo (vedi sempre pag. 11 ultimi 7 righi e pag. 12) che

“La Variante Generale adottata con le D.C.C. del 2002 e del 2004 interviene sulla pianificazione della zona, andando a modificare la zonizzazione prevista dal vecchio strumento urbanistico approvato nel 1972… Per la particella OMISSIS , l’adozione della Variante Generale al PRG, avvenuta con le suddette delibere del C.C. n. 37 del 12.4.2002 e n. 6 del 12.2.2004…con cui il Comune riclassifica una zona agricola (Variante Generale del 2002) in zona a servizi privati F5, la condizione di vincolo cambia radicalmente, dal momento che la realizzazione della previsione urbanistica non e’ piu’ riservata solamente alla pubblica amministrazione, ma puo’ essere effettuata anche dai proprietari sulla base di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire). L’adizione della Variante Generale infatti modifica la precedente destinazione urbanistica della particella OMISSIS da sottozona S2 – Ospedale (parte) e zona agricola F2 (parte), classificandola peima zona agricola E2 e poi zona F5 – Servizi Privati (PRG controdedotto)…

Anche in questo caso la zona omogenea di appartenenza (la zona F) e’ quella relativa a <attrezzature ed impianti di interesse generale> (aree da destinare a servizi ed attrezzature), ma essendo la sottozona F5 destinata ad <attrezzature e servizi privati>, ovvero riservata alla realizzazione di attrezzature private di interesse pubblico, e’ legalmente edificabile anche con intervento diretto…”.

Si aggiunga che tale destinazione urbanistica e’ divenuta  efficace ed esecutiva a seguito della pubblicazione nel BURL del Lazio n. 37/2009 del relativo accordo di programma la cui pubblicazione ha prodotto la dichiarazione di pubblica utilita’ delle opere di cui trattasi. Dunque tale era la disciplina urbanistica  vigente alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) e solo di essa deve tenersi conto ai fini dell’accertamento dell’edificabilita’ legale dell’area. Parimenti, nessuna rilevanza o efficacia possono essere ricondotte alla ulteriore modifica urbanistica (ultima in ordine di tempo) apportata per effetto della successiva  variante al p.r.g.  introdotta dalla  deliberazione consiliare n. OMISSIS del 28.12.2007. Cio’ per l’evidente ed insuperabile considerazione che la indicata “…variante generale di p.r.g. (e’ stata) approvata definitivamente con delibera della G.R. n. 347 del 13.7.2012 e pubblicata sul BUR del Lazio n. 35 del 7.8.2012…”. Si tratta cioe’ di una modifica alla disciplina urbanistica approvata ed intervenuta in data successiva al decreto di esproprio (che infatti e’ stato emesso in data 24.5.2011) di cui non puo’ e non deve tenersi alcun conto nel presente giudizio.

Per di piu’, e’ manifestamente falsa l’affermazione fatta da controparte (vedi comparsa conclusionale pag. 6 ultimi sei righi) secondo la quale il c.t.u. “…non ha potuto non concordare sull’uso esclusivamente pubblicistico dell’area (pagg. 11 e 29 della C.T.U.)”. In realta’, proprio a pag. 29 la evocata c.t.u. ha affermato che “Dopo aver riesaminato la situazione urbanistica in atto dal 2002/2004 al 2011 (…) e considerata la complessa situazione determinata dalla compresenza di un PRG vigente ed una variante generale adottata e controdedotta che modifica per la particella in esame la zonizzazione ed i relativi parametri urbanistici, si e’ concluso che l’adizione della Variante Generale e della relativa zonizzazione restituisce edificabilita’ legale all’area in esame”. Inoltre, successivamente (vedi pag. 31 ultimo capoverso), il c.t.u. ha aggiunto che “Nello specifico, l’area in esame (particella OMISSIS) non ha la possibilita’ di sfruttamente edificatorio a fini residenziali (se non per un modesto 15 % Ut) e la possibilita’ di utilizzo a fini commerciali e’ limitata alla sfera dei servizi privati…”.

 

Risulta cosi’ dimostrato che la tesi del comune e’ stata fondata su un dato parziale ed in quanto tale  fuorviante, enucleato da un contesto piu’ ampio all’esito del quale il c.t.u. ha legittimamente e coerentemente motivato la sussistenza degli estremi dell’edificabilita’ legale.

 

Per cio’ che attiene all’ulteriore rilievo secondo il quale l’area non potrebbe comunque ritenersi edificabile perche’ asseritamente compresa sia nella fascia di rispetto del “OMISSIS” sia in zona di paesaggio agrario di continuita’  di cui al P.T.P.R. adottato dalle D.G.R. n. OMISSIS del 2007, e’ sufficiente considerare che l’argomento non ha alcuna rilevanza ne’ pregio atteso che  il “OMISSIS ” non figura in alcun elenco dei corsi di acque pubbliche. In ogni caso, , come e’ ben noto, l’elenco dei corsi di  acque pubbliche e’  tenuto dagli appositi uffici regionali e dunque il comune avrebbe potuto e dovuto produrre in giudizio la relativa certificazione  con la indicazione specifica delle distanze imposte dalla fascia di rispetto (in difetto di tale prova, il rilievo assume la natura di affermazione unilaterale meramente dilatoria). Quanto al piano territoriale regionale, lo stesso c.t.p. del comune ha dovuto ammettere  che trattasi di piano solo adottato nell’anno 2007 e dunque allo stato ancora inefficace in quanto in attesa di approvazione definitiva.

 

 

Sia infine consentita una ulteriore e decisiva considerazione.

La dimostrazione, sia pure indiretta, della natura edificabile della particella 790 e’ fornita dallo stesso Comune di OMISSIS.  Si ricorda infatti che, con la gia’ allegata delibera n. OMISSIS  del 3.9.2007, il Comune di OMISSIS ha stabilito, ai fini dell’i.c.i,  in euro 230,00 mq. il valore di mercato dei  terreni compresi in zona F5. Si segnala altresi’ che tale zona ha un indice medio di edificabilita’ territoriale pari a 0,30 mq./mq. (e dunque esattamente la meta’ dell’indice di 0,60 mq./mq. espresso dalla particella OMISSIS  di cui trattasi) e si trova in ogni caso in zona piu’ decentrate e periferica di quella in disamina.

Orbene, si deve affermare coerentemente che la particella OMISSIS  non puo’ ritenersi non edificabile allorquando il comune sia chiamato a pagarne la relativa indennita’ di esproprio, mentre invece e’ ritenuta edificabile allorquando il Comune di OMISSIS deve chiederne il pagamento dei tributi locali. Va da se’ allora che se il comune ha stabilito in euro 230,00 mq. il valore di mercato dei terreni compresi in zona F5 (caratterizzati  dai dati indicati), a maggior ragione quanto meno lo stesso valore deve ritenersi riferibile anche alla particella OMISSIS,  che e’ dotata di analoga destinazione urbanistica ma caratterizzata da dati oggettivi decisamente migliori in termini di indice di edificabilita’ e di posizione.

 

Si insiste nelle conclusioni rassegnate.

OMISSIS

A.N.P.T.ES.
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