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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS

 

RICORSO  IN RIASSUNZIONE EX ART. 392 C.P.C.

(ART. 54/1 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 D.LGS. 1.9.2011 N. 150)

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

DOMANDA DI DETERMINAZIONE GIUDIZIALE

DELLA INDENNITA’ DI ESPROPRIO

 

OMISSIS  rappresentata e difesa nel presente giudizio  giusta procura in calce all’iniziale ricorso introduttivo del giudizio già iscritto con il r.g.n OMISSIS  dall’Avv. OMISSIS  ed elettivamente domiciliata in Napoli  presso l’Avv. OMISSIS ,  spiega

 

C O N T R O

 

l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di OMISSIS   con sede legale in OMISSIS, il presente ricorso proposto in riassunzione ai  sensi dell’art. 392 c.p.c., a seguito della ordinanza della Corte di Cassazione del 15.6.2018 n. OMISSIS  (doc. A), in materia di

 

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

ed in particolare formula ai sensi dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 la domanda di

 

DETERMINAZIONE GIUDIZIALE

 

della indennita’ di esproprio dei terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS  particella OMISSIS  della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS  della superficie di 1.455 mq.  acquisiti coattivamente dall’Iacp di OMISSIS  i  con determinazione dirigenziale n. OMISSIS  del 29.5.2013 (doc. n. 1)  notificato in data 24.7.2013   per la realizzazione   di 29 alloggi in localita’ OMISSIS .

 

ISTANZA DI RIUNIONE

 

Si chiede che il presente giudizio sia riunito o comunque trattato congiuntamente con l’altro che sarà proposto contestualmente  al presente dalla stessa ricorrente in relazione al il sopraggiunto decreto di esproprio n. 1 del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) con il quale  il Comune di OMISSIS ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS (Na) in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.  già espropriati  dall’Iacp di OMISSIS  determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 notificato in data 24.7.2013   per la realizzazione  degli stessi  29 alloggi in localita’ OMISSIS  in OMISSIS.

 

F A T T O

 

  • quanto all’iniziale giudizio di opposizione alla stima

 

Con l’iniziale giudizio iscritto al r.g.n. OMISSIS dinanzi a codesta corte territoriale, la ricorrente spiegava l’opposizione alla stima, proposta nella forma della determinazione giudiziale, stante la mancata determinazione della stima definitiva.

 

Con ordinanza n. OMISSIS  del 29.10.2015, codesta corte distrettuale dichiarava inammissibile l’opposizione ritenendo a tal fine necessaria anche la previa determinazione in sede amministrativa della stima definitiva ad opera della commissione provinciale esproprio (ovvero della terna dei tecnici).

 

  • quanto al giudizio di cassazione

 

Avverso tale decisione, la ricorrente spiegava ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione la quale, con ordinanza n. OMISSIS del 15.6.2018 accoglieva il gravame affermando il principio che  il giudizio di opposizione alla stima è legittimamente proposto in presenza del solo decreto di esproprio ed anche in mancanza della stima definitiva.

Con la precisazione che in tal caso l’opposizione puo’ essere proposta nel termine di prescrizione decennale dal decreto di esproprio e che  il termine di decadenza di trenta giorni inizia a  decorrere  solo dalla notifica della stima definitiva (se questa sia successiva alla notifica del decreto di esproprio) o dalla notifica del decreto di esproprio (se questa sia successiva alla notifica della stima definitiva).

 

  • quanto al nuovo sopraggiunto decreto di esproprio

 

In data 31.3.2017, e pendenza del giudizio di cassazione, il Comune di OMISSIS  ha notificato alla ricorrente il decreto di esproprio n. OMISSIS del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) con il quale ora il comune ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.  già espropriati  dall’Iacp di OMISSIS  determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (doc. n. 1)  notificato in data 24.7.2013   per la realizzazione   di 29 alloggi in localita’ OMISSIS  in OMISSIS.

Va da sé che in relazione la nuovo decreto di esproprio la ricorrente proporrà, con separato giudizio, distinta opposizione che chiederà sia riunita alla presente.

 

 

 

 

M O T I V I

 

Con il presente atto, la ricorrente  intende riassumere il giudizio per ottenere l’indennità di esproprio spettante nonche’ le spese legali per il giudizio di legittimità, la cui determinazione è stata rimessa a codesta corte distrettuale.

 

  1. QUANTO AL CONTENUTO DEL RICORSO INIZIALE

 

A tal fine, si rende necessario trascrivere di seguito il testo del  ricorso inizialmente proposto già dichiarato inammissibile, il cui contenuto deve ritenersi confermato e ribadito in questa sede, fatta eccezione per la domanda di rivalutazione monetaria che deve ritenersi intesa e derubricata  quale  domanda di maggior danno.

 

“CORTE DI APPELLO DI  OMISSIS

R I C O R S O

OPPOSIZIONE ALLA STIMA

DOMANDA DI DETERMINAZIONE GIUDIZIALE INDENNITA’ ESPRORIO

(ART. 54 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 D.LGS. N. 150/2011)

 

La signora OMISSIS rappresentata e difesa nel presente giudizio  giusta procura in calce dall’Avv. OMISSIS  ed elettivamente domiciliata in OMISSIS  presso l’Avv. OMISSIS ,  spiega

 

C O N T R O

 

l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di OMISSIS con sede legale OMISSIS OPPOSIZIONE ALLA STIMA ed in particolare formula la

 

DOMANDA DETERMINAZIONE GIUDIZIALE DI INDENNITA’ ESPROPRIO

 

ai sensi dell’art. 54 d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 29 d.lgs. n. 150/2011 ed avvalendosi della facolta’ gia’ accordata dalla  sentenza n. OMISSIS della Corte Costituzionale, in relazione al decreto di esproprio di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013 (doc. n. 1)  notificato in data 24.7.2013 dei terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq..

 

F A T T O

 

La ricorrente era proprietaria in ragione di ½ dei seguenti terreni siti in OMISSIS distinti in catasto al foglio OMISSIS:

  • particella OMISSIS della superficie di 427 mq. (per averne acquisito il relativo diritto a seguito di atto di donazione del 20.7.1999) (doc. n. 2);
  • della particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq. (per averne acquisito il relativo diritto a seguito di atto di donazione del 22.7.2002) (doc. n. 3).

 

In vista della realizzazione di 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS, l’IACP della Provincia di OMISSIS emetteva l’indicato decreto con il quale espropriava le citate particelle.

Con l’indicato decreto di esproprio, l’IACP della Provincia di OMISSIS dava altresi’ atto:

  • che con la delibera n. OMISSIS del 16.4.2008 il consiglio di amministrazione dell’IACP ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione di 29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS;
  • che con la delibera consiliare n. OMISSIS del 21.10.2009, il Comune di OMISSIS ha adottato la variante urbanistica necessaria ai sensi dell’art. 19 d.p.r. n. 327/2001;
  • che con delibera consiliare n. OMISSIS del 30.11.2010, il Comune di OMISSIS dichiarava la p.u. delle opere da realizzare;
  • che infine era stata rifiutata, e successivamente depositata al MEF, la indennita’ provvisoria di esproprio determinata nelle somme di euro 44.408,00 e di euro 151.320,00.

 

Con note prot. n. OMISSIS e prot. n. OMISSIS entrambe del 18.7.2013 (doc. n. 4), l’IACP informava la ricorrente che in data 5.9.2013 avrebbe proceduto alla esecuzione del decreto di esproprio ed alla immissione nel possessi  dei terreni ablati, come da relativo successivo verbale (doc. n. 5).

Si premette infine che, alla luce dei dati informalmente raccolti,  il valore di mercato dei terreni espropriati si attesta su valori di gran lunga superiori a quello finora offerto in via provvisoria, anche tenuto conto  dell’elevato indice medio di edificabilita’ territoriale.

 

M O T I V I

 

  • quanto alla modalita’ della opposizione (nella forma della domanda di determinazione giudiziale dellA indennita’)

Ai fini dell’ammissibilita’ del presente giudizio e con l’intento di replicare  sin d’ora alle eccezioni facilmente prevedibili, si premette:

 

  • che l’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 prevede che “Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’articolo 27 comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall’articolo 29 d.lgs. 1.9.2011 n. 150”;

 

  • che l’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011 prevede che “L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio…”.

 

Appare immediatamente evidente  che le due ipotesi previste dall’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011  richiedono espressamente la compresenza e la intervenuta notifica di entrambi gli atti indicati e cioe’ sia del decreto di esproprio sia della stima peritale. In tal caso, il giudizio di opposizione alla stima deve essere proposto entro il  termine perentorio decadenziale di trenta giorni decorrenti dalla notifica del secondo dei due atti indicati.

Cio’ premesso (e posto che la fattispecie di cui trattasi non ricade nell’ambito dell’art. 29/3 d.lgs. n. 150/2001), si  tratta di individuare quale sia la disciplina da riservare  alla diversa ipotesi (oggetto del presente giudizio) caratterizzata dalla presenza del  solo decreto di esproprio gia’ notificato ma  in mancanza  della stima peritale. Si pone dunque la necessita’ di verificare se in tal caso il proprietario gia’ espropriato possa comunque proporre l’opposizione alla stima. A tal fine, si rende necessario prendere le mosse dall’esame dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001.

 

  • quanto alla previsione dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001

L’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 (che – si noti – non e’ stato abrogato dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2011) disciplina  l’ipotesi ben circostanziata in cui, in presenza della  gia’ avvenuta notifica del decreto di esproprio, l’autorita’ espropriante proceda (con semplice raccomandata) alla comunicazione all’espropriato dell’avvenuto sopraggiunto deposito della stima peritale. L’inoltro della citata comunicazione, dal momento che informa  il proprietario solo dell’avvenuto deposito (non anche il contenuto della stima), impedisce semplicemente la proposizione dell’azione per trenta giorni. Il termine dunque e’ chiaramente dilatorio ed e’ previsto al fine di consentire al proprietario di valutare e ponderare la stima dopo averne preso visione (art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001).

 

Premessa tale prima ovvia considerazione, non puo’ sfuggire che pero’ il citato prima comma dell’art. 54 si conclude precisando che ciascuno dei soggetti indicati “…comunque puo’ chiedere la determinazione giudiziale dell’indennita’”. Tale precisazione intende tutelare in primo luogo il “proprietario  espropriato” (dal momento che l’espressione “proprietario espropriato” sottende chiaramente l’intervenuta notifica del decreto di esproprio) il quale e’ certamente il soggetto che (in quanto gia’ danneggiato per via della perdita della proprieta’) e’ maggiormente interessato a chiedere “comunque” la determinazione giudiziale della indennita’  di esproprio. Si tratta dunque di attribuire il corretto significato all’avverbio “comunque” ed alla espressione “determinazione giudiziale dell’indennita’” utilizzati nella formulazione della parte finale del citato primo comma. Va da se’ che l’interpretazione delle due espressioni letterali deve  essere fatta non solo congiuntamente  l’una in funzione dell’altra ma anche nel quadro complessivo della norma.

Orbene, non appare dubitale che il termine “comunque” significhi  anche prima ed anche a prescindere che venga ad esistenza la stima peritale redatta dalla commissione provinciale esproprio o dai tecnici. A sua volta, tale ipotesi (mancata esistenza della stima peritale) comprende necessariamente le due sottoipotesi configurabili e cioe’ sia quella della  mancata comunicazione al proprietario dell’avvenuto deposito della stima (art. 54/1 prima parte) sia quella della mancata notificazione della stessa stima peritale (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011). E’ ovvio infatti che, proprio poiche’ in tal caso l’indennita’ definitiva non e’ stata ancora determinata,  l’autorita’ espropriante non potrebbe ne’ comunicarne il deposito al proprietario ne’ a maggior ragione procedere alla notificazione della stessa.

Cio’ chiarito, la lettera della norma e’ chiaramente orientata a  voler consentire “comunque” al proprietario la facolta’ di tutelare i suoi diritti e di chiedere la “determinazione giudiziale dell’indennita’” (espressioni alle quali pur bisogna attribuire un significato e dalle quali l’interprete non puo’ prescindere). Tanto premesso, non puo’ sfuggire all’interprete che sono troppo  evidenti  i riferimenti alla nota sentenza n. 67/1990 con  cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ dell’art. 19 legge n. 865/1971 nella parte in cui, pur dopo l’avvenuta espropriazione, non consentiva al proprietario di agire in giudizio per la determinazione giudiziale dell’indennita’, pur in mancanza delle relazione di stima prevista dagli artt. 15 e 16 della legge n. 865/1971. Ecco allora che  la interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 (laddove fosse necessario farne ricorso)  consente di affermare che l’opposizione alla stima deve ritenersi ammissibile se proposta (entro il termine ordinario di prescrizione decennale dalla notifica del decreto di esproprio) anche in presenza del solo decreto di esproprio e pur in mancanza  della stima peritale della indennita’ definitiva [ipotesi comprensiva sia della mancanza della comunicazione del deposito della stima peritale (art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001) sia a maggior ragione della ipotesi della notifica della stima peritale (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011)]. Diversamente opinando, l’esercizio  della difesa dei diritti indennitari  del proprietario, benche’ gia’ danneggiato per essere stata la proprieta’ gia’ trasferita per effetto   della emissione del decreto di esproprio, risulterebbe “sine die” condizionato nell’”an” e nel “quando” alla discrezionale (se non arbitraria) valutazione dell’autorita’ amministrazione (dapprima) nel richiedere la determinazione della indennita’ definitiva di esproprio alla competente commissione provinciale e (successivamente) nell’invio della relativa comunicazione dell’intervenuto deposito  al proprietario ed infine  nella notificazione   della relazione estimativa.  La citata previsione normativa, contenuta nella parte finale del primo comma del citato art. 54 (“comunque puo’ chiedere  la determinazione giudiziale dell’indennita’”) deve ritenersi del tutto indipendente dalla prima parte del primo comma, nel senso che il proprietario gia’ espropriato potra’ chiedere la determinazione giudiziale della indennita’  sia prima della comunicazione del deposito della stima peritale (art. 27/2) ed a maggior ragione sia anche prima della notifica della stessa (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011). Infatti,  l’avverbio “comunque” indica che tale azione e’ esperibile anche prima del deposito della relazione definitiva dei tecnici o della commissione provinciale.

 

Del resto, la dimostrazione che tale sia la corretta interpretazione della norma e’ fornita direttamente dalla parte finale del primo comma dell’art. 54. A ben vedere,  la previsione secondo cui  al proprietario e’ consentito di chiedere al giudice “la determinazione giudiziale dell’indennita’” rappresenta di per se’ la prova oggettiva che la azione giudiziaria e’ comunque espressamente esperibile anche e proprio in mancanza della indennita’ definitiva per non essere stata  ancora determinata in sede amministrativa. Diversamente opinando, la espressione “il proprietario espropriato…comunque puo’ chiedere la determinazione giudiziale della indennita’”  non avrebbe alcun senso.  In altre parole, “la determinazione giudiziale dell’indennita’” rappresenta un’azione specifica accordata dall’ordinamento al proprietario gia’ espropriato il quale puo’ chiedere al giudice di determinare direttamente esso stesso in sede giudiziaria la indennita’ di esproprio e di porre  cosi’  rimedio all’inadempimento dell’autorita’ espropriante che ha  omesso e/o  ritardato di   attivarsi  per la determinazione in sede amministrativa della indennita’ definitiva ad opera della commissione provinciale. Con l’azione specifica della “determinazione giudiziale dell’indennita’”, il giudice si sostituisce all’autorita’ espropriante inadempiente e la indennita’ di esproprio determinata giudizialmente all’esito della causa si sostituisce alla indennita’ definitiva di esproprio  che doveva  essere determinata in sede amministrativa. Ecco allora che  la previsione di cui all’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 vuole evitare che proprio la mancanza della stima peritale possa impedire al proprietario gia’ espropriato di chiedere al giudice  una pronuncia sul corretto ammontare della indennita’ e di  esercitare l’azione di opposizione alla stima (nella forma pero’ della “determinazione giudiziale dell’indennita’”) che, diversamente, resterebbe interdetta (ove fosse indispensabile l’esistenza della stima peritale) a causa dell’inerzia della pubblica amministrazione.

 

Una volta determinata in sede amministrativa la indennita’ definitiva di esproprio, l’autorita’ espropriante e’ chiamata ad approntare due diversi adempimenti dai quali scaturiscono effetti e termini diversi. In particolare, l’autorita’ espropriante:

  • procedera’ ad inviare, con semplice raccomandata, al proprietario la relativa comunicazione dell’intervenuto deposito della stima peritale (art. 54/1 prima parte ed art. 27/2);
  • procedera’ alla notifica della stima peritale al proprietario nelle forme degli atti previste dal codice di rito (art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011).

Orbene, con riferimento al primo adempimento, l’invio della comunicazione dell’intervenuto deposito della stima peritale obbliga  il proprietario a  rispettare il termine dilatorio di trenta giorni prima di poter  proporre  l’azione di opposizione alla stima, necessariamente nella forma della domanda di “determinazione giudiziale dell’indennita’”.

Con riferimento invece al secondo adempimento, la notifica della stima peritale obbliga il proprietario a proporre il giudizio (tipico) di opposizione alla stima rispettare entro il termine perentorio di trenta giorni.

Ma va da se’ che  la mancanza  della comunicazione del deposito della stima peritale ed a maggior ragione la mancanza della notifica della stima peritale  causate  dalla perdurante mancanza della stima stessa perche’ non ancora determinata, non possono certo impedire al proprietario di chiedere “comunque” la “determinazione giudiziale della indennita’”.

 

Va tuttavia subito precisato che il fatto che l’opposizione alla stima (nella forma della “determinazione giudiziale della indennita’”) sia proponibile anche prima che sia determinata la stima  definitiva  della indennita’ esproprio  (dalla commissione provinciale o dai tecnici) non significa che il proprietario possa rivolgere la sua opposizione avverso la stima provvisoria dell’indennita’ in quanto tale. In realta’, ques’ultima non e’ una vera e propria stima (non essendo il risultato di una valutazione fatta dal soggetti terzi ed indipendenti quali la commissione provinciale o i tecnici) ma assolve esclusivamente alla funzione di consentire la sua accettazione e la conseguente cessione bonaria dell’immobile espropriando. Una volta che non sia stata condivisa dal proprietario, la indennita’ provvisoria perde ogni funzione e l’opposizione alla stima proposta dal proprietario dopo la stima provvisoria ma prima di quella definitiva (ancora inesistente) non e’ in realta’ una vera a propria “opposizione alla stima”. A ben vedere, non si tratta in questo caso di un giudizio oppositorio (perche’ una stima tecnica ancora non esiste) ma bensi’ di un giudizio libero, finalizzato semplicemente a determinare giudizialmente ed a stabilire l’esatto ed il giusto ammontare della indennita’ di espropriazione.  Esattamente cioe’ nei termini  previsti  dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001.

 

L’unica condizione richiesta dalla norma e’ ovviamente l’esistenza del decreto di esproprio (come emerge dalla espressione “proprietario espropriato”) poiche’ e’ con il decreto che il proprietario perde il diritto di proprieta’ che si converte nel diritto alla relativa indennita’. Sotto tale profilo, il decreto di esproprio costituisce notoriamente una condizione dell’azione di opposizione alla stima.

 

Ecco allora che nella fattispecie, non ostante la perdurante mancanza della atima peritale, l’intervenuta emissione in data 23.5.2013 del decreto di esproprio n. 500  ha comportato per i  ricorrenti un danno oggettivo ed attuale consistente nella perdita della proprieta’ dei terreni ablati.  La tutela del relativi diritti, in termini di rivendicazione della giusta indennita’ di esproprio, non puo’ essere dunque condizionata anche alla ulteriore e del tutto incerta (nell’”an” e nel “quando”) notifica della  stessa.

Pertanto, con il presente giudizio, il  ricorrente (in forza della facolta’ accordata dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e similmente a quanto avveniva  sotto il previgente quadro normativo con riferimento al principio stabilito dalla nota sentenza n. 67/1990  della Corte Costituzionale), intende chiedere a codesta Corte di Appello di voler comunque procedere alla determinazione giudiziale della indennita’ rivendicata a titolo di esproprio.

 

Non e’ inutile segnalare che in tal senso si e’ pronunciata la Corte di Cassazione:

“In base al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, commi 2 e 3, solo decorso il termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, l’espropriante Comune di Rimini poteva autorizzare il pagamento dell’indennità o il deposito di essa presso la Cassa depositi e prestiti e, successivamente, emettere il decreto di esproprio, mentre, ai sensi del comma 1, dell’art. 54 dello stesso D.P.R., solo superato il medesimo termine dilatorio decorrente dalla comunicazione del deposito della stima, l’espropriato o il promotore dell’espropriazione, cioè nel caso il Comune stesso, possono impugnare la stima dei tecnici e chiedere la liquidazione giudiziale della indennità di espropriazione entro il termine perentorio di cui al secondo comma, decorrente dalla notificazione degli atti in tale norma espressamente indicati” (ora art. 29/3 d.lgs. n. 150/2011).

“Il ricorso esattamente afferma la negazione del carattere perentorio del termine di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima, di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2, essendo chiaro dalla lettera della legge che tale termine e’ solo dilatorio, imponendo a tutti di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno un mese dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino al termine perentorio di cui all’art. 54, comma 2, che decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima se successiva all’atto ablatorio, termine che non corrisponde in alcun modo a quello dilatorio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 2 e art. 54, comma 1, ed è comunque diverso da quello che la legge stessa pone, a pena di decadenza, nel secondo comma di tale norma, a decorrere dalla notificazione degli atti previsti nella norma e che rientra quindi tra quelli perentori di cui all’art. 152 c.p.c..

Erroneamente si e’ qualificato quindi a pena di decadenza, dalla Corte di merito, un termine dilatorio, solo decorso il quale il diritto di opporsi alla stima era esercitatile fino al termine di trenta giorni dopo la notificazione del decreto di esproprio o della stima successiva a tale atto, come non e’ dedotto da nessuna delle parti in causa” (Cass. 28.2.2011 n. 4880).

 

  • QUANTO ALLA EDIFICABILITA’ LEGALE DELLE AREE ESPROPRIATE PER LA EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

Appare addirittura superfluo precisare che le aree di cui trattasi sono dotate della edificabilità legale, posto infatti che le stesse sono state espropriate per la realizzazione del piano di edilizia residenziale pubblica.

E’ nota sul punto la giurisprudenza assolutamente pacifica della Corte di Cassazione la quale ha stabilito che la sola circostanza di essere incluse nel piano di zona, e’ di per se’ sufficiente a rendere legalmente edificabili le aree oggetto di esproprio. Il principio ovviamente deve ritenersi valido  a prescindere se le aree stesse siano destinate ad ospitare (i costruendi) fabbricati  ovvero a viabilità (strade, piazze, parcheggio) piuttosto che a zone verde e/o servizi.

A titolo meramente esemplificativo, e’ sufficiente fari riferimento alla giurisprudenza di legittimità che in merito ha stabilito:

  • che “La sentenza impugnata ha accertato che gli immobili T., al momento della occupazione temporanea ricadevano in un piano di zona; e tanto bastava per affermarne la destinazione edificatoria essendo del tutto irrilevante accertare quale fosse stata quella pregressa attribuita dal P.R.G.: se a centro direzionale e fieristico con prospettive edificatorie, come ritenuto dalla sentenza, ovvero a verde pubblico, perciò inedificabile, come prospettato dall’amministrazione comunale. Ciò in quanto questa Corte fin dalla note sentenze 11433/1997 e 125/2001, rese a sezioni unite, ha enunciato il principio ormai del tutto consolidato, che il P.E.E.P. rientra in un disegno normativo volto a consentire che l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare sia inquadrato in uno strumento urbanistico più ampio, sicchè esso non può essere in contrasto con un precedente piano urbanistico generale, di cui costituisce pur sempre l’attuazione nella versione originaria o in quella modificata dal P.E.E.P., che del P.R.G. ha effetto di variante. Pertanto, il fatto stesso che un terreno sia compreso nel P.E.E.P. ed in esso abbia destinazione all’edilizia economica e popolare, che del P.R.G. costituisce attuazione o variante, è di per sé elemento giustificativo del legale carattere edificatorio del terreno medesimo, sia pure nei limiti che il P.E.E.P. consente…” (Cass. n. 13617 del 4.6.2010);
  • che “Devono, infatti, essere ribaditi i condivisi principi di diritto, già ripetutamente affermati da questa Corte (tra le numerose altre, cfr Cass. 2007/12771; 2006/19128; 2004/03838), secondo cui “L’indennità di espropriazione dovuta al proprietario di un fondo, incluso in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare come area edificabile, va determinata secondo il criterio previsto dalla legge n. 359/1992 5 bis comma 1 a nulla rilevando che al momento dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio il fondo stesso avesse, secondo le originarie previsioni del piano regolatore generale, destinazione agricola”, e secondo cui “l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo” (Cass. n. 5174 del 3.3.2010).

 

Del resto, i principi da ultimo citati appartengono ormai  alla giurisprudenza del tutto pacifico della Corte di Cassazione che ha ulteriormente chiarito:

 

  • che “la destinazione di una zona, nel piano regolatore generale, ad edilizia residenziale comporta l’affermazione della natura intrinsecamente edificabile a fini abitativi della zona, a nulla rilevando che la previsione di piano contempli per essa l’iniziativa pubblica. Anche i piani di edilizia economica e popolare – cosiddetti p.c.c.p. – sono infatti piani di edilizia residenziale ad iniziativa pubblica (giacché le aree su cui sorgeranno i fabbricati sono espropriate dal comune, e sono successivamente assegnate agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie), senza che questo sia di ostacolo al riconoscimento dell’edificabilità legale delle aree che vi sono incluse” (Cass. 27.2.2009 n. 4817);

 

  • che “Così argomentando, detto Giudice ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare (P.C.C.P.), la’ dove quest’ultimo risulti in vigore al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o, come nella specie, della stipula dell’atto di cessione volontaria del bene espropriato che di tale decreto tiene luogo, implica di per sé, quand’anche l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale, o di altro strumento urbanistico generale (piano di fabbricazione), ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che l’area stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, atteso che il P.C.C.P., in parte qua, assume consistenza di variante del regime urbanistico generale (contenuto nel piano regolatore o nel piano di fabbricazione) anteriormente vigente e deve, perciò, essere considerato strumento programmatorio e conformativo, del quale occorre tenere conto agli effetti del riconoscimento della natura edificatoria, secondo diritto, del terreno di cui trattasi e della conseguente determinazione della relativa indennità di esproprio o del prezzo della relativa cessione volontaria (Cass. 7 dicembre 2001, n. 15514; Cass. 11 giugno 2002, n. 8330; Cass. 3 giugno 2004, n. 10555; Cass. 26 novembre 2004, n. 22349; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1043)” (Cass.16.1.2009 n. 1026 e Cass. 10.1.2008  n. 330);

 

  • che “ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione di suoli destinati all’attuazione di programma di edilizia economica e popolare, di cui va ritenuta, per il semplice fatto del loro inserimento nel peep, il carattere edificabile, occorre tener conto dell’indice medio di fabbricabilità del piano, in rapporto alla superficie volta per volta espropriata…” (Cass. 17.1.2007 n. 1043);

 

  • che “e’ irrilevante che nel contesto del peep l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità di p.r.g.), giacché in tale contesto l’edificabilità va commisurata ad indici medi di fabbricabilità, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee. Infatti l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare implica, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che, in virtu’ della variante introdotta dal peep (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba adottare il criterio previsto dall’art. 5 bis comma 1 legge 8.8.1992 n. 359” (Cass.  3.6.2004 n. 10555) (conformi ex multis nn.  11621, 9062/02  per tutte)” (Cass.  29.10.2008 n. 25986);

 

  • che “Così argomentando, detto Giudice ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’inclusione di un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare (P.C.C.P.), là dove quest’ultimo risulti in vigore al momento dell’emanazione del decreto di esproprio o, come nella specie, della stipula dell’atto di cessione volontaria del bene espropriato che di tale decreto tiene luogo, implica di per sé, quand’anche l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale, o di altro strumento urbanistico generale (piano di fabbricazione), ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo, che l’area stessa abbia acquisito carattere di edificabilità, atteso che il P.C.C.P., in parte qua, assume consistenza di variante del regime urbanistico generale (contenuto nel piano regolatore o nel piano di fabbricazione) anteriormente vigente e deve, perciò, essere considerato strumento programmatorio e conformativo, del quale occorre tenere conto agli effetti del riconoscimento della natura edificatoria, secondo diritto, del terreno di cui trattasi e della conseguente determinazione della relativa indennità di esproprio o del prezzo della relativa cessione volontaria (Cass. 7 dicembre 2001, n. 15514; Cass. 11 giugno 2002, n. 8330; Cass. 3 giugno 2004, n. 10555; Cass. 26 novembre 2004, n. 22349; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1043)” (Cass.16.1.2009 n. 1026).

 

  • quanto alla misura della edificabilita: l’indice medio di edificabilita’ territoriale

 

La configurazione nei termini prospettati della edificabilità legale comporta, quale diretta conseguenza, che tutte le aree comprese nel piano di zona (in quanto tutte concorrono alla realizzazione dell’unico comparto) sono tutte considerate edificabili nella stessa misura, individuata appunto nell’indice medio di edificabilità del piano di zona. Anche in questo caso ovviamente la tesi della opponente gode del conforto dei principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha stabilito:

  • che <Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’edificabilità del fondo deve necessariamente essere commisurata ad indici “medi” di fabbricabilità riferiti (o riferibili) all’intera zona omogenea, al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, nel senso che, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilità (che e’ riferito alle singole aree specificamente destinate all’edificazione privata) e che, invece, postulando l’esercizio concreto dello ius aedificandi che l’area sia urbanizzata e, che si tenga conto dell’incidenza degli spazi all’uopo riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, si debba prescindere come dal fatto che l’area sia (eventualmente) destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità, parcheggi) non potendo l’edificabilità essere vanificata dalla utilizzabilità non strettamente residenziale, così dalla maggiore o minore fabbricabilità che il fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni di piano attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero servizi ed infrastrutture, di guisa che tutti i terreni espropriati in uno stesso ambito zonale vengano a percepire la stessa indennità, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialità edificatoria “media” di tutto il comprensorio, ovvero dietro applicazione di un indice di fabbricabilità territoriale che sia frutto del rapporto tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato” (Cass. 1^ 29 novembre 2006 n. 25363; Cass. sez. un.  21 marzo 2001 n. 125; Cass. sez. 1^ 16 maggio 2006 n. 11477; Cass. sez. 1^ 16 giugno 2006 n. 13958)> (Cass. SS.UU. n. 11729 del 14.5.2010);
  • che “…allorquando il valore venale di un fondo debba determinarsi in base al suo valore di trasformazione (cosiddetto metodo analitico – ricostruttivo), deve essere recepito l’indice che individua la densità territoriale della zona (e non quello relativo alla densità fondiaria), soltanto questo includendo nel calcolo la percentuale di spazi pubblici gravanti sul fondo espropriato; e trattandosi di un terreno incluso in un piano di zona l’edificabilità deve commisurarsi ad indici medi di fabbricabilità, correlati (o correlabili) al totale della superficie al lordo dei terreni da destinarsi e spazi liberi (Cass. 2349/2004; n. 555/2004; begin_of_the_skype_highlighting 555/2004end_of_the_skype_highlighting; n. 25/2001)” [Cass. n. 14755 del 18.6.2010 (conformi ex multis Cass. n. 14939 del 21.6.2010 e Cass. n. 13087 del 28.5.2010)].

 

  • QUANTO ALL’INAPPLICABILITA’ DELLA RIDUZIONE DEL 25 % PER INTERVENTI DI RIFORMA ECONOMICO – SOCIALI (ART. 2 COMMI 89 E 90 LEGGE N. 244/2007)

Si rende ora necessario affrontare la questione in ordine alla applicabilità o meno nella fattispecie del criterio indennitario previsto dall’art.  2 commi 89 e 90 della legge 24.12.2007 n. 244 introdotta a seguito delle note sentenze della Corte Costituzionale n. 348/2007 e n. 349/2007.  Precisamente, i commi citati prevedono:

  • che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene; quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità e’ ridotta del 25 per cento;
  • che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi e’ stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennità e’ aumentata del 10 per cento;
  • che la riduzione del quaranta per cento della indennità e’ definitivamente soppressa;
  • che le nuove disposizioni si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile.

 

  • (3.1) inapplicabilità “ratione materiae”: l’edilizia economica e popolare non e’ riforma economico – sociale

Cio’ premesso, ritiene questa difesa che la fattispecie oggetto del presente giudizio sfugga all’applicazione della riduzione del 25 % prevista dalla normativa citata,  in conformita’ ai principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimita’. In particolare, la Corte di Cassazione ha ormai da tempo stabilito che gli estremi che integrano e  caratterizzano gli interventi di riforma economico – sociale:

  • non sono ravvisabili nelle espropriazioni per la realizzazione di edilizia economica e popolare in relazione a p.d.z. e piani p.e.e.p.;
  • non sono ravvisabili nelle espropriazioni per la realizzazione di piani industriali e produttivi;
  • non sono infine liberamente ravvisabili nelle singole espropriazioni ne’ dal giudice ne’ dalla stessa amministrazione espropriante, occorrendo invece a tal fine una specifica previsione normativa (che al momento difetta).

 

  • quanto alla giurisprudenza di legittimita’

 

“Peraltro ogni dibattito sul punto è superato dall’insegnamento di questa corte (Cass. 16 marzo 2012 n. 4210), per il quale il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente – non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma – al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dalla norma”  (Corte di Cassazione  28.5.2012 n. 8445) (conformi Cass.  16.3.2012 n. 4210 e Cass. 28.1.2011 n. 2100).

 

“Devesi osservare che,…, resta l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionaiità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130 del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP. Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25 %” (Cass. 3.5.2013 n. 10384).

 

“Ritiene il relatore che, a parte la inapplicabilità alla vicenda in disamina della novella del 2007 (Cass. 14939 del 2010 e 2774 del 2012), resta l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionalità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130 del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP. Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25%.” (Cass. 28.5.2013 n. 13258).

 

 “Non senza notare che la predetta detrazione non trova comunque applicazione nel caso in cui il procedimento sia adottato per realizzare un semplice programma di edilizia convenzionata o di P.I.P. inidonei ad integrare il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale cui la norma riconduce la riduzione del 25% del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità: intervento, che deve invece riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate, in attuazione di una previsione normativa che in tal senso lo definisca (Cass. sez. 1 23 febbraio 2012, n. 2774)” (Cass. 23.5.2013 n. 12757).

 

“L’espropriazione in questione è destinata alla realizzazione di un piano di insediamenti produttivi. Tali piani, a norma della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, hanno valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e le aree comprese nel piano sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto, in origine, dalla medesima legge in materia di espropriazione per pubblica utilità, e dalla successiva normativa ordinaria. In altre parole, i piani d’insediamenti produttivi sono degli ordinari strumenti di pianificazione del territorio, dai quali esula ogni connotazione di riforma, economico sociale o di altro genere, tale da giustificare la pretesa che possa trovare applicazione la previsione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1, seconda parte, nel testo di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89”.

Fin dalle primissime pronunce, la Corte di Cassazione (peraltro aderendo alla interpretazione formulata dalla stessa CEDU) ha da sempre e costantemente affermato che la espropriazione effettuata in vista della realizzazione di edilizia economica e popolare compresa in piani di zona non e’ idonea ad integrare gli estremi della riforma “economico – sociale” prevista dall’art. della citata legge n. 244/2007, con conseguente ed ovvia esclusione della riduzione del 25 % della indennità di esproprio. In particolare, la Corte di Cassazione ha testualmente chiarito:

  • che “D’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 2 commi 89 e 90 in base ai quali <Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità e’ ridotta del venticinque per cento>: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un.. 5269/2008, nonché 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene” (Cass. n. 13399 del 1.6.2010);
  • che “Alla fattispecie non e’, d’altra parte, la invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244 del 2007 2 commi 89 e 90, in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che l’espropriazione in oggetto NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene” (Cass. n. 14939 del 21.6.2010; conforme ex multis Cass. n. 14755 del 18.6.2010).
  • che “E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo <ius superveniens> costituito dalla legge n. 244/2007 2 commi 89 e 90, in base ai quali “quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennità e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede; una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. Sez. Un. 5269/2008, nonchè 11480/2008); sia per il fatto che L’ESPROPRIAZIONE IN OGGETTO NON RIENTRA IN QUEST’ULTIMA CATEGORIA individuata da quest’ultima normativa, bensì nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene”  (Cass. n. 2712 del 4.2.2009).

 

Ma c’e’ un argomento destinato a sgombrare il campo dagli equivoci.

Ne’ può sottacersi infatti che la notissima sentenza emessa in esito al caso Scordino c/o Italia (ric. n. 36813/97 del 29.3.2006), la stessa Grande Chambre della Corte Europea Diritti dell’Uomo ha affrontato e risolto con grande chiarezza i principi in questione, stabilendo in particolare che nell’ipotesi di espropriazione per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale economica e popolare, il proprietario conserva integro il diritto ad avere il valore venale del bene ablato senza alcuna riduzione della indennità di esproprio, atteso che la realizzazione del piano p.e.e.p. non integra gli estremi dell’intervento di “riforme economico sociali”.

 

Anche nelle sentenze Stornaiuolo c/o Italia dell’8.8.2006 e Mason c/o Italia del 24 luglio 2007 la CEDU ha definito la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare come espropriazione isolata estranea a riforme economico sociali.

 

La conclusione e’ immediata ed inevitabile: se dunque la stessa Corte Europea ha già chiarito e stabilito che le espropriazioni finalizzate alla realizzazione del piano p.e.e.p. non si inquadrano nell’ambito delle riforme economico – sociali, allora per la stessa ragione deve essere parimenti esclusa dalla stessa categoria anche l’esproprio di cui trattasi per la realizzazione del piano di zona in un quartiere di OMISSIS (trattandosi manifestamente di esproprio isolato).

 

  • quanto all’applicabilita’ dell’aumento del 10 % della indennita’ di esproprio

L’art. 2 comma 89 della legge n. 244/2007 prevede che nei  casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.

Si premette che questa  difesa conosce l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’incremento del 10 % della indennita’ di esproprio puo’ essere accordato solo nell’ambito del procedimento amministrativo di esproprio.

Tuttavia, si  ritiene che una diversa interpretazione  dell’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007  possa  indurre la corte territoriale a riconoscere ed accordare anche in sede giurisdizionale il beneficio dell’aumento del 10 % della indennita’ definitiva determinata dalla stessa corte territoriale:

  • sia perche’ la determinazione dell’indennità definitiva di esproprio e’ stata richiesta in sede giudiziaria a codesta  Corte di Appello alla quale il proprietario si e’ rivolto  avvalendosi della facolta’ prevista dall’art. 54/1 d.p.r. n. 327/2001 e dall’art. 29 d.lgs. n. 150/2001 (in analogia con il principio gia’ stabilito dalla nota sentenza n. 67/1990 della Corte Costituzionale);
  • sia perche’ il diniego dell’aumento del 10 % al proprietario opponente in sede giudiziale precluderebbe la possibilita’ di dimostrare che l’accordo di cessione non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato proprio perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, possa risultare  inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva;
  • sia perche’, diversamente interpretata, la norma finirebbe per accordare all’amministrazione colposamente inadempiente (che cioe’ non abbia  offerto un’indennita’ definitiva adeguata e seria o addirittura che non abbia neppure offerto la indennita’ definitiva, come appunto nella fattispecie) un risparmio ed un vantaggio del tutto ingiustificato ed irragionevole rispetto all’amministrazione che sia comportata diligentemente nel rispetto della legge offrendo una indennita’ espropriativa congruamente determinata;
  • sia infine perche’, se la norma esaurisse i suoi effetti esclusivamente in sede amministrativa nell’ambito del procedimento di esproprio, il proprietario danneggiato dalla sua denegata e/o viziata applicazione non avrebbe tutela in sede giurisdizionale.
  • QUANTO ALLA NORMATIVA CEDU

E’ ovviamente superfluo premettere che, ai fini della valutazione delle aree, deve tenersi conto sia della CEDU sia degli effetti prodotti nell’ordinamento dalla nota sentenza della Corte Costituzionale sentenza  del 24.10.2007 n. 348 che, avendo abrogato l’art. 5 bis  commi 1 e 2  del decreto legge 11.7.1992 n. 333 nonche’, ai sensi dell’art. 27 della legge 11.3.1953 n. 87, in via consequenziale, l’art. 37 commi 1 e 2  del d.p.r. 8.6.2001 n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’), ha comportato la reviviscenza del principio generale che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nel valore di mercato delle aree espropriate (art. 39 della legge fondamentale n. 2359/1865 ed ora art. 37 d.p.r. n. 327/2001 come modificato ed integrato dall’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007).

 

  • (4.1) l’art. 1 protocollo 1 addizionale alla cedu

Il principio del valore venale era del resto gia’ previsto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo e sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte Europea.

L’art. 1 Protocollo n. 1 addizionale alla C.E.D.U. cosi’ testualmente recita:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suo beni.

Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso di beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

E’ noto che l’art. 1 del Protocollo n. 1 della invocata convenzione contiene tre distinti principi:

  • la prima regola, contenuta nella prima frase del primo comma, e’ di natura generale ed enuncia il principio di pacifico godimento della proprieta’;
  • la seconda regola garantisce dalla privazione del possesso e la rende soggetta a certe a certe condizioni;
  • la terza regola, contenuta nel secondo comma, riconosce che gli stati contraenti hanno il compito, tra le altre cose, di controllare l’uso della proprietà per la soddisfazione dell’interesse generale.

Le tre regole non sono comunque “distinte” e cio’ comporta la necessita’ di una lettura coordinata. La seconda e la terza regola sono collegate con la particolare facolta’ di interferenza con il diritto di godere pacificamente della proprietà e dovrebbero per questo essere reinterpretate alla luce del principio generale enunciato dalla prima regola (confronta tra gli altri James e altri c. Regno Unito, sentenza 21 febbraio 1986, Serie A n. 98-B, pp. 29-30, § 37, seguendo i termini della analisi delle Corti nel caso Sporrong e Loennhroth c. Svezia, sent. 23 settembre 1982, serie A n. 52, p.24, §61; cfr. I Monasteri Santi c. Grecia, sent. 9 dicembre 1994, serie A n. 301, p. 31, § 56; e ancora Iatridis c. Grecia n. 31107/96 § 55 ECHR 1999-Il).

 

  • (4.2) l’applicazione e l’efficacia della Cedu (dopo il Trattato di Lisbona ratificato con legge 2.8.2008 n. 130)

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orinetamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.

E tale obbligo e’ imposto a tutti, cittadini, pubblica amministrazione e giudici.

“Ne’ va sottaciuto che la particolare autorevolezza della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta ad oggi ulteriormente avvalorata dalla rinnovata e diretta incidenza sul piano interno delle disposizioni della relativa Convenzione, e cio’ in forza del combinato disposto della nuova formulazione dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea conseguente dalle modifiche apportate con il Trattato di Lisbona (cfr. ivi, commi 2 e 3: <L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali. …>; <I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali>) e dell’art. 117  primo comma costituzione come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale  18 ottobre 2001 n. 3 (<La potesta’ legislativa e’ esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche’ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali>)” (C.d.S. sezione IV 11.9.2012 n. 4808).

 

  • RIVALUTAZIONE MONETARIA ISTAT ED INTERESSI LEGALI: MAGGIOR DANNO

 

E’ ben l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui in materia di credito di valuta (quale e’ certamente il credito per l’indennità di esproprio) spetta, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno (Cass. SS.UU. 16.7.2008 n. 19499 e conformi Cass.  Sez. III 28.6.2006 n. 14975; Cass. Sez. II 16.3.2006 n. 5860; Cass.  Sez. III  27.10.2004 n. 20807; Cass. Sez. III 7.1.2004 n. 58 e Cass.  Sez. I 22.2.2000 n. 1997). In conformità all’invocato indirizzo, il maggior danno può essere liquidato anche in via presuntiva, tenendo conto delle caratteristiche soggettive del creditore (privato risparmiatore)

Del resto, si ritiene che – in conformità alle indicazioni fornite dalla stessa C.E.D.U. nel noto caso Scordino – la domanda possa trovare ragionevole accoglimento poiché essa e’ finalizzata a mantenere inalterato nel tempo il valore del suolo con riferimento al momento in cui esso e’ stato espropriato. Va da sé che tale valore deve essere attualizzato al momento della decisione definitiva, al fine di mantenerlo costantemente adeguato al mutato potere di acquisto della moneta. Sulla indennità di esproprio così rivalutata vanno poi calcolati altresì gli interessi legali, in quanto rivalutazione monetaria ed interessi hanno finalità diverse, mirando la prima a ripristinare la situazione patrimoniale dell’espropriato quale era anteriormente al decreto di esproprio, ed avendo i secondi funzione compensativa del mancato godimento della somma liquidata.

 

Tanto premesso, la signora OMISSIS in ragione e nella misura dei propri diritti

R I C O R R E

a codesta Corte di Appello affinche’, con riferimento ai  terreni siti in OMISSIS (Na) in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.. espropriati dall’IACP per la Provincia di OMISSIS con il decreto  di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013  (s.e.o.):

 

anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:

 

  1. laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848 ed i relativi Protocolli addizionali;

 

  1. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nella misura del valore di mercato dei terreni edificabili espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (29.5.2013);

 

  1. accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente la indennita’ di esproprio dei terreni nel valore unitario di mercato che si indica nella misura prudenziale e minimale di euro  250,00 mq. o della maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da moltiplicarsi per la superficie delle aree espropriate indicata in precedenza,  da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;

 

  1. accertare e dichiarare non applicabile nella fattispecie la riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 80 e 90 della legge n. 244/2007;

 

  1. nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio, accertare, dichiarare e disporre che, ai sensi dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, l’indennita’ di esproprio complessiva riconosciuta all’opponente deve essere aumentata del 10 %;

 

  1. per l’effetto, condannare l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS  in persona del legale rappresentante p.t.,  al pagamento in favore del ricorrente in ragione dei rispettivi diritti  e/o al versamento presso il M.E.F. (e detratta l’indennita’ provvisoria di esproprio gia’ versata):
  • della indennita’ di esproprio dei terreni che si indica prudenzialmente nella misura unitaria di euro 250,00 mq. o della maggiore indennita’  ritenuta di giustizia, da determinarsi  a mezzo di eventuale disponenda c.t.u.;
  • della rivalutazione monetaria istat ed interessi legali sulle indennita’ spettanti dalla data del decreto di esproprio (29.5.2013) al soddisfo;
  • con vittoria di spese.

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.

A V V E R T E

 

l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS  che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.

 

Ai fini istruttori:

  • produce i documenti come numerati ed indicati;
  • chiede ammettersi eventuale c.t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  • descriva brevemente il c.t.u. i terreni di cui e’ causa;
  • alla luce della edificabilita’ legale, determini il c.t.u., prescindendo dal vincolo preordinato alla espropriazione, il valore venale di mercato dei terreni espropriati, espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (29.5.2013), sia in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto e di quello sintetico – comparativo sia in applicazione del criterio di stima analitico- ricostruttivo alla luce dell’indice medio di edificabilità territoriale.

 

Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della presente controversia e’ indeterminabile e che il relativo contributo ammonta ad euro 225,00.

OMISSIS

 

 

 

  1. QUANTO ALLA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 15790/2018

 

Con ordinanza n. 15790/2018, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui  il giudizio di opposizione alla stima è  legittimamente proposto in presenza del solo decreto di esproprio ed anche in mancanza della stima definitiva.

Si riporta di seguito testualmente il passaggio significativo della relativa motivazione:

“La tesi sostenuta dalla corte territoriale contrasta nettamente con l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di espropriazione per pubblica utilità, il termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’opposizione alla stima – nel sistema introdotto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nonchè in quello attuale, regolato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, – opera solo in relazione al caso di stima definitiva dell’indennità, sicchè, ove tanto non sia non sia avvenuto, l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità resta proponibile finchè non decorra il termine di prescrizione decennale, a far tempo dall’emanazione del provvedimento (Cass., 6 marzo 2017, n. 5517; Cass., 27 aprile 2017, n. 10446; Cass., 19 luglio 2017, n. 17863).

Tale orientamento, al quale il Collegio intende dare continuità, si fonda soprattutto sul rilievo che all’espropriato è attribuita una duplice azione per chiedere la determinazione della giusta indennità di espropriazione: l’opposizione alla stima, nel caso in cui l’indennità definitiva sia stata calcolata dalla Commissione provinciale; l’azione per la determinazione giudiziale del giusto indennizzo, nel caso in cui sia stata soltanto offerta dall’espropriante l’indennità provvisoria, come si è verificato nella fattispecie, nel qual caso non è possibile ritenere che l’azione possa esser proposta dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione della stima, dal momento che la stima non è avvenuta e, in conseguenza, non possono venire in rilievo termini e comunicazioni che ne presuppongono l’esistenza.

Mette altresì conto di ribadire che l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio è espressamente prevista dalla norma contenuta nel citato D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 in aggiunta a quella di opposizione alla stima, come attestato dalle parole “e comunque”: tale previsione, come già rilevato (cfr. la citata Cass. n. 10446 del 2017), costituisce la codificazione del principio secondo cui, una volta emanato il provvedimento ablativo, sorge contestualmente, ed è per ciò stesso immediatamente azionabile, il diritto del proprietario a percepire il giusto indennizzo previsto dall’art. 42 Cost., che va determinato con riferimento alle caratteristiche del bene alla data del provvedimento, senza essere subordinato alla liquidazione in sede amministrativa.

Deve infine aggiungersi che la tesi fondata sull’esperibilità dei rimedi avverso il silenzio o l’inerzia della pubblica amministrazione confligge con il costante e condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, 29 febbraio 2016, n. 857; id., 20 settembre 2006, n. 5500; TAR Campania, 27 maggio 2009, n. 2971; TAR Campobasso, 2 luglio 2008, n. 655; TAR Puglia, Lecce, 24 marzo 2006, n. 1727), secondo cui il ricorso avverso il silenzio della pubblica amministrazione, ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., può essere esperito soltanto per posizioni di interesse legittimo conoscibili dal giudice amministrativo, e non già quando vengano fatte valere posizioni di diritto soggettivo. In proposito deve evidenziarsi come il Consiglio di Stato abbia perspicuamente posto in evidenza le paradossali conseguenze della tesi sostenuta dalla corte partenopea, nel senso che, in caso di accoglimento della domanda circoscritta all’inerzia della pubblica amministrazione, la conseguenziale nomina di un commissario “ad acta” per la determinazione della stima comporterebbe una sorta di corto circuito, essendo gli atti del commissario impugnabili davanti al giudice amministrativo, in netto contrasto con la giurisdizione attribuita, in materia di indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, al giudice ordinario (Cons. Stato, 14 marzo 2016, n. 987)”

  1. QUANTO ALL ISTANZA DI RIUNIONE

 

Come già rappresentato in premessa,  con il sopraggiunto decreto di esproprio n. OMISSIS del 6.3.2017 (emesso in sostituzione dell’iniziale decreto di esproprio già emesso dall’Iacp di OMISSIS) il Comune di OMISSIS ha acquisito gli stessi terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.  già espropriati  dall’Iacp di OMISSIS  con determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013  per la realizzazione  degli stessi  29 alloggi in localita’ OMISSIS in OMISSIS.

Va da sé che in relazione la nuovo decreto di esproprio la ricorrente proporrà, con separato giudizio, distinta opposizione alla stima.

 

Poiché si tratta della stessa proprietaria, degli stessi identici terreni espropriati e della stessa opera pubblica (edilizia residenziale pubblica),  sussistono sufficienti elementi ai fini della connessione oggettiva e soggettiva perche’ sia disposta la riunione dei due giudizi.

 

$ $ $ $ $

 

Tanto premesso, la  signora OMISSIS

 

R I C O R R E

 

a codesta Corte di Appello affinche’,  con riferimento ai  terreni siti in OMISSIS in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS della superficie di 427 mq. e particella OMISSIS della superficie di 1.455 mq.. espropriati dall’IACP per la Provincia di OMISSIS  con il decreto  di cui alla determinazione dirigenziale n. OMISSIS del 29.5.2013  (s.e.o.):

 

anche alla luce della sentenza n. 348 del 24.10.2007 della Corte Costituzionale e del sopraggiunto art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria anno 2008) nonche’ dell’art. 1 del Trattato di Lisbona, voglia:

 

  1. laddove fosse ritenuto ancora necessario, accertare e dichiarare immediatamente applicabile e per l’effetto applicare nell’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolare nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’art. 1 Protocollo 1 addizionale alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali firmata a Roma il 4.11.1950 resa esecutiva dalla legge 4.8.1955 n. 848 ed i relativi Protocolli addizionali;

 

  1. accertare e dichiarare che l’indennita’ di esproprio deve essere determinata nella misura del valore di mercato dei terreni edificabili espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (29.5.2013);

 

  1. accertare, dichiarare, disporre, determinare e liquidare giudizialmente la indennita’ di esproprio dei terreni nel valore unitario di mercato che si indica nella misura prudenziale e minimale di euro  250,00 mq. o della maggiore misura che sara’ ritenuta di giustizia, da moltiplicarsi per la superficie delle aree espropriate indicata in precedenza,  da determinarsi in corso di giudizio anche mediante eventuale disponenda c.t.u.;

 

  1. accertare e dichiarare non applicabile nella fattispecie la riduzione del 25 % della indennita’ di esproprio prevista dall’art. 2 commi 80 e 90 della legge n. 244/2007;

 

  1. nell’ipotesi in cui l’indennita’ provvisoria offerta, una volta attualizzata, risultasse inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva anche in esito al presente giudizio, accertare, dichiarare e disporre che, ai sensi dell’art. 37/2 d.p.r. n. 327/2001 come modificato dall’art. 2 commi 89 e 90 della legge n. 244/2007, l’indennita’ di esproprio complessiva riconosciuta all’opponente deve essere aumentata del 10 %;

 

  1. per l’effetto, condannare l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS con sede legale in OMISSIS in persona del legale rappresentante p.t.,  al pagamento in favore del ricorrente in ragione dei rispettivi diritti  e/o al versamento presso il M.E.F. (e detratta l’indennita’ provvisoria di esproprio gia’ versata):
  • della indennita’ di esproprio dei terreni che si indica prudenzialmente nella misura unitaria di euro 250,00 mq. o della maggiore indennita’  ritenuta di giustizia, da determinarsi  a mezzo di eventuale disponenda c.t.u.;
  • del maggior danno e/o interessi legali sulle indennita’ spettanti  dalla data del decreto di esproprio (29.5.2013) al soddisfo;
  • con vittoria di spese.

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.

 

A V V E R T E

 

l’Istituto Autonomo per le Case Popolari per la Provincia di OMISSIS   con sede legale in OMISSIS  che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.

 

Ai fini istruttori:

  • produce il fascicolo dell’iniziale giudizio di opposizione (r.g.n. OMISSIS );
  • produce il fascicolo di cassazione;
  • chiede ammettersi eventuale c.t.u. in vista della quale propone che siano conferiti al c.t.u. i seguenti quesiti:

 

  1. descriva brevemente il c.t.u. i terreni di cui e’ causa;
  2. alla luce della edificabilita’ legale, determini il c.t.u., prescindendo dal vincolo preordinato alla espropriazione, il valore venale di mercato dei terreni espropriati, espresso con riferimento alla data del decreto di esproprio (29.5.2013), sia in applicazione del criterio di stima sintetico – diretto e di quello sintetico – comparativo sia in applicazione del criterio di stima analitico- ricostruttivo alla luce dell’indice medio di edificabilità territoriale.

 

Si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile e che il relativo c.u. ammonta ad euro 259,00 ridotto alla metà ai sensi dell’art. 13/3 d.p.r. n. 115/2002, trattandosi di rito sommario compreso tra quelli disciplinati dal libro IV titolo I c.p.c..

OMISSIS

A.N.P.T.ES.
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