L’ordinanza n. 29162/2024 della Prima Sezione della Corte di Cassazione interviene in una complessa controversia su indennità di espropriazione e criteri di stima di un’area edificatoria, toccando questioni centrali sui limiti del giudicato, sulla funzione della consulenza tecnica e sui poteri della Cassazione in materia di accertamento di fatto e valutazione delle prove. Il caso trae origine dall’espropriazione di un fondo – già oggetto di occupazione temporanea e d’urgenza – per la realizzazione di un’edilizia scolastica a Palma Campania, con una lunga sequenza di giudizi paralleli (opposizione alla stima, giudizio per risarcimento danni, giudizio amministrativo e nuova opposizione).
Dopo l’originario decreto di occupazione (2002) e l’immissione in possesso, il contenzioso si sviluppa in tre fasi:
Il Comune di Palma Campania impugna la sentenza per:
a) Ultrapetizione: la Corte avrebbe condannato al pagamento di una somma superiore a quella effettivamente richiesta dai ricorrenti (che avevano chiesto solo i 6/7 del valore, essendo la quota di 1/7 già oggetto di cessione volontaria a terzi).
b) Prescrizione: la Corte avrebbe erroneamente ritenuto idonea l’interruzione della prescrizione tramite una raccomandata del 2015, che secondo il Comune avrebbe avuto ad oggetto il risarcimento danni e non l’indennità di esproprio.
c) Criteri di stima: la Corte avrebbe erroneamente riconosciuto la natura edificatoria del fondo e il relativo valore di mercato, senza considerare i vincoli urbanistici sopravvenuti e senza disporre una nuova CTU.
d) Mancata nuova CTU: il diniego della rinnovazione della consulenza tecnica sarebbe stato immotivato, specie alla luce delle deduzioni difensive e delle possibili incoerenze nella stima operata nel primo giudizio.
La Corte accoglie il primo motivo: la sentenza impugnata ha effettivamente condannato il Comune al deposito dell’intero valore venale (2.890.179,00 euro), quando i ricorrenti avevano richiesto espressamente solo i 6/7 della somma, al netto della quota già ceduta (pari a 2.477.296,29 euro). La condanna deve quindi essere limitata alla somma effettivamente domandata.
“Si ha riscontro, perciò, del denunciato vizio di ultrapetizione.”
Il motivo è infondato: la Corte precisa che la valutazione dell’idoneità di un atto a interrompere la prescrizione è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretta da congrua motivazione. Inoltre, la missiva inviata dai ricorrenti prima della scadenza del termine decennale, con cui si chiede il pagamento dell’indennità di esproprio (e non solo il risarcimento danni), è idonea a interrompere la prescrizione.
“La valutazione dell’idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione… costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o da errori giuridici.”
La Cassazione conferma che il giudicato formatosi sulla qualificazione del terreno (edificatorio) nel precedente giudizio di opposizione alla stima, quale antecedente logico-giuridico della statuizione sull’indennità di occupazione legittima, preclude ogni diversa qualificazione e valutazione del bene nel successivo giudizio sull’indennità di esproprio. Non possono essere rimesse in discussione, in sede di legittimità, valutazioni di fatto ormai coperte da giudicato.
“In tema di espropriazione per pubblica utilità, il giudicato formatosi sulla qualificazione del terreno, quale antecedente logico giuridico della statuizione sulla indennità di occupazione legittima… preclude ogni diversa qualificazione e valutazione del terreno medesimo nel presente giudizio.”
La Corte ribadisce che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio rimesso alla discrezionalità del giudice di merito. Il rinnovo della CTU non è obbligatorio, nemmeno a fronte di esplicita richiesta di parte, e il giudice può legittimamente fondarsi sulle risultanze di una CTU espletata in altro processo, purché le parti abbiano avuto modo di contestarne il contenuto.
“Il giudice di merito può legittimamente tenere conto… delle risultanze di una consulenza tecnica acquisita in un diverso processo…”
L’ordinanza ribadisce che il giudice non può condannare la parte soccombente al pagamento di somme superiori a quelle effettivamente domandate, anche se risultanti da indagini tecniche o da precedenti accertamenti giudiziali. Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato tutela il diritto di difesa e la certezza processuale.
Il giudicato formatosi nel precedente giudizio sulla natura edificatoria e sul valore venale del fondo vincola il giudice chiamato a decidere sull’indennità definitiva di esproprio: la funzione nomofilattica della Cassazione si ferma dinanzi all’accertamento di fatto coperto da giudicato.
La Corte ribadisce che la valutazione delle prove, delle consulenze tecniche e la scelta di rinnovare o meno la CTU rientrano nei poteri discrezionali del giudice di merito, sindacabili in Cassazione solo per vizi motivazionali gravi o errori di diritto.
Per operatori, amministrazioni e difensori, la pronuncia offre alcuni punti fermi:
L’ordinanza Cass. 29162/2024 si inserisce nel solco di una giurisprudenza che difende la certezza del diritto, la funzione del giudicato e la stabilità degli accertamenti di fatto in materia espropriativa. Essa rafforza il ruolo della domanda giudiziale come perimetro dell’accertamento, limita il sindacato della Cassazione ai soli errori di diritto e vizi motivazionali macroscopici, e riafferma l’importanza della precisione difensiva nella fase di merito.