In molti casi, chi subisce un’espropriazione riceve una comunicazione in cui si parla di deposito dell’indennità invece che di pagamento diretto. Questo può generare confusione. In realtà si tratta di una procedura prevista dalla legge, che ha effetti concreti. Se ti trovi in questa situazione, ANPTES può offrirti supporto gratuito per chiarire i tuoi diritti.
Il deposito dell’indennità è il versamento dell’importo stabilito come compenso per l’esproprio presso la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), invece che direttamente al proprietario. Questo avviene quando:
Non è un blocco del pagamento, ma una forma di tutela per l’ente espropriante, che può così completare l’esproprio anche senza consenso dell’espropriato.
Quando l’indennità viene depositata alla CDP, il denaro è vincolato fino a quando non viene effettuato un ritiro esplicito da parte dell’avente diritto, oppure fino alla conclusione di un eventuale giudizio. Ritirare l’indennità non significa necessariamente accettarla, ma può comportare effetti giuridici: per questo è importante agire con cautela.
Per ottenere il pagamento bisogna presentare una istanza di svincolo presso l’amministrazione competente o, in caso di contenzioso, al giudice. In presenza di più soggetti aventi diritto (ad esempio comproprietari), occorre l’autorizzazione di tutti.
Se il proprietario vuole contestare l’importo, può comunque ritirare l’indennità “con riserva” e avviare la procedura per la rideterminazione giudiziale.
Sì. Il deposito dell’indennità non chiude la procedura in modo definitivo. Se l’importo è ritenuto insufficiente, si può presentare ricorso alla Commissione Espropri o al TAR entro i termini previsti. Una perizia tecnica indipendente è fondamentale per dimostrare che l’indennità deve essere aumentata.
Molti cittadini, pur di ottenere subito il denaro, accettano l’indennità senza valutarla. Questo può significare la perdita del diritto a ottenere un importo maggiore. Prima di firmare qualsiasi documento o autorizzazione al ritiro, parlane con un esperto ANPTES.