La vicenda affrontata dall’ordinanza n. 25640/2024 della Prima Sezione Civile della Cassazione offre l’occasione per approfondire il delicato tema della legittimazione alla riscossione dell’indennità di esproprio, soprattutto nei casi in cui si verifica uno scollamento tra il dato catastale e la reale titolarità del bene. Il caso coinvolge una complessa vicenda di vicende societarie e trascrizioni non aggiornate, che si riflette sulla posizione soggettiva di chi può legittimamente pretendere l’indennità, con inevitabili ricadute anche sul piano della responsabilità dell’amministrazione espropriante.
La Sogene conferiva nel 1981 alla controllata Sogene Casa s.p.a. un ramo d’azienda comprendente i terreni poi oggetto di espropriazione. Successivamente, nel 1994, Sogene Casa si fondeva per incorporazione in Parsitalia, che così subentrava nella titolarità degli immobili. Tuttavia, tali passaggi non venivano tempestivamente volturati in catasto, per cui i beni risultavano ancora intestati a Sogene al momento dell’avvio della procedura espropriativa da parte del Comune di Roma, avvenuta nel 1998.
Il Comune notificava tutti gli atti della procedura – compresi i decreti di determinazione e di pagamento dell’indennità provvisoria – a Sogene, in quanto proprietaria secondo i dati catastali. Solo nel 2005 Sogene provvedeva a integrare la documentazione per dimostrare la proprietà, e il Ministero dell’Economia e delle Finanze procedeva al pagamento delle indennità in favore della stessa.
Parsitalia, effettiva titolare degli immobili per effetto delle operazioni societarie, iniziava allora due distinti giudizi: uno per l’opposizione alla stima dell’indennità e uno per il risarcimento danni e la restituzione delle somme percepite da Sogene.
Nel giudizio di opposizione alla stima, la Corte d’appello rigettava la domanda di Parsitalia, ma la Cassazione, con ordinanza n. 4198/2018, accertava il diritto di Parsitalia all’indennità di esproprio, nei confronti dell’ente espropriante, salvo il diritto concreto solo alla differenza tra quanto giudizialmente riconosciuto e quanto già erogato all’intestatario catastale.
Questa decisione getta luce su un principio fondamentale: la titolarità effettiva del bene prevale sulla mera intestazione catastale ai fini della determinazione del soggetto legittimato a ricevere l’indennità di esproprio.
Nel secondo giudizio, Parsitalia chiedeva la condanna di Sogene alla restituzione delle somme ricevute e del Comune di Roma al risarcimento dei danni, lamentando la corresponsione dell’indennità in difetto dei presupposti di legge e sulla base di una istruttoria carente. Il Tribunale accoglieva la domanda di restituzione nei confronti di Sogene (poi dichiarata fallita) ma la respingeva nei confronti del Comune. In appello, la domanda veniva rigettata.
Parsitalia deduceva in appello vari motivi, tra cui:
La Corte d’appello respingeva tutte le doglianze, ribadendo che l’amministrazione si era correttamente rivolta all’intestatario catastale, creditore apparente in buona fede, e che eventuali indagini ulteriori non erano giustificate in assenza di elementi allarmanti nella documentazione fornita. Il diritto del proprietario effettivo era limitato al risarcimento dei danni da ritardo imputabile all’amministrazione, non alla ripetizione dell’indennità già corrisposta.
Contro questa decisione, Parsitalia proponeva ricorso per Cassazione, articolando motivi sulla violazione delle norme in tema di espropriazione, di trascrizione e di pagamento al creditore apparente. Tuttavia, nel corso del giudizio, le parti dichiaravano la cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del giudizio e compensazione delle spese.
Questa vicenda conferma alcuni punti fermi nella materia espropriativa:
L’ordinanza n. 25640/2024, pur chiudendo il contenzioso per cessata materia del contendere, ribadisce il principio della centralità del dato catastale e della posizione del creditore apparente nei rapporti tra amministrazione espropriante e soggetto espropriato, lasciando al proprietario effettivo la via residuale del risarcimento, purché sia provato un danno da ritardo imputabile a negligenza amministrativa. In tema di espropriazione, la certezza dei rapporti e l’affidamento degli operatori restano valori imprescindibili, la cui tutela richiede attenzione sia da parte dei privati sia delle amministrazioni pubbliche.
L’insegnamento della pronuncia in esame si proietta quindi anche sul piano operativo: da un lato, sollecita i soggetti interessati a mantenere costantemente aggiornate le risultanze catastali e le trascrizioni, soprattutto in caso di passaggi societari, fusioni o conferimenti; dall’altro, invita le amministrazioni a prestare un livello di diligenza adeguato, verificando con la dovuta attenzione la documentazione prodotta e, ove emergano elementi di dubbio, a procedere con le opportune verifiche sulla titolarità effettiva. In definitiva, l’equilibrio tra esigenze di semplificazione procedurale e tutela effettiva dei diritti soggettivi è raggiungibile solo attraverso la collaborazione responsabile di tutte le parti coinvolte, nella consapevolezza che l’indennità di esproprio rappresenta non solo una garanzia patrimoniale, ma anche un presidio di legalità e giustizia sostanziale nell’azione amministrativa.
Va evidenziato, inoltre, che il principio affermato dalla pronuncia si inserisce in un contesto più ampio, caratterizzato dalla necessità di bilanciare la speditezza dell’azione amministrativa con la tutela sostanziale dei diritti reali. La Cassazione, pur riconoscendo la funzione di semplificazione assolta dal dato catastale, non esclude che la legittimazione sostanziale spetti sempre al titolare effettivo del diritto espropriato, il quale è chiamato, però, a dimostrare in modo tempestivo e documentato la propria posizione. Questo aspetto assume particolare rilievo nelle operazioni societarie complesse, dove la tempestività nell’aggiornamento delle trascrizioni diventa elemento decisivo per evitare contenziosi e per consentire una corretta allocazione delle risorse pubbliche.
Infine, la vicenda offre un ulteriore spunto di riflessione sulla responsabilità degli enti pubblici nei casi di pagamento dell’indennità a soggetti non legittimati. Se da un lato l’amministrazione può legittimamente confidare nella regolarità delle risultanze catastali e delle trascrizioni, dall’altro non può esimersi da una valutazione caso per caso, specie in presenza di situazioni che evidenzino anomalie o incertezze sulla titolarità. Solo un’amministrazione attenta, capace di coniugare efficienza e accuratezza, potrà ridurre il rischio di errori, disguidi e, soprattutto, di contenziosi che, come nel caso esaminato, possono protrarsi per lunghi anni prima di trovare una definizione.