L’espropriazione per pubblica utilità è un istituto previsto dall’art. 42 della Costituzione e dal D.P.R. 327/2001, che consente alla pubblica amministrazione di privare il cittadino della proprietà di un bene per la realizzazione di un’opera pubblica. Trattandosi di una misura eccezionale, che limita uno dei diritti fondamentali tutelati dalla Carta costituzionale e dalla CEDU, l’amministrazione ha l’obbligo di valutare preventivamente soluzioni alternative meno invasive e meno onerose per i privati.
Questo obbligo discende dal principio di proporzionalità e dal principio di buona amministrazione sancito dall’art. 97 Cost. L’espropriazione deve rappresentare l’extrema ratio: la scelta da adottare solo quando non vi siano altre modalità per perseguire l’interesse pubblico.
Il Testo Unico sulle espropriazioni (D.P.R. 327/2001) non prevede un articolo specifico intitolato all’“obbligo di valutare alternative”. Tuttavia, questo principio è ricavabile:
L’amministrazione, in fase di pianificazione e di approvazione del progetto, deve esaminare e motivare le ragioni per cui non sono state adottate soluzioni alternative all’esproprio. Tra queste rientrano:
La proporzionalità impone che l’amministrazione scelga sempre la soluzione che realizzi l’opera pubblica con il minore sacrificio possibile per i privati. Se esistono più opzioni progettuali, deve essere preferita quella che evita o riduce l’espropriazione. L’omessa valutazione di alternative costituisce vizio di legittimità dell’atto, impugnabile davanti al giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che la dichiarazione di pubblica utilità deve essere motivata anche in relazione alla scelta localizzativa dell’opera, dimostrando che essa sia la più idonea e proporzionata. Allo stesso modo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato gli Stati che hanno imposto espropriazioni sproporzionate o non adeguatamente giustificate.
Secondo tale giurisprudenza, il sacrificio imposto al proprietario è legittimo solo se la misura è necessaria, proporzionata e accompagnata da un giusto indennizzo. In mancanza, si configura una violazione dell’art. 1 Protocollo Addizionale n. 1 CEDU.
Se l’amministrazione non valuta soluzioni alternative, il proprietario può:
Un caso tipico riguarda la costruzione di una strada: se il Comune può realizzare il tracciato utilizzando terreni pubblici, non è legittimo imporre l’esproprio di un fondo privato senza giustificare l’impossibilità di alternative. Altro esempio riguarda la costruzione di edifici scolastici o ospedalieri: l’amministrazione deve motivare perché l’opera non possa essere edificata su altre aree libere di proprietà pubblica.
Il proprietario che riceve un avviso di esproprio deve sempre verificare se l’amministrazione abbia motivato adeguatamente la scelta localizzativa e l’impossibilità di ricorrere a soluzioni diverse. In mancanza, il provvedimento può essere impugnato con concrete possibilità di successo. È consigliabile rivolgersi tempestivamente a un avvocato esperto in materia di espropri, per valutare la strategia difensiva più idonea.
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A.1 Le “trappole” in cui cadono gli espropriati
A.2 La tua indennità – con le norme italiane
A.3 L’indennità di esproprio – con le norme europee
A.5 La tua indennità – con le norme europee
A.6 Le illegittimità della procedura
A.7 Il T.U. Espropri sempre aggiornato
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