Nel contesto di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) rappresenta il principale strumento di tutela per il cittadino che intende contestare uno o più atti amministrativi adottati dalla Pubblica Amministrazione. Questa azione consente di chiedere l’annullamento di provvedimenti espropriativi viziati da violazioni di legge, carenza di presupposti, difetto di motivazione o vizi procedurali.
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Il ricorso al TAR può essere proposto contro tutti gli atti amministrativi emessi nell’ambito della procedura espropriativa, in particolare:
Il TAR è competente per valutare la legittimità degli atti amministrativi. Per le contestazioni relative all’indennità di esproprio, invece, la competenza è della Corte d’Appello civile.
Il termine ordinario per impugnare un atto davanti al TAR è di 60 giorni decorrenti da:
Decorso il termine, il ricorso è inammissibile. Tuttavia, nei casi di nullità assoluta dell’atto (ad esempio mancanza totale di motivazione o di competenza), è possibile proporre ricorso anche oltre il termine ordinario, invocando l’illegittimità radicale.
Il ricorso può essere proposto da:
È necessario che il ricorrente dimostri un interesse diretto, concreto e attuale all’annullamento dell’atto. Il TAR respinge i ricorsi proposti da soggetti non direttamente lesi o da chi non ha titolo sul bene.
I principali vizi che giustificano l’annullamento degli atti espropriativi da parte del TAR sono:
La presenza di uno solo di questi vizi può portare all’annullamento dell’intero procedimento o degli atti successivi.
Il procedimento davanti al TAR si articola in:
Il TAR decide con sentenza di primo grado. Le parti possono successivamente proporre appello al Consiglio di Stato entro 30 giorni dalla notifica della decisione.
Quando l’atto impugnato comporta pregiudizi gravi e irreparabili, come l’occupazione imminente del bene o la demolizione di edifici, è possibile chiedere al TAR la sospensione dell’efficacia dell’atto in via d’urgenza (misura cautelare).
La misura cautelare può essere concessa se:
La sospensiva, se accolta, congela gli effetti del provvedimento amministrativo fino alla decisione di merito.
Il ricorso al TAR deve contenere:
Vanno allegati tutti i documenti disponibili: copia del provvedimento impugnato, comunicazioni ricevute, osservazioni presentate, perizie tecniche, planimetrie e titoli di proprietà.
Quando più soggetti sono colpiti dal medesimo procedimento espropriativo, ad esempio nel caso di un esproprio per una grande opera, è possibile proporre:
Questa modalità consente una maggiore forza argomentativa e una suddivisione delle spese legali.
Se il TAR accoglie il ricorso, dispone l’annullamento dell’atto impugnato. Gli effetti sono:
In caso di rigetto, il ricorrente può appellare al Consiglio di Stato entro 30 giorni. Il giudizio di secondo grado può confermare, modificare o riformare la decisione del TAR.
Il ricorso al TAR comporta costi fissi e variabili:
In caso di accoglimento del ricorso, il TAR può condannare l’amministrazione alla rifusione delle spese. È quindi possibile recuperare i costi sostenuti.
In presenza di atti manifestamente illegittimi o viziati da nullità assoluta, il ricorso può essere proposto anche oltre i 60 giorni, facendo valere la nullità dell’atto. I casi tipici sono:
In tali casi, il TAR valuta l’ammissibilità del ricorso anche in assenza del rispetto del termine ordinario.
In alternativa al ricorso giurisdizionale, il cittadino può proporre ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ma solo quando non vi siano atti di giurisdizione ordinaria pendenti.
Il ricorso straordinario è possibile entro 120 giorni dalla notifica o piena conoscenza dell’atto. Non è un processo giudiziario, ma una forma di tutela amministrativa alternativa e meno onerosa.
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