Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE
CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE 1 – R.G.N. OMISSIS – G.D. PRESIDENTE OMISSIS
NOTE CONCLUSIVE
(ricorrenti) (Avv. OMISSIS)
C O N T R O
Comune di OMISSIS
(resistente) (Avv. OMISSIS)
Si rimanda per brevita’ alle osservazioni gia’ mosse alla c.t.u. del 12.10.2016 dell’Ing. OMISSIS, il quale, con le repliche del 10.12.2016,
Con le repliche del 10.12.2016, il c.t.u. ha lasciato senza risposta i rilievi critici formulati da questa difesa.
In questa sede, appare sufficiente approfondire le riflessioni su pochi aspetti che si rivelano dirimenti.
Con la relazione estimativa del 12.10.2016, il c.t.u. Ing. OMISSIS, dopo aver determinato con il criterio sintetico – comparativo nella misura unitaria di 284,06 euro/mc. il valore unitario delle aree edificabili espropriate (cfr. pag. 8), ha poi proceduto al dimezzamento del valore di mercato
Ottenuto tale valore unitario, il c.t.u. giustificava il dimezzamento nei termini testuali che seguono:
“Il suddetto valore per come e’ ricavato si riferisce evidentemente ad UN’AREA GIA’ PROVVISTA DELLA CONCESSIONE EDILIZIA MENTRE I TERRENI DI CAUSA ALL’EPOCA DELL’ESPROPRIO NE ERANO SPROVVISTI.
Per tale situazione, in analogia alle quotazioni di mercato riportate nei listini ufficiali dalla Borsa Immobiliare di Roma, il valore di mercato per le aree edificabili di fatto SI DIMEZZA.
Pertanto il valore unitario delle aree edificabili viene ridotto a Va = (284,06 /2) = 142,03 euro/mc..
Volendo esprimere detto valore dell’area non riferito alla cubatura su di essa edificabile ma riferito alla sua superficie, occorre moltiplicare per il suo indice di fabbricabilità di 1,165 mc/mq, così ottenendo il prezzo unitario dell’area edificabile (1,165 X 142,03 =) 165,42 euro/mq. di superficie del terreno” (cfr. pag. 8).
Questa difesa censurava tale passaggio specifico della relazione estimativa:
Ma soprattutto questa difesa richiamava l’attenzione sul fatto che la tesi del c.t.u. si ponesse in manifesta violazione del principio, pacifico in materia di edilizia residenziale pubblica, secondo cui l’indennita’ di esproprio deve essere determinata sulla base dell’indice medio di edificabilita’ territoriale.
E’ ben noto infatti che per effetto del indice medio di edificabilita’ territoriale:
[cfr. giurisprudenza citata nel ricorso introduttivo ex multis Cass. SS.UU. 14.5.2010 n. 11729; Cass. 25.2.2015 n. 3807; Cass. 18.6.2010 n. 14755 Cass. 21.6.2010 n. 14939 e Cass. 28.5.2010 n. 13087 e Cass. 26.9.2016 n. 18841 (doc. n. 1 allegato alle osservazioni alla c.t.u.)].
Cio’ posto, la tesi del c.t.u. (laddove fosse ipoteticamente applicabile) e’ destinata a dissolversi sol che si consideri che essa condurrebbe a conclusioni notoriamente inattendibili e respinte dalla pacifica giurisprudenza. In particolare, e’ noto che all’interno del medesimo piano di zona di edilizia residenziale pubblica, per una previsione del tutto casuale ed accidentale del progetto, mentre alcuni terreni sono destinati ad ospitare opere espressive della edificazione (quali i fabbricati residenziali e commerciali), gli altri terreni sono invece destinati ad ospitare servizi ed opere non direttamente espressive della edificazione (quali viabilita’, parcheggi, aree verdi, ecc.).
Ma poiche’ questi ultimi non potrebbero mai ottenere una concessione edilizia perche’, per definizione, destinati a garantire gli spazi liberi per infrastrutture e servizi previsti dal piano di zona, essi (secondo la tesi del c.t.u.) dovrebbero essere sempre e comunque indennizzati nella misura della meta’ del pieno valore di mercato. Pieno valore di mercato che sarebbe invece riservato solo agli altri terreni destinati ad ospitare i fabbricati (terreni per i quali – a mente del c.t.u. – sarebbe astrattamente ipotizzabile il rilascio della concessone edilizia).
Ecco dunque dimostrata la manifesta infondatezza della tesi del c.t.u..
Cosi’ facendo, egli ha finito per calcolare l’indennita’ esclusivamente in funzione dell’indice fondiario (rappresentato da un dato del tutto accidentale coincidente con la capacita’ edificatoria esprimibile dalle specifiche aree, valutate singolarmente ed estrapolate dal piu’ ampio piano comprensoriale).
In realta’, egli avrebbe dovuto fare corretta applicazione dell’indice medio di edificabilita’ territoriale, per il quale invece (proprio perche’ esso e’ il risultato ottenuto dalla media delle edificabilita’ di tutte le aree comprese nel piano a prescindere dalla loro specifica destinazione edificatoria o meno) diventa del tutto irrilevante ed ininfluente la circostanza se i singoli fondi espropriati siano o meno dotati (o dotabili) di concessione edilizia.
E’ appena il caso di aggiungere che la tesi del c.t.u. e’ smentita dalla giurisprudenza di legittimita’.
Significativa e dirimente e’ la sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato la domanda con la quale il proprietario di un terreno espropriato per la realizzazione del piano di zona rivendicava (oltre alla indennita’ di esproprio pacificamente spettante e riconosciuta) anche il danno da lucro cessante o comunque da perdita chance, conseguente alla impossibilita’ di sfruttare l’edificabilita’ dell’area espropriata. La motivazione addotta dalla Suprema Corte e’ tranciante e lapidaria laddove ha chiarito che per i terreni espropriati compresi in oiani di zona di cui alla legge n. 167/1962 non e’ possibile ottenere il rilascio di alcun titolo concessorio, stante il vincolo di ordine generale che grava su tali aree:
“Lo stesso giudice dell’impugnazione ha poi rilevato che la prova del lucro cessante non era stata fornita e che il danno non poteva considerarsi conseguenza immediata e diretta dell’evizione, giacchè il mancato acquisto del terreno non comportava la perdita del diritto di edificazione, posto che questa facoltà era subordinata alla concessione dell’autorità amministrativa e l’odierna ricorrente non aveva dimostrato di esserne divenuta titolare: ha osservato, anzi, che LA PORZIONE IMMOBILIARE IN QUESTIONE ERA STATA ESPROPRIATA, essendo ricompresa nel piano di zona per l’edilizia residenziale pubblica ai sensi della L. n. 167 del 1962, sicchè Patur NON AVREBBE POTUTO LEGITTIMAMENTE OTTENERE ALCUN TITOLO CONCESSORIO STANTE IL VINCOLO DI ORDINE GENERALE CHE GRAVAVA SUL LOTTO”
(Cass. 17.11.2016 n. 23407) (doc. n. 1).
Con la replica del 10.12.2016, il c.t.u. non ha saputo fornire risposte chiare, comprensibili e convincenti ai rilievi critici mossi alla relazione peritale.
In particolare, egli ha replicato testualmente quanto segue:
Orbene, anche ad un primo esame superficiale, balza all’evidenza che i citati argomenti addotti a giustificazione della stima peritale risultano, da un lato, profondamente contraddittori e, dall’altro lato, del tutto irrilevanti ed inconcludenti rispetti alle specifiche censure mosse alla relazione.
A tal fine, e’ infatti sufficiente considerare:
Si ritiene che nella fattispecie codesta Corte di Appello abbia a disposizione tutti gli elementi ed i dati per decidere la controversia, potendo ovviamente procedere anche d’ufficio ad emendare dall’errore denunciato (consistente nel dimezzamento del valore di mercato dei terreni e spropriati) il calcolo prospettato dal c.t.u..
A tal fine, appare utile precisare che la misura corrispondente al valore di mercato pieno determinata dallo stesso c.t.u. non e’ stata oggetto di contestazione di questa difesa.
Va da se’ dunque che trattandosi di operazione aritmetica particolarmente semplice (che si risolve appunto nell’assumere a base del calcolo della indennita’ di esproprio il valore di mercato pieno determinato dallo stesso c.t.u. anziche’ quello dimezzato), appare certamente superflua, oltre che antieconomica anche agli effetti della ragionevole durata del processo, la riconvocazione del c.t.u. perche’ proceda al nuovo calcolo emendato dall’errore di cui trattasi.
Data la semplicita’ dell’operazione, si prospetta di seguito il calcolo corretto della indennita’ di esproprio.
Alla luce ed in applicazione dei rilievi critici finora formulati, il calcolo della corretta indennita’ di esproprio deve riprendere dal punto in cui il c.t.u. aveva determinato il valore di mercato delle aree (prima della riduzione alla meta’ dello stesso).
In particolare, egli aveva quantificato il valore unitario delle aree edificabili in 284,06 euro/mc. (cfr. pag. 8 rigo 14).
Dovendo rappresentare tale valore in termini di metri quadrati, il c.t.u. lo ha moltiplicato per l’indice medio di edificabilita’ territoriale che egli aveva correttamente calcolato in 1,165 mc./mq. [cfr. pag. 5 in risposta al quesito 2) e pag. 8 rigo 25]:
284,06 euro/mc. X 1.165 mc./mq. = 330,93 euro/mq.
Tale valore unitario, pieno e non dimezzato) deve infine essere moltiplicato per le superfici espropriate:
Resta confermata (e non contestata) l’indennita’ di euro 148.410,00 che il c.t.u. ha calcolato per la diminuzione del valore di mercato del fabbricato di proprieta’ di OMISSIS Simonetta (non oggetto diretto di esproprio).
Poiche’ OMISSIS ha determinato l’indennita’ provvisoria di esproprio nella misura di euro 146.905,50 per OMISSIS Simonetta e di euro 416.172,75 per OMISSIS Iliana, appare evidente che tali importi sono notevolmente inferiore agli otto decimi di quelli determinabili in via definitiva nella misura di cui sopra.
E’ noto che l’art. 2/89 legge n. 244/2007 prevede:
L’art. 2/90 legge n. 244/2007 prevede che le citate disposizioni “…si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile”.
L’aumento del 10 % comporta il seguente valore:
E’ appena il caso di segnalare che, in materia, la Corte di Cassazione ha gia’ chiarito i termini della questione:
“Questa Corte (Cass. n. 12058 del 2017) ha già condivisibilmente affermato il principio secondo cui: <L’aumento dell’indennità di espropriazione di un’area edificabile, previsto, del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, comma 2 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89,), nella misura del 10 per cento, trova applicazione indipendentemente dalla riduzione – prevista dal comma 1 – dell’indennità del 25 per cento prevista per le ipotesi in cui l’espropriazione sia finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, e va riconosciuto in via automatica dal giudice, anche ove ciò comporti il superamento del tetto del valore di mercato nella quantificazione dell’indennizzo, allorchè emerga dagli atti la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma (ossia quando l’amministrazione abbia offerto un’indennità provvisoria inferiore agli otto decimi di quella definitiva), mirando ad incentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale e non giudiziale, sanzionandone l’ingiustificata attesa, imposta al proprietario, della sua conclusione, così stimolando comportamenti virtuosi della P.A., la quale ha la possibilità di evitare di pagare tale maggiorazione offrendo una somma non inferiore agli otto decimi di cui sopra>”.
(Cass. 5.3.2018 n. 5104) (doc. n. 2)
“Con riguardo alla censura di cui al terzo motivo, che conclama la mancata applicazione dell’aumento del 10 % stante la sproporzione superiore ai due decimi del quantum offerto rispetto al quantum accertato come dovuto per indennità, essa appare fondata come rilevato in relazione.
[…]
Di qui la cogenza nella specie della previsione di incremento perequativo del 10% che l’accertamento comparativo tra indennità offerta (Euro 22.315) ed indennità accertata come dovuta (Euro 288.884) conclama come evidente. E di qui, cassata la sentenza e non occorrendo altre valutazioni, la pronunzia ex art. 384 c.p.c. che determina l’importo dovuto nella maggior somma di Euro 317.773 (Euro 288.884 + 10%), della quale devesi ordinare il deposito in una con gli interessi legali, nelle forme di legge”
(Cass. 13.1.2014 n. 499) (conforme Cass. n. 2774/2012).
Per effetto dei valori rideterminati nei termini di cui sopra, alle ricorrenti spettano le seguenti indennita’ (s.e.o.):
In allegato:
OMISSIS