Il decreto di esproprio tardivo rappresenta l’atto conclusivo del procedimento ablativo, con il quale la pubblica amministrazione trasferisce la proprietà del bene dal privato all’ente pubblico. Affinché sia valido, deve essere emanato entro i termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Se adottato oltre tali termini, il decreto è illegittimo e può essere annullato su ricorso del proprietario.
Secondo il D.P.R. 327/2001, la dichiarazione di pubblica utilità ha una durata massima di cinque anni. Entro tale arco temporale deve essere emanato il decreto di esproprio, pena la decadenza dell’intero procedimento. Questo termine costituisce una garanzia per il proprietario, impedendo che il vincolo resti indefinito nel tempo e che l’espropriazione si realizzi senza limiti.
Decorso il quinquennio senza che l’amministrazione abbia concluso il procedimento, la dichiarazione di pubblica utilità decade e l’ente, se intende ancora acquisire il bene, deve avviare un nuovo procedimento con una nuova dichiarazione di pubblica utilità, soggetta a tutti i controlli e limiti previsti dalla legge.
Un decreto di esproprio emanato oltre i termini è viziato da illegittimità. Non essendo più efficace la dichiarazione di pubblica utilità, manca il presupposto essenziale su cui si fonda il potere espropriativo. In questi casi, la giurisprudenza ha chiarito che l’atto è annullabile e che il proprietario può ottenere tutela giurisdizionale.
Il decreto tardivo non solo viola il termine previsto dalla legge, ma si traduce in una compressione del diritto di proprietà priva di base legittima, configurando in alcuni casi una vera e propria occupazione illegittima.
Quando il decreto di esproprio viene emesso oltre i termini, l’amministrazione si espone a:
Il proprietario che si trovi di fronte a un decreto tardivo può attivare diversi strumenti di tutela:
Il Consiglio di Stato e numerosi TAR hanno ribadito che l’emissione del decreto di esproprio oltre il termine quinquennale comporta la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e l’illegittimità dell’atto finale. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha inoltre censurato l’Italia per casi di espropriazione tardiva, ritenendo che il sacrificio imposto ai privati senza giustificazione temporale violi l’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 CEDU.
Un Comune dichiara la pubblica utilità di un’area per la costruzione di una scuola. Trascorrono sei anni senza che venga emanato il decreto di esproprio. Quando l’amministrazione adotta il provvedimento, il proprietario impugna l’atto al TAR, che lo annulla per decadenza dei termini. L’opera, se ancora necessaria, dovrà essere ripianificata attraverso una nuova dichiarazione di pubblica utilità.
In un altro caso, un decreto di esproprio viene emanato dopo sette anni e il bene è già stato trasformato con opere pubbliche. Il giudice riconosce al proprietario un risarcimento pari al valore venale del bene più i danni accessori, qualificando l’acquisizione come occupazione illegittima.
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A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.2 La tua indennità – con le norme italiane
A.3 L’indennità di esproprio – con le norme europee
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato
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