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U R G E N T E
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OMISSIS
OGGETTO:
In nome e per conto della signora OMISSIS Chiara e dei signori Martielli Francesco ed altri, faccio riferimento alla richiesta del parere legale formulata dal Prefetto di Bari in ordine alla istanza del nulla osta per lo svincolo ed il pagamento della indennita’ definitiva stabilita dalla Corte di Cassazione rispettivamente con sentenza n. OMISSIS/2009 e con sentenza n. OMISSIS/2009, per significare quanto segue.
Con la presente, intendo in particolare fornire in termini sintetici ulteriori elementi di riflessioni a giustificazione della competenza del Prefetto in ordine alla svincolo delle indennita’ di esproprio definitive e ribattere alle osservazioni inviate dal Comune di OMISSIS con nota del 13.7.2011 e rilasciata dalla Prefettura di Bari a seguito di accesso formale.
Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, si rende necessario rappresentare l’evoluzione del quadro normativo in materia. In particolare:
Cio’ premesso, va precisato:
Dall’indicato quadro normativo risulta che mentre tutte e tre le norme indicate sono state tutte parimenti abrogate dall’art. 58 d.lgs. n. 327/2001, solo l’art. 55 della legge n. 2359/1865 e l’art. 1 della legge n. 626/1926 sono stati invece abrogati espressamente rispettivamente anche dall’art. 24, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e dall’art. 2 dall’allegato 1, D.L. 22 dicembre 2008, n. 200.
Cio’ comporta che mentre l’art. 55 della legge n. 2359/1865 e l’art. 1 della legge n. 626/1926 non possono in ogni caso piu’ trovare alcuna forma di applicazione a seguito dell’abrogazione espressa, invece l’art. 12 della legge n. 865/1971 (che non e’ stato coinvolto negli interventi contenenti le misure urgenti in materia di semplificazione normativa) puo’ e deve continuare a trovare applicazione nella fattispecie (la cui p.u. e’ stata dichiarata sotto la vigenza della legge n. 2359/1865 e della legge n. 865/1971) per effetto della previsione contenuta nell’art. 57/1 d.p.r. n. 327/2001 che come e’ noto ha stabilito che “Le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilita’, indifferibilita’ ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data”.
Dunque, solo l’art. 12/4 della legge n. 865/1971 (non ostante sia stato abrogato dal citato art. 58 d.lgs. nb. 327/2001) puo’ continuare a trovare applicazione per i procedimenti di esproprio la cui p.u. sia stata dichiarata in data anteriore all’entrato in vigore del decreto medesimo, mentra talke possibilita’ e’ esclusa sia per la legge n. 2359/1865 sia per la legge n. 626/1926.
Fermo restando quanto sopra, si aggiunga che l’indicato art. 12/6 della legge n. 865/1971 prevedeva che “Per le espropriazioni in dipendenza di opere di competenza statale, l’amministrazione competente emette il provvedimento che dispone il pagamento entro sessanta giorni a decorrere dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione a pagare di cui alla legge 3 aprile 1926, n. 686, e successive modificazioni”. La norma dunque autorizza a sostenere che la competenza del tribunale gia’ prevista dall’art. 1 della legge n. 626/1926 era comunque limitata alle espropriazioni di competenza statale, mentre la competenza allo svincolo delle indennita’ per le espropriazioni in materia di edilizia residenziale pubblica era riservata al Prefetto (art. 12/4 legge n. 865/1971).
Le motivazioni opposte dal comune allo svincolo della indennita’ definitiva sono manifestamente strumentali ed infondate, alla luce di quanto segue.
Si fara’ riferimento anche al d.p.r. n. 327/2001 solo per completezza di indagine posto che esso non e’ comunque applicabile alla fattispecie.
A ben vedere, il Comune di OMISSIS non puo’ ora proporre (ne’ ha mai proposto) legittimamente la opposizione al pagamento della indennita’ di esproprio ai sensi degli articoli 55 e 56 della legge n. 2359/1865 e 28 e 29 d.p.r. n. 327/2001.
Una piu’ attenta analisi della fattispecie induce a concludere che non e’ stata neppure proposta alcuna opposizione al pagamento da parte di alcuno e tanto meno da parte del comune.
Dispone l’art. 28/1 d.p.r. n. 327/2001 che l’autorita’ espropriante autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario o agli aventi diritto una volta che la determinazione dell’indennita’ sia divenuta definitiva rispetto a tutti e sempre che non vi sia stata opposizione al pagamento o purche’ via sia stato accordo tra tutti gli interessati in ordine alla distribuzione della indennita’. La norma ha il suo precedente nell’art. 55 della legge n. 2359/1865 il quale disponeva che “divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell’ammontare del’indennita’, spirati i termini per la iscrizione dei diritti reali, ove alcuno non ne esiste sopra il fondo espropriato, ne’ siasi notificata opposizione al pagamento oppure fra tutte le pari interessate siasi stabilito d’accordo il modo di distribuire l’indennita’, il prefetto udito il consiglio di prefettura autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario espropriato o agli aventi diritto”.
Affinche’ possa essere disposto il pagamento della indennita’ definitiva occorre ovviamente che la relativa determinazione sia “divenuta definitiva rispetto a tutti” (condizione questa soddisfatta nella fattispecie posto che il giudizio di opposizione alla stima si e’ concluso con la sentenza irrevocabile e definitiva n. 18240/2009 emessa dalla Corte di Cassazione). Giova sul punto ricordare la giurisprudenza formatasi nel vigore dell’art. 55 della legge n. 2359/1865, secondo cui anche in caso di indennita’ determinata giudizialmente nel giudizio di opposizione alla stima, non ne poteva essere disposto il pagamento da parte del giudice bensi’ solo il deposito presso la Cassa DD.PP. delle eventuali maggior somme accertate giudizialmente rispetto a quelle gia’ depositate, per il successivo pagamento con le modalita’ previste dal citato art. 55, cioe’ a seguito di ordine della autorita’ espropriante. Tale giurisprudenza aveva il suo fondamento nella circostanza che per aversi il pagamento definitivo della indennita’ non basta che la stessa sia divenuta definitiva (per definizione irrevocabile delle impugnazioni giurisdizionali), occorrendo anche l’ulteriore definizione di tutte le questioni relative ai diritti dei terzi. Ora e’ ben noto che le norme che impongono l’adempimento delle indennita’ espropriative mediante versamento presso la Cassa DD.PP. rispondono alla duplice esigenza di tutelare i diritti dei terzi e di non esporre l’espropriante ai rischi ed oneri di eventuali azioni di recupero per pagamenti indebiti.
Da quanto premesso si evince che affinche’ possa disporsi (sotto il profilo in esame, ai sensi degli articoli 55 e 56 della legge n. 2359/1865 e degli articoli 28 e 29 d.p.r. n. 327/2001) il pagamento delle indennita’ depositate, occorre il duplice presupposto:
E’ dunque evidente che laddove le norme citate (sia quelle pregresse sia quelle ora vigenti) contengano riferimenti alla definitivita’ della determinazione della indennita’ di esproprio rispetto a “tutti”, esse si riferiscono ai soggetti legittimati ad impugnare l’indennita’ con il giudizio di opposizione alla stima (cioe’ al proprietario, al soggetto obbligato al pagamento della indennita’ ed ai soggetti terzi titolari di diritti reali o personali sul bene espropriato che intendano contestare la misura della indennita’).
Le stesse norme invece non si riferiscono ai terzi titolari di diritti reali o personali sul bene espropriato che si limitino ad opporsi al pagamento senza anche contestare la misura della indennita’: tali terzi sono tutelati non con il rimedio della opposizione alla stima ma con quello della opposizione al pagamento (seguito dalla eventuale azione giudiziaria relativa all’accertamento del diritto e della relativa misura della indennita’ spettante in proporzione al diritto).
In definitiva, opposizioni alla stima ed opposizione al pagamento differiscono per presupposti e finalita’, afferendo le prime alla misura delle indennita’ espropriative e le secondo al modo di distribuzione delle stesse tra i soggetti terzi aventi diritto. In conclusione, cio’ comporta:
Alla luce del quadro normativo appena delineato (la cui prospettazione si e’ resa necessaria per inficiare la motivazione addotta dal comune), si deve trarre la conclusione:
Cio’ posto, si rende ora necessario soffermare l’attenzione sulla circostanza che con la nota del 13.7.2011 inviata al Prefetto, il comune ha NEGATO ESPRESSAMENTE la possibilita’ del rilascio del nulla osta allo svincolo delle somme depositate presso la Cassa DD.PP., sostenendo che sarebbero tuttora persistenti le ragioni ostative ravvisate nella permanenza delle trascrizioni (in relazione ai terreni espropriati) degli atti introduttivi dei giudizi con i quali i proprietari avevano contestato la legittimita’ degli atti espropriativi. Dunque, tale circostanza, a dire del comune, farebbe venire meno l’obbligo ed il presupposto stesso dell’effettivo pagamento agli espropriati delle indennita’ di espropriazione e di occupazione legittime stabilite in via definitiva dalla Corte di Cassazione.
La tesi del comune e’ sotto diversi profili del tutto illegittima, illecita e comunque manifestamente infondata, per le seguenti ragioni.
In primo luogo, e’ appena il caso di precisare che la forza del giudicato – formatosi sulla sentenza n. 18240/2009 (per OMISSIS Chiara) e n. 19986/2009 (per Martielli eredi Petrelli) della Corte di Cassazione che contiene per di piu’ una condanna al pagamento di una somma ben precisa – non puo’ essere in alcun modo ne’ limitata, ne’ condizionata ne’ elusa, peraltro con una iniziativa del tutto unilaterale, dalla stessa amministrazione risultata soccombente in esito a quel giudizio. Diversamente, la scelta di prestare o meno ottemperanza alla sentenza di condanna sarebbe lasciata alla iniziativa libera e discrezionale della stessa amministrazione debitrice rimasta soccombente.
Inoltre, il giudicato “copre il dedotto ed il deducibile” e pertanto non puo’ ora in questa sede l’amministrazione debitrice, dopo essere risultata soccombente nel giudizio di cognizione ed al solo fine di sottrarsi alla esecuzione della sentenza passata in giudicato, sollevare una eccezione (ma l’argomento speso dal comune non ne ha ne’ la dignita’, ne’ la forma, ne’ il contenuto) che semmai essa avrebbe potuto e dovuto formulare nel corso del giudizio di cognizione (di cui avrebbe potuto chiedere la sospensione ex art. 295 c.p.c.) ormai definitivamente deciso con la sentenza passata in giudicato. E’ evidente che l’assunto del comune integra una manifesta e grave violazione dell’art. 2909 c.c. e degli obblighi di prestare piena ed effettiva ottemperanza alla condanna impartita dalla Corte di Cassazione. La condanna contenuta nelle sentenze della Corte di Cassazione vive di forza e di vita autonoma e si impone da se’.
In secondo luogo, anche nel merito l’assunto del comune si rivela manifestamente infondato. A tal fine infatti e’ sufficiente considerare che con nota prot. n. 12506 del 24.6.2009 contenenti il riferimento alle sentenza della Corte di Cassazione n. 7775/2009 e n. 11920/2009 e del Consiglio di Stato n. 3694/2009 nelle quali la signora OMISSIS Chiara e’ risultata sempre soccombente, lo stesso comune precisava testualmente che il “contenzioso sulla persistenza del decreto di esproprio del 1983 e sulla conseguente proprieta’ in capo al Comune di OMISSIS delle aree ablate si e’ esaurito definitivamente con le sentenze in oggetto, sebbene fosse gia’ comunque evidente prima la infondatezza delle iniziative giudiziarie da Ella intrapresa”.
In ogni caso, e solo per completezza di indagine, c’e’ una ulteriore considerazione che milita a riprova della infondatezza e della strumentalita’ dell’assunto del comune. I proprietari, come precisato, sono risultati sempre soccombenti negli altri giudizi con i quali, nel contestare gli atti espropriativi, avevavo rivendicato la titolarita’ del diritto di proprieta’ sulle aree espropriate e la restituzione delle stesse.
Tra i giudizi definiti figura tra l’altro quello composto dalla sentenza n. 11920/2009 (emessa in esito ad uno dei giudizi promossi dalla signora OMISSIS) ovviamente passata in giudicato con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito:
Dunque, al momento della pubblicazione in data 9.7.2009 della sentenza n. 18240/2009 della Corte di Cassazione (emessa in esito al giudizio di opposizione alla stima e della cui esecuzione del giudicato trattasi), era stata gia’ pubblicata in data 22.5.2009 l’indicata sentenza n. 11920/2009 con la quale la Corte di Cassazione aveva definitivamente riconosciuto la legittimita’ del decreto di esproprio e degli atti espropriativi emessi dal Comune di OMISSIS.
Con riferimento al punto specifico, ritiene questa difesa che rivesta importanza decisiva la recente deliberazione della giunta comunale n. 21 del 23.7.2010 con la quale il Comune di OMISSIS, nel far riferimento proprio alla sentenza n. 11920/2009 della Corte di Cassazione emessa in esito alla controversia vertente con la signora OMISSIS Chiara, ha cosi’ testualmente affermato: “La stessa Corte di Cassazione 1^ sezione civile con sentenza n. 11920 del 8.4.2009 ha rigettato il ricorso presentato dalla ditta OMISSIS confermando la validita’ del decreto di espropriazione del 1983 e LA CONSEGUENTE PROPRIETA’ IN CAPO AL COMUNE DI ACQUAVIVA DELLE AREE ABLATE”.
Da ultimo infine, con la recentissima deliberazione consiliare n. 25 del 7.7.2011, il Comune di OMISSIS ha approvato il piano di alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare per il triennio 2011/2013. Ovviamente, tra i beni da vendere figurano le aree espropriate gia’ di proprieta’ della signora OMISSIS Chiara e dei fratelli Martielli eredi Petrelli, con cio’ risultando smentita ogni diversa argomentazione del comune in ordine alla effettiva proprieta’ delle aree di cui trattasi.
In terzo luogo, l’assunto del comune (oltre ad essere illegittimo ed infondato) si rivela altresi’ anche illecito. Eccone in sintesi fornita la prova. Come gia’ detto, l’amministrazione debitrice ha sostenuto l’impossibilita’ di dare esecuzione al giudicato rappresentato dalla sentenza n. 18240/2009 della Corte di Cassazione ed in particolare di doversi escludere il rilascio del nulla osta necessario allo svincolo ed al pagamento delle indennita’ espropriative stabilite dalla citata sentenza, perche’ a cio’ osterebbe la circostanza che la signora OMISSIS Chiara ed i Martielli avrebbero intrapreso giudizi tendenti a rivendicare la proprieta’ delle aree gia’ espropriate e la cui domanda giudiziale sarebbe stata trascritta.
Tale comportamento del comune e’ gravemente illecito ed arbitrario e l’assunto difensivo e’ clamorosamente smentito allorquando si consideri che ad altri cittadini che, al pari della ricorrente, sono stati espropriati per la stessa opera pubblica di cui trattasi e che, al pari della ricorrente, hanno ancora giudizi petitori pendenti la cui domanda introduttiva e’ stata parimenti trascritta, l’amministrazione cio’ nonostante ha comunque gia’ rilasciato il richiesto nulla osta allo svincolo ed al pagamento delle indennita’ depositate alla Cassa DD.PP.. Piu’ precisamente:
Inoltre, ad ulteriore prova del comportamento illecito con cui il comune e’ uso gestire le pratiche di cui trattasi, corre l’obbligo di segnalare che con atto prot. n. 5037 del 14.3.2008 , il Comune di OMISSIS ha rilasciato il nulla osta allo svincolo ed al pagamento delle indennita’ espropriative in favore di Carnevale Giuseppe al quale il nulla osta (con non usuale e straordinaria tempestivita’) e’ stato rilasciato lo stesso giorno in cui l’interessato ha presentato al comune la relativa richiesta che infatti e’ stata assunta al protocollo in entrata in data 14.3.2008 con n. 5037 (peraltro si noti che anche in questo caso il nulla osta e’ stato rilasciato ad un soggetto attore in altro giudizio – iscritto dinanzi al Tribunale di Bari al r.g.n. 4868/98 – tendente alla restituzione del bene allorquando l’indennita’ di esproprio non era ancora stata determinata in via definitiva con sentenza passata in giudicato posto che il relativo giudizio di opposizione alla stima e’ stato definito soltanto con la successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 19704/2009).
E’ dunque appena il caso di precisare che il Comune di OMISSIS non puo’ liberamente disporre a suo piacimento dei diritti dei cittadini espropriati, riservando ad alcuni una ingiustificata e manifestamente illecita disparita’ di trattamento rispetto ad altri, non ostante che tutti si trovino nelle stesse identiche situazioni e vantino gli stessi identici diritti.
Infine (ma solo per scrupolo difensivo e per completezza di indagine) non puo’ sottacersi che la giurisprudenza ha ormai da tempo stabilito il principio del tutto pacifico secondo cui:
(ex multis C.d.S. Sez. IV 31.5.2003 n.3040; C.d.S. Sez. IV 11.4.2002 n.1986 e Cass. 9.9.1993 n. 9448).
Infine, il citato principio ora trova anche una giustificazione normativa che rimuove ogni eventuale ulteriore perplessita’. Infatti, l’art. 34/1 d.l. 6.7.2011 n. 98 (che come noto ha introdotto l’art. 42 bis nel d.p.r. n. 327/2001 in sostiruzione del previgente art. 43 dichiarato incostituzionale) secondo il quale “Le disposizioni del presente articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma deve essere comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell’interesse pubblico a disporre l’acquisizione; in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo.”
Risulta cosi’ dimostrato che sono totalmente destituite di fondamento e comunque chiaramente strumentali le argomentazioni articolate dal Comune di OMISSIS
Alla luce di quanto sopra, sono ad invitare codesta Avvocatura Distrettuale a voler valutare e far proprie le motivazioni di cui al presente atto in vista del richiesto parere da rendere al Prefetto di Bari.
OMISSIS