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Indennità di Occupazione Temporanea in Espropriazione per Piano di Zona

Ammissibilità della Domanda e Vizi di Notifica nella Procedura Espropriativa

Condizioni e Termini per l’Opposizione alla Stima senza Notifica al Proprietario Effettivo

Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE

CORTE DI APPELLO DI OMISSIS

R I C O R S O

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

 

DOMANDA DI DETERMINAZIONE GIUDIZIALE

DI INDENNITA’  OCCUPAZIONE LEGITTIMA

ART. 20 LEGGE N. 865/1971

(ORA ART. 54 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 LEGGE N. 150/2011)

 

  • la società OMISSIS con sede legale OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t. OMISSIS;
  • la societa’ OMISSIS con sede legale in OMISSIS in persona del legale rappresentante p.t. signor OMISSIS;

 

entrambe rappresentate e difese nel presente giudizio con poteri disgiunti giusta procura in calce dall’Avv. OMISSIS ed elettivamente domiciliati in OMISSIS, spiegano

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

 

ed in particolare formula la

 

DOMANDA DETERMINAZIONE GIUDIZIALE DI INDENNITA’  DI OCCUPAZIONE TEMPORANEA LEGITTIMA

 

ai sensi dell’art. 20 della legge n. 865/1971 (ora art. 54 d.p.r. n. 327/2001 ed art. 29 legge n. 150/2011) ed avvalendosi dei diritti e della facolta’ accordate dalla  sentenza n. 470/1990 della Corte Costituzionale, in relazione alle occupazioni temporanee eseguite da OMISSIS di cui in seguito.

 

COMUNICAZIONI DI CANCELLERIA

Ai fini delle  comunicazioni di cancelleria, si indica che l’indirizzo della posta elettronica certificata e’ OMISSIS, che l’indirizzo di posta elettronica ordinaria e’ OMISSIS  che il numero di fax e’ OMISSIS .

F A T T O

La opponente OMISSIS  era proprietaria dei seguenti terreni, estesi complessivamente  20.404 mq.,  siti nel Comune di OMISSIS distinti in catasto terreni del Comune di OMISSIS  al foglio n. OMISSIS , particelle n. OMISSIS (s.e.o.). Le aree indicate erano state acquisite dalla societa’:

  • con atto di compravendita a rogito Notaio OMISSIS di OMISSIS  del 15 maggio 1992  raccolta n. OMISSIS   repertorio n. OMISSIS  registrato a OMISSIS  in data 2.6.1992 al n. OMISSIS  e trascritto presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di OMISSIS  in data 16.5.1992 al n. OMISSIS (doc. n.  1);
  • con atto di compravendita a rogito Notaio OMISSIS di OMISSIS del 8 maggio 1992  raccolta n. OMISSIS  repertorio n. OMISSIS registrato a OMISSIS in data 25.5.1992 e trascritto presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di OMISSIS  in data 9.5.1992 al n. OMISSIS  (doc. n.  2).

 

La opponente OMISSIS. era proprietaria dei seguenti terreni siti nel Comune di OMISSIS   in località OMISSIS  distinti in catasto terreni al foglio n. OMISSIS  particelle, n. OMISSIS Le aree indicate erano state acquisite dalla societa’ opponente:

  • con atto di compravendita a rogito Notaio OMISSIS di OMISSIS  del 18.12.1992   repertorio n. OMISSIS  raccolta n. OMISSIS  registrato a OMISSIS  in data 5.1.1993  e trascritto presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di OMISSIS  in data 5.1.1993  al n. OMISSIS (doc. n. 3);
  • con atto di compravendita a rogito Notaio OMISSIS di OMISSIS del 23.12.1992 repertorio n. OMISSIS  raccolta n. OMISSIS  registrato a OMISSIS  in data 11.1.1993  e trascritto presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di OMISSIS  in data 5.1.1993  al n. OMISSIS (doc. n.  4).

 

Con determinazione dirigenziale n. OMISSIS  del 28.3.2000 (doc. n. 5), OMISSIS  – in vista della realizzazione del Piano di Zona B 37 OMISSIS  – disponeva l’occupazione temporanea e legittima dei seguenti terreni:

  1. foglio OMISSIS particelle OMISSIS (catastalmente intestate  alla societa’ OMISSIS) e particelle OMISSIS  (catastalmente intestate alla societa’ OMISSIS) (ma tutte di proprieta’ della sociata’ OMISSIS);
  2. foglio OMISSIS particelle OMISSIS (catastalmente intestate  alla societa’ OMISSIS) e particella OMISSIS  (catastalmente intestate alla societa’ OMISSIS) (ma tutte di proprieta’ della sociata’ OMISSIS).

La medesima determinazione stabiliva la durata dell’occupazione in OMISSIS mesi decorrenti dalla data della immissione in possesso, intervenuta in data 28.3.2000 come da relativo verbale (doc. n. 6).

 

Con determinazione dirigenziale  n. OMISSIS  del 1.7.2004  (doc. n. 7), OMISSIS  – in vista della realizzazione del Completamento Piano di Zona B 37 OMISSIS –  disponeva l’occupazione temporanea e legittima dei terreni di proprieta’ della opponente OMISSIS  distinti in catasto al foglio OMISSIS particelle OMISSIS.

La medesima determinazione stabiliva la durata dell’occupazione in 36 mesi decorrenti dalla data della immissione in possesso, intervenuta nel corso dell’anno 2004.

 

Alle societa’ opponenti (non ostante fossero gli effettivi proprietari delle aree occupate) il Comune di OMISSIS non ha mai notificato gli indicati atti di occupazione. Tutti gli atti del procedimento di esproprio sono stati infatti notificati ai soggetti che risultavano  essere gli intestatari catastali.

Va da sé che, in quanto proprietari effettiv ed in quanto soggetti effettivamente colpiti dal procedimento ablatorio e veri destinatari dello stesso e dunque titolari e legittimati a rivendicarne la relativa indennità, le societa’ opponenti con il presente giudizio intendono ottenere la determinazione giudiziale della indennità di occupazione temporanea e legittima.  Infatti,  non risulta allo stato che  la Commissione Provinciale Espropri abbia determinato in sede amministrativa la relativa indennita’ definitiva di occupazione.

 

M O T I V I

  • PREMESSA: INDIVIDUAZIONE DEL QUADRO NORMATIVO APPLICABILE

Come risulta  dalle stesse determinazioni che hanno disposte l’occupazione temporanea, la pubblica utilita’ delle opere di cui trattasi e’ stata pronunciata  in data antecedente alla data di entrata in vigore (30.6.2003) del d.p.r. n. 327/2001.

 

Cio’ ovviamente comporta che  la fattispecie risulta disciplinata dalla normativa previgente (legge n. 865/1971 e elegge n. 2359/1865).

 

 

  • QUANTO ALLA AMMISSIBILITA’ DELLA DOMANDA
  • (1.1) MANCANZA DELLA DETERMINAZIONE DELLA INDENNITA’ DEFINITIVA DI ESPROPRIO

 

Con il presente giudizio,  le societa’  opponenti intendono avvalersi del diritto accordato dalla nota sentenza n. 67/1990 (doc. n. 8)  con cui la Corte Costituzionale  ha stabilito che il proprietario – anche in presenza del solo decreto di esproprio –  può comunque chiedere la determinazione giudiziale della indennità di esproprio, pur in mancanza della determinazione in sede amministrativa della indennità definitiva, la quale (determinazione in sede amministrativa) dunque non si pone più quale condizione di azionabilità del relativo diritto.

 

  • (1.2) INTERVENUTA NOTIFICAZIONE DI TUTTI AGLI ATTI NON AL PROPRIETARIO EFFETTIVO MA ALL’INTESTATARIO CATASTALE E/O AL PROPRIETARIO APPARENTE

Sulla base delle emergenze documentali, nella fattispecie risulta:

  • che alla data dell’inizio delle due procedure di cui sopra, le mappe catastali indicavano come proprietari delle aree da occupare, non le societa’ opponenti (benche’ queste ne avessero acquistato la proprieta’ sin dalle date dei singoli atti di acquisto gia’ indicati), ma bensìi’ gli altri soggetti ivi indicati e riportati nelle determinazioni medesime;
  • che le citate determinazioni di occupazione furono emesse ed eseguite nei confronti dei soggetti che risultavano gli intestatari  catastali e/o i proprietari apparenti (ma che non erano pero’ i proprietari effettivi);
  • che tuttavia le determinazioni dirigenziali medesime  recavano  l’esatta indicazione delle aree da occupare (che erano proprio quelle di proprieta’ delle societa’ opponenti);
  • che, proprio per tale ragione, le societa’ opponenti sono rimaste pretermesse dal procedimento di occupazione temporanea.

Orbene, in relazione a tale particolare assetto del procedimento di esproprio, la giurisprudenza di legittimita’ [Cass. n. 21622 del 15.11.2004 (doc. n. 9)] ha testualmente stabilito:

  • che “la procedura ablativa e’ stata avviata nel puntuale rispetto delle disposizioni degli 10 e 13 della legge n. 865/1971 (vigente “ratione temporis”) secondo le quali l’ente espropriante e’ tenuto a depositare “le mappe catastali sulle quali siano individuate le aree da espropriare” e “l’elenco dei proprietari iscritti negli atti catastali”, dopo di che l’autorità preposta “pronunzia… l’espropriazione sulla base dei dati risultanti dalla documentazione di cui all’art. 10”;
  • che “dunque la procedura ablativa deve ritenersi effettuata validamente siccome per tutta la sua durata i proprietari sono risultati essere i nominativi indicati catastalmente”;
  • che, “di conseguenza, nessuna notificazione o comunicazione degli atti espropriativi doveva essere fatta alla società opponente (quale proprietaria effettiva), una volta condotta legittimamente la procedura nei confronti degli intestatari catastali”;
  • che il proprietario effettivo, una volta avuta conoscenza degli atti del procedimento di esproprio “…aveva(no) la possibilità di rendersi conto che vi era stata una procedura di esproprio e che perciò la via da seguire per ogni contestazione non era quella dell’azione tesa a conseguire il risarcimento del danno per accessione invertita, di competenza del Tribunale, sibbene quella diversa della opposizione alla indennità di esproprio, di competenza della Corte d’Appello quale giudice di grado unico, restando così confermato che i predetti “non potevano agire innanzi al Tribunale per far valere una pretesa risarcitoria per un fatto di occupazione acquisitiva che e’ risultato inesistente per avere il comune acquisito la proprietà del terreno per la diversa via dell’espropriazione“.

Con la citata sentenza n. 21622/2004, la Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito in maniera testuale:

  1. “per un verso, che la procedura espropriativa prevista dalla legge 22.10.1971 n. 865, per quanto riguarda l’individuazione del soggetto passivo, si svolge nei confronti dei proprietari iscritti negli atti catastali (art. 10 della già citata legge), il cui elenco, come sopra riportato, deve essere allegato a corredo della relazione esplicativa dell’opera da realizzare, onde tale procedura, che va iniziata e proseguita nei confronti di detti soggetti fino alla pronuncia del decreto di espropriazione, la quale deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 13 della legge medesima, sulla base dei dati risultanti dalla documentazione di cui all’art. 10, legittimamente si compie nei confronti del proprietario catastale (Cass. 13 ottobre 1992 n. 11178; Cass. 1 agosto 1994 n. 7154; Cass. 29 maggio 1997 n. 4738)”;
  2. “per altro verso, che lo svolgimento dell’espropriazione nei confronti del proprietario catastale e la mancata notifica del decreto di esproprio al proprietario effettivo comportano soltanto che quest’ultimo non sia soggetto al termine di decadenza per l’opposizione alla stima (impedendone così il decorso), ma non costituiscono motivo di carenza del potere espropriativo che legittimi il proprietario stesso ad invocare l’illiceità dell’occupazione del fondo al fine di ottenere il risarcimento del danno corrispondente al valore del bene, producendosi viceversa l’effetto traslativo della proprietà alla mano pubblica sotto la data della pronuncia del decreto anzidetto indipendentemente dalla successiva notificazione del provvedimento la quale, rispetto al decreto medesimo, avente natura di atto non recettizio, non e’ ne’ elemento integrativo, ne’ requisito di validità, ne’ condizione di efficacia, avendo solo la funzione di far appunto decorrere il termine di opposizione alla stima, onde la relativa mancanza non impedisce che tale proprietario, nel termine di prescrizione decennale dalla pronuncia dell’indicato decreto (non trovando applicazione le disposizioni di cui agli 19 della legge n. 865/1971 e 51 della legge n. 2359/1865, contenenti previsioni di più brevi termini per l’opposizione medesima che postulano l’esistenza di una rituale notificazione del provvedimento ablatorio), possa autonomamente agire per la determinazione dell’indennità afferente la proprietà acquisita e successivamente espropriata (Cass. 6 febbraio 1998 n. 1228; Cass. 28 agosto 1998 n. 8580; Cass. 20 novembre 1998 n. 11730; Cass. 27 maggio 1999 n. 311; Cass. 27 dicembre 1999 n. 14587)”.

Sulla base di tali premesso, la Corte di Cassazione ha infine tratto le necessarie conclusioni secondo cui:

  • l’assunto della Corte territoriale relativo alle dedotte (dagli odierni ricorrenti) “irregolarità nella procedura quanto alle notifiche agli originari proprietari”, incentrato sul rilievo che “una eventuale irregolarità della procedura si sarebbe dovuta far valere mediante impugnativa degli atti innanzi al Giudice Amministrativo e non certamente innanzi al Giudice Ordinario. Il che non risulta essere avvenuto, con la conseguenza che la procedura ablativa si deve ritenere legittima e, quindi, produttiva degli effetti propri“, si sottrae alle censure dei medesimi ricorrenti, palesandosi queste ultime niente affatto decisive in virtù del rilievo secondo cui, alla luce dei principi sopra riportati circa la natura della notificazione del decreto di espropriazione, i vizi su di essa incidenti (come nella specie, giusta il riferito apprezzamento di detta Corte) non costituiscono in ogni caso motivi di carenza del potere espropriativo, tali da legittimare l’effettivo proprietario ad invocare l’illiceità dell’occupazione del fondo ed a richiedere il risarcimento del danno corrispondente, verificandosi piuttosto il trasferimento della proprietà del bene espropriato, in favore dell’espropriante, alla data stessa della pronuncia del decreto di espropriazione;
  • una volta venuto a conoscenza della esistenza del decreto di esproprio ed ovviamente in pendenza della prescrizione decennale (decorrente dalla data del decreto)  per esercitare l’azione di opposizione alla stima, “la via da seguire per ogni contestazione non era quella dell’azione tesa a conseguire il risarcimento del danno per accessione invertita… sibbene quella diversa della opposizione alla indennità di esproprio…” e che il proprietario effettivo  non poteva “…agire innanzi al Tribunale per far valere una pretesa risarcitoria per un fatto di occupazione acquisitiva che e’ risultato inesistente per avere il Comune acquisito la proprietà del terreno per la diversa via della espropriazione”.

 

 

  • QUANTO ALLA EDIFICABILITA’ LEGALE DELLE AREE OCCUPATE PER PIANO DI ZONA

Appare addirittura superfluo precisare che le aree di cui trattasi sono dotate della edificabilità legale, posto infatti che le stesse sono state espropriate per la realizzazione dei due Piani di Zona previsti dalla legge n. 167/1962.

E’ nota sul punto la giurisprudenza assolutamente pacifica della Corte di Cassazione la quale ha stabilito che la sola circostanza di essere incluse nel piano di zona, e’ di per se’ sufficiente a rendere legalmente edificabili le aree oggetto di esproprio. Il principio ovviamente deve ritenersi valido  a prescindere se le aree stesse siano destinate ad ospitare (i costruendi) fabbricati  ovvero a viabilita’ (strade, piazze, parcheggio) piuttosto che a zone verde e/o servizi.

A titolo meramente esemplificativo, e’ sufficiente fari riferimento alla giurisprudenza di legittimita’ che in merito ha stabilito:

  • che “…Pertanto, il fatto stesso che un terreno sia compreso nel P.E.E.P. ed in esso abbia destinazione all’edilizia economica e popolare, che del P.R.G. costituisce attuazione o variante, è di per sè elemento giustificativo del legale carattere edificatorio del terreno medesimo, sia pure nei limiti che il P.E.E.P. consente…” (Cass. n. 13617 del 4.6.2010) (doc. n. 10);
  • che Devono, infatti, essere ribaditi i condivisi principi di diritto, gia’ ripetutamente affermati da questa Corte (tra le numerose altre, cfr Cass. 2007/12771; 2006/19128; 2004/03838), secondo cui “L’indennità di espropriazione dovuta al proprietario di un fondo, incluso in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare come area edificabile, va determinata secondo il criterio previsto dalla legge n. 359/1992 5 bis comma 1 a nulla rilevando che al momento dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio il fondo stesso avesse, secondo le originarie previsioni del piano regolatore generale, destinazione agricola”, e secondo cui “l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo” (Cass. n. 5174 del 3.3.2010 vedi pag. 6) (doc. n. 11).

Del resto, i principi da ultimo citati appartengono ormai  alla giurisprudenza del tutto pacifico della Corte di Cassazione che ha ulteriormente chiarito:

  • chela destinazione di una zona, nel piano regolatore generale, ad edilizia residenziale comporta l’affermazione della natura intrinsecamente edificabile a fini abitativi della zona, a nulla rilevando che la previsione di piano contempli per essa l’iniziativa pubblica. Anche i piani di edilizia economica e popolare – cosiddetti p.c.c.p. – sono infatti piani di edilizia residenziale ad iniziativa pubblica (giacché le aree su cui sorgeranno i fabbricati sono espropriate dal comune, e sono successivamente assegnate agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie), senza che questo sia di ostacolo al riconoscimento dell’edificabilità legale delle aree che vi sono incluse” (Cass. 27.2.2009 n. 4817);
  • che “Così argomentando, detto Giudice ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare (P.C.C.P.), la’ dove quest’ultimo risulti in vigore al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o, come nella specie, della stipula dell’atto di cessione volontaria del bene espropriato che di tale decreto tiene luogo, implica di per sé, quand’anche l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale, o di altro strumento urbanistico generale (piano di fabbricazione), ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che l’area stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, atteso che il P.C.C.P., in parte qua, assume consistenza di variante del regime urbanistico generale (contenuto nel piano regolatore o nel piano di fabbricazione) anteriormente vigente e deve, perciò, essere considerato strumento programmatorio e conformativo, del quale occorre tenere conto agli effetti del riconoscimento della natura edificatoria, secondo diritto, del terreno di cui trattasi e della conseguente determinazione della relativa indennità di esproprio o del prezzo della relativa cessione volontaria (Cass. 7 dicembre 2001, n. 15514; Cass. 11 giugno 2002, n. 8330; Cass. 3 giugno 2004, n. 10555; Cass. 26 novembre 2004, n. 22349; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1043)” (Cass.16.1.2009 n. 1026 e Cass. 10.1.2008  n. 330);
  • cheai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione di suoli destinati all’attuazione di programma di edilizia economica e popolare, di cui va ritenuta, per il semplice fatto del loro inserimento nel peep, il carattere edificabile, occorre tener conto dell’indice medio di fabbricabilità del piano, in rapporto alla superficie volta per volta espropriata…” (Cass. 17.1.2007 n. 1043);
  • chee’ irrilevante che nel contesto del peep l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità di p.r.g.), giacché in tale contesto l’edificabilità va commisurata ad indici medi di fabbricabilità, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee. Infatti l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare implica, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che, in virtù della variante introdotta dal peep (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba adottare il criterio previsto dall’art. 5 bis comma 1 legge 8.8.1992 n. 359” (Cass.  3.6.2004 n. 10555) (conformi ex multis nn.  11621, 9062/02  per tutte)” (Cass.  29.10.2008 n. 25986) (vedi anche Cass.16.1.2009 n. 1026; Cass. 7 dicembre 2001  n. 15514; Cass. 11 giugno 2002  n. 8330; Cass. 3 giugno 2004 n. 10555; Cass. 26 novembre 2004  n. 22349; Cass. 17 gennaio 2007 n. 1043;).

 

  • quanto alla misura della edificabilita’: l’indice medio di edificabilita’ territoriale

La configurazione nei termini prospettati della edificabilità legale comporta, quale diretta conseguenza, che tutte le aree comprese nel piano di zona (in quanto tutte concorrono alla realizzazione dell’unico comparto) sono tutte considerate edificabili nella stessa misura, individuata appunto nell’indice medio di edificabilità del piano di zona. Anche in questo caso ovviamente la tesi della opponente gode del conforto dei principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha stabilito:

  • che <Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’edificabilità del fondo deve necessariamente essere commisurata ad indici “medi” di fabbricabilita’ riferiti (o riferibili) all’intera zona omogenea, al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, nel senso che, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilita’ (che e’ riferito alle singole aree specificamente destinate all’edificazione privata) e che, invece, postulando l’esercizio concreto dello ius aedificandi che l’area sia urbanizzata e, che si tenga conto dell’incidenza degli spazi all’uopo riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, si debba prescindere come dal fatto che l’area sia (eventualmente) destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità, parcheggi) non potendo l’edificabilita’ essere vanificata dalla utilizzatalita’ non strettamente residenziale, così dalla maggiore o minore fabbricabilità che il fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni di piano attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero servizi ed infrastrutture, di guisa che tutti i terreni espropriati in uno stesso ambito zonale vengano a percepire la stessa indennità, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialità edificatoria “media” di tutto il comprensorio, ovvero dietro applicazione di un indice di fabbricabilita’ territoriale che sia frutto del rapporto tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato” (Cass. 1^ 29 novembre 2006 n. 25363; Cass. sez. un.  21 marzo 2001 n. 125; Cass. sez. 1^ 16 maggio 2006 n. 11477; Cass. sez. 1^ 16 giugno 2006 n. 13958)> (Cass. SS.UU. n. 11729 del 14.5.2010) (doc. n.  12);
  • che “…allorquando il valore venale di un fondo debba determinarsi in base al suo valore di trasformazione (cosidetto metodo analitico – ricostruttivo), deve essere recepito l’indice che individua la densita’ territoriale della zona (e non quello relativo alla densita’ fondiaria), soltanto questo includendo nel calcolo la percentuale di spazi pubblici gravanti sul fondo espropriato; e trattandosi di un terreno incluso in un piano di zona l’edificabilità deve commisurarsi ad indici medi di fabbricabilita’, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi e spazi liberi (Cass. 2349/2004; n. 555/2004; begin_of_the_skype_highlighting 555/2004end_of_the_skype_highlighting; n. 25/2001)” [Cass. n. 14755 del 18.6.2010 vedi pag. 5  (doc. n.  13) (conformi ex multis Cass. n. 14939 del 21.6.2010 e Cass. n. 13087 del 28.5.2010)].

 

  • QUANTO ALLA INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE LEGITTIMA

3.1) quanto al fondamento del diritto

Il diritto della societa’ opponente trova il suo fondamento normativo nell’art. 20 della legge n. 865/1971 il quale prevede che al proprietario spetti una indennita’ per il relativo periodo di occupazione temporanea. Si tratta notoriamente di una indennita’ per un danno legittimamente causato dalla p.a. consistente nella  compressione del diritto dominicale e/o nella perdita del possesso e del godimento del bene occupato. Infatti, il provvedimento di occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di un immobile privato attribuisce immediatamente alla p.a.  il diritto di disporne allo scopo di eseguire l’opera pubblica  ed incide in misura corrispondente sui poteri dominicali del titolare del bene, privandolo (temporaneamente) in tutto o in parte delle facolta’ di godimento. Per cio’  stesso la legge attribuisce al proprietario  un indennizzo volto a  compensarlo, ex art. 42 costituzione, per tutta la durata dell’indisponibilita’ del bene fino all’esproprio. La causa petendi e’ necessariamente ravvisabile ex art. 42 costituzione  nell’indennizzo che il precetto costituzionale ha attribuito al proprietario per compensarlo della compressione del sacrificio imposto al suo diritto dominicale.

Proprio questo meccanismo e’ stato recepito dalla legge   n. 865 del 1971, art. 20 (ora trasfuso nel t.u. approvato  con d.p.r. n. 327/2001 art. 50)  per tutte indistintamente le categorie di occupazione temporanea: percio’ divenuto sinonimo del relativo indennizzo.

“In presenza di legittimo procedimento di occupazione e di esproprio, il sistema prevede un nesso, logico ed economico, che per la legge lega, sempre e comunque, tutte le indennita’ (sia di espropriazione che di occupazione legittima), con la conseguenza che le disposizioni attinenti alle indennita’ di occupazione provvisoria legittima, poiche’ tendono al ristoro del reddito perduto durante l’occupazione del bene, non possono che fissare l’entita’ delle indennità di occupazione in misura strettamente percentuale all’indennita’ di espropriazione parimenti dovuta: quella annuale di “un dodicesimo” corrisponde ad una redditivita’ predeterminata in misura percentuale fissa (8,33% all’anno) dallo stesso legislatore, cui va aggiunto l’aumento del 50% per il concordamento bonario di cui all’art. 12 della legge 22 ottobre 1971, n. 865(Cass. SS.UU. 25.6.2012 n. 10502) (doc. n.   14).

 

Cio’ posto, si aggiunga che, quantunque sia ben noto  l’orientamento secondo cui l’indennita’ di occupazione legittima deve essere calcolata  in misura percentuale e/o frazionaria del valore di mercato del bene occupato determinato anno per anno per  tutto il periodo di occupazione temporanea (Cass. 18.6.2012 n. 9950), tuttavia per evidenti ragioni di economia processuale (ed alla luce della limitata durata del periodo di occupazione), si ritiene che la relativa indennita’ possa essere calcolata sul valore del bene occupato determinato (una sola volta) con riferimento alla data del decreto di esproprio.

 

3.2) quanto alla misura della indennita’ di occupazione legittima

Si ritiene che l’indennita’ di occupazione legittima  debba  essere determinata (anziche’ nella tradizionale  misura degli interessi legali calcolati sulla indennita’ di esproprio) nella misura di 1/12 della inbdennita’ di esproprio. Infatti, con sentenza n. 4885 del 27.3.2012 la Corte di Cassazione SS.UU. ha affermato che tale criterio (gia’ previsto e limitato in passato per i soli suoil agricoli) deve ora poter essere esteso ed applicato anche ai suoli edificabili e soprattuitto anche a fattispecie antecedenti all’entrata in vigore del d.p.r. n. 327/2001:

 

“Devesi infatti ribadire che l’indennità di occupazione legittima, che, in base alla L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 3, è pari, per ciascun anno di occupazione, ad un dodicesimo dell’indennità che sarebbe dovuta per l’espropriazione dell’area da occupare, “calcolata a norma dell’art. 16 della stessa legge, e quindi pari all’8,33% annuo della base di computo, va commisurata alla definitiva indennità di espropriazione effettivamente dovuta, dovendo ad essa attribuirsi quella stessa qualificazione di indennità provvisoria che si rinviene nella medesima L. n. 865, art. 12, comma 1, il quale rinvia, per la relativa determinazione, proprio all’art. 16 anzidetto. Devesi ancora riaffermare che tale determinazione non trova alcuna deroga nell’ambito della disciplina indennitaria posta dalla L. n. 219 del 1981, art. 80, il cui carattere speciale non è elemento sufficiente a dissolvere il nesso logico ed economico che, per legge, lega tutte le indennità, sia di espropriazione che di occupazione legittima, una volta affermato ed indiscusso che la anzidetta normativa di riferimento fissa l’entità delle indennità di occupazione in misura rigorosamente percentuale all’indennità di espropriazione parimenti dovuta. Devesi infine notare che il criterio di computo in discorso è stato esteso dal vigente T.U. approvato con D.P.R. n. 327 del 2001 a tutte le indennità di occupazione, anche quelle di suoli edificabili (art. 50 e art. 22 bis, comma 5 del detto D.P.R. come modificato dal D.Lgs. n. 302 del 2002), con una scelta di carattere sistematico della quale non può non tenersi conto nella interpretazione delle NORME PREVIGENTI perchè esprime una chiara opzione preferenziale per uno dei criteri disponibili in quanto ritenuto maggiormente satisfattivo dell’interesse al congruo indennizzo divisato dall’ordinamento. (Cass. SS.UU. n. 4885 del 27.3.2012) (doc. n.   15).

 

Sulla singola quota annuale maturata, spettano gli interessi legali con decorrenza dal termine finale di ogni anno di occupazione fino al soddisfo.

Pertanto, per ogni anno di occupazione temporanea  spetta alle societa’ opponenti la relativa indennita’ corrispondente ad 1/12 della indennita’ di esproprio (ovvero in subordine – secondo il precedente  orientamento della giurisprudenza – corrispondente agli interessi legali calcolati sulla indennita’ di esproprio).

Ovviamente, in entrambe le ipotesi di calcolo della indennita’ di occupazione legittima (sia con il criterio di 1/12 della indennita’ di esproprio sia con il criterio degli interessi legali calcolati sulla indennita’ di esproprio), sulla singola quota annuale maturata, spettano gli interessi legali con decorrenza dal termine finale di ogni anno di occupazione fino al soddisfo.

 

  • QUANTO ALL’INAPPLICABILITA’ DELLA RIDUZIONE DEL 25 % PER INTERVENTI DI RIFORMA ECONOMICO – SOCIALI (ART. 2 COMMI 89 E 90 LEGGE N. 244/2007)

Poiche’ l’indennita’ di occupazione rappresenta, come e’ noto,  una parte frazionaria e/o percentuale della indennita’ di esproprio, per mero scrupolo difensivo appare opportuno precisare che il valore di mercato delle aree da assumere a base del calcolo della indennita’ di occupazione temporanea deve essere rappresentato dal valore “pieno” di mercato e non invece da quello “virtuale” ridotto del 25 % per effetto della eventuale appartenenza delle opere pubbliche di cui trattasi ad interventi di riforma economico sociale.

 

A tal fine, si  rende ora necessario affrontare la questione in ordine alla applicabilità o meno nella fattispecie del criterio indennitario previsto dall’art.  2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244 introdotta a seguito delle note sentenze della Corte Costituzionale n. 348/2007 e n. 349/2007.  Precisamente, i commi citati prevedono:

  • che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi e’ stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennità e’ aumentata del 10 per cento;
  • che la riduzione del quaranta per cento della indennità e’ definitivamente soppressa;
  • che le nuove disposizioni si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile.

Ritiene invece questa difesa che la fattispecie sfugga all’applicazione della riduzione del 25 % prevista dalla normativa citata.

 

4.1) inapplicabilita’ “ratione temporis”

Come anticipato in premessa, il presente giudizio sfugge all’applicazione del d.p.r. n. 327/2001 poiche’ la relativa dichiarazione di p.u. [disposta per effetto della deliberazione della Giunta Regionale n. 143 del 15.2.2002 che ha approvato il Piano di Zona B37 OMISSIS 2  e’ intervenuta in data antecedente all’entrata in vigore del citato testo unico (30.6.2003)].

Tale circostanza preclude l’applicabilita’ alla fattipecie della citata legge n. 244/2007, in conformita’ peraltro alla pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione la quale ha stabilito:

  • che “Nei giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione per p.u.), una volta venuto meno – a seguito della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale – il criterio di indennizzo di cui all’art. 5-bis D.L. 11 luglio 1992, n. 333, conv., con modif., nella legge 8 agosto 1992, n. 359, trova applicazione il criterio del valore venale del bene previsto dall’art. 39, legge 25 giugno 1865, n. 2359, e non si applica l’art. 2, comma 89, lett. a), legge 24 dicembre 2007, n. 244, che, avendo introdotto modifiche all’art. 37, commi 1 e 2, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione per p.u.), segue la disciplina transitoria prevista dall’art. 57 D.P.R. cit., ed è quindi inapplicabile nei procedimenti espropriativi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, mentre la norma intertemporale di cui all’art. 2, comma 90, legge n. 244/2007 cit. prevede la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità espropriativa solo per i procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi” (ex multis Cass. 21.9.2012 n. 16103) (doc. n.   16);
  • che “D’altra parte, alla fattispecie non è applicabile neppure lo ius superveniens costituito dalla n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, in base ai quali “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008)” (Cass. 25.11.2010 n. 23965) (doc. n. 17).

4.2) inapplicabilita’ “ratione materiae”: l’edilizia economica e popolare non e’ riforma economico – sociale

 

Fin dalle primissime pronunce la Corte di Cassazione (peraltro aderendo alla interpretazione formulata dalla stessa CEDU) ha da sempre e costantemente affermato che la espropriazione effettuata in vista della realizzazione di edilizia economica e popolare compresa in piani P.E.E.P. e in Piani di Zona non e’ idonea ad integrare gli estremi della riforma “economico – sociale” prevista dall’art. della citata legge n. 244/2007, con conseguente ed ovvia esclusione della riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio. In particolare, la Corte di Cassazione ha testualmente chiarito:

 

  • che “Resta poi da formulare, per mera completezza (stante la ridetta inapplicabilità dello jus superveniens), l’assorbente rilievo per il quale, anche applicando l’art. 37, comma 1 novellato alla espropriazione di cui trattasi, una espropriazione, quale quella in disamina, disposta per realizzare interventi di edilizia convenzionata non può ritenersi diretta ad attuare interventi di riforma economico – sociale, i quali devono riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere quindi attuati in forza di una previsione normativa che in tal senso li definisca: ed in tal senso è lecito argomentare dall’impianto motivazionale di S.U. 5265 del 2008” (Cass. 23.2.2012 n. 2774) (doc. n. 18);
  • che “Ne’ infine e’ applicabile lo jus superveniens costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”, in ogni caso ratione temporis, dato che la norma di diritto intertemporale di cui al comma 90 prevede una limitata, retroattività della nuova disciplina, con riferimento solo “ai procedimenti espropriativi”e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11498/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto non rientra in quest’ultima categoria individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone ” che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene (così Cass. 14939 del 2010)” [Cass. 22.8.2011 n. 17462 vedi pag. 8 (doc. n. ) e in termini testuali Cass. 20.6.2011 n. 13456 pag. 6 (doc. n.  19)];
  • che “D’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 2 commi 89 e 90 in base ai quali <Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento>: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene(Cass. n. 13399 del 1.6.2010) (doc. n. 20);
  • che “Alla fattispecie non e’, d’altra parte, la invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 2 commi 89 e 90, in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene (Cass. n. 14939 del 21.6.2010) (doc. n. 21) [conforme ex multis Cass. n. 14755 del 18.6.2010 vedi pag. 6 (doc. n.  22)].
  • che “E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90, in base ai quali “quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede; una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. Sez. Un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che L’ESPROPRIAZIONE IN OGGETTO NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene”  (Cass. n. 2712 del 4.2.2009) (doc. n.  23).

Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.

Ne’ puo’ sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale economica e popolare, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennita’ di esproprio, atteso che la realizzazione del piano p.e.e.p. non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.

 

Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali. 

 

La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha gia’ chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali, allora per la stessa ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio di cui trattasi per la realizzazione del piano di zona in una frazione del Comune di OMISSIS (trattandosi manifestamente di esproprio isolato).

 

 

  • QUANTO ALLA APPLICABILITA’ DELLA NORMATIVA CEDU

E’ ovviamente superfluo premettere che, ai fini della valutazione delle aree, deve tenersi conto sia della CEDU sia degli effetti prodotti nell’ordinamento dalla nota sentenza della Corte Costituzionale sentenza  del 24.10.2007 n. 348 che, avendo abrogato l’art. 5 bis  commi 1 e 2  del decreto legge 11.7.1992 n. 333 nonché, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, in via consequenziale, l’art. 37 commi 1 e 2  del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), ha comportato la reviviscenza del principio generale che l’indennità di esproprio deve essere determinata nel valore di mercato delle aree espropriate (art. 39 della legge fondamentale n. 2359/1865 ed ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 come modificato ed integrato dall’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007).

  • (5.1) l’art. 1 protocollo 1 addizionale alla Cedu

Il principio del valore venale era del resto già previsto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo e sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte Europea.

L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. così testualmente recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.

Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:

  • la prima regola, contenuta nella prima frase del primo comma, e’ di natura generale ed enuncia il principio di pacifico godimento della proprietà;
  • la seconda regola garantisce dalla privazione del possesso e la rende soggetta a certe a certe condizioni;
  • la terza regola, contenuta nel secondo comma, riconosce che gli stati contraenti hanno il compito, tra le altre cose, di controllare l’uso della proprietà per la soddisfazione dell’interesse generale.

Le tre regole non sono comunque “distinte” e ciò comporta la necessità di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facoltà di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).

 

  • (2) l’applicazione e l’efficacia della Cedu (dopo il Trattato di Lisbona)
  • Trattato Lisbona (ratificato con legge 2.8.2008 n. 130)
  • le norme Cedu sono oggi, a tutti gli effetti, norme di diritto comunitario

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunità Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprietà: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprietà) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orientamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranità nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali già previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.

E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.

 

  • RIVALUTAZIONE MONETARIA ISTAT ED INTERESSI LEGALI: MAGGIOR DANNO

E’ ben noto il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennita’ di esproprio) spetta, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass.  Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass.  Sez. III  27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass.  Sez. I 22.2.2000 n. 1997). In conformita’ all’invocato indirizzo, il maggior danno puo’ essere liquidato anche in via presuntiva, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del creditore,  in funzione (tra gli altri parametri e per quanto interessa in questa sede) della qualità soggettiva del creditore.  Nella fattispecie, il creditore e’ un imprenditore il quale, se avesse avuto la tempestiva disponibilita’ della somma spettante, l’avrebbe verosimilmente e presumibilmente investito nell’esercizio dell’attivita’ commerciale. La mancata disponibilità delle risorse finanziarie spettanti devono dunque essere reperite sul mercato bancario con oneri (interessi passivi quali il prime rate) a carico dello stesso creditore.

Per scrupolo, le ricorrenti depositano documentazione bancaria/finanziaria comprovante i costi/rendimenti praticati nel periodo di cui trattasi (doc. n. 24).

Del resto, si ritiene che – in conformita’ alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiché essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del denaro  stimato con riferimento al momento iniziale di maturazione del relativo diritto (termine finale di ogni anno di occupazione legittima). Va da se’ che tale valore deve essere rivalutato  al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennita’ di occupazione  cosi’ rivalutata vanno poi calcolati altresì gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalita’ diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.

 

 

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Tanto premesso, la societa’ opponente OMISSIS e la societa’ OMISSIS, ognuna in ragione dei rispettivi diritti

 

R I C O R R O N O

 

a codesta Corte di Appello affinche’:

 

  • con riferimento alla occupazione temporanea triennale (dal 28.3.2000 al 28.3.2003) eseguita per effetto della determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 28.3.2000 dei seguenti terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS:

 

  1. particelle OMISSIS (catastalmente intestate  alla societa’ OMISSIS) e particelle OMISSIS  (catastalmente intestate alla societa’ OMISSIS) (ma tutte di proprieta’ della sociata’ OMISSIS);

 

  1. particelle OMISSIS (catastalmente intestate  alla societa’ OMISSIS ) e particella OMISSIS  (catastalmente intestate alla societa’ OMISSIS ) (ma tutte di proprieta’ della sociata’ OMISSIS);

 

  • con riferimento alla occupazione temporanea triennale eseguita per effetto della determinazione dirigenziale   OMISSIS  del 1.7.2004 dei terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particelle OMISSIS  (di proprieta’ della opponente OMISSIS );

 

anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:

 

  • laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a OMISSIS il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848 ed i relativi Protocolli addizionali;
  • accertare e dichiarare che l’indennita’ di occupazione temporanea deve essere determinata, per ogni anni di occupazione temporanea, nella misura di 1/12 del valore di mercato edificabile dei terreni  occupati  espresso con riferimento alla data del termine finale di occupazione temporanea;
  • accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente, in favore di ognuna delle societa’ ricorrenti ed in ragione dei rispettivi diritti, la indennita’ di occupazione temporanea, per ogni anno di durata della stessa, nella misura di 1/12 del valore di mercato edificabile dei terreni occupati che si indica nella misura prudenziale e minimale di  euro 800,00  o della maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da moltiplicarsi per la superficie delle aree espropriate indicata in precedenza, da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;
  • accertare e dichiarare non applicabile nella fattispecie la riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 80 e 90 della legge n. 244/2007, quale base di calcolo per la determinazione della indennita’ di occupazione temporanea;
  • per l’effetto, condannare OMISSIS  in persona del  legale rappresentante p.t.,  al pagamento in favore di ognuna delle societa’ ricorrenti ed in ragione di rispettivi diritti e/o al versamento presso il M.E.F. (e detratta l’indennita’ provvisoria di occupazione temporanea  gia’ versata):
  • della indennita’ di occupazione temporanea di cui sopra;
  • della rivalutazione monetaria istat o del maggior danno e degli interessi legali sulle indennita’ rivalutate maturate con decorrenza dal termine finale di ogni anno di occupazione temporanea fino al soddisfo;
  • vittoria di spese.

 

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.

 

A V V E R T O N O

 

OMISSIS  c.f. OMISSIS  convenuto che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.

 

Ai fini istruttori:

  • si producono i documenti come numerati ed indicati;
  • si chiede sia ammessa t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  1. descriva brevemente il c.t.u. i terreni di cui e’ causa;
  2. accerti il c.t.u., prescindendo dal vincolo preordinato all’esproprio, se le aree fossero o meno edificabili con riferimento alla data del decreto di esproprio;
  3. determini il c.t.u. il valore venale di mercato dei terreni occupati, alla luce dell’indice medio di edificabilita’ territoriale del piano di zona, sia in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto sia  di quello sintetico – comparativo ed, in difetto di atti e valori da assumere a riferimento,  in applicazione del criterio di stima analitico – ricostruttivo;
  4. sulla base di tale valore, determini e calcoli nella misura di 1/12 per ogni anno di occupazione temporanea la relativa indennita’.

 

 

Ai fini del contributo unificato dichiara che il valore della presente controversia e’  indeterminabile e che il relativo contributo unificato ammonta ad euro OMISSIS

A.N.P.T.ES.
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