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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
RICORSO IN RIASSUNZIONE EX ART. 392 C.P.C.
(ART. 54/1 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 D.LGS. 1.9.2011 N. 150)
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
DOMANDA DI DETERMINAZIONE GIUDIZIALE
DELLA INDENNITA’ DI ESPROPRIO
OMISSIS rappresentata e difesa nel presente giudizio giusta procura in calce all’iniziale ricorso introduttivo del giudizio già iscritto con il r.g.n OMISSIS dall’Avv. OMISSIS ed elettivamente domiciliata in Napoli presso l’Avv. OMISSIS , spiega
C O N T R O
l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS, il presente ricorso proposto in riassunzione ai sensi dell’art. 392 c.p.c., a seguito della ordinanza della Corte di Cassazione del 15.6.2018 n. OMISSIS (doc. A), in materia di
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
ed in particolare formula ai sensi dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 la domanda di
DETERMINAZIONE GIUDIZIALE
della indennita’ di esproprio dei terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq. acquisiti coattivamente dall’Iacp di OMISSIS i con determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (doc. n. 1) notificato in data 24.7.2013 per la realizzazione di 29 alloggi in localita’ OMISSIS .
ISTANZA DI RIUNIONE
Si chiede che il presente giudizio sia riunito o comunque trattato congiuntamente con l’altro che sarà proposto contestualmente al presente dalla stessa ricorrente in relazione al il sopraggiunto decreto di esproprio n. 1 del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) con il quale il Comune di OMISSIS ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS (Na) in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq. già espropriati dall’Iacp di OMISSIS determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 notificato in data 24.7.2013 per la realizzazione degli stessi 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS.
F A T T O
Con l’iniziale giudizio iscritto al r.g.n. OMISSIS dinanzi a codesta corte territoriale, la ricorrente spiegava l’opposizione alla stima, proposta nella forma della determinazione giudiziale, stante la mancata determinazione della stima definitiva.
Con ordinanza n. OMISSIS del 29.10.2015, codesta corte distrettuale dichiarava inammissibile l’opposizione ritenendo a tal fine necessaria anche la previa determinazione in sede amministrativa della stima definitiva ad opera della commissione provinciale esproprio (ovvero della terna dei tecnici).
Avverso tale decisione, la ricorrente spiegava ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione la quale, con ordinanza n. OMISSIS del 15.6.2018 accoglieva il gravame affermando il principio che il giudizio di opposizione alla stima è legittimamente proposto in presenza del solo decreto di esproprio ed anche in mancanza della stima definitiva.
Con la precisazione che in tal caso l’opposizione puo’ essere proposta nel termine di prescrizione decennale dal decreto di esproprio e che il termine di decadenza di trenta giorni inizia a decorrere solo dalla notifica della stima definitiva (se questa sia successiva alla notifica del decreto di esproprio) o dalla notifica del decreto di esproprio (se questa sia successiva alla notifica della stima definitiva).
In data 31.3.2017, e pendenza del giudizio di cassazione, il Comune di OMISSIS ha notificato alla ricorrente il decreto di esproprio n. OMISSIS del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) con il quale ora il comune ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq. già espropriati dall’Iacp di OMISSIS determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (doc. n. 1) notificato in data 24.7.2013 per la realizzazione di 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS.
Va da sé che in relazione la nuovo decreto di esproprio la ricorrente proporrà, con separato giudizio, distinta opposizione che chiederà sia riunita alla presente.
M O T I V I
Con il presente atto, la ricorrente intende riassumere il giudizio per ottenere l’indennità di esproprio spettante nonche’ le spese legali per il giudizio di legittimità, la cui determinazione è stata rimessa a codesta corte distrettuale.
A tal fine, si rende necessario trascrivere di seguito il testo del ricorso inizialmente proposto già dichiarato inammissibile, il cui contenuto deve ritenersi confermato e ribadito in questa sede, fatta eccezione per la domanda di rivalutazione monetaria che deve ritenersi intesa e derubricata quale domanda di maggior danno.
“CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
R I C O R S O
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
DOMANDA DI DETERMINAZIONE GIUDIZIALE INDENNITA’ ESPRORIO
(ART. 54 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 D.LGS. N. 150/2011)
La signora OMISSIS rappresentata e difesa nel presente giudizio giusta procura in calce dall’Avv. OMISSIS ed elettivamente domiciliata in OMISSIS presso l’Avv. OMISSIS , spiega
C O N T R O
l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di OMISSIS con sede legale OMISSIS OPPOSIZIONE ALLA STIMA ed in particolare formula la
DOMANDA DETERMINAZIONE GIUDIZIALE DI INDENNITA’ ESPROPRIO
ai sensi dell’art. 54 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 ed avvalendosi della facolta’ gia’ accordata dalla sentenza n. OMISSIS della Corte Costituzionale, in relazione al decreto di esproprio di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (doc. n. 1) notificato in data 24.7.2013 dei terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq..
F A T T O
La ricorrente era proprietaria in ragione di ½ dei seguenti terreni siti in OMISSIS distinti in catasto al foglio OMISSIS:
In vista della realizzazione di 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS, l’IACP della Provincia di OMISSIS emetteva l’indicato decreto con il quale espropriava le citate particelle.
Con l’indicato decreto di esproprio, l’IACP della Provincia di OMISSIS dava altresi’ atto:
Con note prot. n. OMISSIS e prot. n. OMISSIS entrambe del 18.7.2013 (doc. n. 4), l’IACP informava la ricorrente che in data 5.9.2013 avrebbe proceduto alla esecuzione del decreto di esproprio ed alla immissione nel possessi dei terreni ablati, come da relativo successivo verbale (doc. n. 5).
Si premette infine che, alla luce dei dati informalmente raccolti, il valore di mercato dei terreni espropriati si attesta su valori di gran lunga superiori a quello finora offerto in via provvisoria, anche tenuto conto dell’elevato indice medio di edificabilita’ territoriale.
M O T I V I
Ai fini dell’ammissibilita’ del presente giudizio e con l’intento di replicare sin d’ora alle eccezioni facilmente prevedibili, si premette:
Appare immediatamente evidente che le due ipotesi previste dall’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011 richiedono espressamente la compresenza e la intervenuta notifica di entrambi gli atti indicati e cioe’ sia del decreto di esproprio sia della stima peritale. In tal caso, il giudizio di opposizione alla stima deve essere proposto entro il termine perentorio decadenziale di trenta giorni decorrenti dalla notifica del secondo dei due atti indicati.
Cio’ premesso (e posto che la fattispecie di cui trattasi non ricade nell’ambito dell’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2001), si tratta di individuare quale sia la disciplina da riservare alla diversa ipotesi (oggetto del presente giudizio) caratterizzata dalla presenza del solo decreto di esproprio gia’ notificato ma in mancanza della stima peritale. Si pone dunque la necessita’ di verificare se in tal caso il proprietario gia’ espropriato possa comunque proporre l’opposizione alla stima. A tal fine, si rende necessario prendere le mosse dall’esame dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001.
L’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 (che – si noti – non e’ stato abrogato dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2011) disciplina l’ipotesi ben circostanziata in cui, in presenza della gia’ avvenuta notifica del decreto di esproprio, l’autorita’ espropriante proceda (con semplice raccomandata) alla comunicazione all’espropriato dell’avvenuto sopraggiunto deposito della stima peritale. L’inoltro della citata comunicazione, dal momento che informa il proprietario solo dell’avvenuto deposito (non anche il contenuto della stima), impedisce semplicemente la proposizione dell’azione per trenta giorni. Il termine dunque e’ chiaramente dilatorio ed e’ previsto al fine di consentire al proprietario di valutare e ponderare la stima dopo averne preso visione (art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001).
Premessa tale prima ovvia considerazione, non puo’ sfuggire che pero’ il citato prima comma dell’art. 54 si conclude precisando che ciascuno dei soggetti indicati “…comunque puo’ chiedere la determinazione giudiziale dell’indennita’”. Tale precisazione intende tutelare in primo luogo il “proprietario espropriato” (dal momento che l’espressione “proprietario espropriato” sottende chiaramente l’intervenuta notifica del decreto di esproprio) il quale e’ certamente il soggetto che (in quanto gia’ danneggiato per via della perdita della proprieta’) e’ maggiormente interessato a chiedere “comunque” la determinazione giudiziale della indennita’ di esproprio. Si tratta dunque di attribuire il corretto significato all’avverbio “comunque” ed alla espressione “determinazione giudiziale dell’indennita’” utilizzati nella formulazione della parte finale del citato primo comma. Va da se’ che l’interpretazione delle due espressioni letterali deve essere fatta non solo congiuntamente l’una in funzione dell’altra ma anche nel quadro complessivo della norma.
Orbene, non appare dubitale che il termine “comunque” significhi anche prima ed anche a prescindere che venga ad esistenza la stima peritale redatta dalla commissione provinciale esproprio o dai tecnici. A sua volta, tale ipotesi (mancata esistenza della stima peritale) comprende necessariamente le due sottoipotesi configurabili e cioe’ sia quella della mancata comunicazione al proprietario dell’avvenuto deposito della stima (art. 54/1 prima parte) sia quella della mancata notificazione della stessa stima peritale (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011). E’ ovvio infatti che, proprio poiche’ in tal caso l’indennita’ definitiva non e’ stata ancora determinata, l’autorita’ espropriante non potrebbe ne’ comunicarne il deposito al proprietario ne’ a maggior ragione procedere alla notificazione della stessa.
Cio’ chiarito, la lettera della norma e’ chiaramente orientata a voler consentire “comunque” al proprietario la facolta’ di tutelare i suoi diritti e di chiedere la “determinazione giudiziale dell’indennita’” (espressioni alle quali pur bisogna attribuire un significato e dalle quali l’interprete non puo’ prescindere). Tanto premesso, non puo’ sfuggire all’interprete che sono troppo evidenti i riferimenti alla nota sentenza n. 67/1990 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ dell’art. 19 legge n. 865/1971 nella parte in cui, pur dopo l’avvenuta espropriazione, non consentiva al proprietario di agire in giudizio per la determinazione giudiziale dell’indennita’, pur in mancanza delle relazione di stima prevista dagli artt. 15 e 16 della legge n. 865/1971. Ecco allora che la interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 (laddove fosse necessario farne ricorso) consente di affermare che l’opposizione alla stima deve ritenersi ammissibile se proposta (entro il termine ordinario di prescrizione decennale dalla notifica del decreto di esproprio) anche in presenza del solo decreto di esproprio e pur in mancanza della stima peritale della indennita’ definitiva [ipotesi comprensiva sia della mancanza della comunicazione del deposito della stima peritale (art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001) sia a maggior ragione della ipotesi della notifica della stima peritale (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011)]. Diversamente opinando, l’esercizio della difesa dei diritti indennitari del proprietario, benche’ gia’ danneggiato per essere stata la proprieta’ gia’ trasferita per effetto della emissione del decreto di esproprio, risulterebbe “sine die” condizionato nell’”an” e nel “quando” alla discrezionale (se non arbitraria) valutazione dell’autorita’ amministrazione (dapprima) nel richiedere la determinazione della indennita’ definitiva di esproprio alla competente commissione provinciale e (successivamente) nell’invio della relativa comunicazione dell’intervenuto deposito al proprietario ed infine nella notificazione della relazione estimativa. La citata previsione normativa, contenuta nella parte finale del primo comma del citato art. 54 (“comunque puo’ chiedere la determinazione giudiziale dell’indennita’”) deve ritenersi del tutto indipendente dalla prima parte del primo comma, nel senso che il proprietario gia’ espropriato potra’ chiedere la determinazione giudiziale della indennita’ sia prima della comunicazione del deposito della stima peritale (art. 27/2) ed a maggior ragione sia anche prima della notifica della stessa (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011). Infatti, l’avverbio “comunque” indica che tale azione e’ esperibile anche prima del deposito della relazione definitiva dei tecnici o della commissione provinciale.
Del resto, la dimostrazione che tale sia la corretta interpretazione della norma e’ fornita direttamente dalla parte finale del primo comma dell’art. 54. A ben vedere, la previsione secondo cui al proprietario e’ consentito di chiedere al giudice “la determinazione giudiziale dell’indennita’” rappresenta di per se’ la prova oggettiva che la azione giudiziaria e’ comunque espressamente esperibile anche e proprio in mancanza della indennita’ definitiva per non essere stata ancora determinata in sede amministrativa. Diversamente opinando, la espressione “il proprietario espropriato…comunque puo’ chiedere la determinazione giudiziale della indennita’” non avrebbe alcun senso. In altre parole, “la determinazione giudiziale dell’indennita’” rappresenta un’azione specifica accordata dall’ordinamento al proprietario gia’ espropriato il quale puo’ chiedere al giudice di determinare direttamente esso stesso in sede giudiziaria la indennita’ di esproprio e di porre cosi’ rimedio all’inadempimento dell’autorita’ espropriante che ha omesso e/o ritardato di attivarsi per la determinazione in sede amministrativa della indennita’ definitiva ad opera della commissione provinciale. Con l’azione specifica della “determinazione giudiziale dell’indennita’”, il giudice si sostituisce all’autorita’ espropriante inadempiente e la indennita’ di esproprio determinata giudizialmente all’esito della causa si sostituisce alla indennita’ definitiva di esproprio che doveva essere determinata in sede amministrativa. Ecco allora che la previsione di cui all’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 vuole evitare che proprio la mancanza della stima peritale possa impedire al proprietario gia’ espropriato di chiedere al giudice una pronuncia sul corretto ammontare della indennita’ e di esercitare l’azione di opposizione alla stima (nella forma pero’ della “determinazione giudiziale dell’indennita’”) che, diversamente, resterebbe interdetta (ove fosse indispensabile l’esistenza della stima peritale) a causa dell’inerzia della pubblica amministrazione.
Una volta determinata in sede amministrativa la indennita’ definitiva di esproprio, l’autorita’ espropriante e’ chiamata ad approntare due diversi adempimenti dai quali scaturiscono effetti e termini diversi. In particolare, l’autorita’ espropriante:
Orbene, con riferimento al primo adempimento, l’invio della comunicazione dell’intervenuto deposito della stima peritale obbliga il proprietario a rispettare il termine dilatorio di trenta giorni prima di poter proporre l’azione di opposizione alla stima, necessariamente nella forma della domanda di “determinazione giudiziale dell’indennita’”.
Con riferimento invece al secondo adempimento, la notifica della stima peritale obbliga il proprietario a proporre il giudizio (tipico) di opposizione alla stima rispettare entro il termine perentorio di trenta giorni.
Ma va da se’ che la mancanza della comunicazione del deposito della stima peritale ed a maggior ragione la mancanza della notifica della stima peritale causate dalla perdurante mancanza della stima stessa perche’ non ancora determinata, non possono certo impedire al proprietario di chiedere “comunque” la “determinazione giudiziale della indennita’”.
Va tuttavia subito precisato che il fatto che l’opposizione alla stima (nella forma della “determinazione giudiziale della indennita’”) sia proponibile anche prima che sia determinata la stima definitiva della indennita’ esproprio (dalla commissione provinciale o dai tecnici) non significa che il proprietario possa rivolgere la sua opposizione avverso la stima provvisoria dell’indennita’ in quanto tale. In realta’, ques’ultima non e’ una vera e propria stima (non essendo il risultato di una valutazione fatta dal soggetti terzi ed indipendenti quali la commissione provinciale o i tecnici) ma assolve esclusivamente alla funzione di consentire la sua accettazione e la conseguente cessione bonaria dell’immobile espropriando. Una volta che non sia stata condivisa dal proprietario, la indennita’ provvisoria perde ogni funzione e l’opposizione alla stima proposta dal proprietario dopo la stima provvisoria ma prima di quella definitiva (ancora inesistente) non e’ in realta’ una vera a propria “opposizione alla stima”. A ben vedere, non si tratta in questo caso di un giudizio oppositorio (perche’ una stima tecnica ancora non esiste) ma bensi’ di un giudizio libero, finalizzato semplicemente a determinare giudizialmente ed a stabilire l’esatto ed il giusto ammontare della indennita’ di espropriazione. Esattamente cioe’ nei termini previsti dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001.
L’unica condizione richiesta dalla norma e’ ovviamente l’esistenza del decreto di esproprio (come emerge dalla espressione “proprietario espropriato”) poiche’ e’ con il decreto che il proprietario perde il diritto di proprieta’ che si converte nel diritto alla relativa indennita’. Sotto tale profilo, il decreto di esproprio costituisce notoriamente una condizione dell’azione di opposizione alla stima.
Ecco allora che nella fattispecie, non ostante la perdurante mancanza della atima peritale, l’intervenuta emissione in data 23.5.2013 del decreto di esproprio n. 500 ha comportato per i ricorrenti un danno oggettivo ed attuale consistente nella perdita della proprieta’ dei terreni ablati. La tutela del relativi diritti, in termini di rivendicazione della giusta indennita’ di esproprio, non puo’ essere dunque condizionata anche alla ulteriore e del tutto incerta (nell’”an” e nel “quando”) notifica della stessa.
Pertanto, con il presente giudizio, il ricorrente (in forza della facolta’ accordata dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e similmente a quanto avveniva sotto il previgente quadro normativo con riferimento al principio stabilito dalla nota sentenza n. 67/1990 della Corte Costituzionale), intende chiedere a codesta Corte di Appello di voler comunque procedere alla determinazione giudiziale della indennita’ rivendicata a titolo di esproprio.
Non e’ inutile segnalare che in tal senso si e’ pronunciata la Corte di Cassazione:
“In base al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, commi 2 e 3, solo decorso il termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, l’espropriante Comune di Rimini poteva autorizzare il pagamento dell’indennità o il deposito di essa presso la Cassa depositi e prestiti e, successivamente, emettere il decreto di esproprio, mentre, ai sensi del comma 1, dell’art. 54 dello stesso D.P.R., solo superato il medesimo termine dilatorio decorrente dalla comunicazione del deposito della stima, l’espropriato o il promotore dell’espropriazione, cioè nel caso il Comune stesso, possono impugnare la stima dei tecnici e chiedere la liquidazione giudiziale della indennità di espropriazione entro il termine perentorio di cui al secondo comma, decorrente dalla notificazione degli atti in tale norma espressamente indicati” (ora art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011).
“Il ricorso esattamente afferma la negazione del carattere perentorio del termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2, essendo chiaro dalla lettera della legge che tale termine e’ solo dilatorio, imponendo a tutti di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno un mese dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino al termine perentorio di cui all’art. 54, comma 2, che decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima se successiva all’atto ablatorio, termine che non corrisponde in alcun modo a quello dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2 e art. 54, comma 1, ed è comunque diverso da quello che la legge stessa pone, a pena di decadenza, nel secondo comma di tale norma, a decorrere dalla notificazione degli atti previsti nella norma e che rientra quindi tra quelli perentori di cui all’art. 152 c.p.c..
Erroneamente si e’ qualificato quindi a pena di decadenza, dalla Corte di merito, un termine dilatorio, solo decorso il quale il diritto di opporsi alla stima era esercitatile fino al termine di trenta giorni dopo la notificazione del decreto di esproprio o della stima successiva a tale atto, come non e’ dedotto da nessuna delle parti in causa” (Cass. 28.2.2011 n. 4880).
Appare addirittura superfluo precisare che le aree di cui trattasi sono dotate della edificabilità legale, posto infatti che le stesse sono state espropriate per la realizzazione del piano di edilizia residenziale pubblica.
E’ nota sul punto la giurisprudenza assolutamente pacifica della Corte di Cassazione la quale ha stabilito che la sola circostanza di essere incluse nel piano di zona, e’ di per se’ sufficiente a rendere legalmente edificabili le aree oggetto di esproprio. Il principio ovviamente deve ritenersi valido a prescindere se le aree stesse siano destinate ad ospitare (i costruendi) fabbricati ovvero a viabilità (strade, piazze, parcheggio) piuttosto che a zone verde e/o servizi.
A titolo meramente esemplificativo, e’ sufficiente fari riferimento alla giurisprudenza di legittimità che in merito ha stabilito:
Del resto, i principi da ultimo citati appartengono ormai alla giurisprudenza del tutto pacifico della Corte di Cassazione che ha ulteriormente chiarito:
La configurazione nei termini prospettati della edificabilità legale comporta, quale diretta conseguenza, che tutte le aree comprese nel piano di zona (in quanto tutte concorrono alla realizzazione dell’unico comparto) sono tutte considerate edificabili nella stessa misura, individuata appunto nell’indice medio di edificabilità del piano di zona. Anche in questo caso ovviamente la tesi della opponente gode del conforto dei principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha stabilito:
Si rende ora necessario affrontare la questione in ordine alla applicabilità o meno nella fattispecie del criterio indennitario previsto dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244 introdotta a seguito delle note sentenze della Corte Costituzionale n. 348/2007 e n. 349/2007. Precisamente, i commi citati prevedono:
Cio’ premesso, ritiene questa difesa che la fattispecie oggetto del presente giudizio sfugga all’applicazione della riduzione del 25 % prevista dalla normativa citata, in conformita’ ai principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimita’. In particolare, la Corte di Cassazione ha ormai da tempo stabilito che gli estremi che integrano e caratterizzano gli interventi di riforma economico – sociale:
“Peraltro ogni dibattito sul punto è superato dall’insegnamento di questa corte (Cass. 16 marzo 2012 n. 4210), per il quale il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente – non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma – al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dalla norma” (Corte di Cassazione 28.5.2012 n. 8445) (conformi Cass. 16.3.2012 n. 4210 e Cass. 28.1.2011 n. 2100).
“Devesi osservare che,…, resta l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionaiità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130 del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP. Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25 %” (Cass. 3.5.2013 n. 10384).
“Ritiene il relatore che, a parte la inapplicabilità alla vicenda in disamina della novella del 2007 (Cass. 14939 del 2010 e 2774 del 2012), resta l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionalità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130 del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP. Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25%.” (Cass. 28.5.2013 n. 13258).
“Non senza notare che la predetta detrazione non trova comunque applicazione nel caso in cui il procedimento sia adottato per realizzare un semplice programma di edilizia convenzionata o di P.I.P. inidonei ad integrare il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale cui la norma riconduce la riduzione del 25% del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità: intervento, che deve invece riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate, in attuazione di una previsione normativa che in tal senso lo definisca (Cass. sez. 1 23 febbraio 2012, n. 2774)” (Cass. 23.5.2013 n. 12757).
“L’espropriazione in questione è destinata alla realizzazione di un piano di insediamenti produttivi. Tali piani, a norma della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, hanno valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e le aree comprese nel piano sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto, in origine, dalla medesima legge in materia di espropriazione per pubblica utilità, e dalla successiva normativa ordinaria. In altre parole, i piani d’insediamenti produttivi sono degli ordinari strumenti di pianificazione del territorio, dai quali esula ogni connotazione di riforma, economico sociale o di altro genere, tale da giustificare la pretesa che possa trovare applicazione la previsione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1, seconda parte, nel testo di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89”.
Fin dalle primissime pronunce, la Corte di Cassazione (peraltro aderendo alla interpretazione formulata dalla stessa CEDU) ha da sempre e costantemente affermato che la espropriazione effettuata in vista della realizzazione di edilizia economica e popolare compresa in piani di zona non e’ idonea ad integrare gli estremi della riforma “economico – sociale” prevista dall’art. della citata legge n. 244/2007, con conseguente ed ovvia esclusione della riduzione del 25 % della indennità di esproprio. In particolare, la Corte di Cassazione ha testualmente chiarito:
Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.
Ne’ può sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale economica e popolare, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennità di esproprio, atteso che la realizzazione del piano p.e.e.p. non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.
Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali.
La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha già chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali, allora per la stessa ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio di cui trattasi per la realizzazione del piano di zona in un quartiere di OMISSIS (trattandosi manifestamente di esproprio isolato).
L’art. 2 comma 89 della legge n. 244/2007 prevede che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.
Si premette che questa difesa conosce l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’incremento del 10 % della indennita’ di esproprio puo’ essere accordato solo nell’ambito del procedimento amministrativo di esproprio.
Tuttavia, si ritiene che una diversa interpretazione dell’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007 possa indurre la corte territoriale a riconoscere ed accordare anche in sede giurisdizionale il beneficio dell’aumento del 10 % della indennita’ definitiva determinata dalla stessa corte territoriale:
E’ ovviamente superfluo premettere che, ai fini della valutazione delle aree, deve tenersi conto sia della CEDU sia degli effetti prodotti nell’ordinamento dalla nota sentenza della Corte Costituzionale sentenza del 24.10.2007 n. 348 che, avendo abrogato l’art. 5 bis commi 1 e 2 del decreto legge 11.7.1992 n. 333 nonche’, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, in via consequenziale, l’art. 37 commi 1 e 2 del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’), ha comportato la reviviscenza del principio generale che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nel valore di mercato delle aree espropriate (art. 39 della legge fondamentale n. 2359/1865 ed ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 come modificato ed integrato dall’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007).
Il principio del valore venale era del resto gia’ previsto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo e sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte Europea.
L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. cosi’ testualmente recita:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.
Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.
E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:
Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).
E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.
L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:
“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.
Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.
I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.
Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.
E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.
“Ne’ va sottaciuto che la particolare autorevolezza della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta ad oggi ulteriormente avvalorata dalla rinnovata e diretta incidenza sul piano interno delle disposizioni della relativa Convenzione, e cio’ in forza del combinato disposto della nuova formulazione dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea conseguente dalle modifiche apportate con il Trattato di Lisbona (cfr. ivi, commi 2 e 3: <L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali. …>; <I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali>) e dell’art. 117 primo comma costituzione come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 (<La potesta’ legislativa e’ esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche’ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali>)” (C.d.S. sezione IV 11.9.2012 n. 4808).
E’ ben l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennità di esproprio) spetta, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass. Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass. Sez. III 27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass. Sez. I 22.2.2000 n. 1997). In conformità all’invocato indirizzo, il maggior danno può essere liquidato anche in via presuntiva, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del creditore (privato risparmiatore)
Del resto, si ritiene che – in conformità alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiché essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da sé che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennità di esproprio così rivalutata vanno poi calcolati altresì gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalità diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.
Tanto premesso, la signora OMISSIS in ragione e nella misura dei propri diritti
R I C O R R E
a codesta Corte di Appello affinche’, con riferimento ai terreni siti in OMISSIS (Na) in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.. espropriati dall’IACP per la Provincia di OMISSIS con il decreto di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (s.e.o.):
anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.
A V V E R T E
l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.
Ai fini istruttori:
Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della presente controversia e’ indeterminabile e che il relativo contributo ammonta ad euro 225,00.
OMISSIS
Con ordinanza n. 15790/2018, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui il giudizio di opposizione alla stima è legittimamente proposto in presenza del solo decreto di esproprio ed anche in mancanza della stima definitiva.
Si riporta di seguito testualmente il passaggio significativo della relativa motivazione:
“La tesi sostenuta dalla corte territoriale contrasta nettamente con l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di espropriazione per pubblica utilità, il termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’opposizione alla stima – nel sistema introdotto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nonchè in quello attuale, regolato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, – opera solo in relazione al caso di stima definitiva dell’indennità, sicchè, ove tanto non sia non sia avvenuto, l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità resta proponibile finchè non decorra il termine di prescrizione decennale, a far tempo dall’emanazione del provvedimento (Cass., 6 marzo 2017, n. 5517; Cass., 27 aprile 2017, n. 10446; Cass., 19 luglio 2017, n. 17863).
Tale orientamento, al quale il Collegio intende dare continuità, si fonda soprattutto sul rilievo che all’espropriato è attribuita una duplice azione per chiedere la determinazione della giusta indennità di espropriazione: l’opposizione alla stima, nel caso in cui l’indennità definitiva sia stata calcolata dalla Commissione provinciale; l’azione per la determinazione giudiziale del giusto indennizzo, nel caso in cui sia stata soltanto offerta dall’espropriante l’indennità provvisoria, come si è verificato nella fattispecie, nel qual caso non è possibile ritenere che l’azione possa esser proposta dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione della stima, dal momento che la stima non è avvenuta e, in conseguenza, non possono venire in rilievo termini e comunicazioni che ne presuppongono l’esistenza.
Mette altresì conto di ribadire che l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è espressamente prevista dalla norma contenuta nel citato D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dalle parole “e comunque”: tale previsione, come già rilevato (cfr. la citata Cass. n. 10446 del 2017), costituisce la codificazione del principio secondo cui, una volta emanato il provvedimento ablativo, sorge contestualmente, ed è per ciò stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a percepire il giusto indennizzo previsto dall’art. 42 Cost., che va determinato con riferimento alle caratteristiche del bene alla data del provvedimento, senza essere subordinato alla liquidazione in sede amministrativa.
Deve infine aggiungersi che la tesi fondata sull’esperibilità dei rimedi avverso il silenzio o l’inerzia della pubblica amministrazione confligge con il costante e condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, 29 febbraio 2016, n. 857; id., 20 settembre 2006, n. 5500; TAR Campania, 27 maggio 2009, n. 2971; TAR Campobasso, 2 luglio 2008, n. 655; TAR Puglia, Lecce, 24 marzo 2006, n. 1727), secondo cui il ricorso avverso il silenzio della pubblica amministrazione, ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., può essere esperito soltanto per posizioni di interesse legittimo conoscibili dal giudice amministrativo, e non già quando vengano fatte valere posizioni di diritto soggettivo. In proposito deve evidenziarsi come il Consiglio di Stato abbia perspicuamente posto in evidenza le paradossali conseguenze della tesi sostenuta dalla corte partenopea, nel senso che, in caso di accoglimento della domanda circoscritta all’inerzia della pubblica amministrazione, la conseguenziale nomina di un commissario “ad acta” per la determinazione della stima comporterebbe una sorta di corto circuito, essendo gli atti del commissario impugnabili davanti al giudice amministrativo, in netto contrasto con la giurisdizione attribuita, in materia di indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, al giudice ordinario (Cons. Stato, 14 marzo 2016, n. 987)”
Come già rappresentato in premessa, con il sopraggiunto decreto di esproprio n. OMISSIS del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) il Comune di OMISSIS ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq. già espropriati dall’Iacp di OMISSIS con determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 per la realizzazione degli stessi 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS.
Va da sé che in relazione la nuovo decreto di esproprio la ricorrente proporrà, con separato giudizio, distinta opposizione alla stima.
Poiché si tratta della stessa proprietaria, degli stessi identici terreni espropriati e della stessa opera pubblica (edilizia residenziale pubblica), sussistono sufficienti elementi ai fini della connessione oggettiva e soggettiva perche’ sia disposta la riunione dei due giudizi.
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Tanto premesso, la signora OMISSIS
R I C O R R E
a codesta Corte di Appello affinche’, con riferimento ai terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.. espropriati dall’IACP per la Provincia di OMISSIS con il decreto di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (s.e.o.):
anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.
A V V E R T E
l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.
Ai fini istruttori:
Si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile e che il relativo c.u. ammonta ad euro 259,00 ridotto alla metà ai sensi dell’art. 13/3 d.p.r. n. 115/2002, trattandosi di rito sommario compreso tra quelli disciplinati dal libro IV titolo I c.p.c..
OMISSIS