La sentenza Cass. n. 23489/2024 si concentra su un aspetto cruciale: la distinzione tra “costituzione” e “trasferimento” di diritti reali e le conseguenze fiscali degli atti negoziali relativi alle servitù prediali sui terreni agricoli nell’ambito delle procedure espropriative.
L’art. 42, comma 3, Cost. prevede la possibilità di espropriazione della proprietà privata per motivi di interesse generale, nei casi previsti dalla legge e con giusto indennizzo. L’atto espropriativo può dare luogo sia al trasferimento della proprietà, sia alla costituzione coattiva di diritti reali di godimento, tra cui le servitù prediali.
Nel sistema civilistico, è fondamentale distinguere tra:
La Tariffa prevede:
La vertenza nasce dalla richiesta dell’Agenzia delle Entrate di assoggettare all’aliquota del 15% un atto costitutivo di servitù prediale su terreni agricoli, sostenendo che la normativa includa anche tali atti tra i “trasferimenti coattivi”. La società ricorrente sostiene, invece, che l’aliquota corretta sia l’8%, trattandosi di un atto costitutivo e non traslativo.
Richiamando l’art. 1027 c.c., la Corte ricorda che la servitù prediale consiste in un peso imposto su un fondo a vantaggio di un altro fondo, nell’interesse oggettivo di quest’ultimo. La servitù è:
“…come diritto reale, la servitù si caratterizza per la cd. inerenza, che consiste nel rendere inseparabile il diritto di servitù dalla proprietà del fondo dominante, il che comporta -per quanto più direttamente rileva ai fini che occupano -che il diritto di servitù non può essere trasferito separatamente dalla proprietà del fondo dominante (cosiddetta inalienabilità della servitù) e che non è, inoltre, ammissibile una concessione separata del godimento (che costituisce il contenuto) della servitù, né sotto forma di costituzione di un diritto reale di usufrutto, di uso o anche di servitù, né sotto forma di un contratto di locazione (cosiddetta incedibilità dell’esercizio della servitù); con il trasferimento della proprietà del fondo dominante si trasferiscono normalmente le servitù che ineriscono attivamente a tale fondo, anche se nulla è stato stabilito al riguardo nell’atto di trasferimento (cosiddetta ambulatorietà della servitù). Infine, il diritto di servitù è legato alla proprietà del fondo dominante da un intimo nesso di accessorietà di strumentalità;”
La Suprema Corte ribadisce che la normativa fiscale distingue tra:
Il termine “trasferimento” non può essere inteso in senso estensivo, così da ricomprendere anche gli atti costitutivi, che invece danno solo luogo a una compressione del diritto di proprietà, non a un passaggio di titolarità.
“…l’imposta di registro è un’imposta d’atto collegata ad atti o negozi giuridici, i quali devono o possono essere oggetto di registrazione, per cui se tale è l’architettura della normativa, che, ripetesi, contrappone gli atti traslativi a quelli costitutivi di diritti reali di godimento, quali le servitù prediali, e fa ricadere tra i primi i ‘trasferimenti coattivi’ di immobili o di diritti reali di godimento – sembra indiscutibile che il termine ‘trasferimento’ conformemente all’etimo latino, sia stato usato dal legislatore per indicare tutti gli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento»; … “il termine in questione non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma (ndr. una mera) compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante)” (2348920240902snciv@s50@a2024@n23494@tS.clean.pdf)
La Corte rigetta la tesi dell’Agenzia delle Entrate, affermando che agli atti costitutivi di servitù sui terreni agricoli si applica l’aliquota dell’8%, non quella del 15% riservata ai trasferimenti di proprietà.
“Va, invece, ribadito il principio già espresso da questa Corte con sentenza n. 16495 del 2003 secondo cui: ‘Il termine trasferimento contenuto nell’art. 1, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma (ndr. una mera) compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante)’…”
La sentenza si pone in linea con l’indirizzo consolidato della Cassazione (Cass. 16495/2003, Cass. 2201/2019, Cass. 2200/2019, Cass. 22198/2019, Cass. 22199/2019), cui si aggiunge la considerazione che l’imposta di registro sia collegata all’atto e non al bene oggetto dell’atto, rafforzando la certezza dei rapporti giuridici e l’effettività della tutela del contribuente.
La pronuncia della Cassazione n. 23489/2024 rafforza il principio secondo cui la tassazione degli atti costitutivi di servitù prediali su terreni agricoli, anche nell’ambito delle procedure espropriative per pubblica utilità, deve avvenire secondo l’aliquota dell’8%, distinguendo nettamente tali atti dai trasferimenti coattivi di proprietà, cui si applica l’aliquota maggiorata del 15%. La chiarezza della distinzione tutela la certezza del diritto e la coerenza del sistema fiscale, costituendo un punto fermo per amministrazioni, operatori e privati coinvolti nei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità.