L’istituto dell’espropriazione per pubblica utilità rappresenta uno dei punti nevralgici dell’equilibrio tra potere pubblico e tutela della proprietà privata. Quando la procedura espropriativa viene inficiata da vizi o da illegittimità, sorgono questioni complesse in ordine al destino del bene, ai rimedi esperibili, alla sorte delle indennità già corrisposte e alla competenza giurisdizionale. La vicenda oggetto della recente ordinanza delle Sezioni Unite si innesta in questo quadro, affrontando i nodi dell’annullamento degli atti espropriativi, dell’acquisizione sanante, della restituzione delle somme già pagate e degli effetti delle sentenze amministrative in opposizione alle acquisizioni illegittime della pubblica amministrazione.
La vicenda trae origine dall’annullamento, con sentenza Consiglio di Stato n. 197/1998, degli atti della procedura espropriativa relativa a un’area destinata a discarica nel Comune di Montecorvino, di proprietà della Fornaci Marzo 88 S.p.A. L’annullamento degli atti espropriativi ha generato il diritto della società, non potendo ottenere la restituzione del bene a causa dell’intervenuta realizzazione della discarica, a un risarcimento del danno o, in alternativa, all’adozione di un nuovo provvedimento di acquisizione sanante.
Dopo una serie di pronunce amministrative (sentenza Cons. Stato n. 1762/2010), il Dipartimento della Protezione Civile ha adottato un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 43 d.P.R. 327/2001, liquidando un indennizzo di oltre 1 milione di euro. La società ha impugnato sia il decreto di acquisizione sia l’ordinativo di pagamento, lamentando profili di illegittimità rispetto alle indicazioni della sentenza amministrativa.
Successivamente, il Consiglio di Stato (sent. n. 3704/2020) ha annullato tali atti e imposto all’Amministrazione, nell’alternativa tra restituzione e nuova acquisizione sanante, di seguire la disciplina dell’art. 42-bis d.P.R. 327/2001, nel frattempo subentrato all’abrogato art. 43, dichiarato incostituzionale dalla sentenza Corte Cost. n. 293/2010.
Mentre la Fornaci Marzo 88 chiedeva esecuzione della pronuncia di annullamento, le amministrazioni pubbliche coinvolte (Presidenza del Consiglio, Unità Tecnica Amministrativa, Ministero dell’Interno, Provincia di Salerno) si sono reciprocamente rimpallate la competenza a restituire o acquisire formalmente l’area. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 658/2023, ha stabilito che la Fornaci dovesse restituire le somme già ricevute, in quanto il provvedimento di acquisizione sanante (ex art. 43) era stato annullato.
L’art. 43 aveva introdotto la possibilità, per la P.A., di sanare una situazione di occupazione illegittima mediante un provvedimento di acquisizione coattiva, previo indennizzo al proprietario, pur in assenza di una regolare procedura espropriativa. La Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 293/2010, ha dichiarato l’incostituzionalità della norma, affermando che essa contrastava con i principi di legalità, tipicità e riserva di legge in materia ablativa.
A seguito della pronuncia di incostituzionalità, il legislatore ha introdotto l’art. 42-bis, che consente l’acquisizione sanante del bene solo a precise condizioni:
La disciplina dell’art. 42-bis si applica anche alle situazioni pregresse, nei limiti stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.
Quando un provvedimento di acquisizione sanante viene annullato, la P.A. può scegliere se restituire il bene o emettere un nuovo provvedimento ex art. 42-bis. Nel frattempo, l’espropriato ha spesso già ricevuto delle somme a titolo di indennizzo/risarcimento. Il nodo giuridico affrontato dalle Sezioni Unite riguarda la possibilità di “detrazione” delle somme già pagate nel caso in cui il nuovo provvedimento venga adottato da un’amministrazione diversa rispetto a quella che aveva liquidato le somme originarie.
Il Consiglio di Stato aveva escluso la detrazione, in presenza di “alterità anche costituzionale” tra le amministrazioni coinvolte, imponendo la restituzione integrale delle somme. La Fornaci Marzo 88 ricorre in Cassazione, sostenendo che l’art. 42-bis, comma 8, consente la detrazione delle somme già erogate, maggiorate degli interessi legali, a prescindere dalla diversità soggettiva tra le amministrazioni.
“…l’art. 42 -bis, comma 8, ultimo inciso (‘ in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo ‘) presuppone l’avvenuto esercizio del potere di acquisizione sanante (decisivo, in proposito, l’utilizzo della locuzione ‘ in tal caso ‘, riferita alla ‘ rinnovazione della valutazione di attualità e prevalenza dell’interesse pubblico ‘), che nella specie la Provincia non ha emanato e ben può scegliere di non emanare.”
La ricorrente solleva anche questione di giurisdizione, sostenendo che la determinazione della sorte delle somme già corrisposte a titolo indennitario spetta al giudice ordinario, essendo materia indennitaria, mentre il Consiglio di Stato si sarebbe spinto oltre i limiti esterni della sua giurisdizione.
La Suprema Corte richiama il principio per cui:
“…sono devolute al giudice ordinario e alla Corte di appello, in unico grado, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennizzo ex art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, data la natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene, globalmente inteso dal legislatore come un ‘unicum’ non scomponibile nelle diverse voci, con la conseguenza che l’attribuzione di una somma forfettariamente determinata a titolo risarcitorio (pari all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, a norma del comma 3 dell’art. 42 bis cit.) si riferisce unicamente ad uno degli elementi (il mancato godimento del bene per essere il cespite occupato senza titolo dall’amministrazione) rilevanti per la determinazione dell’indennizzo in favore del proprietario…
Durante il giudizio di legittimità, è intervenuta la sentenza Consiglio di Stato n. 1173/2024, che ha annullato la pronuncia impugnata a seguito di opposizione di terzo della Provincia di Salerno, chiarendo che la competenza a restituire o acquisire l’area spetta alla Presidenza del Consiglio – Unità tecnica amministrativa, quale organo straordinario istituito per l’emergenza rifiuti in Campania.
Il Consiglio di Stato, ora, ha accolto la domanda di ottemperanza della società, ordinando la restituzione dell’area previo ripristino ovvero, in alternativa, l’adozione di un provvedimento ex art. 42-bis, con salvezza per l’Amministrazione della possibilità di detrarre le somme già pagate.
Le Sezioni Unite, quindi, dichiarano la cessazione della materia del contendere, in base al principio per cui l’intervento di un fatto sopravvenuto idoneo a far venire meno l’interesse all’impugnazione estingue la controversia.
L’ordinanza delle Sezioni Unite n. 20056/2024, pur dichiarando cessata la materia del contendere, offre spunti preziosi sulle modalità di gestione delle occupazioni illegittime, sull’acquisizione sanante, sulla restituzione o detrazione degli indennizzi e sulla complessa ripartizione delle competenze tra amministrazioni e giudici. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di espropriazione per pubblica utilità mostra la centralità del principio di legalità, la necessità di un serio ristoro per il proprietario e la delicatezza dei rapporti tra pubblico e privato, specie in contesti emergenziali o in presenza di pluralità di soggetti abilitati