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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS

SEZIONE OMISSIS  – R.G.N. OMISSIS – C.I. DOTT. TOMISSIS

(UDIENZA P.C. 25.5.2016)

 

NOTE CONCLUSIVE AUTORIZZATE

 

 

OMISSIS

C O N T R O

 

  • OMISSIS (amministrazione espropriante)
  • OMISSIS (soggetto beneficiario)
  • OMISSIS (soggetto beneficiario)

 

Con le presenti note conclusive, questa difesa, nel  riassumere brevemente i termini della questione, intende replicare ai rilievi critici mossi alla relazione peritale dalle controparti, ed in particolare da ultimo con la memoria di costituzione depositata la mattina stessa della ultima udienza in data 25.5.2016 ad opera dei soggetti beneficiari con il ministero del nuovo difensore.

 

Nel rimandare per brevita’ al contenuto dei precedenti atti difensivi, appare opportuno richiamare l’attenzione sui seguenti aspetti della fattispecie.

 

  • QUANTO ALLLA EDIFICABILITA’ LEGALE DEI TERRENI ESPROPRIATI

 

Desta sorpresa l’insistenza con la quale le controparti  tentano ancora di sostenere la natura non edificabile dei terreni espropriati, attraverso il riferimento o al valore agricolo medio o alla destinazione urbanistica previgente alla data di approvazione del p.i.p..

 

La copiosa e pacifica giurisprudenza richiamata nel ricorso introduttivo proposto da questa difesa rimuove e travolge ogni diversa interpretazione.

 

In questa sede appare sufficiente aggiungere quanto segue:

 

“Nella parte concernente la violazione del principio di diritto enunciato da questa Corte, il motivo è peraltro infondato, risultando dalla sentenza impugnata che, nella determinazione del valore di mercato del fondo espropriato, la Corte di merito ha correttamente tenuto conto degl’indici di edificabilità previsti dal p.i.p., i quali esprimevano il limite delle possibilità effettive di sfruttamento edilizio dell’immobile (c.d. edificabilità di fatto) ipotizzati  nell’ambito dell’edificabilità legale connessa al vincolo conformativo derivante dall’inclusione nel piano

(Cass. 25.9.2015 n. 19078).

 

“Soccorre in proposito, così rettificata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, la motivazione della decisione impugnata, il cui dispositivo è conforme a diritto, il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui i piani regolatori, adottati o modificati in relazione al piano per l’area di sviluppo industriale con il procedimento disciplinato dal D.P.R. n. 218 del 1978 cit., art. 51, possiedono indubbia valenza conformativa della proprietà dei fondi in essi inclusi e sono pienamente idonei a conferire ad essi qualità edificatoria, ancorchè, ovviamente, detta qualità debba essere valutata con riferimento alla specifica destinazione a zona industriale (Cass., 14 febbraio 2014, n. 3551; Cass., 30 marzo 2009, n. 7016; Cass. 10 novembre 2006, n. 24041; Cass., 6 dicembre 2002, n. 17330; Cass., 23 marzo 2001, n. 4200)”

(Cass. 22.9.2015 n. 18687)

 

  • QUANTO AI RILIEVI CRITICI MOSSI ALLA C.T.U. DALLE CONTROPARTI

(con particolare riferimento alla asserita mancanza delle opere di urbanizzazione)

 

La criticha piu’ aggressiva che le  controparti  hanno mosso alla relazione peritale si e’ appuntata sulla circostanza, in particolare,  che  gli atti che il c.t.u. ha assunto a comparazione non sarebbero utilmente evocabili, poiche’ i relativi terreni sarebbero stati gia’ dotati delle opere di urbanizzazione e delle relative infrastrutture, mentre quelli  oggetto del presente che ne sarebbero ancora privi (e dunque dotati di un minor valore di mercato rispetto ai primi).

 

La critica e’ manifestamente infondata perche’ essa poggia su un grave errore iniziale che ne mina in radice l’attendibilita’.

 

Esso e’ consistito nell’aver attribuito rilevanza ai costi per la realizzazione degli oneri di urbanizzazione  pur avendo il c.t.u. stabilito di adottare, ai fini della determinazione del valore di mercato dei fondi espropriati, il diverso criterio cosiddetto “sintetico – comparativo”.

 

Trattasi di un errore grave  che non puo’ passare inosservato posto che e’ ben  noto il principio secondo il quale allorquando l’indennita’ di esproprio sia determinata con il criterio “sintetico – comparativo”, sono irrilevanti, e dunque non possono essere valutati,  i costi  rappresentativi  degli oneri di urbanizzazione, atteso che  il valore di mercato cosi’ sinteticamente determinato gia’ incorpora  tutti i costi, ed in particolare anche  gli oneri  di urbanizzazione,   che concorrono alla sua quantificazione.

 

Eccone di seguito in breve la motivazione.

 

Si premette che, tra il criterio di stima cosiddetto “analitico – ricostruttivo” e quelllo cosiddetto “sintetico  – comparativo”, il c.t.u. ha esercitato, per i motivi ivi coerentemente espressi, l’opzione per il criterio “sintetico – comparativo” (cfr. relazione peritale pagg. 38 e 39).

 

Come e’ noto,  ai fini della determinazione del valore di mercato,  la pacifica giurisprudenza di legittimita’ e le piu’ accreditate e condivise teorie di estimo  hanno individuato (tra i diversi criteri astrattamente opzionabili) due metodi ben identificati e distinti:

 

  • il metodi cosiddetto “analitico – ricostruttivo” (il quale e’ teso ad accertare il valore di trasformazione del suolo edificabile);

 

  • il metodo cosiddetto “sintetico – comparativo” (il quale e’ invece teso a desumere dall’analisi di mercato il valore commerciale del fondo espropriato).

 

Il metodo cosiddetto “analitico – ricostruttivo”  tende ad individuare e ad enucleare il solo valore del fondo espropriato ricavandolo dal valore complessivo degli organismi edilizi in vista della cui realizzazione l’esproprio e’ stato pronunciato. A tal fine, esso valuta la incidenza, sul valore complessivo dell’opera pubblica prevista, sia degli oneri di urbanizzazione e dei costi diretti ed indiretti delle relative opere che, poste in essere dall’amministrazione, assicurino l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area, sia dei costi di costruzione, sia del margine di utile dell’imprenditore sia di tutti gli altri oneri concorrenti. In altri termini, il valore di mercato degli organismi edilizi costruibili sul fondo espropriato viene “depurato” di tutti i costi (ivi espressamente compresi ovviamente anche gli oneri di urbanizzazione) fino ad individuare il solo valore dell’area espropriata.

 

Il metodo cosiddetto “sintetico – comparativo” si avvale invece di una serie di riferimenti costituiti dal prezzo pagato per immobili omogenei e, dunque, di indicazioni di mercato, prescindendo da ogni analisi delle ragioni economiche e dei singoli costi e delle singole voci che abbiano portato alla formazione, attraverso l’incontro della domanda e dell’offerta, di detto prezzo di mercato, il quale nella sua espressione numerica già tiene evidentemente conto degli oneri diretti ed indiretti connessi allo sfruttamento del suolo.

 

Cosicche’, se dal valore di mercato dei fondi espropriati determinato ed espresso sulla base del metodo sintetico – comparativo (valore che dunque in quanto espresso “al netto” gia’ incorpora tutti gli indici e tutti i costi ed oneri  che concorrono alla formazione del “prezzo di mercato”, ivi pacificamente compresi anche i costi di urbanizzazione) si detrae successivamente e distintamente anche il costo specifico degli oneri di urbanizzazione (cosi’ come hanno sostenuto le controparti), il proprietario espropriato risulterebbe essere ingiustamente ed illegittimamente danneggiato e penalizzato posto che l’indennita’ di esproprio cosi’ determinata subirebbe due volte la stessa detrazione per gli oneri di urbanizzazione. Si tratta dunque di una ingiustificata ed illegittima duplicazione che in quanto tale non puo’ trovare ingresso nella determinazione della indennita’ di esproprio espressa con il metodo “sintetico – comparativo”.

 

Ne consegue dunque che i costi degli oneri di urbanizzazione hanno rilevanza e possono essere valutati solo se la stima della indennita’ di esproprio sia determinata con il criterio “analitico – ricostruttivo” (o di trasformazione) e non invece con il criterio “sintetico – comparativo” (qual e’  appunto quello applicato dal c.t.u. nella fattispecie).

 

Ne consegue allora che tutte le critiche mosse sul punto alla relazione peritale del c.t.u. devono ritenersi manifestamente infondate,  inutili ed irrilevanti.

 

Sul punto specifico, la giurisprudenza della Corte di Cassazione e’ pacifica atteso che ha essa ha stabilito quanto segue:

 

  • “In tema di espropriazione per pubblica utilita’, la determinazione del valore del fondo puo’ avvenire sia con metodi analitico – ricostruttivi, tesi ad accertare il valore di trasferimento del fondo; sia con metodi sintetico – comparativi, volti invece a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale del fondo. L’adozione di uno di tali metodi rende superflua l’analisi degli elementi su cui si fonda l’altro, con la conseguenza che nel caso di adozione di un metodo sintetico – comparativo e’ irrilevante l’omessa valutazione, nel caso di espropriazione di un fondo ricompreso in un piano per l’edilizia economia e popolare, delle aree che sarebbero comunque destinate a spazi pubblici, così come l’omessa detrazione degli oneri di urbanizzazione, in quanto tali indici possono assumere rilievo ai soli fini dell’applicazione dei metodi analitico – ricostruttivi(Cass. n. 5174 del 3.3.2010; Cass. n. 12865 del 26.5.2010; n. 12771 del 31.5.2007);

 

  • “In tema di espropriazione per pubblica utilità, le questioni circa l’adozione, a fini indennitari, di determinati indici di fabbricabilità, dello scorporo di quote di superficie destinate a spazi pubblici e opere pubbliche, della detrazione degli oneri di urbanizzazione dal valore del fondo edificato, si pongono esclusivamente in sede di applicazione di metodi analitico – ricostruttivi, tesi ad accertare il valore di trasformazione del suolo, non anche qualora la valutazione sia condotta con il metodo sintetico – comparativo, che si avvale di una serie di riferimenti costituiti dal prezzo pagato per immobili omogenei, e dunque di indicazioni di mercato, giacché il prezzo che si forma nell’incontro di domanda e offerta tiene evidentemente conto degli oneri connessi allo sfruttamento del suolo (Cass. 12771/07; Cass. 3766/06; Cass. 13598/06)” (Cass. n. 10217 del 28.4.2010 e Cass. n. 3766 del 21.2.2006);

 

  • “Tanto premesso, si osserva che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, la determinazione del valore del fondo può avvenire sia con metodi analitico – ricostruttivi, tesi ad accertare il valore di trasformazione del suolo edificabile, sia con metodi sintetico-comparativi, volti, invece, a desumere dall’analisi di mercato il valore commerciale del fondo espropriato, onde sia la questione circa la detrazione, ai fini della valutazione indennitaria del fondo medesimo, degli oneri di urbanizzazione dal valore di quest’ultimo, ovvero dei costi diretti ed indiretti delle relative opere che, poste in essere dall’amministrazione, assicurano l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area…, si pongono esclusivamente in sede di applicazione di metodi analitico – ricostruttivi, non anche qualora la valutazione sia condotta con il metodo sintetico – comparativo, che si avvale di una serie di riferimenti costituiti dal prezzo pagato per immobili omogenei e, dunque, di indicazioni di mercato, prescindendo da ogni analisi delle ragioni economiche che hanno portato alla formazione, attraverso l’incontro della domanda e dell’offerta, di detto prezzo, il quale già tiene evidentemente conto degli oneri connessi allo sfruttamento del suolo (Cass. 18 giugno 1990  6122; Cass. 4 settembre 2001  n. 11391; Cass. 21 febbraio 2006  n. 3766; Cass. 16 giugno 2006 n. 13958; Cass. 27 settembre 2006 n. 21011; Cass. 24 aprile 2007 n. 9891; Cass. 31 maggio 2007  n. 12771)”  (Cass. n. 22395 del 5.9.2008)

(conformi ex multis Cass. 16.6.2006  n. 13958; 21.2.2006  n. 3766; Cass. n. 12461 del 28.5.2007; Cass. n. 13958 del 16.6.2006; Cass. n. 9178 del 20.4.2006; Cass. n. 11391 del 4.9.2001).

 

  • QUANTO ALLE OSSERVAZIONI MOSSE ALLA C.T.U. DAI PROPRIETARI

 

Con le osservazioni a suo tempo formulate, i proprietari espropriati criticavano la relazione peritale in particolare sotto due profili:

 

  1. sotto un primo profilo, per aver il c.t.u. (nell’operazione di adeguamento del valore di mercato alla data del decreto di esproprio) fatto uso degli indici istat anziche’ di quelli rappresentativi dell’andamento del mercato immobiliare;
  2. sotto un secondo profilo, per aver il c.t.u. determinato  la misura della indennita’ di esproprio (non ostante le  aree fossero dotate di una elevatissima capacita’ edificatoria) in misura di gran lunga inferiore  rispetto al valore ottenuto  (pari ad euro 110,00 mq.) con il criterio proposto cosiddetto “sintetico – diretto” (o noto come  percentuale di permuta).

 

Ebbene, il c.t.u. ha disatteso entrambe le citate censure sostenendo nelle repliche rispettivamente quanto segue:

 

  1. quanto all’uso degli indici istat, che l’operazione non sarebbe errata poiche’ “…nello stesso elaborato anche l’Ing. OMISSIS (cioe’ il c.t.p. di controparte) adotta tale metodologia nel calcolo della rivalutazione considerando gli indici istat come indici genericamente di variazione del costo della vita” (cfr. c.t.u. pag. 52 seconda parte)

 

[ma e’ agevole ribattere che il c.t.u. non puo’ fondatamente  giustificare un proprio errore sostenendo che nello stesso errore sia incorso anche il c.t.p. di una delle parti, essendo invece evidente che il corretto criterio  operativo e’ quello accreditato dai principi stabiliti  dalla giurisprudenza di legittimita’);

 

  1. quanto invece al rifiuto di determinare l’indennita’ di esproprio con il criterio cosiddetto “sintetico – diretto” o noto come percentuale di permuta, che tale criterio “…non viene annoverato tra i criteri piu’ attendibili in quanto soggetto a potenzialita’…” (cfr. c.t.u. pag. 52 utimi 6 righi)

 

[ma anche in questo caso e’ agevole replicare che tale criterio:

 

  • e’ invece espressamente previsto dalla legge (art. 36/7 d.l. 4.7.2006 n. 223), e’ accreditato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. 2.1.2016 n. 1379 e Cass. civ. Sez. I, Sent., 21/06/2010, n. 14939)  ed e’ stato illustrato dall’Agenzia delle Entrate con la nota circolare n. 1 del 19.1.2007;

 

  • e’ fondato sul valore attuale, e non invece potenziale, del terreno determinato nella misura percentuale del 30 %  del valore  di mercato dei fabbricati artigianali risultanti dalle quotazioni pubblicate dall’Agenzia del Territorio O.M.I.  (valore unitario da un minimo di euro 315,00 mq. ad una massimo di euro 375,00 mq. per un corrispondente valore del terreno compreso da un minino di euro 94,50 ad un massimo di euro 112,50].

 

  • QUANTO ALLA ESCLUSIONE DELLA RIDUZIONE DEL 25 % DELLA INDENNITA’ DI ESPROPRIO PER INTERVENTI DI RIFORMA ECONOMICO – SOCIALI (ART. 2 COMMI 89 E 90 LEGGE N. 244/2007)

 

Nel rimandare, anche con riferimento alla materia in epigrafe, a quanto gia’ prospettato da questa difesa nel proprio ricorso introduttivo (cfr. punto 3 pagg. 12 e ss.), in questa sede e’ sufficiente richiamare anche la successiva giurisprudenza conforme che ha confermato l’esclusione della riduzione del 25 %:

 

“Tutti i motivi in esame sono insuscettibili di favorevole apprezzamento: in particolare si rivelano inammissibili le censure involte dai due ricorsi incidentali dei D.F., al pari della parte preponderante di quelle dedotte dal Comune col terzo motivo del suo ricorso incidentale, le quali per il resto, inerente alla mancata riduzione del 25% del valore venale del compendio ai fini della determinazione dell’indennità e perciò inerente al piano normativo, devono essere respinte, rivelandosi il diniego aderente alle note regole legali e giurisprudenziali in materia, per le quali la realizzazione di un PIP non integra il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale che giustifica la riduzione in questione, prevista dall’art. 37 del T.U. (cfr. Cass. n. 2100 del 2011: n. 2774 del 2012: n. 21708 del 2015)”

(Cass. 26.1.2016 n. 1379).

 

  • QUANTO ALL’AUMENTO DEL 10 % DELLA INDENNITA’ DI ESPROPRIO PREVISTO DALL’ART. 2 COMMIO E 90 LEGGE N. 244/2007

 

Infine, si rammenta che con il ricorso introduttivo, i proprietari hanno anche chiesto che l’indennita’ di esproprio sia incrementata del 10 % ai sensi dell’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007, qualora la misura determinata all’esito del presente giudizio (determinata dal c.t.u. in eiro 60,00 mq.) fosse maggiore di due decimi di quella determinata in sede amministrativa (pari ad euro 24,54 mq.).

 

La citata domanda  trova  ora conforto e riscontro nella giurisprudenza della  Corte di Cassazione la quale ha affermato quanto segue:

 

“Con riguardo alla censura di cui al terzo motivo, che conclama la mancata applicazione dell’aumento del 10 % stante la sproporzione superiore ai due decimi del quantum offerto rispetto al quantum accertato come dovuto per indennità, essa appare fondata come rilevato in relazione. In punto di fatto si rammenta, alla stregua di quanto già questa Corte ha rilevato (Cass. 2774/2012) che nella specie la dichiarazione di p.u. venne adottata ben dopo l’acquisizione di efficacia del D.P.R. n. 327 del 2001, che il procedimento venne definito con l’esproprio 4.1.2008, che la riscrittura dell’art. 37 del T.U. venne ad entrare in vigore l’1.1.2008. Orbene, lettera chiarissima e ratio della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 fanno ritenere che l’espressione non può che riferirsi, al fine di indicare le ipotesi in cui si debba dare ingresso al testo dell’art. 37 riscritto al comma 89 secundum constitutionem, ai procedimenti determinativi pendenti all’1.1.2008, per i quali soltanto l’indennità può ancora essere determinata secondo lo jus superveniens, in tal senso potendosi richiamare quanto considerato da questa Corte (Cass. 14939 del 2010), fermo restando che, per i procedimenti espropriativi pur successivi ad 1.7.2003 ma definiti prima della entrata in vigore della novella, non può che darsi ingresso al criterio del valore venale pieno (rispettoso della pronunzia di Corte Cost. 348 del 2007) di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 39. Di qui la cogenza nella specie della previsione di incremento perequativo del 10 % che l’accertamento comparativo tra indennità offerta (Euro 22.315) ed indennità accertata come dovuta (Euro 288.884) conclama come evidente. E di qui, cassata la sentenza e non occorrendo altre valutazioni, la pronunzia ex art. 384 c.p.c. che determina l’importo dovuto nella maggior somma di Euro 317.773 (Euro 288.884 + 10%), della quale devesi ordinare il deposito in una con gli interessi legali, nelle forme di legge”

(Cass. 13.1.2014 n. 499)  (conforme Cass. n. 2774/2012).

 

$ $ $ $ $

 

Si insiste dunque nell’accoglimento delle domande formulate ed in particolare:

 

  • nella determinazione della aindennita’ di esproprio nella misura unitaria di euro 110,00 mq.;
  • nella esclusione della riduzione del 25 % per interventi di riforma economico – sociali ex art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007;
  • nell’incremento del 10 % della indennita’ di esproprio ex art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007.

 

OMISSIS

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