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CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI
SEZIONE 2 – R.G.N. omissis – C.I. omissis – UDIENZA P.C. 4.7.2014
COMPARSA CONCLUSIONALE
omissis (opponente) (Avv. omissis )
C O N T R O
COMUNE DI omissis
(contumace)
Nel rimandare per brevita’ al contenuto dell’atto di citazione del 10.3.2013 in riassunzione del presente giudizio, appare opportuno spendere qualche ulteriore considerazione sui seguenti aspetti della controversia.
Appare opportuno premettere, per mero scrupolo difensivo, che risulta ormai coperta dall’intervenuta formazione del giudicato interno la questione in ordine all’accertamento della edificabilita’ legale dell’area occupata per la realizzazione dell’edilizia residenziale economica e popolare all’interno del p.d.z. e del p.e.e.p del Comune di Omissis (vedi c.t.u. pag. 2 punto 2, aspetto questo peraltro non contestato dal comune).
Ad ogni buon conto e per completezza di indagine, puo’ essere utile far riferimento alla pacifica giurisprudenza di legittimita’ la quale ha stabilito che la sola circostanza di essere incluse nel piano di zona, e’ di per se’ sufficiente a rendere legalmente edificabili le aree oggetto di esproprio. Il principio ovviamente deve ritenersi valido a prescindere se le aree stesse siano destinate ad ospitare (i costruendi) fabbricati ovvero a viabilita’ (strade, piazze, parcheggio) piuttosto che a zone verde e/o servizi.
“E’ infatti costante insegnamento di questa Corte quello per il quale nella determinazione dell’indennità di esproprio di un fondo che viene ritenuto edificabile in base al PRG ed incluso in PEEP, se, come nella specie, l’area da valutare non è collocata in comprensorio già totalmente urbanizzato, volumi realizzabili vanno quantificati in base ad indici medi di edificabilità riferiti all’intera zona omogenea, in quanto occorre tener conto dell’incidenza degli spazi riservati, secondo lo strumento urbanistico, ad infrastrutture e servizi di interessi generale (in tal senso da ultimo Cass. 24497 – 7288 del 2013 e 23584 del 2010, 22421 del 2008 nonchè 1043 e 22961 del 2007)” (Cass. 28.3.2014 n. 7415).
“L’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare, anche ove l’originaria zonizzazione del prg ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, implica che, in virtù della variante introdotta dal peep (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba adottare il criterio previsto per le aree edificabili, essendo irrilevante che nel contesto del peep l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità di prg)” (Cass. 27.3.2014 n. 7248).
“Questa Corte ha ripetutamente precisato che l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, implica che la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba avvenire di conseguenza, essendo irrilevante che nel contesto del p.e.e.p. l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità di piano regolatore generale) (Cass 23584/10, Cass 12771/07, Cass 5534/06, Cass 10555/04)” (Cass. 6.11.2012 n. 19111).
“…Pertanto, il fatto stesso che un terreno sia compreso nel P.E.E.P. ed in esso abbia destinazione all’edilizia economica e popolare, che del P.R.G. costituisce attuazione o variante, è di per sè elemento giustificativo del legale carattere edificatorio del terreno medesimo, sia pure nei limiti che il P.E.E.P. consente…” (Cass. n. 13617 del 4.6.2010).
“Devono, infatti, essere ribaditi i condivisi principi di diritto, gia’ ripetutamente affermati da questa Corte (tra le numerose altre, cfr Cass. 2007/12771; 2006/19128; 2004/03838), secondo cui “L’indennità di espropriazione dovuta al proprietario di un fondo, incluso in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare come area edificabile, va determinata secondo il criterio previsto dalla legge n. 359/1992 art. 5 bis comma 1 a nulla rilevando che al momento dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio il fondo stesso avesse, secondo le originarie previsioni del piano regolatore generale, destinazione agricola”, e secondo cui “l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo” (Cass. n. 5174 del 3.3.2010).
“la destinazione di una zona, nel piano regolatore generale, ad edilizia residenziale comporta l’affermazione della natura intrinsecamente edificabile a fini abitativi della zona, a nulla rilevando che la previsione di piano contempli per essa l’iniziativa pubblica. Anche i piani di edilizia economica e popolare – cosiddetti p.c.c.p. – sono infatti piani di edilizia residenziale ad iniziativa pubblica (giacché le aree su cui sorgeranno i fabbricati sono espropriate dal comune, e sono successivamente assegnate agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie), senza che questo sia di ostacolo al riconoscimento dell’edificabilità legale delle aree che vi sono incluse” (Cass. 27.2.2009 n. 4817).
“Così argomentando, detto Giudice ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare (P.C.C.P.), la’ dove quest’ultimo risulti in vigore al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o, come nella specie, della stipula dell’atto di cessione volontaria del bene espropriato che di tale decreto tiene luogo, implica di per sé, quand’anche l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale, o di altro strumento urbanistico generale (piano di fabbricazione), ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che l’area stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, atteso che il P.C.C.P., in parte qua, assume consistenza di variante del regime urbanistico generale (contenuto nel piano regolatore o nel piano di fabbricazione) anteriormente vigente e deve, perciò, essere considerato strumento programmatorio e conformativo, del quale occorre tenere conto agli effetti del riconoscimento della natura edificatoria, secondo diritto, del terreno di cui trattasi e della conseguente determinazione della relativa indennità di esproprio o del prezzo della relativa cessione volontaria (Cass. 7 dicembre 2001, n. 15514; Cass. 11 giugno 2002, n. 8330; Cass. 3 giugno 2004, n. 10555; Cass. 26 novembre 2004, n. 22349; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1043)” (Cass.16.1.2009 n. 1026 e Cass. 10.1.2008 n. 330).
“ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione di suoli destinati all’attuazione di programma di edilizia economica e popolare, di cui va ritenuta, per il semplice fatto del loro inserimento nel peep, il carattere edificabile, occorre tener conto dell’indice medio di fabbricabilità del piano, in rapporto alla superficie volta per volta espropriata…” (Cass. 17.1.2007 n. 1043).
“e’ irrilevante che nel contesto del peep l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità di p.r.g.), giacché in tale contesto l’edificabilità va commisurata ad indici medi di fabbricabilità, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee. Infatti l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare implica, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che, in virtù della variante introdotta dal peep (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba adottare il criterio previsto dall’art. 5 bis comma 1 legge 8.8.1992 n. 359” (Cass. 3.6.2004 n. 10555) (conformi ex multis Cass. nn. 11621, 9062/02 per tutte)” (Cass. 29.10.2008 n. 25986)
(cfr. anche Cass.16.1.2009 n. 1026; Cass. 7 dicembre 2001 n. 15514; Cass. 11 giugno 2002 n. 8330; Cass. 3 giugno 2004 n. 10555; Cass. 26 novembre 2004 n. 22349).
Con la recente sentenza 7.3.2014 n. 5399, la Corte di Cassazione ha fornito ulteriori contributi alle questioni gia’ trattate nell’atto di citazione. Si riportano di seguito i passaggi della motivazione relativi alle singole questioni.
“I criteri riduttivi del risarcimento regolamentato in relazione al sistema di determinazione dell’indennità di esproprio (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, comma 1-bis conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359, come introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, dall’art. 3, comma 65), sono stati dichiarati incostituzionali dalla sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 349, nella parte in cui non prevede, per il caso di occupazione acquisitiva, il ristoro integrale del danno subito dal proprietario dell’immobile, per contrasto con l’art. 117 Cost. Tale norma condiziona l’esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, fra i quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, le cui norme, così come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalità. A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale, i richiamati criteri riduttivi non possono più trovare applicazione, ai sensi dell’art. 136 Cost. e della L. 113 marzo 1953, n. 87, art. 30, comma 3, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale.
La sentenza dichiarativa dell’illegittimità costituzionale si traduce in un ordine rivolto, tra l’altro, ai giudici di non applicare più la norma illegittima: ciò significa che gli effetti della sentenza di accoglimento non riguardano soltanto i rapporti che sorgeranno in futuro, ma anche quelli che sono sorti in passato, purchè non si tratti di rapporti esauriti. Per costante giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass. 28.7.2005, n. 15809), infatti, le sentenze di accoglimento di una questione di legittimità costituzionale pronunciate dalla Corte costituzionale hanno effetto retroattivo, in quanto connesse a una dichiarazione di illegittimità che inficia fin dall’origine la dichiarazione colpita, con l’unico limite delle situazioni già consolidate, attraverso quegli eventi che l’ordinamento riconosce idonei a produrre tale effetto, tra i quali si collocano non solo la sentenza passata in giudicato (e l’atto amministrativo non più impugnabile), ma anche altri fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale, quali, ad esempio, la prescrizione e la decadenza.
Nel caso di specie, il rapporto non è ancora esaurito perchè al momento in cui è intervenuta la sentenza n. 349/07, era ancora in corso (come lo è tuttora) la controversia sulla misura del risarcimento da occupazione appropriativa.
Riguardo alla disciplina applicabile, il risarcimento è ora commisurato al valore venale del bene (… ), a seguito della citata sentenza di incostituzionalità)”.
“Ai fini del risarcimento del danno per l’irreversibile destinazione del fondo, illegittimamente occupato, alla realizzazione dell’opera pubblica, con conseguente estinzione del diritto di proprietà del privato e acquisizione del bene a titolo originario in capo all’ente costruttore, occorre far riferimento al valore dell’immobile al momento in cui il fatto illecito si è consumato – ossia a quello della radicale trasformazione del fondo, se è intervenuta durante l’occupazione illegittima, ovvero, se essa si è verificata durante l’occupazione legittima, a quello della scadenza di quest’ultima – esprimendo poi il valore stesso in termini monetari che tengano conto del fenomeno inflattivo fino alla data della decisione (Cass. 11.2.2008, n. 3189). Come prima sottolineato, l’occupazione appropriativa, che ricorre nel caso di specie, si caratterizza per la mancata emissione del decreto di esproprio durante l’occupazione legittima all’interno del quale l’opera pubblica sia stata condotta a termine. Sicchè l’illiceità si configura solo alla scadenza dell’occupazione, ed al proprietario esautorato spetta l’indennità di occupazione, ed il risarcimento per la perdita della proprietà, al momento della scadenza dell’occupazione”.
Dunque nella fattispecie, per effetto di quanto deciso dalla sentenza n. 10395/2012 emessa della Corte di Cassazione in sede rescindente (in conformita’ peraltro alla pacifica giurisprudenza di legittimita’ sopra evocata), il termine finale di occupazione legittima e’ venuto a spirare in data 18.10.1993. Ma la relazione peritale redatta nel corso del giudizio di primo grado ha invece determinato il valore di mercato con riferimento alla data del 1985. Tale circostanza imporrebbe, ai fini di una piu’ aderente e confacente determinazione dei danni, che il valore di mercato espresso alla data del 1985 (data errata assunta dalla c.t.u.) fosse rivalutato, aggiornato ed espresso alla (corretta) data del 18.10.1993 (termine finale di occupazione legittima).
Cio’ premesso e chiarito, tuttavia per evidenti ragioni di economia processuale e con l’intento di non disperdere ulteriore tempo oltre a quello gia’ richiesto dal giudizio che si trascina da oltre 16 anni (considerato altresi’ che l’attore – nel frattempo colpito da grave malattia inabilitante e rimasto vedovo – ha urgente necessita’ disporre delle somme rivendicate), questa difesa dichiara di accettare espressamente che il valore di mercato determinato dal c.t.u. (erroneamente) al 1985 sia riferito nel suo valore storico e senza alcun aggiornamento alla data del 18.10.1993 (termine finale di occupazione legittima). Va da se’ che, non ostante che tale operazione possa risultare economicamente penalizzante per l’attore (per la considerazione che il valore di mercato dei terreni poteva ragionevolmente risultare superiore nell’anno 1993) , tuttavia essa si rivela decisamente premiante sotto il profilo della accelerazione dei tempi processuali.
4.1) quanto al valore di mercato dei terreni
In applicazione dunque dei principi stabiliti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10395/2012 emessa in esito al giudizio rescindente, la somma rappresentativa del valore di mercato dei terreni puo’ essere cosi’ di seguito determinata.
In particolare, dalla c.t.u. redatta in corso di causa, il valore di mercato ex art. 39 legge n. 2359/1865 (non essendo piu’ applicabile il criterio dimidiato gia’ previsto dall’art. 5 bis d.l. n. 333/1992 per effetto della sentenza n. 349/2007 della Corte Costituzionale) e’ stato determinato nell’importo di lire 146.955.750 (vedi c.t.u. principale punto n. 4 pagg. 3 e 4) pari ad euro 75.896,31, espresso alla data del 1985.
Questa difesa dichiara dunque di accettare espressamente che tale valore di mercato, benche’ espresso dal c.t.u. alla data del 1985, sia riferito ed esteso alla data del 18.10.1993 coincidente con il termine finale di occupazione legittima (momento in cui si e’ perfezionato l’illecito tipizzato nell’occupazione appropriativa).
Su tale importo ed ovviamente con decorrenza dalla data dell’illecito (18.10.1993) e fino al soddisfo, spettano all’attore sia la rivalutazione monetaria istat sia interessi legali sulla sorte capitale annualmente via via rivalutata.
4.2) quanto alla indennita’ di occupazione legittima
Per semplificazione di lettura, si riporta di seguito quanto gia’ prospettato con l’atto di citazione del 10.3.2013 introduttivo del presente giudizio rescissorio, che ovviamente deve ritenersi integralmente confermato.
Ai fini di una esatta impostazione del calcolo della indennita’ di occupazione legittima, si rende necessario premettere che il terreno di cui trattasi e’ stato occupato parzialmente in due momenti successivi e precisamente:
(vedi le citate due ordinanza di occupazione ed i relativi verbali di immissione nel possesso gia’ prodotte nel fascicolo dell’attore nel giudizio di primo dinanzi al Tribunale di Cagliari nonche’ la relazione peritale resa a chiarimenti dal c.t.u. in primo grado e depositata in cancelleria in data 24.6.2003).
Cio’ premesso, per effetto di quanto deciso dalla sentenza n. 10395/2012 della Corte di Cassazione che ha rivisitato i relativi termini tenendo conto delle relative proroghe legislative intervenute, il periodo di occupazione legittima risulta essere esteso:
Orbene, e’ noto che per le aree edificabili, qual e’ quella di cui trattasi, l’indennita’ di occupazione legittima e’ determinata nella misura degli interessi legali sul valore di mercato del bene calcolati singolarmente per ogni anno di occupazione legittima. Posto che nella fattispecie l’occupazione temporanea e’ intervenuta in due momenti successivi ed ha interessato due superfici diverse (rispettivamente in data 24.10.1983 per la superficie di 942 mq. ed in data 7.5.1986 per la superficie di 108 mq.), il calcolo delle relative indennita’ di occupazione legittima comporta ovviamente che sia preventivamente calcolato il valore di mercato singolarmente riferito alle due distinte superfici.
A tal fine, dunque, si premette:
Cosi’ determinato il valore di mercato delle due distinte superfici, e’ agevole ora quantificare le relative indennita’ di occupazione legittima corrispondenti alla misura degli interessi legali calcolati sul valore di mercato delle due distinte superfici ed in funzione dei due distinti periodi di occupazione temporanea.
Pertanto, si rappresentano di seguito i relativi calcoli eseguiti con programma informatico (documenti gia’ allegati all’atto di citazione).
Va da se’ che l’ammontare complessivo della indennita’ di occupazione legittima sara’ data dalla somma delle due distinte indennita’ di occupazione calcolate per le rispettive due superfici:
Si premette che l’unica domanda del proprietario che e’ stata respinta dalla Corte di Cassazione e’ quella tesa ad ottenere il riconoscimento anche della rivalutazione monetaria sulla indennita’ di occupazione legittima. Pertanto, nella fattispecie, sulla indennita’ di occupazione legittima spetteranno al proprietario i soli interessi legali sulle singole quote di indennita’ di occupazione annualmente maturate e calcolate nei termini di cui sopra.
Anche con riferimento al tale punto specifico, pacifica e’ la giurisprudenza di legittimita’ nell’affermare che gli interessi legali sulla indennita’ di occupazione legittima devono essere calcolati sulla singola quota di indennita’ maturata per ogni anno di occupazione e decorrono dal termine finale di ogni anno di occupazione [ex multis Cass. 22.12.2011 n. 28456 e Cass. 21.4.206 n. 9410 nonche’ Cass. 11.11.2003 n. 16908; Cass. 16.4.2003 n. 6008; Cass. 19.7.2002 n. 10535; Cass. 13.12.1999 n. 13942].
Solo per scrupolo difensivo, appare utile infine chiarire che il presente giudizio sfugge all’applicazione della riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007 per interventi di riforma economico – sociale.
E cio’ per almeno due ordini di ragioni, posto che la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che la citata sopraggiunta normativa non puo’ applicarsi:
5.1) inapplicabilita’ “ratione temporis”
“Il motivo è manifestamente infondato. Il giudizio per la determinazione dell’indennità di espropriazione, infatti, non è un procedimento espropriativo o una fase di esso, perchè è un procedimento giurisdizionale, autonomo rispetto a quello amministrativo e puramente eventuale. Del resto, è lo stesso testo unico a indicare, nel titolo secondo, quali sono le fasi del procedimento espropriativo, e tra queste non figura ovviamente l’opposizione alla stima, disciplinata invece nel titolo quarto.
Sul punto di diritto la corte si è già pronunciata a sezioni unite (sentenza 28 febbraio 2008 n. 5265), affermando il principio che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del criterio di indennizzo di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, convertito, con modifiche, nella L. 8 agosto 1992, n. 359 e al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, da parte della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale, lo “jus superveniens” costituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. a), si applica retroattivamente per i soli procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi in corso, come confermato dalla norma intertemporale di cui alla cit. L. n. 244, art. 2, comma 90.
La giurisprudenza delle sezioni semplici si è uniformata a tale insegnamento, nonostante l’isolata diversa pronuncia di Cass. 12 settembre 2008 n. 28431 richiamata dalla società ricorrente. Nel senso indicato dalle sezioni unite può ricordarsi, per tutte, la successiva Cass. 28 novembre 2008 n. 28431” (Cass. 28.5.2012 n. 8445).
“Nei giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione per p.u.), una volta venuto meno – a seguito della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale – il criterio di indennizzo di cui all’art. 5-bis D.L. 11 luglio 1992, n. 333, conv., con modif., nella legge 8 agosto 1992, n. 359, trova applicazione il criterio del valore venale del bene previsto dall’art. 39, legge 25 giugno 1865, n. 2359, e non si applica l’art. 2, comma 89, lett. a), legge 24 dicembre 2007, n. 244, che, avendo introdotto modifiche all’art. 37, commi 1 e 2, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione per p.u.), segue la disciplina transitoria prevista dall’art. 57 D.P.R. cit., ed è quindi inapplicabile nei procedimenti espropriativi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, mentre la norma intertemporale di cui all’art. 2, comma 90, legge n. 244/2007 cit. prevede la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità espropriativa solo per i procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi” (ex multis Cass. 21.9.2012 n. 16103).
“D’altra parte, alla fattispecie non è applicabile neppure lo ius superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, in base ai quali “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008)” (Cass. 25.11.2010 n. 23965).
5.2) inapplicabilita’ “ratione materiae”: l’edilizia economica e popolare non e’ riforma economico – sociale
Fin dalle primissime pronunce la Corte di Cassazione (peraltro aderendo alla interpretazione formulata dalla stessa CEDU) ha da sempre e costantemente affermato che la espropriazione effettuata in vista della realizzazione di edilizia economica e popolare compresa in piani P.E.E.P. e in Piani di Zona non e’ idonea ad integrare gli estremi della riforma “economico – sociale” prevista dall’art. della citata legge n. 244/2007, con conseguente ed ovvia esclusione della riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio. In particolare, la Corte di Cassazione ha testualmente affermato quanto segue.
“Resta poi da formulare, per mera completezza (stante la ridetta inapplicabilità dello jus superveniens), l’assorbente rilievo per il quale, anche applicando l’art. 37, comma 1 novellato alla espropriazione di cui trattasi, una espropriazione, quale quella in disamina, disposta per realizzare interventi di edilizia convenzionata non può ritenersi diretta ad attuare interventi di riforma economico – sociale, i quali devono riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere quindi attuati in forza di una previsione normativa che in tal senso li definisca: ed in tal senso è lecito argomentare dall’impianto motivazionale di S.U. 5265 del 2008”.
“Peraltro ogni dibattito sul punto è superato dall’insegnamento di questa corte (Cass. 16 marzo 2012 n. 4210), per il quale il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente – non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma – al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dalla norma.” (Cass. 28.5.2012 n. 8445).
“Si tratta all’evidenza di una particolare qualità di fini di utilità pubblica perseguiti in un dato momento storico e perciò devoluta esclusivamente (non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, nonchè all’interpretazione del giudice di merito in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma) al legislatore…” (Cass. 16.3.2012 n. 4210).
“Ne’ infine e’ applicabile lo jus superveniens costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”, in ogni caso ratione temporis, dato che la norma di diritto intertemporale di cui al comma 90 prevede una limitata, retroattività della nuova disciplina, con riferimento solo “ai procedimenti espropriativi”e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11498/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto non rientra in quest’ultima categoria individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone ” che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene (così Cass. 14939 del 2010)” (Cass. 22.8.2011 n. 17462 e in termini testuali Cass. 20.6.2011 n. 13456).
“D’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 art. 2 commi 89 e 90 in base ai quali <Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento>: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene” (Cass. n. 13399 del 1.6.2010).
“Alla fattispecie non e’, d’altra parte, la invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 art. 2 commi 89 e 90, in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene“ (Cass. n. 14939 del 21.6.2010) (conforme ex multis Cass. n. 14755 del 18.6.2010 ).
“E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244/2007 art. 2 commi 89 e 90, in base ai quali “quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede; una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. Sez. Un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che L’ESPROPRIAZIONE IN OGGETTO NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene” (Cass. n. 2712 del 4.2.2009).
Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.
Ne’ puo’ sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale economica e popolare, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennita’ di esproprio, atteso che la realizzazione del piano p.e.e.p. non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.
Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali.
La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha gia’ chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali, allora per la stessa ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio di cui trattasi per la realizzazione del piano di zona in una frazione del Comune di Omissis (trattandosi manifestamente di esproprio isolato).
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Si insiste nell’accoglimento della domanda.
omissis