L’indennità di esproprio rappresenta la compensazione economica riconosciuta al cittadino che subisce la perdita forzata della proprietà di un bene immobile. Nel caso dei fabbricati, l’esproprio assume particolare rilevanza per il valore patrimoniale e d’uso dell’immobile. Ogni anno, migliaia di proprietari italiani si vedono costretti a rinunciare a case, edifici commerciali o industriali per realizzazione di opere pubbliche. Conoscere i propri diritti e i criteri di calcolo dell’indennità è fondamentale per evitare ingiustizie.
Il Testo Unico sulle espropriazioni per pubblica utilità (D.P.R. 327/2001) costituisce la disciplina centrale in materia. Esso distingue tra aree edificabili, agricole e fabbricati esistenti. Gli articoli 33, 37 e 40 sono i più rilevanti per la determinazione dell’indennità.
Un fabbricato, ai fini espropriativi, è ogni costruzione stabile destinata ad uso abitativo, commerciale, industriale o misto, regolarmente autorizzata o sanata. La sua presenza implica un’indennità di valore superiore rispetto a terreni liberi.
Sono espropriabili i fabbricati che ricadono all’interno del progetto dichiarato di pubblica utilità: abitazioni, negozi, capannoni, depositi, stalle, laboratori e qualsiasi immobile funzionalmente utile alla realizzazione dell’opera pubblica.
L’art. 42 della Costituzione prevede che ogni esproprio debba avvenire per causa di pubblica utilità e con giusto indennizzo. La Corte EDU ha più volte ribadito che l’indennità deve essere “ragionevolmente commisurata al valore reale del bene”, salvo circostanze eccezionali.
L’espropriazione può riguardare l’intero fabbricato o solo una sua porzione. In caso di esproprio parziale, è previsto un risarcimento anche per il deprezzamento della parte residua.
Il valore venale è il prezzo che l’immobile avrebbe sul mercato libero, tenendo conto della localizzazione, dello stato conservativo, delle finiture, dell’accessibilità e della destinazione d’uso.
Il proprietario non deve subire alcuna perdita economica non compensata. Il ristoro deve essere integrale, includendo anche eventuali danni patrimoniali conseguenti all’esproprio.
Per le abitazioni, si considera il valore al mq, aggiornato al mercato locale, e si applicano correttivi in base allo stato manutentivo, agli impianti, alla vetustà e alla classe energetica.
La stima di un capannone industriale tiene conto della superficie, dell’altezza, degli impianti interni, della destinazione produttiva e dell’accessibilità logistica.
Gli immobili commerciali (negozi, bar, ristoranti) richiedono anche la valutazione dell’avviamento commerciale, che può incidere significativamente sul valore dell’indennizzo.
I fabbricati rurali (stalle, fienili, depositi attrezzi) devono essere stimati in base all’uso agricolo e al valore d’uso per l’imprenditore agricolo. Se funzionali all’azienda, è previsto un indennizzo ulteriore.
Se l’immobile è in area sottoposta a vincoli o destinato alla demolizione per motivi urbanistici, l’indennità può essere ridotta. Tuttavia, occorre verificare la legittimità e l’attualità del vincolo.
Vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici o di tutela possono ridurre il valore del bene. Tuttavia, il valore non può essere abbattuto in modo automatico, ma deve essere giustificato.
Gli immobili totalmente abusivi non danno diritto ad alcuna indennità. Tuttavia, se è stata presentata istanza di sanatoria o l’abuso è parzialmente sanabile, la situazione cambia radicalmente.
L’indennità può essere riconosciuta limitatamente alla parte regolare o sanata del fabbricato. È essenziale produrre documentazione tecnica e urbanistica adeguata.
La stima considera lo stato di avanzamento dei lavori e il valore potenziale a fine costruzione. Anche le opere non ultimate possono avere un’indennità proporzionale.
Se l’immobile è locato, va stimato anche il valore di redditività. La perdita di tale reddito può incidere sul risarcimento, soprattutto per immobili a uso commerciale.
L’attività esercitata nel fabbricato può essere tutelata con un indennizzo aggiuntivo se il trasferimento compromette la clientela o l’operatività aziendale.
In caso di esproprio parziale, il valore della parte non espropriata può ridursi. Questo danno è risarcibile e può incidere significativamente sull’indennizzo finale.
La presenza di inquilini o locatari incide sulla stima. L’indennità può essere ripartita tra proprietario e conduttore, soprattutto in ambito commerciale.
Si confrontano immobili simili venduti nella zona per determinare il valore medio di mercato, correlandolo con le caratteristiche del bene espropriato.
Una perizia giurata redatta da tecnico di parte è fondamentale per contestare la stima della P.A. e fornire elementi oggettivi al giudice o alla Commissione.
Il proprietario può contestare l’indennità provvisoria e definitiva. Il termine è di 30 giorni dalla comunicazione, mediante opposizione davanti al giudice ordinario.
L’indennità provvisoria è la prima offerta formulata dall’Ente. Se non accettata, si procede alla stima definitiva, che può essere contestata in sede giudiziale.
Accettando la cessione, l’indennità aumenta del 50%, ma si rinuncia alla possibilità di contestare. È una scelta strategica da valutare attentamente.
Se l’esproprio impedisce il godimento dell’immobile, il proprietario può chiedere un risarcimento separato per la perdita del reddito da locazione o d’uso.
Se l’indennità non è versata tempestivamente, il proprietario ha diritto agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria fino alla data del pagamento.
L’indennità è soggetta a tassazione come plusvalenza patrimoniale o, in alcuni casi, con imposta sostitutiva. È importante valutare la corretta imposizione.
Il decreto può essere impugnato per vizi procedurali, carenza di motivazione, mancata pubblica utilità o illegittimità della stima.
La Commissione può intervenire per stabilire l’indennità in caso di mancato accordo tra le parti. Le sue valutazioni sono tecniche e vincolanti salvo ricorso.
Il giudice può disporre una nuova stima tramite CTU e condannare l’amministrazione al pagamento dell’indennità adeguata. La causa civile è lo strumento più efficace per far valere i propri diritti.
Se l’amministrazione ha occupato l’immobile senza decreto di esproprio o con atto viziato, il proprietario può ottenere il risarcimento integrale del valore e dei danni subiti.
In casi gravi, l’esproprio può causare danni morali (perdita della casa familiare, disagi psicologici), risarcibili se provati.
L’indennità di esproprio per fabbricati non è un automatismo burocratico, ma un diritto costituzionale. Per ottenerlo, è indispensabile l’assistenza di professionisti esperti, l’attivazione tempestiva dei rimedi e la produzione di prove tecnico-legali solide.
L’indennità per un’abitazione è uguale a quella per un negozio?
No, cambia in base alla destinazione d’uso. I negozi possono ottenere anche l’indennità per avviamento.
Cosa succede se l’immobile è abusivo?
Se totalmente abusivo, non spetta indennità. Se parzialmente sanato, è possibile ottenere un indennizzo parziale.
Entro quanto tempo posso oppormi alla stima dell’indennità?
Entro 30 giorni dalla notifica dell’indennità definitiva o del decreto.
Posso rifiutare la cessione volontaria?
Sì, è sempre una facoltà e non un obbligo.
L’indennità è tassata?
Sì, può essere soggetta a imposta sostitutiva o plusvalenza, a seconda dei casi.
Nota
Come spiegato nella Sez. D6 le IA commettono errori. Per informazioni corrette visitate almeno le seguenti sezioni del Sito ANPTES