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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
SEZIONE OMISSIS – R.G.N. OMISSIS – C.I. DOTT. OMISSIS
(UDIENZA DEL OMISSIS )
NOTE CONCLUSIVE
OMISSIS
C O N T R O
OMISSIS)
F A T T O
Si rimanda, per brevita’, in punto di fatto a quanto gia’ prospettato nell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio.
M O T I V I
Solo per chiarezza espositiva, appare utile precisare che la fattispecie oggetto del presente giudizio e’ disciplinata dalla previgente normativa (legge n. 2359/1865 e legge n. 865/1971). Infatti, la pubblica utilita’, scaturente dalla deliberazione della Giunta Regionale n. OMISSIS del 15.2.2002 di approvazione del p.d.z. B37 OMISSIS 2 (cfr. c.t.u. gennaio 2013 pag. 7), e’ stata dichiarata in data anteriore all’entrata in vigore (30.6.2003) del d.p.r. n. 327/2001 (art. 57 d.p.r. n. 327/2001).
Altrettanto superflua puo’ essere la precisazione secondo cui deve ritenersi ammissibile l’opposizione alla stima proposta nella forma della domanda di determinazione giudiziale della indennita’, pur in mancanza della indennita’ definitiva non determinata dalla commissione provinciale espropri.
E’ noto infatti che in tal caso trova applicazione il principio stabilito dalle note sentenze n. 67/1990 (in materia di indennita’ di esproprio) e n. 470/1990 (in materia di indennita’ di occupazione legittima) con le quali la Corte Costituzionale ha stabilito che la previa determinazione della indennita’ definitiva in sede amministrativa non rappresenta piu’ una condizione necessaria per l’esperibilita’ dell’opposizione alla stima. In tal caso, l’opposizione, che assume la forma della domanda di determinazione giudiziale della indennita’, puo’ essere esperita nel termine ordinario di prescrizione decennale decorrente dalla data del decreto di esproprio e del provvedimento di occupazione temporanea.
Solo per completezza di indagine, non e’ inutile notare che lo stesso principio sia stato confermato dalla Corte di Cassazione anche con riferimento alla nuova disciplina introdotta dall’art. 54 d.p.r. n. 327/2001 e dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 (Cass. 24.5.2016 n. 10720 e Cass. 9.11.2016 n. 22844).
Con i chiarimenti del 10.11.2016, il c.t.u. ha risposto al quesito con il quale il Collegio aveva chiesto di verificare l’esattezza delle superfici indicate nei decreti di esproprio.
Dopo aver indicato (suddivise per singole particelle) le superfici espropriate nella misura complessiva di 19.825 mq. (cfr. pag. 6), il c.t.u. ha altresi’ chiarito che “…la parte attrice ha prodotto gli atti di provenienza, relativi agli immobili oggetto di esproprio, in allegato all’atto di citazione” (cfr. pag. 6 ultimi 2 righi).
Cio’ ovviamente consente di concludere che l’opposizione alla stima spiegata dalla societa’ deve ritenersi correttamente proposta per l’ottenimento della indennita’ di esproprio e di occupazione spettante in relazione alle superfici esattamente indicate nei rispettivi decreti di esproprio e di occupazione.
E’ noto infatti che in presenza di espropri e di occupazioni cosiddette “esuberanti” (che abbiano cioe’ coinvolto superfici maggiori di quelle indicate nei rispettivi decreti, con cio’ implicando inevitabili risvolti di responsabilita’ da fatto illecito), il proprietario non possa esperire il giudizio di opposizione alla stima (che richiede ovviamente la previa emissione di atti legittimamente emessi) ma deve accedere ad altre forme di tutela previste dell’ordinamento, esperibili eventualmente anche dinanzi al g.a..
Con le allegate osservazioni del 14.2.2013 (espressamente richieste dal c.t.u.) mosse alla preliminare bozza della relazione peritale, il c.t.p della societa’ attrice (Ing. OMISSIS) formulava una serie di rilievi critici mossi alla preliminare relazione peritale redatta dallo stesso c.t.u..
Fermi restando gli altri aspetti ivi trattati, appare necessario ribadire in questa sede l’importanza decisiva di quello diretto a contestare l’errore di diritto commesso dal c.t.u. nella impostazione della formula con la quale ha calcolato l’indennita’ di esproprio nell’ambito del criterio cosiddetto analitico – ricostruttivo.
Si premette che con il rilievo critico mosso alla relazione peritale, confermato in questa sede, non si intende contestare in alcun modo la misura dei valori e dei dati metrici determinati dal c.t.u. (che infatti sonoi rimasti invariati nel loro ammontare), ma soltanto un errore nella impostazione del calcolo della indennita’ di esproprio.
Si tratta in particolare della violazione del principio (stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione) che impone l’allineamento cronologico dei dati metrici e dei valori utilizzati per il calcolo della indennita’ di esproprio.
Secondo il criterio di stima analitico – ricostruttivo (o di trasformazione) che il c.t.u. ha dichiarato di adottare, il valore di mercato delle aree (Va) e’ dato dalla differenza tra il valore di mercato degli edifici (Vm) ed i costi di costruzione (Kc) degli stessi, secondo la seguente nota formula
Va = Vm – Kc
La citata formula pero’ implica ovviamente che tutti i valori siano espressi alla stessa data assunta quale momento storico di riferimento della stima (nella fattispecie, la data del decreto di esproprio del 29.5.2008). Pertanto, se fosse astrattamente possibile disporre di tutti i dati omogeneamente ed istantaneamente espressi alla medesima data di riferimento (29.5.2008), il valore delle aree (Va) potrebbe essere facilmente ottenuto semplicemente sottraendo al valore di mercato dei fabbricati realizzabili (Vm) l’ammontare dei costi di costruzione degli stessi (Kc).
E’ noto pero’ che la formula esposta in precedenza rappresenta una ipotesi meramente teorica ed astratta, per la evidente considerazione che mentre e’ possibile determinare ed esprimere direttamente, con riferimento alla data del decreto di esproprio del 29.5.2008, il valore istantaneo (intendendosi cioe’ per tale quello espresso a quel preciso momento) dei fabbricati edificabili, tuttavia cio’ non altrettanto possibile per i costi di costruzione. Questo e’ dovuto alla elementare constatazione che ovviamente l’attivita’ di costruzione dei fabbricati non e’ un’attivita’ istantanea che si esaurisce in un solo momento, ma al contrario essa si estende e si diluisce lungo tutto il periodo di tempo necessario alla costruzione dei fabbricati stessi. Ne consegue necessariamente che i relativi costi saranno sopportati diluiti nel tempo via via che avanzano i lavori di costruzione degli edifici.
Cio’ premesso, dall’esame della relazione peritale risulta pero’ che, con riferimento alla formula base (Va = Vm – Kc), il c.t.u. ha determinato il valore di mercato dei fabbricati con un importo gia’ espresso alla data del decreto di esproprio (29.5.2008). Valore di mercato che infatti egli aveva tratto dalle pubblicazioni e dagli atti comparativi tutti espressi all’anno 2008 [cfr. c.t.u. pagg. 29 e 30 punto 1.2)].
Mentre invece egli ha determinato i costi di costruzione espressi con riferimento alla data di ultimazione dei lavori (29.5.2013), prevista in 5 anni (cfr. relazione peritale del 8.3.2013 pag. 26 lettera “n” e pag. 34 punto 1.9).
Tale circostanza ha comportato la necessita’ che i costi di costruzione dei fabbricati fossero espressi e ragguagliati, attraverso la specifica operazione di attualizzazione e di sconto, alla stessa data di riferimento (29.5.2008) alla quale era stato determinato il valore di mercato dei fabbricati (Vm). Lo stesso c.t.u. ha ammesso la necessita’ di tale operazione laddove ha affermato che tutti i costi di costruzione (il “sottraendo”) quantificati in data successiva al decreto di esproprio devono essere allineati cronologicamente al valore di mercato dei fabbricati edificabili (il “minuendo”) (cfr. relazione peritale del 8.3.2013 pag. 26 righi 1/4).
E’ noto che l’operazione di attualizzazione e di sconto consiste nella divisione dei costi di costruzione (Kc) per il relativo coefficiente di attualizzazione e di sconto che il c.t.u. ha indicato in (1 + r)n laddove “r” rappresenta il saggio di sconto (previsto nel 7 %) e “n” rappresenta il numero degli anni (previsti in 5) necessari alla costruzione dei fabbricati (cfr. relazione peritale del 8.3.2013 pag. 26 lettera “n” e pag. 34 punto 1.9).
Nel caso specifico, il coefficiente di attualizzazione determinato dal c.t.u. con l’indicata formula [(1 + r)n = (1 + 7%)5] corrispondente a 1,40255.
Orbene, la corretta impostazione del procedimento di calcolo che richiede che tutti i dati e valori siano omogenei e siano tutti allineati cronologicamente alla stessa data del decreto di esproprio (29.5.2008), avrebbe imposto al c.t.u. di procedere alla attualizzazione ed allo sconto (non anche del valore di mercato dei fabbricati Vm e dei relativi costi di costruzione Kc perche’ appunto gia’ espressi a quella data, ma) soltanto dei costi di costruzione, in quanto solo questi erano stato espressi alla data di ultimazione dei lavori (29.5.2013).
Con la formula utilizzata, il c.t.u. ha invece erroneamente applicato il coefficiente di attualizzazione e di sconto (1 + r)n anche al valore di mercato dei fabbricati (Vm), quantunque lo stesso fosse stato gia’ espresso alla data del decreto di esproprio (29.5.2008).
Il c.t.u. ha infatti usato la seguente formula errata (cfr. pag. 26 e pag. 34 punto 1.10):
Va = [Vm – (Kc + Oc + St + Sg + I + P)]
(1 + r)n
laddove
Va = valore dell’area espropriata
Vm = valore di mercato dei fabbricati edificabili
Kc = costi di costruzione dei fabbricati
Oc = oneri concessori
St = spese tecniche
Sg = spese generali
I = interessi passivi
P = profitto dell’imprenditore
A ben vedere pero’, poiche’ tutti i costi di costruzione sono stati assunti e determinati alla data di ultimazione di costruzione dei fabbricati (29.5.2013 = 29.5.2008 + 5 anni), solo per questi costi v’era la giustificata necessita’ di attualizzarli alla data del decreto di esproprio (29.5.2008).
Risulta cosi’ evidente che il c.t.u. ha fatto applicazione di un procedimento estimativo fondato su una formula del tutto inattendibile perche’ affetta da un vizio genetico consistente nel denunciato errore di diritto. Si tratta ovviamente di un vero e proprio errore di diritto, e non di un mero errore di calcolo. Infatti, nei termini in cui il c.t.u. ha proceduto alla operazione di attualizzazione e di sconto, egli ha finito per sottrarre dal valore di mercato dei fabbricati edificabili (Vm) determinati nell’anno 2008 (ma erroneamente attualizzato all’anno 2003), i costi di costruzione determinati nell’anno 2013 (questi si’ correttamente attualizzati all’anno 2008). In altri termini, il c.t.u. ha sottratto dal valore di mercato dei fabbricati espressi nell’anno 2003 i relativi costi di costruzione espressi nell’anno 2008.
La conclusione e’ evidente: il c.t.u. avrebbe dovuto attualizzare alla data del decreto di esproprio (29.5.2008) non anche il valore di mercato dei fabbricati (perche’ gia’ espresso all’anno 2008) ma solo i costi di costruzione (perche’ espressi alla data del 29.5.2013) via via sopportati durante il periodo necessario alla ultimazione dell’opera pubblica.
Ecco allora che l’errore commesso dal c.t.u. si risolve in un vero e proprio errore di diritto laddove, con la formula posta a base del criterio di stima analitico – ricostruttivo, ha finito per calcolare la indennita’ di esproprio in maniera illegittima per manifesta violazione dei noti principi pacifici stabiliti dalla Corte di Cassazione:
In particolare, la Cassazione e’ ferma nell’affermare il seguente principio:
<Il metodo infatti si basa sull’analisi di tutti i fattori o elementi che concorrono in concreto alla determinazione del valore venale di quanto si puo’ costruire sull’area (entita’ del costruibile per la destinazione e gli indici urbanistici d’edificabilita’, costo della costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditivita’ dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni)…
L’ILLOGICITA’ E ERRONEITA’ DEL RAFFRONTO DI DATI NON OMOGENEI comporta vizi logici e motivazionali che inficiano la sentenza, quando applica il metodo di stima analitico – deduttivo, incidendo sul punto decisivo dell’accertamento del valore venale delle aree>
(Cass. 16.1.2004 n. 538) (doc. n. 1).
[conformi Cass. 21.6.2012 n. 10393 (doc. n. 2); Cass. 22.11.2010 n. 23585 (doc. n. 3); Cass. 21.6.2010 n. 14940 (doc. n. 4); Cass. 18.6.2010 n. 14755 (doc. n. 5); Cass. 19.9.2003 n. 13890 (doc. n. 6)]
Volendo tradurre il citato rilievo critico nella stessa formula algebrica utilizzata dal c.t.u., risulta che l’operazione giuridicamente corretta e’ sintetizzabile nella seguente formula
Va = [Vm – (Kc + Oc + St + Sg + I + P)]
(1 + r)n
laddove solo i costi di costruzione determinati alla data di ultimazione di costruzione dei fabbricati (29.5.2013) avrebbero dovuto essere attualizzati alla data del decreto di esproprio (29.5.2008).
Solo la formula da ultimo riportata si rivela rispettosa del principio dell’allineamento cronologico dei dati e dei valori utilizzati per il calcolo della indennita’ di esproprio (minuendo e sottraendo), atteso infatti che alla data del decreto di esproprio (29.5.2008) risultano determinati:
Si ritiene dunque che la corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 37/1 d.p.r. n. 327/2001 avrebbero dovuto indurre il c.t.u. ad affermare che la legittima determinazione del valore di mercato con il criterio analitico – ricostruttivo, in conformita’ ai principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimita’:
E’ stato dimostrato in precedenza che la formula corretta (emendata dall’errore denunciato) che il c.t.u. avrebbe dovuto utilizzare e’ la seguente:
Va = [Vm – (Kc + Oc + St + Sg + I + P)]
(1 + r)n
Sostituendo ai simboli i rispettivi valori determinati dallo stesso c.t.u. (che infatti non sono stati oggetto di contestazione nella loro entita’) ed in particolare (cfr. relazione peritale da pag. 29 e pag. 34 per i singoli valori)
Va = valore dell’area espropriata
Vm = valore mercato fabbricati edificabili (euro 142.809.400,00 al 2008)
Kc = costi di costruzione dei fabbricati (euro 51.646.748,50 al 2013)
Oc = oneri concessori (euro 11.251.200,00 al 2013)
St = spese tecniche (euro 4.131.739,88 al 2013)
Sg = spese generali (gia’ comprese nei costi di costruzione Kc)
I = interessi passivi (euro 3.926.844,72 al 2013)
P = profitto dell’imprenditore (euro 28.561.880,00 al 2013)
si ottiene la seguente rappresentazione numerica:
Va = 142.809.400,00 –[(51.646.748,50 + 11.251.200,00 + 4.131.739,88 + 3.926.844,72 + 28.561.880,00)] =
1.40255
Va = 142.809.400,00 – (99.518.413,10) =
1.40255
Va = 142.809.400,00 – 70.955.340,70 = 71.854.059,30
Dividendo dunque l’importo di euro 71.854.059,30 rappresentativo del valore di tutte le superfici complessivamente espropriate comprese nel p.d.z. che il c.t.u. ha indicato nella misura complessiva di 105.000 mq. (cfr. pag. 23 rigo 8, pag. 26 lettera “n” e pag. 36), si ottiene il valore unitario della indennita’ di esproprio pari ad euro 684,32 mq. (71.854.059,30 : 105.000 mq.).
Moltiplicando infine tale valore unitario della indennita’ di esproprio (euro 684,32 mq.) per le superfici espropriate gia’ di proprieta’ della societa’ opponente che il c.t.u. ha accertato in complessivi 19.825 mq. (cfr. chiarimenti del 10.11.2016 pag. 6), si ottiene la indennita’ di esproprio complessiva pari ad euro 13.566,644,00 spettante alla societa’ opponente.
Si insiste nell’accoglimento della domanda nei termini indicati.
In allegato:
OMISSIS