Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE
CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
SEZIONE OMISSIS – R.G.N. OMISSIS – C.I. DOTT.SSA OMISSIS
COMPARSA CONCLUSIONALE
OMISSIS
(proprietari espropriati) Avv. OMISSIS
C O N T R O
(amministrazione espropriante) (Avv. OMISSIS)
F A T T O
Con deliberazione del consiglio comunale n. OMISSISdel 28.12.2007 (doc. n. 1) e con deliberazione della giunta comunale n. OMISSIS del 24.9.2009 (doc. n. 2), il Comune di OMISSIS approvava rispettivamente il progetto definitivo ed il progetto esecutivo delle “Opere infrastrutturali e per il potenziamento della rete viaria. Raccordi viari con la OMISSIS – OMISSIS e la OMISSIS – OMISSIS”.
Con successivo accordo di programma del 18.5.2009 (doc. n. 3), la Regione OMISSIS la Provincia di OMISSIS ed il Comune di OMISSIS procedevano all’approvazione, ai sensi dell’art. 34 d.lgs. n. 267/2000, dell’indicato intervento al quale veniva ricondotta l’efficacia di variante urbanistica.
Con nota prot. n. OMISSIS del 4.8.2010 (doc. n. 4), il Comune di OMISSIS comunicava che con D.P.G.R. n. 622 del 8.9.2009, il citato accordo di programma era stato pubblicato sul BUR Lazio n. 37 del 7.10.2009 con conseguente dichiarazione della p.u..
Con la medesima nota prot. n. OMISSIS del 4.8.2010, il Comune di OMISSIS informava i proprietari che la realizzazione della prevista opera pubblica avrebbe comportato la espropriazione dei seguenti fondi di loro proprieta’ distinti in catasto al foglio OMISSIS:
Con nota prot. n. OMISSIS del 19.8.2010 (doc. n. 5), il Comune di OMISSIS procedeva alla offerta della indennita’ provvisoria di esproprio determinata:
Con osservazioni del 21.9.2010 (doc. n. 6), i proprietari rifiutavano la indennita’ provvisoria offerta nella indicata misura e prospettavano all’amministrazione, alla luce delle motivazioni ivi articolate, la necessita’ di procedere ad una diversa valutazione delle aree, in quanto inquadrabili tra quelle dotate di edificabilita’ legale.
Con determinazione n. OMISSIS del 2.12.2010 (doc. n. 7), il competente dirigente del Comune di OMISSIS rettificava in aumento la indennita’ provvisoria quantificandola:
I proprietari rifiutavano anche tale seconda indennita’ provvisoria.
Con decreto n. OMISSIS del 24.5.2011 (doc. n. 8), il Comune di OMISSIS procedeva alla espropriazione delle tre aree di cui trattasi.
Con nota prot. n. OMISSIS del 8.11.2011 (doc. n. 9), il Comune di OMISSIS informava i proprietari che la Commissione Provinciale Espropri aveva determinato la indennita’ definitiva di esproprio:
Con l’atto di citazione del 25.11.2011 notificato in data 28.11.2011 ed iscritto al r.g.n. OMISSIS (C.I. Dott.ssa OMISSIS), il Comune di OMISSIS spiegava dinanzi a codesta Corte di Appello il giudizio di opposizione alla stima relativamente alla indennita’ definitiva di esproprio di euro 75.510,35 determinata dalla Commissione Provinciale Espropri con riferimento alla sola particella OMISSIS .
Fermi restando tutti gli atti del procedimento di esproprio indicati in precedenza, con riferimento al secondo giudizio di opposizione alla stima introdotto questa volta dai proprietari, si rende necessario ribadire che con nota prot. n. OMISSIS del 8.11.2011 (doc. n. 9), il Comune di OMISSIS informava gli opponenti che la Commissione Provinciale Espropri aveva determinato la indennita’ definitiva di esproprio:
Avverso la citata determinazione della indennita’ definitiva di esproprio, i proprietari [divenuti pieni proprietari per effetto della consolidazione dell’usufrutto a seguito della morte in data 16.6.2011 della madre OMISSIS (doc. n. 11)] spiegavano autonomo giudizio di opposizione alla stima introducendolo con il nuovo rito sommario previsto dall’art. 29 d.lgs. n. 190/2011 nel mentre entrato in vigore.
Il ricorso e’ stato depositato in data 6.12.2011 ed iscritto al r.g.n. OMISSIS/2011. La causa veniva assegnata al C.I. Dott.ssa Fanti.
Con provvedimento depositato in cancelleria in data 19.3.2012, il Presidente della Sezione Prima disponeva che il (secondo) giudizio iscritto al r.g.n. OMISSIS/2011 introdotto dai proprietari con il nuovo rito sommario fosse riunito al (primo) piu’ risalente giudizio iscritto al r.g.n. OMISSIS introdotto dal Comune di OMISSIS e gia’ assegnato al C.I. Dott.ssa OMISSIS.
* * * * *
Esperita l’attivita’ istruttoria mediante l’espletamento della c.t.u. e formulate dalle parti le osservazioni alla stessa, alla udienza del 25.3.2013 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione.
M O T I V I
Con la comparsa di costituzione e risposta del 25.2.2012, i proprietari espropriati eccepivano immediatamente l’inammissibilita’, sotto almeno due evidenti profili, della domanda giudiziale proposta dal Comune di OMISSIS con l’atto di citazione del 25.11.2011.
All’erronea opzione esercitata dal comune per il rito ordinario ha posto rimedio l’ordinanza emessa nella udienza del 16.4.2012 con la quale il C.I. Dott.ssa OMISSIS ha disposto la conversione del rito da ordinario a sommario.
Con l’atto di citazione, il Comune di OMISSIS ha espressamente dichiarato ed ammesso (pag. 3 punto 7) di aver ricevuto in data 30.9.2011 la notifica della indennita’ definitiva di esproprio determinata dalla Commissione Provinciale Espropri [“La citata commissione con atto prot. n. 29 del 26.9.2011 (all. 14) pervenuto al Comune di OMISSIS il 30 successivo, determinava l’indennita’ di esproprio…”].
Cio’ premesso, e’ noto che – gia’ sotto la previgente legge n. 865/1971 (il cui art. 20/4 che “Contro la determinazione dell’indennità gli interessati possono proporre opposizione davanti alla corte d’appello competente per territorio, con atto di citazione notificato all’occupante entro trenta giorni dalla comunicazione dell’indennità a cura del sindaco nelle forme prescritte per la notificazione degli atti processuali civili”) – con la sentenza 27.7.1992 n. 365 (doc. n. 11 fascicolo r.g.n. OMISSIS/2011), la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 20, quarto comma, nella parte in cui non prevede(va) che anche l’espropriante possa proporre opposizione davanti alla corte d’appello contro la determinazione dell’indennità di occupazione dei beni da espropriare, con atto di citazione notificato alle controparti nei modi ivi stabiliti e, quando l’espropriante sia il comune, con decorrenza del termine per l’opposizione dal giorno in cui sia pervenuta al comune stesso la comunicazione della determinazione di detta indennità da parte della commissione prevista dall’art. 16.
Va da se’ che l’onere del rispetto del citato termine di decadenza deve ritenersi confermato anche sotto il vigente d.p.r. n. 327/2001 che sul punto specifico non ha certamente apportato alcuna innovazione rispetto al previgente quadro normativo.
Si noti infatti:
Orbene, nella fattispecie risulta provato:
Pertanto, deve ritenersi inammissibile l’opposizione alla stima spiegata dal Comune di OMISSIS (r.g.n. OMISSIS/2011) perche’ e’ stata proposta tardivamente (in data 28.11.2011) oltre il termine di decadenza di trenta giorni previsto dalla normativa indicata (spirato infruttuosamente in data 30.10.2011) decorrente dalla notifica al comune stesso (avvenuta in data 30.9.2011) della indennita’ definitiva di esproprio determinata dalla Commissione Provinciale Espropri.
Del resto, tale conclusione e’ imposta non solo direttamente dalla normativa (art. 54 d.p.r. n. 327/2001 ed art. 29 d.lgs. n. 150/2011) ma si rivela altresi’ anche l’unica conforme alla interpretazione che sia costituzionalmente orientata (sotto il profilo dell’uguaglianza ex art. 3) e che sia rispettosa dei principi previsti dalla Convenzione Europea Diritti dell’Uomo (sotto il profilo della parita’ delle parti e delle armi ex art. 6). E’ infatti a tal fine sufficiente constatare che non sarebbe ammissibile una (diversa) interpretazione che (in presenza dell’intervenuta emissione del decreto di esproprio) se da un lato impone al proprietario espropriato di proporre l’opposizione alla stima entro il termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica della stima peritale, dall’altro lato consentisse invece al promotore dell’espropriazione di proporre l’opposizione alla stima senza il limite di alcun termine decorrente dalla medesima notifica che egli abbia ricevuto della stima peritale.
La eccepita inammissibilita’ dell’opposizione comporta ovviamente per il Comune di OMISSIS da un lato (sul piano processuale) la inutilizzabilita’ e l’irrilevanza degli argomenti difensivi e della documentazione prodotta in atti e dall’altro lato (sul piano del diritto sostanziale) la intervenuta immodificabilita’ (se non in aumento) della indennita’ definitiva determinata dalla Commissione Provinciale Esproprio. E’ lapidario in materia l’art. 54/5 d.p.r. n. 327/2001 il quale dispone testualmente che “Trascorso il termine per la proposizione dell’opposizione alla stima, l’indennità è fissata definitivamente nella somma risultante dalla perizia”. Operativamente, cio’ ovviamente implica che le indennita’ definitive di esproprio che la Commissione Provinciale Espropri aveva determinato:
non possono piu’ essere modificate in diminuzione (a causa della eccepita inammissibilita’ dell’opposizione spiegata dal comune) ma al contrario possono essere modificate solo in aumento (nell’auspicata ipotesi di accoglimento della opposizione spiegata dai proprietari).
Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, si rende necessario premettere che dal certificato di destinazione urbanistica del 10.6.2010 (doc. n. 12), risulta:
L’art. 24 della n.t.a. del p.r.g. del Comune di OMISSIS (doc. n. 13), che contiene la disciplina urbanistica per le “zone per attrezzature urbane a carattere pubblico”, prevede testualmente che le indicate zone (qualificate “di interesse generale”) (vedi comma 1), si suddividono in zone per attrezzature comuni, in zone sportive ed in zone per attrezzature distributive (comma 2).
Piu’ in particolare, il citato art. 24 n. 1 “zone per attrezzature comuni” prevede espressamente che “tali zona sono destinate all’istruzione, ai servizi religiosi, sanitari, per uffici e servizi pubblici” e che nelle tavole del p.r.g. tali zone comprendono le scuole asilo (S1a), la scuola elementare (S1b), la scuola media (S1m), le scuole secondarie (istituti tecnici, professionali, licei, ecc.) (S1s), ospedale (S2), uffici pubblici (S5), edifici per il culto (S7), servizio autolinee (S8), vigili del fuoco (S10).
L’art. 24 aggiunge inoltre che “in tali zone, il piano si attua per intervento edilizio diretto applicando i seguenti indici:
Ritiene questa difesa che l’art. 24 della n.t.a. fornisca oggettivi elementi sufficienti per la configurazione della edificabilita’ legale allorquando si consideri:
Sul punto specifico, deve ritenersi corretta ed incensurabile la conclusione raggiunta dal c.t.u. che, dopo aver ripercorso l’iter amministrativo di approvazione e di variante generale del p.r.g., ha testualmente affermato che “Anche in questo caso la zona omogenea di appartenenza (la zona F) e’ quella relativa ad <attrezzature ed impianti di interesse generale> (aree da destinare a servizi ed attrezzature, ma essendo la zona F5 destinata ad <attrezzature e servizi privati>, ovvero riservata alla realizzazione di attrezzature private di interesse pubblico, e’ legalmente edificabile anche con interventi diretto privato diretto. A supporto della affermazione precedente si riporta (tra le tante) la sentenza della Corte di Cassazione prima civile n. 3189/2008…” (vedi relazione peritale del 28.1.2013 pag. 12).
Si aggiunga per completezza di indagine che deve invece ritenersi del tutto irrilevante ai fini del presente giudizio la ulteriore modifica urbanistica apportata per effetto della successiva variante al p.r.g. introdotta dalla deliberazione consiliare n. 33 del 28.12.2007 (che ha approvato il progetto definitivo riguardante le “Opere infrastrutturali per il potenziamento della rete viaria. Raccordi viari con la OMISSIS – OMISSIS e la OMISSIS – OMISSIS 1 stralcio” (evocata dal c.t.u. nella stessa pagina 12). Cio’ per l’evidente ed insuperabile considerazione che la indicata “…variante generale di p.r.g. (e’ stata) approvata definitivamente con delibera della G.R. n. 347 del 13.7.2012 e pubblicata sul BUR del Lazio n. 35 del 7.8.2012…”. Si tratta cioe’ di una modifica alla disciplina urbanistica approvata ed intervenuta in data successiva al decreto di esproprio che infatti e’ stato emesso in data 24.5.2011.
Si tratta ovviamente di una disciplina urbanistica successiva e sopraggiunta alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) che rappresenta notoriamente il momento temporale di riferimento ai fini della stima indicato e richiesto a tal fine:
Si segnala – tra le numerosissime sentenze rinvenibili – la recente pronuncia del 1.9.2011 n. 17988 con la quale la Corte di Cassazione ha testualmente ribadito che
“…il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio, la ricognizione della qualità edificatoria o meno dell’area va operata con riferimento alla data del decreto di esproprio, dovendosi interpretare la formula “al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio”, di cui alla legge n,. 359/1992 art. 5 bis nel senso della irrilevanza del vincolo espropriativo ai fini della stima del bene, e non nel senso della necessità di retrodatare la qualificazione della natura del terreno all’epoca dell’imposizione di detto vincolo, giacchè, altrimenti, nell’ipotesi di mutamento di destinazione dell’area, sopravvenuta nelle more dell’espropriazione, l’indennizzo verrebbe ad essere inficiato di astrattezza, in contrasto con la previsione del’art. 42 costituzione comma 3 (Cass., 14 dicembre 2006, n. 3146; Cass., 6 dicembre 2002, n. 17337; Cass., 15 gennaio 2000, n. 425, Cass., Sez. Un., 29 novembre 1999, n. 833)”.
Ha dunque (inizialmente) operato correttamente il c.t.u. laddove non ha tenuto conto della variante della “…variante generale di p.r.g. (e’ stata) approvata definitivamente con delibera della G.R. n. 347 del 13.7.2012 e pubblicata sul BUR del Lazio n. 35 del 7.8.2012…”. In particolare, il c.t.u. ha testualmente affermato che “…tenendo presente il dettato dell’art. 32 del d.p.r. n. 327/2001 secondo cui il valore di un immobile e’ determinato <sulla base della caratteristiche del bene al momento dell’accordo di cessione o alla data di emanazione del decreto di esproprio, valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e quelli connessi alla realizzazione dell’eventuale opera prevista>, ai fini della determinazione del valore di mercato del fondo in questione, stanti le concrete destinazioni edificatorie perseguibili (servizi privati), si procedera’ alla valutazione considerando la particella OMISSIS edificabile in base alle norme introdotte dalla pianificazione adotta (art. 45 delle n.t.a. variante generale del 2004) per la sottozona F5: attrezzature e servizi privati riguardanti attrezzature scolastiche, religiose, amministrative, culturali, sanitarie ed assistenziali, commerciali, sportive, ecc. realizzabili con intervento privato” (vedi relazione peritale del 28.1.2013 pag. 16).
Tuttavia, (successivamente) il c.t.u. ha comunque ritenuto di attribuire alla indicata sopraggiunta variante al p.r.g. (approvata ed entrata in vigore solo nel mese di luglio 2012) un coefficiente correttivo del 20 % in diminuzione del valore di mercato dell’area (vedi pag. 22 rigo 4). Cosi’ facendo egli ha erroneamente ed illegittimamente introdotto nel procedimento di stima dati, parametri ed elementi che hanno indiscutibilmente depresso e ridotto l’effettivo ammontare della indennita’ di esproprio.
Infatti, il c.t.u. ha stimato che la citata sopraggiunta destinazione urbanistica abbia comportato una riduzione del 20 % del valore di mercato. Cio’ risulta in particolare laddove:
Si premette che l’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 prevede:
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha stabilito che i terreni espropriati per la realizzazione di opere ospedaliere devono ritenersi edificabili.
Nel richiamare i noti principi generale secondo i quali:
appare piu’ specifico e pertinente alla fattispecie il principio secondo il quale “… Il requisito dell’edificabilita’ non richiede che l’edificazione sia consentita a tutti, essendo sufficiente che sull’area sia possibile realizzare una determinata struttura edilizia… Invero al fine di attribuire ad un’area sottoposta ad espropriazione la natura edificatoria non è sufficiente che la stessa sia inserita in zona F (destinazione ad impianti di interesse generale) ma e’ necessario che l’edificabilità di tali impianti come ad esempio, per quanto qui rileva, istituti sanitari sia realizzabile anche da privati (Cass. 29.9.2004 n. 19542)…” (Cass. 15.9.2006 n. 20011).
“Pertanto, il riconoscimento della edificabilità legale (che pur non si identifica e non si esaurisce in quella abitativa) postula l’indagine in ordine alla effettiva destinazione attribuita all’area, per cui, se la zona è vincolata ad un utilizzo pubblicistico strutture ospedaliere o verde pubblico), è preclusa ai privati ogni possibilità di trasformazione tecnicamente riconducibile all’edificazione. L’area è, dunque, non edificabile, risultando irrilevanti, ai fini del riconoscimento di un “tertium genus” in ordine alla natura dell’area, gli interventi e le strutture finalizzati alla realizzazione dello scopo pubblicistico. Correttamente i Giudici di merito (sulla base della consulenza di ufficio) hanno affermato che, essendo il terreno in questione, al tempo dell’espropriazione, inserito dal p.r.g. in parte entro la fascia di rispetto stradale, assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta, e in parte in zona destinata ad attrezzature ospedaliere, edificabili solo dagli enti pubblici, la relativa area non ha natura edificabile ai fini del calcolo dell’indennità di esproprio” (Cass. 25.1.2007 n. 1641).
Al contrario, qualora invece l’attivita’ di costruzione delle strutture sanitarie sia consentita anche su iniziativa privata, allora in tal caso il terreno deve ritenersi dotato della edificabilita’ legale.
Dall’esame del certificato di destinazione urbanistica risulta che il mappale OMISSIS di cui trattasi ricade nella zona territoriale omogenea F (attrezzature ed impianti di interessi generali) di cui al d.m. 2.4.1968.
Fermo restando quanto gia’ prospettato nel precedente punto in materia di edilizia sanitaria, la completezza di indagine impone di estendere l’esame anche alla giurisprudenza di legittimita’ in materia di edificabilita’ legale con riferimento alla indicata zona omogenea F.
“Occorre allora premettere che – come già chiarito in altre pronunce di questa corte (cfr. per tutte Cass. 26 gennaio 2006 n. 1626) – i suoli inseriti nella zona F, comprendente, secondo la previsione del d.m. 2.4.1968 (art. 2) “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”, sono normalmente da considerare non edificabili e, di conseguenza, indennizzabili in relazione al loro valore agricolo. Una conferma, al riguardo, si trae dal cit. D.M. art. 7 che, a differenza delle altre zone, non prevede per la zona F limiti di densita’ edilizia.
E’ bensi’ vero che, in via eccezionale, anche la zona F, qualora sia consentita la costruzione di parcheggi ed infrastrutture, puo’ considerarsi edificabile, non identificandosi ne’ esaurendosi l’edificabilita’ in quella residenziale abitativa ma ricomprendendo essa tutte quelle forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (così, tra le altre, Cass. sez. un. 23 aprile 2001 n. 172). Ma, a tal fine, e’ necessario che la zona non sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico, non precluso all’iniziativa privata. Qualora sussista un tale vincolo di destinazione, che non tollera la realizzazione ad iniziativa privata neppure attraverso apposite convenzioni, devono ritenersi inibite ai privati tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, concepite unicamente al fine di assicurare la fruizione pubblica degli spazi (cfr., ex plurimis, Cass. 19 dicembre 2008 n. 29768). Soltanto ove, viceversa, il vincolo posto dalla classificazione effettivamente introduca una destinazione realizzabile anche ad iniziativa privata o promiscua (pubblico – privata), e’ postulabile l’edificabilita’ del suolo, nell’accezione più ampia sopra richiamata, purche’ non si tratti di manufatti precari, quali chioschi ed attrezzature per giochi (cfr. Cass. n. 1626 del 2006 cit)” (Cass. 4.3.2009 n. 5243).
“La classificazione medesima, propria del territorio destinato ad attrezzature ed impianti d’interesse generale, e’ idonea a determinare la edificabailita’ legale, quando non si accompagni a vincoli di tipo conformativo e quando implichi anche per il privato la facolta’ di realizzare quelle strutture (vedi Cass. n. 10400 del 2003 sopra menzionata)” (Cass. 29.9.2004 n. 19542).
“Ai fini della determinazione dell’indennita’ di esproprio, non basta la sola classificazione in zona F (comprendente la parte del territorio destinata ad attrezzature ed impianti d’interesse generale) per escludere l’edificabilita’ legale di un’area, ma e’ necessario, altresi’, verificare quale destinazione, tra le molte (e diverse) destinazioni possibili, sia stata in concreto impressa alla zona o all’area, nonche’ quale sia la natura del vincolo nascente da quella destinazione (nella fattispecie, la suprema corte ha confermato la qualificazione come edificabile di un’area, ricadente in zona F, ma con destinazione di uso pubblico – per edificio scolastico – impressa con la localizzazione di detto edificio, la quale comportava un vincolo a carattere espropriativo, di cui dunque non doveva tenersi conto ai fini della determinazione dell’indennita’, mentre le aree circostanti avevano prevalente destinazione residenziale di espansione C, cio’ che consentiva di desumere l’edificabilita’ legale anche dell’area in questione)” (Cass. 2.7.2003 n. 10440).
L’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla c.e.d.u. ha una formulazione cosi’ ampia da aver consentito alla Corte Europea di stabilire che un’area debba qualificarsi come edificabile (ed essere indenizzata con il corrispondente valore di mercato) per il solo fatto che a seguito della espropriazione essa sia stata utilizzata per attivita’ di edificazione, a prescindere dal soggetto, pubblico o privato, che ne abbia avuto l’iniziativa.
E’ sufficiente a tal fine far riferimento (tra tutte le numerose sentenze) alla nota pronuncia n. 24638/94/2003 emessa in esito al caso Carbonara e Ventura contro Italia con la quale la CEDU (facendo proprie le motivazione le conclusioni articolate dalla c.t.u. la quale si era limitata a constatare che sui fondi espropriati era stato costruito un edificio destinato a scuola) ha stabilito che l’utilizzazione in termini edificatori del terreno espropriato costituisce di per se’ motivo sufficiente ad integrare gli estremi della edificabilita’.
La conclusione appare del resto coerente con le elementari esigenze del diritto di proprieta’, risultando difficilmente ammissibile ed accettabile anche sul piano logico che la pubblica amministrazione, in vista della edificazione di strutture e complessi, possa espropriare la proprieta’ privata ed indennizzarla sulla base del valore non edificabile, solo perche’ essa stessa abbia previsto unilateralmente a favore di sé la riserva dell’iniziativa edilizia.
Sulla scorta delle argomentazioni di cui sopra, si ritiene che la indennita’ definitiva determinata dalla c.p.e. per il mappale OMISSIS nel valore complessivo di euro 75.510,35 (corrispondente al valore unitario di euro 67,50 mq.) sia largamente sottostimata rispettivo all’effettivo valore di mercato allorquando si consideri (tra gli altri elementi):
Dal citato certificato di destinazione urbanistica del 10.6.2010, risulta che i mappali in oggetto , benche’ espropriati per la realizzazione di opera di viabilita’, ricadrebbero in zona agricola F1 e F2. Si ritiene dunque che verosimilmente la destinazione urbanistica a viabilita’ sia quella piu’ correttamente confacente alla fattispecie.
Cio’ premesso, si richiama ora l’attenzione sulla circostanza che l’art. 18 della n.t.a. (doc. n. 14) del p.r.g. disciplina le zone destinate alla viabilita’, distinguendo (tra le altre) tra strade extraurbane, strade urbane con funzione prevalentemente comunale, strade locali con funzioni prevalentemente agricole e forestali, strade interne con funzione di distribuzione capillare degli autoveicoli nelle zone residenziali.
Dall’esame delle planimetria descrittive dell’opera di cui trattasi (doc. n. 15), si desume che la viabilita’ prevista dall’opera pubblica e’ quella relative a strade urbane con funzione prevalentemente comunale e/o a strade interne con funzione di distribuzione capillare degli autoveicoli nelle zone residenziali.
3.1) quanto alla edificabilita’ di aree destinate alla viabilita’ urbana (art. 13 legge n. 1150/1942)
In particolare, dagli elaborati progettuali e dallo stesso accordo di programma si evince che le aree espropriate sono destinate a garantire la viabilita’ urbana a servizio e collegamento delle zone relative all’ex manicomio (da tempo sede degli uffici tecnici ed amministrativi della ASL di OMISSIS), al polo didattico (due istituti ed una palestra ed altri due istituti previsti)) e ad una residenza sanitaria, tutte ovviamente poste all’interno di tessuti densamente urbanizzati ed abitati.
In presenza di tali circostanze, si ritiene che sussistano utili argomenti che depongono a favore della edificabilita’ legale delle aree di cui trattasi. In realta’, la giurisprudenza di legittimita’ ha gia’ da tempo stabilito che le aree espropriate per la viabilita’ destinata a servizio e completamento di circostanti aree gia’ urbanizzate ed edificate, devono parimenti ritenersi dotate della edificabilita’ legale.
Del resto, a tale conclusione (in termini di edificabilita’) si puo’ pervenire anche alla luce delle indicazioni fornite dalla stessa Regione Lazio la quale, in sede di approvazione della variante al p.r.g., ha espressamente stabilito che “…la zona occupata dalla rotatoria prevista dal p.r.g., assume la nuova destinazione di Piano delle Aree Limitrofe C4 e Verde Pubblico…” (doc. n. 15). Con cio restando confermata la tesi della edificabilita’ legale anche delle aree di cui trattasi.
Corte di Cassazione n. 20131 del 18.9.2009
“Del resto, anche la porzione destinata a strada segue la medesima sorte delle particelle limitrofe, come gia’ indicato dalla giurisprudenza di questa Corte (sent. S.U. n. 125 del 2001, rv. 544961; sez. 1^, sent. n. 2613 del 7.2.06, rv. 586605; n. 24837 del 24.11.2005, rv. 585367; n. 14064/04 rv. 582158), dal momento che la valutazione di suoli destinati alla realizzazione di opere di viabilità all’interno e al servizio di singole zone, deve essere riferita alla potenzialità edificatoria di aree limitrofe, al cui servizio la destinazione stessa <a strada> è concepita”.
Corte di Cassazione n. 2613 del 7.2.2006
“Di tali principi ha fatto corretta applicazione la Corte territoriale, la quale – sulla base di congrua motivazione, scevra da vizi logici e giuridici – è pervenuta alla conclusione che la destinazione a parcheggi pubblici, impressa all’area espropriata dal piano regolatore generale e confermata dalla successiva variante, concretasse, per l’appunto, non già un vincolo conformativo, ma un vincolo preordinato all’espropriazione, esulando dall’ottica della suddivisione zonale del territorio del Comune, e mirando invece ad imporre un vincolo particolare su beni singolarmente individuati, in vista della creazione di un’area non edificata – in specie, una pubblica piazza – all’interno di zone a spiccata vocazione edificatoria ed a servizio delle strutture e degli edifici circostanti (tra i quali anche l’ospedale civile e due istituti scolastici)”.
Corte di Cassazione n. 24837 del 24.11.2005
“…riguardo alla viabilita’ prevista dal piano regolatore, pur essendo vero che l’indicazione delle opere necessaria, che comporta un vincolo di inedificabilita’ delle parti del territorio interessate (legge 17.8.1942 n. 1150 art. 7 comma 2 n. 1) con le relative conseguenze nella scelta del criterio di determinazione dell’indennita’ di esproprio nel sistema legge 8.8.1992 n. 359 art. 5 bis, basato sulla edificabilita’ o meno dei suoli, non concreta un vincolo preordinato ad esproprio, occorre pero’ che tale destinazione non sia assimilabile all’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone (legge n. 1150 del 1942 art. 13), come tale, riconducibile a vincolo Imposto a titolo particolare, a carattere espropriativo (Cass. 7.12.2001 n. 15519; 11.1.2002 n. 296) nella specie la Corte di merito ha correttamente motivato che, trattandosi di “strada pubblica della parte di comprensorio”, e dunque destinata ad una zona circoscritta del territorio comunale, ad essa non poteva essere attribuita natura conformativa; in ordine al secondo motivo, non dovendosi tener conto della destinazione a strada, costituente vincolo preordinato ad esproprio, le aree interessate vengono indennizzate secondo la potenzialita’ edificatoria delle aree limitrofe, a cui servizio la destinazione stessa a strada concepita (Cass. 28.12.2004 n. 24064), tenendo conto, peraltro – come correttamente operato dalla sentenza impugnata, in sede di valutazione, proprio sulle indicazioni del Comune – degli spazi da assegnare ad attrezzature collettive (Cass. 21.3.2001 n. 125/1980)”.
Corte di Cassazione n. 29788 del 19.12.2008
“…la giurisprudenza amministrativa, puntualmente ricordata dal Ministero, ha ripetutamente enunciato il principio, di carattere generale, che il rilascio della concessione per aree non comprese in strumenti urbanistici (anche di attuazione) è tra l’altro subordinato alla presenza di due requisiti: “deve trattarsi di area dotata di opere di urbanizzazione funzionalmente collegate a quelle comunali; deve anche trattarsi di area avente obiettiva ed intrinseca funzione di “completamento” rispetto ad area contigua destinata all’edificazione.
In breve, la verifica della funzione di completamento dell’area non si risolve nella possibilità di allaccio con le strutture di urbanizzazione primaria, ma si estende ad accertare l’armonico inserimento di essa in un ambito territoriale più esteso, rispetto al quale la stessa si presenta come naturale completamento di una zona adibita all’edificazione; e la verifica deve ispirarsi a criteri funzionali, inevitabilmente condizionati dall’analisi dell’impatto urbanistico ed edilizio che la previsione di detta edificazione produce in un contesto più ampio di quello circoscritto alla singola zona in cui è compresa (C.S. sezione V n. 2874/2000, n. 920/1992; n. 382/1988).
Questa Corte aveva, infine, avvertito che le relative opere sono rilevanti, ai fini della valutazione degli immobili espropriati, anche se compiute dagli stessi espropriati o da terzi, in quanto assicuranti l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area, apprezzabile come sua qualità intrinseca, rilevante in una libera contrattazione (Cass. 8523/1998; 8548/1998, ecc.) a patto che l’esistenza di infrastrutture, collegamenti e servizi – come pure l’esistenza di costruzioni nelle aree circostanti, non dipendano da una serie di opere abusive, dei cui effetti incrementativi il Giudice non deve tenere conto nella stima del valore indennitario dei suoli espropriati…”.
Corte di Cassazione n. 19221 del 11.7.2008
Con riferimento alle opere di viabilità, la Corte di Cassazione, muovendo dalla premessa che il piano regolatore generale contiene di regola il programma generale di sviluppo urbanistico, e che le previsioni, necessariamente generiche, in esso contenute, sono condizionate dalle caratteristiche fisico – geografiche del territorio comunale, ha ripetutamente affermato che la destinazione di parti del territorio a determinati usi, pur preludendo ad una possibile acquisizione pubblica dei suoli necessari, resta estranea alla vicenda espropriativa; di modo che, pur non potendosi escludere, in particolari casi, che la destinazione di singole aree, in genere rimessa alle previsioni dello strumento di attuazione, sia direttamente indicata dal piano regolatore generale, l’indicazione da parte di questo, delle opere di viabilità nel piano regolatore generale (legge 17 agosto 1942 n. 1150 art. 7 comma 2 n. 1), pur comportando un vincolo di inedificabilità delle parti del territorio interessate, con le relative conseguenze nella scelta del criterio di determinazione dell’indennità di esproprio nel sistema della legge 8 agosto 1992 n. 359 art. 5 bis, basato sulla edificabilità o meno dei suoli, resta normalmente estranea alla vicenda espropriativa: nel senso che i vincoli stabiliti in detto piano influiscono sulla qualificazione dei suoli espropriati, alla stregua delle possibilità legali, per via del contenuto conformativo della proprietà che ad essi deriva dalla funzione di operare scelte programmatorie di massima (Cass. 13199/2006; 3386/2004; 15519/2001; 8685/2001).
A meno che tale destinazione non sia assimilabile all’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone (legge n. 1150 del 1942 art. 13), di regola rimesse allo strumento di attuazione, e come tali riconducibili a vincoli imposti a titolo particolare, a carattere espropriativo: trattandosi (soltanto in tali casi) di limitazioni particolari, incidenti su beni determinati in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare di un’opera pubblica; ed in tal caso ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione (o del risarcimento del danno per l’occupazione espropriativa) la valutazione di suoli destinati alla realizzazione di opere di viabilità all’interno e a servizio delle singole zone, deve essere riferita alla potenzialità edificatoria delle aree limitrofe della medesima zona omogenea, al cui servizio la destinazione stessa “a strada” è concepita, tenendo conto degli spazi da assegnare ad attrezzature collettive (Cass. n. OMISSIS2/2006; n. 2613/2006 e n. 24837/2005).
Nello stesso senso Cassazione n. 26908 del 10.11.2008 e Cass. n. 26615 del 6.11.2008 le quali hanno ribadito che qualora la destinazione delle opere di viabilita’ previste dal p.r.g. sia riconducibile a vincoli imposti a titolo particolare, a carattere espropriativo, ai fini della determinazione della indennita’ di espropriazione la valutazione deve essere riferita alla potenzialita’ delle aree limitrofe della medesima zona omogenea, al cui servizio la destinazione stessa “a strada” e’ concepita, tenendo conto degli spazi da assegnare ad attrezzature collettive.
Per quanto sopra, si ritiene dunque che anche per le particelle OMISSIS e OMISSIS possa essere ritenuta sussistente l’edificabilita’ legale.
4.1) quanto alle osservazioni alla c.t.u.
Con le osservazioni del 28.11.2012, i proprietario formulavano (tra le altre) una specifica censura alla relazione peritale del 30.10.2012 con la quale il c.t.u. aveva determinato in euro 45.600,00 (corrispondente al valore unitario di euro 37,22 mq.) l’indennita’ di esproprio del terreno in catasto alla particella OMISSIS.
In particolare, si riporta di seguito testualmente il contenuto del punto 3.2 (pag. 6 e ss.).
Come gia’ premesso, dopo aver determinato il valore di mercato della particella OMISSIS sia con il criterio analitico o cosiddetto di trasformazione (in euro 44.200,00) sia con il criterio cosiddetto sintetico comparativo (in euro 47.000,00), il c.t.u. ha calcolato il valore ottenendo l’importo di euro 45.600,00 corrispondente al valore unitario di euro 37,22 mq. (pag. 19 prima parte).
Sul punto specifico, si rende pero’ necessario soffermare l’attenzione sul aspetto che riveste particolare importanza nel presente giudizio.
In particolare, si intende far riferimento alla circostanza che, con l’allegata delibera n. OMISSIS del 3.9.2007, il Comune di OMISSIS ha stabilito, ai fini dell’i.c.i, in euro 230,00 mq. il valore di mercato dei terreni compresi in zona F5. Si segnala altresi’ che tale zona ha un indice medio di edificabilita’ territoriale pari a 0,30 mq./mq. (e dunque esattamente la meta’ dell’indice di 0,60 mq./mq. espresso dalla particella OMISSIS di cui trattasi) e si trova in ogni caso in zona piu’ decentrate e periferica di quella in disamina.
Orbene, si deve affermare coerentemente che se il Comune di OMISSIS ha stabilito in euro 230,00 mq. il valore di mercato dei terreni compresi in zona F5 (caratterizzati dai dati indicati), a maggior ragione quanto meno lo stesso valore deve ritenersi riferibile anche alla particella OMISSIS, che e’ dotata di analoga destinazione urbanistica ma caratterizzata da dati oggettivi decisamente migliori in termini di indice di edificabilita’ e di posizione.
Va da se’ che la citata delibera del Comune di OMISSIS rappresenta una prova utile destinata a sgombrare il campo da ogni dubbio in ordine all’effettivo valore di mercato dei terreni espropriati.
Infatti, con la indicata delibera assunta ai i.c.i., lo stesso Comune di OMISSIS ha determinato nella misura di euro 230,00 mq. il valore unitario di mercato di aree dotate di minor pregio rispetto a quella (particella OMISSIS) oggetto del presente giudizio!
Laddove ha stabilito in euro 230,00 mq. ai fini dell’i.c.i. il valore di mercato dei terreni compresi in zona F5, il comune stesso ha ammesso e riconosciuto che (quanto meno) tale deve essere il valore di mercato ai fini della indennita’ di esproprio anche della particella OMISSIS dotata ovviamente di analoga destinazione urbanistica, ma di maggior pregio.
Del resto, l’art. 5/5 d.lgs. n. 504/1992 prevede testualmente che “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”.
Orbene, e’ appena il caso di precisare che il valore unitario di mercato stabilito in euro 230,00 mq. dallo stesso Comune di OMISSIS ed espresso con riferimento alla zona F5 rappresenta un dato estimativo oggettivo ed inconfutabile e munito di elevato valore probatorio ai fini della determinazione della indennita’ di esproprio dell’area di cui trattasi (particella OMISSIS). Non sfugge infatti che, in quanto proveniente dallo stesso comune espropriante, tale valore rappresenta una vera e propria ammissione e costituisce una soglia minimale al di sotto della quale non e’ consentito che l’indennita’ di esproprio nella fattispecie sia determinata.
E’ fin troppo evidente infatti che la esistenza della stima del valore di mercato (peraltro proveniente dallo stesso Comune di OMISSIS che riveste significativamente anche la qualita’ di amministrazione espropriante) riferita alla zona F5, prevale e rende del tutto superfluo il riferimento al valore di mercato desunto dal c.t.u. da altri e diversi terreni assunti (nell’ambito del criterio sintetico comparativo) a parametro di confronto perche’ ritenuti sufficientemente “rappresentativi”.
In verita’, tale conclusione e’ oggettivamente giustificata allorquando si consideri:
Ecco che allora appare preferibile, perche’ meno opinabile e meno aleatorio, che, ai fini della determinazione della indennita’ di esproprio, sia assunto a parametro di confronto e di riferimento il valore di mercato espresso direttamente dallo stesso comune con riferimento ai terreni in zona F5, anziche’ il teorico valore di mercato astrattamente desunto dal c.t.u. con il criterio analitico e/o con il criterio sintetico – comparativo.
Ecco ancora che risulta del tutto incontestabile che nella fattispecie la determinazione nella misura unitaria di euro 230,00 mq. del valore di mercato puo’ (ed anzi deve) essere legittimamente e coerentemente desunta dalla citata delibera adottata ai fini dell’i.c.i. dallo stesso Comune di OMISSIS atteso che essa soddisfa al massimo grado il requisito della rappresentativita’ del valore assunto a confronto (consistente nella necessita’ che i terreni a confronto abbiano caratteristiche analoghe ed omogenee sia per consistenza e conformazione fisica sia per disciplina urbanistica). Anzi, piu’ correttamente bisogna riconoscere che l’assunzione a riferimento del valore accertato dal Comune di OMISSIS con la delibera adottata ai fini dell’i.c.i. addirittura supera e sopravanza il concetto stesso di rappresentativita’ (dovendosi piuttosto e piu’ correttamente parlare di “identicita’” visto che il valore accertato dal comune si riferisce a terreni con identica destinazione urbanistica).
Per di piu’, non puo’ sottacersi che applicando alla superficie della particella OMISSIS estesa 1.110 mq. il valore unitario di euro 230,00 determinato dallo stesso comune, si ottiene il valore di mercato di euro 255.300,00.
Orbene, emerge immediatamente che tale valore di mercato e’ straordinariamente coincidente con quello di euro 249.000,00 determinato in precedenza in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto.
La circostanza dunque che i due diversi criteri estimativi abbiano condotto alla determinazione della indennita’ di esproprio nella stessa misura rivela l’elevato grado di attendibilita’ degli stessi e nel contempo concorrono, attraverso procedimenti estimativi del tutto diversi, a smentire l’attendibilita’ delle risultanze della c.t.u..
E’ appena il caso di precisare che, ai fini della determinazione della indennita’ di esproprio, il giudice possa legittimamente far riferimento a valori risultanti da avvisi d’accertamento di natura fiscale.
Infatti, con la recente sentenza 1.12.2011 n. 25709 (doc. n. 1), la Corte di Cassazione ha stabilito testualmente quanto segue:
“il metodo cosiddetto sintetico – comparativo e’ incentrato sulla ricognizione dei prezzi storici e certi che, in ragione della loro rappresentativita’, si pongono come idonei parametri di determinazione del valore da attribuire al bene oggetto della stima.
E siffatta rappresentativita’ si configura solo allorquando i prezzi di confronto riguardino terreni forniti di caratteristiche, per lo meno, analoghe a quelle proprie dell’immobile da valutare, attengano esse sia alla disciplina urbanistica delle rispettive zona di appartenenza sia alla morfologia nonche’ ad ogni altra caratteristica dei beni considerati (giacitura, natura geologica, conformazione orografica, accessibilita’, ecc.). Per cui, cio’ che rileva non e’ la categoria degli atti da cui desumere il probabile valore di mercato dell’area, che non costituisce un numero chiuso necessariamente coincidente con i contratti di compravendita e con le decisioni giudiziali, bensi’ il preventivo e motivato riscontro della rappresentativita’ dei dati utilizzati per la comparazione e cioe’ l’accertamento che essi riguardino terreni muniti di caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obiettiva natura ed ubicazione quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti: il prezzo di mercato puo’ essere quindi tratto anche da fonti diverse, quali appunto…ACCERTAMENTI DI VALORE DI NATURA FISCALE o ancora da pubblicazioni specializzate del settore o da atti di natura privatistica diversi dalla compravendita quali permute, donazioni o ancora locazioni o ancora da altri documenti di equivalente valore probatorio, sempreche’ che gli immobili che ne siano oggetto presentino indubbio carattere di omogeneita’ con l’immobile da stimare (Cass. 3175/2008, 6122/1990, 4583/1990)”.
Particolarmente significativo e pregnante (poiche’ affronta una questione del tutto identica a quella dibattuta) si rivela anche il principio affermato dalla sentenza 5.7.2000 n. 8969 (doc. n. 2) con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che “Il giudice di merito rende adeguata motivazione circa il metodo di valutazione del bene ceduto, preferendo partire da dati desumibili da accertamenti fiscali compiuti sullo stesso immobile…”.
E’ infine appena il caso di precisare che con la nota sentenza n. 338/2011, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’indennita’ di esproprio non possa essere ridotta all’eventuale minor valore del terreno espropriato dichiarato dal proprietario ai fini dell’i.c.i., ma non anche il contrario. Dunque e’ del tutto legittimo e corretto che l’indennita’ di esproprio sia determinata nella misura del valore accertato ai fini dell’i.c.i. dallo stesso comune espropriante, come del resto stabilito dalla pacifica giurisprudenza di cui sopra.
Alla luce della enorme differenza tra il valore unitario determinato dal c.t.u. in euro 37,22 mq. e quello determinato dallo stesso Comune di OMISSIS in euro 230,00 mq., si chiede al c.t.u. di voler fornire i necessari chiarimenti in proposito, specificando in particolare le regioni per le quali:
Appare dunque con sufficiente evidenza che l’opzione tra i due valori che si contendono il campo deve cadere su quello determinato dallo stesso comune, posto che, per le ragioni gia’ prospettate in precedenza, quello determinato dal c.t.u. e’ certamente errato e gravemente sottostimato”.
4.2) quanto al valore determinato dal c.t.u. nella relazione definitiva
Nelle relazione peritale definitiva del 28.1.2013 (vedi punti 3.1.a e 3.1.b pagg. 17/22), il c.t.u. ha illustrato il metodo di stima cosiddetto analitico – ricostruttivo o di trasformazione che egli ha seguito per il calcolo del valore di mercato della particella OMISSIS. In particolare, egli ha posto la seguente formula (pag. 18)
Va = [Vf – (∑K + Oc + PI)]
(1 + r)n
laddove le sigle rappresentano i seguenti significati
Va = valore dell’area
Vf (valore di mercato dei fabbricati edificabili)
∑K (sommatoria di tutti i costi di costruzione)
Oc (oneri di concessione)
PI (profitto lordo dell’imprenditore)
(1 + r)n (coefficiente di attualizzazione o di sconto)
r (saggio di sconto) = 6 %
n (tempo necessario ipotizzato per realizzare l’opera)= 3 anni
Quindi il c.t.u. [premesso che il coefficiente di attualizzazione (1 + 0,06)3 e’ pari a 1,19] ha sostituito alle sigle i valori numerici come di seguito (pag. 21)
Va = [532170,00 – (327.741,00 + 26.580,00 + 79.800,00)]
1,19
ed ha sviluppato i seguenti passaggi di calcolo
Va = [532170,00 – (444.121,00)]
1,19
Va = 88.049,00 = euro 73.990,76
1,19
ed ha infine ulteriormente ridotto tale valore di mercato applicandovi i tre coefficienti correttivi indicati a pag. 22 ottenendo il seguente valore finale dell’area
Va = euro 73.990,76 X 072 = 53.421,33 arrotondato ad euro 33.400,00.
4.3) premessa: enunciazione ed individuazione dell’errore commesso dal c.t.u.
Secondo il criterio di stima analitico – deduttivo (o di trasformazione) che il c.t.u. ha dichiarato di adottare, il valore di mercato delle aree (Va) e’ dato dalla differenza tra il valore di mercato degli edifici (Vf) ed i costi di costruzione (∑K + Oc + PI) degli stessi, secondo la seguente nota formula base
Va = Vm – (∑K + Oc + PI)
La citata formula pero’ implica ovviamente che tutti e tre i valori siano espressi alla stessa data assunta quale momento storico di riferimento della stima (nella fattispecie, la data del decreto di esproprio del 24.5.2011). Pertanto, se fosse astrattamente possibile disporre di tutti e tre i dati omogeneamente ed istantaneamente espressi alla medesima data di riferimento (24.5.2011), il valore delle aree (Va) potrebbe essere facilmente ottenuto semplicemente sottraendo al valore di mercato dei fabbricati (Vf) l’ammontare dei costi di costruzione degli stessi (∑K + Oc + PI).
E’ noto pero’ che quella formula esposta in precedenza rappresenta una ipotesi meramente teorica ed astratta, per la evidente considerazione che mentre e’ possibile determinare ed esprimere direttamente, con riferimento alla data del decreto di esproprio del 24.5.2011, il valore istantaneo (intendendosi cioe’ per tale quello espresso a quel preciso momento), dei fabbricati edificabili, tuttavia cio’ non altrettanto possibile per i costi di costruzione. Questo e’ dovuto alla elementare constatazione che ovviamente l’attivita’ di costruzione dei fabbricati non e’ un’attivita’ istantanea che si esaurisce in un solo momento, ma al contrario essa si estende e si diluisce lungo tutto il periodo di tempo necessario alla costruzione dei fabbricati stessi. Ne consegue necessariamente che i relativi costi saranno sopportati man mano che avanzano i lavori di costruzione degli edifici. Nella fattispecie, il c.t.u. ha previsto ed ipotizzato che il periodo di costruzione dell’opera pubblica si estenda per 3 anni (vedi relazione peritale del 28.1.2013 pag. 21 lett. n). Orbene, cio’ comporta inevitabilmente che (nell’ipotesi astratta sottesa al criterio di stima analitico – ricostruttivo adottato dal c.t.u.) l’ammontare complessivo dei costi di costruzione saranno stati sopportati e saranno noti solo al termine dei lavori di costruzione dei fabbricati e dunque solo alla scadenza del periodo di 3 anni previsti a tal fine dal c.t.u.. Cosi’ stando le cose, risulta inevitabile ed incontestabile che, con riferimento alla formula base Va = [Vf – (∑K + Oc + PI)), mentre il valore di mercato dei fabbricati puo’ essere rappresentato con un importo unico importo espresso istantaneamente al momento storico di riferimento della stima (24.5.2011), cio’ non e’ altrettanto possibile anche per i costi di costruzione il cui ammontare complessivo, a causa della protrazione dei tempi necessari alla costruzione opera pubblica, saranno stati sopportati e saranno noti solo al termine dei 3 anni successivi. Tale circostanza comporta la necessita’ che i costi di costruzione dei fabbricati (∑K + Oc + PI) siano ragguagliati, attraverso la specifica operazione di attualizzazione e di sconto, alla stessa data di riferimento (24.5.2011) alla quale e’ stato determinato il valore di mercato dei fabbricati (Vf). L’operazione di attualizzazione e di sconto consiste nella divisione dei costi di costruzione (∑K + Oc + PI) per il relativo coefficiente di attualizzazione e di sconto che il c.t.u ha indicato in (1 + r)n (vedi relazione peritale pag. 21).
Al fine dunque di ragguagliare i costi di costruzione (∑K + Oc + PI), diluiti nei 3 anni previsti per l’ultimazione dell’opera, alla stessa data (24.5.2011) alla quale e’ stato determinato il valore di mercato dei fabbricati (Vf), il c.t.u. avrebbe dovuto procedere alla attualizzazione ed allo sconto dei costi di costruzione dividendoli per il coefficiente di attualizzazione a tal fine elaborato (1 + r)n [corrispondente a 1,19]. E’ superfluo precisare che l’operazione di attualizzazione e di sconto e’ istituzionalmente preordinata ad anticipare ad una certa data un importo futuro (maggiore), riducendone l’ammontare in funzione sia del segmento temporale anticipato (nella fattispecie ipotizzato in 3 anni) sia della misura del tasso di sconto annuale (nella fattispecie ipotizzato nel 6,00 % annuo) (vedi relazione peritale pag. 21).
In sede di sviluppo dei relativi calcoli, il c.t.u. ha pero’ erroneamente applicato il coefficiente di attualizzazione e di sconto (1 + r)n anche al valore di mercato dei fabbricati (Vf) (quest’ultimo per di piu’ a sua volta erroneamente calcolato: vedi infra). L’errore emerge in tutta la sua evidenza sol che si consideri che non vi era alcuna necessita’ giuridica o tecnica ne’ alcuna ragione per attualizzare e scontare anche il valore di mercato dei fabbricati, proprio perche’ nel procedimento di stima adottato e tracciato direttamento dal c.t.u. esso era stato gia’ espresso e determinato alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) (vedi relazione peritale pag. 19). Infatti, il c.t.u. ha precisato che il valore ottenuto di mercato dei fabbricati “…e’ il risultato della media tra il valore stimato dal Comune di OMISSIS per edifici commerciali in zona “F5” approvato dal Comune di OMISSIS con delibera n. OMISSIS del 3.9.2007 e i valori delle quotazioni immobiliari di edifici non residenziali (commerciali, produttivi, terziari) riferiti al primo semestre 2011 siti in aree semicentrali e periferiche del Comune di OMISSIS, prossime a quelle in esame…” (cosi’ testualmente relazione peritale del 28.1.2013 pag. 19 punto Vf).
Per completezza di indagine, si rende necessario precisare che nella prassi estimativa e’ tuttavia astrattamente configurabile l’ipotesi in cui sia necessario procedere alla attualizzazione ed allo sconto anche del valore di mercato dei fabbricati (Vm). Si tratta dell’ipotesi in cui il valore di mercato dei fabbricati edificabili sia determinato non gia’ con riferimento alla data della stima (data del decreto di esproprio), ma con riferimento ad un momento successivo: al pari appunto di quanto e’ avvenuto nella fattispecie con i costi di costruzione che il c.t.u. ha ipotizzato diluiti nell’arco di 3 anni previsti quali necessari per la ultimazione dei lavori. Solo in tal caso vi sarebbe la oggettiva necessita’ di ragguagliare (cioe’ di attualizzare e scontare) alla data del decreto di esproprio (nella fattispecie al 24.5.2011), oltre ovviamente ai costi di costruzione, anche il valore di mercato dei fabbricati. Ma e’ incontrovertibile che tale ipotesi e tale necessita’ non ricorrono nella fattispecie oggetto del presente giudizio, proprio perche’ lo stesso c.t.u., nel rispondere al relativo quesito che aveva espressamente indicato nella data del decreto di esproprio l’epoca della stima, ha determinato il valore di mercato dei fabbricati edificabili alla data del decreto di esproprio (24.5.2011).
Ecco allora che il c.t.u. ha dato applicazione ad un procedimento estimativo ed ha sviluppato i calcoli di una formula del tutto inattendibili perche’ affetti da un vizio genetico consistente nel denunciato errore di diritto. Si tratta ovviamente di un vero e proprio errore di diritto, e non di un mero errore di calcolo. Infatti, con l’operazione di attualizzazione e di sconto, il c.t.u. ha ragguagliato il valore di mercato dei fabbricati edificabili (Vf), quantunque gia’ espresso alla data del 24.5.2011, ad un momento antecedente di 3 anni (2008), mentre e’ noto che, per giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione, la stima deve essere espressa alla data del decreto di esproprio. Per di piu’, a ben vedere, nella citata operazione, il c.t.u. ha commesso un ulteriore e distinto errore laddove ha proceduto ad attualizzare e scontare non (solo) il valore di mercato dei fabbricati edificabili (Vf) ma bensi’ la differenza tra tale valore (gia’ espresso al 2011) ed i costi di costruzione (Kc) (espressi al 2014 cioe’ al termine del periodo di 3 anni). Cio’ ha comportato una artificiosa ed illegittima riduzione del valore capitale successivamente attualizzato e scontato.
Volendo rappresentare i citati argomenti con formule algebriche, si puo’ affermare che l’operazione giuridicamente corretta e’ sintetizzabile nella seguente formula
valore area (Va) = valore mercato fabbricati (Vf) – costi costruzione (∑K + Oc + PI)
(1 + r)n
laddove solo i costi di costruzione (in quanto ipotizzati dal c.t.u. alla data del 2014 al termine di 3 anni di costruzione dell’opera pubblica) devono essere attualizzati e scontati alla data del 2011 alla quale e’ stato gia’ determinato il valore di mercato dei fabbricati edificabili. E’ agevole concludere che sottraendo al valore di mercato dei fabbricati (Vf) (gia’ determinato dal c.t.u. alla data del 24.5.2011) l’ammontare dei costi di costruzione (∑K + Oc + PI) dopo che gli stessi sono stati attualizzati e scontati (alla medesima data del 24.5.2011), si ottiene il valore di mercato delle aree espropriate (Va) espresso appunto alla data del decreto di esproprio (24.5.2011).
Invece, la formula affetta dal denunciato errore di diritto (cioe’ quella applicata dal c.t.u.) e’ la seguente
Valore area (Va) = valore mercato fabbricati (Vm) – costi costruzione (∑K + Oc + PI)
(1 + r)n
laddove al valore di mercato dei fabbricati (Vf) (gia’ espresso alla data del 24.5.2011) e’ stato sottratto direttamente l’importo dei costi di costruzione non attualizzati e non scontati (cioe’ nel loro valore storico lordo espresso alla data del 2014) e solo successivamente la differenza cosi’ ottenuta tra i due valori (benche’ espressi con riferimento ad epoche diverse!) e’ stata attualizzata e scontata di 3 anni!
Emerge chiaramente che l’errore di diritto commesso dal c.t.u. consiste nell’aver impostato la formula iniziale, posta a base del criterio di stima analitico – ricostruttivo (o di trasformazione), e nell’aver eseguito la conseguente sequenza dei calcoli, in modo tale da aver determinato la indennita’ di esproprio in maniera illegittima per manifesta violazione dei noti principi pacifici stabiliti dalla Corte di Cassazione con riferimento al momento storico da assumere ai fini della stima, ravvisato nella data del decreto di esproprio (ex multis Cass. 26.7.2012 n. 13286; Cass. 6.4.2012 n. 5631; Cass. 3.2.2012 n. 1594; Cass.19.10.2011 n. 21637; Cass. 27.6.2011 n. 14127; Cass. 19.10.2011 n. 21637; Cass. 16.9.2011 n. 18964; Cass. 1.9.2011 n. 17988 tutte originate dalla nota sentenza della Corte Costituzionale 16.12.1993 n. 442).
Emerge altresi’ con altrettante chiarezza che il denunciato errore di diritto, gia’ di per se’ di particolare gravita’, ha prodotto negativi ed ingenti riflessi economici sul calcolo della indennita’ di esproprio, che infatti e’ stata determinata in misura notevolmente inferiore rispetto al risultato che sarebbe stato ottenuto se il procedimento di stima fosse stato privo dell’errore denunciato. In particolare, nei termini in cui e’ stata erroneamente impostata ed eseguita dal c.t.u., l’operazione di attualizzazione e di sconto ha depresso in maniera straordinaria la misura della indennita’ di esproprio allorquando si consideri:
Laddove dunque il c.t.u. ha applicato il calcolo di attualizzazione e di sconto (strutturato in funzione di 3 anni e del tasso di sconto del 6,00 % annuo) anche al valore di mercato dei fabbricati edificabili (gia’ espresso alla data del 3.1.2011) dopo averlo abbattuto dei costi di costruzione lordi non attualizzati espressi al 2014, ha commesso un doppio errore:
Cosi’ facendo ed in applicazione di tale duplice errore, il c.t.u. ha determinato il valore di mercato dell’aree (Va) in euro 73.990,76 (ulterioremente ridotto ad euro 53.400,00 a seguito dell’applicazione dei tre coeffcienti correttivi)! (vedi pag. 22 righi 1/6).
Se invece il c.t.u. avesse eseguito i calcoli correttamente, limitando cioe’ l’operazione di attualizzazione e di sconto ai soli costi di costruzione (ed escludendola invece per il valore di mercato dei fabbricati gia’ espressi al 2011), il valore unitario della indennita’ di esproprio sarebbe risultato decisamente piu’ elevato (vedi infra).
Come e’ evidente, si tratta di un gravissimo errore di diritto che rivela il malgoverno fatto degli elementari principi in materia di stima e che ovviamente si e’ riflesso negativamente sul calcolo della indennita’ di esproprio, la quale risulta cosi’ illegittimamente ed erroneamente determinata in misura notevolmente inferiore rispetto all’effettivo valore di mercato.
Cosi’ individuata e chiarita la fonte giuridica dell’errore, esso puo’ essere facilmente emendato d’ufficio dal Giudice, limitando il calcolo della attualizzazione ai soli costi di costruzione (nei termini indicati in seguito).
4.4) quanto alla dimostrazione dell’errore commesso dal c.t.u.
Premessa nei termini di cui sopra la enunciazione dell’errore denunciato, con il presente paragrafo questa difesa intende ora fornirne piu’ analiticamente la relativa dimostrazione giuridica ed algebrica.
Come detto, il c.t.u. ha esposto la formula matematica teorica utilizzata per la determinazione del valore dell’area (Va) ottenuta dalla differenza tra il valore di mercato dei fabbricati edificabili (Vf) e la sommatoria dei singoli costi di costruzione (∑K + Oc + PI), indicando altresi’ il coefficiente di attualizzazione nella formula (1 + r)n.
Il c.t.u. ha altresi’ indicato analiticamente per i singoli simboli letterali il rispettivo significato (vedi relazione peritale pag. 19 – 21). Successivamente, al fine di determinare il valore dell’area e spropriata (indicato con Va), il c.t.u. ha attribuito ad ognuna delle singole voci di calcolo il rispettivo valore numerico reale indicandone il relativo calcolo giustificativo [volumetrie e superfici utili; Vm valore di mercato della costruzione; Kc costo di costruzione; Oc oneri di concessione; PI profitto dell’imprenditore; r saggio di sconto applicato nel processo trasformativo del settore edilizio; n numero degli anni (indicato in 3) necessari a realizzare l’opera pubblica].
Quindi, il c.t.u. ha sostituito ai rispettivi simboli letterali i rispettivi valori numerici reali ottenuti (vedi relazione peritale pag. 21) laddove:
Vf (valore di mercato dei fabbricati edificabili) = euro 532.170,00
∑K (costi di costruzione) = euro 327.741,00
Oc (oneri di concessione) = euro 26.580,00
P (profitto dell’imprenditore) = euro 79.800,00
r (saggio di sconto) = 6,00 % (tasso di sconto annuale)
n (tempo necessario ipotizzato per realizzare l’opera)= 3 anni
rappresentando i seguenti dati
Va = [532170,00 – (327.741,00 + 26.580,00 + 79.800,00)]
1,19
e sviluppando i relativi passaggi di calcolo
Va = [532170,00 – (444.121,00)]
1,19
Va = 88.049,00 = euro 73.990,76
1,19
ha ottenuto il risultato di euro 73.990,76 (rappresentativo del valore di mercato dell’area espropriata particella OMISSIS).
Prima di addentrarsi oltre nella dimostrazione dell’errore in cui e’ in corso il c.t.u. (e riprendendo in parte le argomentazioni che erano state espresse nel precedente paragrafo), si rende necessario premettere una considerazione preliminare (che si rivela essenziale) in ordine alla corretta impostazione del procedimento estimativo e di calcolo che il c.t.u. avrebbe dovuto seguire. Nell’ambito del criterio di stima cosiddetto analitico – ricostruttivo (o di trasformazione) che il c.t.u. ha dichiarato di aver seguito nella fattispecie, e’ noto:
Ora, non e’ contestabile che il criterio di stima analitico – ricostruttivo (o di trasformazione) implica necessariamente che l’ammontare complessivo (che puo’ essere definito “storico” o “lordo”) di tutti i costi e degli oneri di costruzione siano spesi (non in una unica soluzione, ma) diluiti nel tempo in diretta funzione con lo stato di avanzamento dei lavori nel corso di tutto il periodo necessario alla costruzione dell’opera pubblica, che – ripetesi – il c.t.u. ha ipotizzato e quantificato nel periodo di 3 anni. Dunque proprio tale ultima circostanza ha reso necessario, attraverso il calcolo cosiddetto di attualizzazione e di sconto, manipolare i costi di costruzione in modo da ragguagliarli e riportarli alla medesima data del maggio 2011 alla quale era stato gia’ espresso il valore di mercato dei fabbricati (con cio’ consentendo di rendere omogenei i due valori perche’ entrambi espressi con riferimento alla stessa data del maggio 2011 e di procedere alla relativa sottrazione).
Fatta doverosamente la citata premessa, ed al fine di fornire la dimostrazione dell’errore denunciato, si richiama ancora l’attenzione sull’errore di diritto (sottesi al calcolo seguito) in cui e’ incorso il c.t.u. laddove egli ha eseguito i seguenti passaggi (vedi relazione peritale pag. 21 ultimi 2 righi):
Va = [532170,00 – (327.741,00 + 26.580,00 + 79.800,00)]
1,19
Va = [532170,00 – (444.121,00)]
1,19
Va = 88.049,00 = euro 73.990,76
1,19
Come risulta evidente ed in termini facilmente comprensibili, in particolare, il c.t.u.:
Chiariti e rappresentati nei termini di cui sopra i singoli calcoli eseguiti dal c.t.u., emerge immediatamente che egli e’ incorso nel grave e grossolano errore denunciato laddove egli:
Mentre invece, utilizzando gli stessi dati impiegati dal c.t.u., egli (se il calcolo fosse stato correttamente impostato ed eseguito):
Tanto premesso in linea di principio, si indicano di seguito i calcoli corretti (prendendo le mosse dalla formula con i simboli letterali e sostituendoli con i rispettivi valori reali):
Va = Vf – (∑K + Oc + PI)
(1 + r)n
Va = 532.170,000 – (327.741,00 + 26.580,00 + 79.800,00)
(1 + r)3
Va = 532.170,00 – 444.121,00
1,19
Va = 532.170,000 – 373.210,92 = euro 158.959,09
Ecco dunque che l’importo di euro 158.959,09 (ottenuto utilizzando gli stessi dati dati indicati dal c.t.u. ma correttamente impostati!) rappresenta il valore di mercato dell’area correttamente calcolato alla data del decreto di esproprio del 24.5.20111.
Sulla scorta di quanto sopra, l’errore in cui e’ incorso il c.t.u. si coglie piu’ chiaramente soprattutto sotto il profilo giuridico e logico.
Infatti, laddove egli ha eseguito i calcoli secondo la seguente formula
Va = Vf – (∑K + Oc + PI) corrispondente in valori assoluti a
(1 + r)n
Va = [532170,00 – (327.741,00 + 26.580,00 + 79.800,00)]
1,19
il c.t.u. (come detto) ha diviso per il coefficiente di attualizzazione (1,19) anche l’importo rappresentativo del valore di mercato dei fabbricati edificabili (Vf) (pari ad euro 532.170,00), per di piu’ ridotto dei costi e degli oneri di costruzione non attualizzati (pari ad euro 444.121,00). Ma e’ evidente che, cosi’ facendo, il c.t.u. ha finito per attualizzare e scontare il valore di mercato dei fabbricati (Vf) di 3 anni (in relazione al periodo previsto per la costruzione dell’opera pubblica), peraltro deprimendolo ulteriormente ad un tasso di sconto annuale pari al 6,00 %. L’errore giuridico e logico si annida dunque proprio in tale operazione posto che, per espressa previsione dello stesso c.t.u., il valore di mercato dei fabbricati era stato gia’ determinato con riferimento alla data del decreto di esproprio del 24.5.2011 [il c.t.u. ha precisato che il valore ottenuto di mercato dei fabbricati “…e’ il risultato della media tra il valore stimato dal Comune di OMISSIS per edifici commerciali in zona “F5” approvato dal Comune di OMISSIS con delibera n. OMISSIS del 3.9.2007 e i valori delle quotazioni immobiliari di edifici non residenziali (commerciali, produttivi, terziari) riferiti al primo semestre 2011 siti in aree semicentrali e periferiche del Comune di OMISSIS, prossime a quelle in esame…” (cosi’ testualmente relazione peritale del 28.1.2013 pag. 19 punto Vf)]. Non vi era dunque alcuna necessita’ di attualizzare e scontare di 3 anni il valore di mercato dei fabbricati edificabili. L’operazione eseguita non ha alcuna giustificazione ne’ alcuna logica, mentre e’ noto invece che, nella determinazione della indennita’ di esproprio, ogni operazione di calcolo soddisfa una esigenza precisa e si inserisce in un procedimento estimativo che deve rispettare i relativi principi stabiliti dalla legge e dalla giurisprudenza.
L’errore del c.t.u. appare piu’ chiaramente delineato sul piano concettuale laddove si consideri quanto segue.
Come gia’ anticipato in precedenza, ai fini della determinazione del valore di mercato delle aree espresso alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) mediante il criterio di stima analitico – ricostruttivo, mentre il valore di mercato dei fabbricati edificabili era stato gia’ espresso a tale medesima data (24.5.2011) e dunque non aveva bisogno di essere attualizzato e scontato ad una diversa diversa, invece bisognava attualizzare e ragguagliare sempre a quella data (24.5.2011) solo i costi necessari alla costruzione dell’opera pubblica, diluiti nel periodo di 3 anni ipotizzato per la costruzione dell’opera pubblica. Va da se’ che l’attivita’ di costruzione dei fabbricati e’ una operazione che non si esaurisce istantaneamente alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) ma che richiede ovviamente dei tempi, la cui durata il c.t.u. ha per l’appunto previsto e stimato in 3 anni (vedi relazione peritale pag. 21 punto n). E’ altrettanto pacifico che i costi e gli oneri necessari alla costruzione dell’opera pubblica sono inevitabilmente sopportati e spesi man mano che progredisce lo stato di avanzamento dei lavori. Dovendo dunque ragguagliare ed esprimere alla data del decreto di esproprio (24.5.2011) l’ammontare dei costi di costruzione, la circostanza inevitabile e fisiologica che la spendita degli stessi si estenda e si diluisca via via nel corso dei 3 anni ipotizzati per la costruzione dell’opera pubblica, impone la necessita’ che i costi siano attualizzati, scontati e ragguagliati alla data del 24.5.2011. La citata operazione e’ stata esperita dal c.t.u. utilizzando il tasso annuo del 6,00 % ed ipotizzando appunto un periodo di 3 anni necessari alla costruzione dell’opera pubblica: il valore numerico che sintetizza i dati citati e’ rappresentato nella fattispecie dal coefficiente di attualizzazione e di sconto determinato in 1,19.
Ecco dunque fornita la prova dell’errore giuridico e logico commesso dal c.t.u.: se dunque la necessita’ di effettuare l’operazione di attualizzazione e di sconto si impone oggettivamente per i costi di costruzione dei fabbricati previsti (proprio perche’ essi sono spesi non istantaneamente ed in una soluzione ma bensi’ nell’arco temporale dei successivi 3 anni ipotizzati per la costruzione dell’opera pubblica), invece non v’era alcuna necessita’ ne’ alcuna ragione e/o giustificazione algebrica o giuridica che imponesse di attualizzare e di scontare anche il valore di mercato dei fabbricati edificabili (proprio perche’, al contrario dei costi di costruzione, il valore di mercato dei fabbricati edificabili era stato gia’ determinato ed espresso alla data del decreto di esproprio del 24.5.2011).
Volendo rappresentare algebricamente l’errore commesso dal c.t.u., si puo’ affermare che egli avrebbe dovuto eseguire i calcoli della seguente formula (corretta)
Va = Vf – (∑K + Oc + PI)
(1 + r)n
mentre invece egli ha eseguito i calcoli di quella seguente (errata)
Va = [Vf – (∑K + Oc + PI)]
(1 + r)n
E’ appena il caso di precisare che non e’ certamente indifferente seguire la prima formula (corretta) anziche’ la seconda (errata), posto che nella prima ipotesi il valore di mercato dell’area espropriata (euro 158.959,08) risulta notevolmente superiore rispetto a quelli della seconda ipotesi (euro 73.990,76 ulteriormente ridotto ad euro 53.400,00 a seguito dell’applicazione dei tre coefficienti correttivi). Cio’ e’ dovuto ovviamente alla considerazione che (pur restando invariato il divisore pari a 1.19), al valore di mercato dei fabbricati edificabili pari ad euro 532.170,00 (espresso alla data del 24.5.2011), mentre nella prima formula (corretta) e’ stato detratto il valore dei costi di costruzione gia’ attualizzati pari ad euro 373.210,92 (espressi alla data del 24.5.2011), invece nella seconda formula (errata) e’ stato detratto il valore dei costi di costruzione nel loro valore storico non attualizzato pari ad euro 444.121,00 (espressi alla data del 24.5.2014).
Laddove dunque il c.t.u. ha applicato il calcolo di attualizzazione e di sconto (strutturato in funzione di 3 anni e del tasso di sconto del 6,00 % annuo) anche al valore di mercato dei fabbricati edificabili (gia’ espresso alla data del 24.5.2011) dopo averlo abbattuto dei costi di costruzione lordi non attualizzati espressi al 2014, ha commesso un doppio errore:
In estrema sintesi, il c.t.u. e’ incorso nell’errore denunciato laddove egli, nel calcolo di ragguaglio dei dati metrici alla data del decreto di esproprio (24.5.2011), ha applicato il coefficiente di attualizzazione e di sconto a tutti i costi di costruzione nel loro ammontare storico e perfino addirittura anche allo stesso valore di mercato dei fabbricati edificati (benche’ quest’ultimo fosse gia’ espresso alla data del 24.5.2011) !
Le censure mosse alla c.t.u. possono essere facilmente giustificate e motivate anche alla luce del contributo offerta dalla giurisprudenza di legittimita’. E’ noto infatti che la Corte di Cassazione e’ fermissima nell’affermare il seguente principio:
“Per converso, il metodo analitico-ricostruttivo muove dalle caratteristiche specifiche del fondo espropriato, depurando il valore dell’edificato dal costo di costruzione, onde pervenire al valore dell’area secondo l’entità volumetrica esprimibile dalla superficie a disposizione: perciò proprio in funzione della sua qualificazione urbanistica, secondo il principio dell’edificabilità legale. Il che comporta la necessità di individuare i singoli fattori che concorrono a determinare il valore di mercato degli insediamenti da costruire sul suolo da valutare, attingendo per detta individuazione alla concreta realtà di fatto, alla disciplina urbanistica e all’estimo; e perciò di fondare la ricerca sull’analisi di tutti gli elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni) (Cass. 21.6.2012 n. 10393) (doc. n. 3).
“Inammissibile risulta la doglianza con la quale il ricorrente assume che avrebbe dovuto essere privilegiato il criterio analitico- ricostruttivo prospettato dal proprio consulente, in quanto trascura del tutto la giurisprudenza di questa Corte, per cui rientra tra i compiti ed i poteri discrezionali del giudice di merito, stabilire (anche in base alle indicazioni del consulente tecnico d’ufficio) se sussistono gli elementi occorrenti per la ricerca del presumibile valore comparativo dell’area; e se privilegiare il metodo sintetico – comparativo, ovvero i criteri di stima cd. analitici-ricostruttivi, o ancora metodi diversi da questi. Ma nel caso si è detto che nessuno dei terreni espropriati possiede destinazione edificatoria, per cui non era utilizzabile il metodo analitico -ricostruttivo che presuppone proprio siffatta destinazione essendo rivolto, come è noto, ad individuare i singoli fattori che concorrono a determinare il valore di mercato degli insediamenti da costruire sul suolo da valutare, attingendo per detta individuazione alla concreta realtà di fatto, alla disciplina urbanistica e all’estimo; e perciò fondandosi sull’analisi di tutti gli elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni)” (Cass. 22.11.2010 n. 23585) (doc. n. 4).
“Queste censure sono poi fondate con riferimento alle aree ubicate in zona F2 ed in zona E, in quanto il metodo c.d. analitico – ricostruttivo, doveva consistere, come è noto, nell’individuazione dei singoli fattori che concorrono a determinare il valore di mercato degli insediamenti da costruire sul suolo da valutare, attingendo per detta individuazione alla concreta realtà di fatto, e principalmente alla disciplina urbanistica e all’estimo che di essa tenga conto; e perciò fondarsi sull’analisi di tutti gli elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto sì costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni)” (Cass. 21.6.2010 n. 14940) (doc. n. 5).
“La sentenza impugnata, invece, è incorsa negli errori di valutazione del fondo prospettati dalla CIMEP: perchè il metodo analitico-ricostruttivo, deve corrispondere,come è noto al prezzo che un eventuale acquirente sarebbe disposto a sborsare indipendentemente dall’andamento del mercato (Cass. 23 ottobre 1993, n. 10561; 12 ottobre 1989, n. 4080; 28 giugno 1984, n. 3823), e nella determinazione di questo, l’obiettivo è il valore di trasformazione del suolo, che risulta dalla differenza tra probabile valore venale dell’edificio costruibile sull’area interessata e probabile valore di costo dello stesso edificio. Per cui occorreva individuare nella fattispecie i singoli fattori che concorrono a determinare il valore di mercato degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica da costruire sul suolo da valutare, attingendo per detta individuazione alla concreta realtà di fatto, alla disciplina urbanistica e all’estimo; e fondarsi conclusivamente sull’analisi di tutti gli elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di ‘ urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni)” (Cass. 18.6.2010 n. 14755) (doc. n. 6).
“Il metodo infatti si basa sull’analisi di tutti i fattori o elementi che concorrono in concreto alla determinazione del valore venale di quanto si puo’ costruire sull’area (entita’ del costruibile per la destinazione e gli indici urbanistici d’edificabilita’, costo della costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditivita’ dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni).
La Corte non chiarisce l’iter logico-estimativo con il quale essa e il suo c.t.u. sono giunti a accertare il valore di quanto era realizzabile sull’area, ne’ indica i fattori che hanno determinato il costo di trasformazione, da cui detrae l’altro dato – disomogeneo e concreto – del prezzo realmente pagato per la costruzione della struttura gia’ realizzata sul terreno.
L’illogicita’ e erroneita’ del raffronto di dati non omogenei comporta vizi logici e motivazionali che inficiano la sentenza, quando applica il metodo di stima analitico – deduttivo, incidendo sul punto decisivo dell’accertamento del valore venale delle aree.
“I fattori concorrenti a fissare il costo di trasformazione d’un suolo sono elementi di fatto che possono in parte essere provati (prezzo dell’appalto e costo degli oneri di urbanizzazione e redditivita’ della struttura costruita), con conseguente erroneita’ di ogni valutazione che di essi non tenga conto e nel resto si deducono dalle scienze estimative (incidenza suolo e rilievo dell’utile d’impresa nel determinare il valore dell’immobile in cui essa si esercita con il tasso di attualizzazione del tempo) o da dati normativi (tributi, destinazione urbanistica e indici d’edificabilita’); nessuno dei detti elementi risulta rilevato e indicato nella sentenza impugnata” (Cass. 16.1.2004 n. 538) (doc. n. 7).
“Il metodo infatti si basa sull’analisi di tutti i fattori o elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni)…I fattori concorrenti a determinare il prezzo di mercato di un alloggio sono elementi di fatto che possono provarsi dalle parti (prezzo dell’appalto e costo degli oneri di urbanizzazione), con conseguente astrattezza di ogni valutazione che di essi non tenga conto e nel resto si ricavano dalle scienze estimative (incidenza suolo e utile d’impresa con il tasso di attualizzazione del tempo) o da dati normativi o regolamentari (tributi e indici d’edificabilità); nessuno dei detti elementi, salvo che gli oneri di urbanizzazione, risulta analizzato nella sentenza per rilevare il valore di mercato a mq. degli alloggi” (Cass. 19.9.2003 n. 13890) (doc. n. 8).
Come appare evidente, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nell’ambito del criterio analitico – ricostruttivo (quello stesso cioe’ utilizzato dal c.t.u.), non tutti i costi di costruzione (che concorrono alla trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area) devono essere attualizzati (e tanto meno il valore di mercato dei fabbricati edificabili), ma solo ed esclusivamente il dato rappresentato dall’utile dell’impresa e’ quello che deve essere oggetto di attualizzazione e di sconto per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni.
Dunque, il calcolo indicato quale corretto dalla Corte di Cassazione rappresenta un calcolo addirittura ancora piu’ favorevole e decisamente ancora piu’ premiante per il proprietario rispetto a quello prospettato dalle presenti osservazioni. Tuttavia, anche laddove si ritenesse di procedere alla attualizzazione ed allo sconto estensivamente anche di tutti i costi di costruzione (come prospettato dalle presenti osservazioni), e’ comunque certo che in ogni caso la corretta impostazione del calcolo non potra’ mai consentire di procedere alla attualizzazione ed allo sconto addirittura anche del valore di mercato dei fabbricati edificati, che infatti non figura mai tra i dati metri attualizzati indicati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Errore grave questo nel quale invece e’ grossolanamente incorso il c.t.u. e che, alla luce della evocata giurisprudenza della Corte di Cassazione, risulta cosi’ ampiamente e coerentemente dimostrato.
Sulla scorta della corretta impostazione del calcolo nei termini prospettati, non si puo’ non notare come il valore unitario di mercato dell’area particella OMISSIS pari ad euro 141,29 mq. (euro 158.959,08 : 1.125 mq. “ euro 141,29 mq.) sia pressocche’ coincidente con il valore minimo dell’area (pari ad euro 155.34 mq.) determinato ai fini dell’i.c.i. dallo stesso Comune di OMISSIS con la deliberazione della g.c. n. OMISSIS del 3.9.2007.
Sulla assumibilita’ della citata deliberazione quale valore di comparazione secondo il metodo di stima cosiddetto “sintetico – comparativo”, si rimanda per brevita’ a quanto prospettato da questa difesa nel precedente paragrafo 4.1.
Orbene, alla sollecitazione formulata da questa (nelle osservazioni mosse alla relazione peritale del 30.10.2012) ad assumere quale valore di comparazione i valori stabiliti nella indicata deliberazione della g.c. n. 74/2007 dallo stesso Comune di OMISSIS per la aree comprese in zona F5 (valore medio euro 194,18 mq., valore massimo euro 233,10 mq. e valore minimo euro 155,34 mq.), il c.t.u. ha cosi’ testualmente replicato:
“Naturalmente, il valore massimo proposto dall’Avv. OMISSIS e’ da escludere, ma le operazioni eseguite dall’ufficio del Comune di OMISSIS Settore IV Pianificazione e Gestione del Territorio…finalizzate all’attribuzione del valore venale delle aree edificabili di PRG adottate riferite al 1.1.2007, costituiscono un punto di riferimento istituzionale qualificato, sia del valore finale stimato per gli immobili realizzabili, sia del costo di produzione degli immobili <calcolati in base ad indagini di mercato relative ad immobili simili per caratteristiche intrinseche a quelle realizzabili sui terreni in oggetto>” (vedi relazione peritale del 28.1.2013 pag. 33).
Tuttavia, il c.t.u. – per avendo riconosciuto ai valori delle singole aree specificamente indicati nella citata deliberazione “…un punto di riferimento istituzionale qualificato…” – non ha poi tratto le conseguenza necessarie da siffatta premessa, avendo ignorato del tutto i citati valori indicati a comparazione da questa difesa.
Orbene, non si puo’ pero’ non notare che quando si e’ trattato di determinare il valore di mercato dei fabbricati edificabili, il c.t.u. ha ammesso che il valore ottenuto di mercato dei fabbricati “…e’ il risultato della media tra il valore stimato dal Comune di OMISSIS per edifici commerciali in zona “F5” approvato dal Comune di OMISSIS con delibera n. OMISSIS del 3.9.2007 e i valori delle quotazioni immobiliari di edifici non residenziali (commerciali, produttivi, terziari) riferiti al primo semestre 2011 siti in aree semicentrali e periferiche del Comune di OMISSIS, prossime a quelle in esame…” (cosi’ testualmente relazione peritale del 28.1.2013 pag. 19 punto Vf).
Cosicche’, non appare affatto ne’ ammissibile, ne’ logico ne’ coerente che il c.t.u. possa liberamente ed a suo piacimento ora riconoscere (vedi valore di mercato dei fabbricati che egli ha ritenuto di assumere a comparazione) ora negare (vedi valore di mercato delle aree che questa difesa ha indicato a comparazione) ai valori indicati nella citata deliberazione della g.c. n. OMISSIS 2007 la valenza probatoria e la assumibilita’ a valori di comparazione ai fini della determinazione della indennita’ di esproprio. Con il suo operato, il c.t.u. ha selezionato tra i valori indicati dalla citata deliberazione n. OMISSIS /2007 quelli (valore di mercato dei fabbricati) ritenuti utili al raggiungimento dei suoi obiettivi ed ha invece declinato quelli (valore di mercato delle aree) ritenuti non confacenti.
$ $ $ $ $
PROSPETTO RIEPILIGATIVO
Si riportano di seguito i valori determinati dal Comune di OMISSIS, dalla Commissione Provinciale Esproprio e dal c.t.u.:
| N. Partic. mq | I Stima Comune 19.8.2010 | II Stima Comune
6.12.2010 |
Stima UTE
8.11.2011 |
Stima CTU
Relazione 30.10.2012 |
Stima CTU
Relazione 28.1.2013 |
| OMISSIS (1163mq) | 3.384,33 €
(€ 2,91/mq) |
11.523,33 €
(€ 9,90/mq) |
11.523,33 €
€ 9,90/mq) |
11.000,00 €
(€ 9,45/mq) |
12.150 €
(€ 10.44/mq) |
| OMISSIS (1190mq) | 1.297,10
(€ 1,09/mq) |
6.057,10 €
(€ 5,09/mq) |
6.057,10 €
(€ 5,09/mq) |
16.850 €
(€ 14,15/mq) |
7.000 €
(€ 5,88/mq) |
| OMISSIS (1125mq) | 1.335,25
(€ 1,09/mq) |
6.057,10 €
(€ 5,09/mq) |
73.510,35 €
(€ 63,34/mq) |
45.600 €
(40,53 €/mq) |
53.400 €
(47,46 €/mq) |
| Totale
6000,016 € |
Totale
23.187,68 € |
Totale 93.092,78 € | Totale
73.450 € |
Totale
72.550 € |
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, le indennita’ di esproprio spettanti ai proprietari possono essere cosi’ di seguito determinate:
In allegato: le sentenze come numerate.
OMISSIS