Per maggiori chiarimenti consulta L’INDICE GENERALE
Voir Note explicative
See Explanatory Note
Vedasi nota esplicativa
COUR EUROPÉENNE DES DROITS DE L’HOMME
EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
Conseil de l’Europe – Council of Europe – Consiglio dEuropa
Strasbourg, France – Strasburgo, Francia
REQUÊTE
APPLICATION
RICORSO
OMISSIS)
c /
ITALIA
présentée en application de l’article 34 de la Convention européenne des Droits de l’Homme,
ainsi que des articles 45 et 47 du Règlement de la Cour
underArticle 34 of the European Convention on Human Rights
and Rules 45 and 47 of the Rules of Court
presentato in applicazione dell’articolo 34 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo
e degli articoli 45 e 47 del Regolamento della Corte
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IMPORTANTE: Il presente ricorso è un documento giuridico e può avere influenza sui Suoi diritti e obblighi.
THE PARTIES
LE PARTI
THE APPLICANT
IL / LA RICORRENTE
(Renseignements à fournir concernant le / la requérant(e) et son / sa représentant(e) éventuel(le))
(Fill in the following details of the applicant and the representative, if any)
(Informazioni da fornire relative al/alla ricorrente ed al Suo/alla Sua eventuale rappresentante)
Surname / Cognome First name (s) /Nome
Sexe: masculin / féminin Sex: male / female Sesso: maschile / femminile
Nationality / Nazionalità Occupation / Professione
Present address (if different from 6.) / Indirizzo attuale (se differente da 6.)
Occupation of representative / Professione del / della rappresentante
THE HIGH CONTRACT1NG PARTY
L’ALTA PARTE CONTRAENTE
(Indiquer ci-après le nom de l’Etat / des Etats contre le(s) quel(s) la requête est dirigée)
(Fili in the name of the State(s) against which the application is directed)
(Indicare il nome dello Stato / degli Stati contro il quale / i quali è diretto il ricorso)
THE PARTIES
LE PARTI
THE APPLICANT
IL / LA RICORRENTE
(Renseignements à fournir concernant le / la requérant(e) et son / sa représentant(e) éventuel(le))
(Fill in the following details of the applicant and the representative, if any)
(Informazioni da fornire relative al/alla ricorrente ed al Suo/alla Sua eventuale rappresentante)
Surname / Cognome First name (s) /Nome
Sexe: masculin / féminin Sex: male / female Sesso: maschile / femminile
(QUALE EREDE DI OMISSIS IDA)
Nationality / Nazionalità Occupation / Professione
Permanent address / Domicilio
Present address (if different from 6.) / Indirizzo attuale (se differente da 6.)
Occupation of representative / Professione del / della rappresentante
THE HIGH CONTRACT1NG PARTY
L’ALTA PARTE CONTRAENTE
(Indiquer ci-après le nom de l’Etat / des Etats contre le(s) quel(s) la requête est dirigée)
(Fili in the name of the State(s) against which the application is directed)
(Indicare il nome dello Stato / degli Stati contro il quale / i quali è diretto il ricorso)
THE PARTIES
LE PARTI
THE APPLICANT
IL / LA RICORRENTE
(Renseignements à fournir concernant le / la requérant(e) et son / sa représentant(e) éventuel(le))
(Fill in the following details of the applicant and the representative, if any)
(Informazioni da fornire relative al/alla ricorrente ed al Suo/alla Sua eventuale rappresentante)
Surname / Cognome First name (s) /Nome
Sexe: masculin / féminin Sex: male / female Sesso: maschile / femminile
(OMISSISA)
Nationality / Nazionalità Occupation / Professione
Date and place of birth / Data e luogo di nascita
Permanent address / Domicilio
Present address (if different from 6.) / Indirizzo attuale (se differente da 6.)
Name of representative / Nome e cognome del / della rappresentante*
Occupation of representative / Professione del / della rappresentante
Address of representative / Indirizzo del / della rappresentante
THE HIGH CONTRACT1NG PARTY
L’ALTA PARTE CONTRAENTE
(Indiquer ci-après le nom de l’Etat / des Etats contre le(s) quel(s) la requête est dirigée)
(Fili in the name of the State(s) against which the application is directed)
(Indicare il nome dello Stato / degli Stati contro il quale / i quali è diretto il ricorso)
THE PARTIES
LE PARTI
THE APPLICANT
IL / LA RICORRENTE
(Renseignements à fournir concernant le / la requérant(e) et son / sa représentant(e) éventuel(le))
(Fill in the following details of the applicant and the representative, if any)
(Informazioni da fornire relative al/alla ricorrente ed al Suo/alla Sua eventuale rappresentante)
Surname / Cognome First name (s) /Nome
Sexe: masculin / féminin Sex: male / female Sesso: maschile / femminile
(OMISSIS)
Nationality / Nazionalità Occupation / Professione
Date and place of birth / Data e luogo di nascitaOMISSIS Permanent address / Domicilio
Present address (if different from 6.) / Indirizzo attuale (se differente da 6.)
Occupation of representative / Professione del / della rappresentante
THE HIGH CONTRACT1NG PARTY
L’ALTA PARTE CONTRAENTE
(Indiquer ci-après le nom de l’Etat / des Etats contre le(s) quel(s) la requête est dirigée)
(Fili in the name of the State(s) against which the application is directed)
(Indicare il nome dello Stato / degli Stati contro il quale / i quali è diretto il ricorso)
THE PARTIES
LE PARTI
THE APPLICANT
IL / LA RICORRENTE
(Renseignements à fournir concernant le / la requérant(e) et son / sa représentant(e) éventuel(le))
(Fill in the following details of the applicant and the representative, if any)
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STATEMENT OF THE FACTS
ESPOSIZIONE DEI FATTI
(Voir chapitre Il de la note explicative)
(See Part II of the Explanatory Note)
(Si veda il capitolo lI della nota esplicativa)
I fatti prima del giudizio
Con atto della Giunta Municipale n. OMISSIS del 30-12-1981 il Comune di OMISSIS approvava il progetto dei lavori di costruzione di un impianto sportivo polivalente.
Precisava il Comune che il Consiglio Comunale con atto n. OMISSIS del 18-12-1981 aveva delegato la Giunta per l’approvazione del progetto di cui trattasi stante la urgenza e che, ai sensi della legge regionale 18-4-1979 n. OMISSIS art 8, l’adozione del progetto da parte del Consiglio comunale equivaleva a dichiarazione di indifferibilità e di urgenza.
Quindi con nota del 22-05-1982 n. OMISSIS (doc. 1) il Comune di OMISSIS disponeva l’occupazione di urgenza delle aree di che trattasi decretando l’occupazione immediata dei fondi dei ricorrenti per anni tre dal 15-6-1982 rinviando per la determinazione della indennità di occupazione.
Alla scadenza del periodo di occupazione il Comune di OMISSIS non emetteva alcun decreto di esproprio verificandosi, quindi, la c.d. OCCUPAZIONE USURPATIVA essendo mancante (per quanto poi si dirà) la dichiarazione di pubblica utilità o, quanto meno , la c.d. OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA.
GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
DAVANTI AL TRIBUNALE DI ANCONA
Con atto di citazione notificato in data 18.11.1987 (doc. 2), i sig.ri OMISSIS MARIA, OMISSIS ENRICO, OMISSIS LUCIA, OMISSIS IDA, e OMISSIS PIERINA convenivano innanzi al Tribunale di Ancona il Comune di OMISSIS, in persona del sindaco pro- tempore.
Assumevano i ricorrenti che l’occupazione era di fatto avvenuta il 15.6.’82 ma che, decorso il triennio, il Comune di OMISSIS non aveva provveduto né al perfezionamento delle procedure di esproprio né al pagamento delle dovute indennità. Essendo l’occupazione divenuta illegittima, a partire dal 15.6.1985, l’opera sull’area occupata veniva comunque realizzata dal Comune.
I comproprietari agivano in giudizio al fine di ottenere:
– la condanna del Comune di OMISSIS al pagamento dell’indennità definitiva di esproprio – da determinare in corso di causa con riferimento al valore venale del terreno ai sensi dell’ art. 33 l. 25.6.1865 n. 2359 – oltre interessi e rivalutazione monetaria fino all’effettivo pagamento;
– la condanna del medesimo Comune al pagamento in loro favore dei ricorrenti dell’indennizzo dovuto per il mancato godimento del terreno illegittimamente occupato a far data dal 15.6.1985, da determinare in corso di causa con riferimento ai mancati redditi e agli interessi compensativi sul valore venale dell’area;
– la condanna del Comune al pagamento dell’indennità di occupazione di urgenza per tutto il periodo in cui questa è stata legittima in base al provvedimento autorizzativo (15.6.’82 – 15.6.’85), oltre all’indennizzo per il ritardato pagamento.
Si costituiva nell’instaurato giudizio il comune di OMISSIS, in persona del sindaco in carica il quale non contestava:
– il diritto degli istanti alla corresponsione dell’indennità di espropriazione e dell’indennità prevista per il periodo di occupazione legittima dei terreni di loro proprietà.
Veniva negato invece la sussistenza del diritto al risarcimento dei danni per la perdita del diritto di proprietà, una volta divenuta illegittima l’occupazione in precedenza autorizzata, in quanto il diritto al risarcimento del danno per la perdita del diritto di proprietà tiene luogo di quello alla corresponsione all’indennità di esproprio.
Il Comune non contestava nemmeno la destinazione dell’area a verde, strade ed impianti sportivi richiamando la stessa nella propria consulenza di parte, e valutando l’area in lire 32.000 ( € 16,52 ) al metro quadrato per un totale di lire 336.784.519 cioè € 174.000 circa a fronte di una valutazione di circa lire 70.000 ( 36,15 ) effettuata dal CTP di parte attrice e di lire 42.000 ( € 21,69 ) stimata dal CTU in I grado.
Nel corso dell’istruttoria su richiesta di entrambe le parti, veniva disposta una consulenza tecnica finalizzata ad accertare le caratteristiche morfologiche e di destinazione dei terreni oggetto di causa affinché venisse anche rideterminato 1) il valore di mercato, 2) l’indennità di esproprio, 3) l’indennità di occupazione e di ogni altra indennità spettante eventualmente agli attori; 4) il danno da frazionamento del fondo.
La consulenza tecnica del giudizio di I grado (doc. 3)
Veniva, quindi, espletata una CTU nel giudizio di I grado disposta dal Tribunale di Ancona il quale in sentenza riteneva le voci di danno correttamente quantificate del CTU.
vigendo ed essendo applicabile al caso di specie la Legge 2359 del 1865 e l’orientamento giurisprudenziale di cui si parlerà a pagina 31 e seguenti del presente atto (almeno fino alla sentenza di I grado successivamente alla quale è stato introdotto – anche per i processi pendenti, la normativa più sfavorevole di cui all’art 5-bis L. 359/1993) il Ctu qualificava l’area come edificabile per le seguenti ragioni (pag 4 della CTU a firma del geom Massaro):
– trattasi di terreno occupato di complessivi metri 15.270 comprendente le due particelle site nel Comune di OMISSIS nel comprensorio destinato ad ospitare le attività sportive della città;
– il terreno è ubicato lungo la SS 76 chiamata via Dante ad una distanza dal centro storico di circa 1,5 KM;
– il terreno si può considerare in piano e buono per la edificazione
– l’attuale destinazione è zona per gli impianti sportivi e specificatamente fa parte del comprensorio dello stadio per partite di pallacanestro
– nelle vicinanze sono stati realizzati altri stadi per partite delle varie attività sportive (calcio, nuoto ecc) con annessi impianti vari (palestra, piscine, piste varie ecc.);
– nel lato opposto della strada statale è stata realizzata una zona residenziale con edifici anche di rilevante intensità abitativa;
– per quanto riguarda i collegamenti vari la zona è ottimamente servita
– anche prima della realizzazione della suddetta zona sportiva, per natura e posizione, i terreni avevano una richiesta molto elevata.
Il CTU – per avere maggiori riferimenti su cui fondare la valutazione – effettuava anche una ricerca per conoscere i VALORI DI LIBERO MERCATO indicato in alcuni atti di compravendita di terreni adiacenti concludendo che, in quella specifica zona, si erano compravenduti terreni per un valore medio di circa lire 44.000 al metro quadrato.
Il CTU, in conclusione, riscontrava:
– un’oggettiva idoneità morfologica all’edificazione;
– una edificabilità risultante dal PRG, anche se per fini sportivi e non abitativi peraltro riconosciuta anche dal Comune con la propria CTP.
Secondo il CTU il valore effettivo del terreno oggetto di causa avrebbe dovuto essere determinato con riferimento al giugno 1985 in L. 554.561.250.
L’ indennità per il periodo di occupazione legittima veniva computata sulla base di 1/12 del valore venale come in precedenza calcolato rapportato al periodo di occupazione effettiva e risultava pari a 119.490.204.
La CONSULENZA TECNICA DI I GRADO
DELLE PARTI RICORRENTI (doc. 4)
Il Consulente incaricato dagli attori – esaminata la normativa ormai consolidata in situazioni analoghe e facendo riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 1983 – premetteva che i criteri da adottare per la stima dei fondi erano quelli stabiliti dagli art. 39 e seguenti della legge 2359 del 1865 dai quali si desume che
“l’indennità dovuta allo espropriato consisterà nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”
Il tecnico incaricato dalle ricorrenti nel condividere la impostazione del Consulente d’Ufficio geom .Massaro effettuava le seguenti osservazioni:
– il costo di produzione di un alloggio riferito al 15-6-1985 è ricavato dai valori del costo base di produzione al mq. di edifici di civile abitazione stabiliti con D.P.R. 4-6-1985 n. 267 per costruzioni terminate entro il 31-12-1985. Detti valori sono rispettivamente pari a L. 840.000 e Lire 900.000 ;
– l’indicazione del CTU circa l’incidenza del valore dell’area rispetto al valore venale complessivo dell’insediamento è eccessivamente penalizzante per gli attori e comunque certamente non corrispondente alle contrattazioni usuali fra imprese costruttive e privati proprietari di aree edificabili; il CTP affermava che la stessa era solitamente èari al 20% circa o in subordine tra il 12% e il 15% (art 22 Lettera c L. 392 del 1978);
– il Consulente di parte giudicava estremamente basso il valore di mercato stabilito dal CTU pari a lire 42.000 al metro quadrato che per esperienza diretta del medesimo e per le interviste fatte ai proprietari limitrofi doveva essere stabilito in una misura non inferiore a lire 70.000 per l’anno 1985;
– il Consulente di parte criticava, infine, il riferimento – ai fini della determinazione del valore – alla media tra il valore venale edificabile ed il valore agricolo in quanto escluso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 1983 e dal criterio di stima della L. 2359 del 1865.
Il Consulente di parte proponeva, quindi, il seguente calcolo di stima:
– superficie espropriata mq 15.270;
– cubatura lorda realizzabile pari a metri cubi 45.810;
– superficie lorda realizzabile 45.810 : 3,00 = 15270;
– riduzione per superfici di ingombro: 15270 x 0,8 = 12.216.
Il VALORE VENALE prudenziale che si ricava con il costo base di produzione sopra determinato è pari a lire 867.000 x 12216 x 12% = lire 1.270.952.640 ( € 656.392,00 ).
Oltre a detto calcolo il Consulente di parte offriva come valutazione la stima di lire 70.000 a mq ricavata dal riferimento alla media dei valori di mercato dei fondi dei proprietari confinanti (oltre che per esperienza diretta): 15270 x lire 70.000 = lire 1.068.900.000 ( € 552.040,00 ).
Giungeva così alla stima del valore venale medio di lire 1.169.926.320 ( € 604.216,00 )
Ad essa andava quindi aggiunta l’indennità di occupazione temporanea stimata in lire 292.481.500 ( lire 1.169.926.320 : 12 x 3 anni) per un totale complessivo (compresa rivalutazione al 2.8.1988 di lire 1.697.571.000 ( € 876.722,00 ).
La CONSULENZA TECNICA di I grado
DEL COMUNE DI OMISSIS
Anche la consulenza del Comune redatta dal Direttore dell’Ufficio Tecnico Comunale indica le are oggetto dell’occupazione come da sempre destinate a verde, strade e d impianti sportivi e valuta detta area in lire 32.000 al mq insistendo affinché le somme dovute a titolo di risarcimento del danno fossero quelle determinate dal proprio CTP per un totale di lire 420.980.648 ( € 217.418,00 di cui lire 336.784.519 per valore venale dell’area e lire 84.196.129 per indennità di occupazione). Valori che si ricavano direttamente dagli atti di casua e, peraltro, confermati in sede di appello dal Comune.
In conclusione
SIA IL CTU in I grado CHE I CONSULENTI TECNICI DELLE PARTI CONCORDAVANO CHE AL CASO DI SPECIE DOVESSE APPLICARSI l’allora vigente ART 39 DELLA L. 2359 DEL 1865 da cui si desume che:
“L’indennità dovuta allo espropriato consisterà nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”.
Tale valutazione – come oltre si dirà – verrà stravolta nel corso del giudizio di appello dal momento che – OTTO MESI DOPO LA SENTENZA DI PRIMO GRADO nell’aprile del 1996 – entrava in vigore (23-12-1996) il più volte da questa Corte esaminato ius superveniens costituito dll’art 5-bis della legge L. 359/’92, così come modificato dalla legge 23.12.1996 n.662. Introdotta tale nuova normativa (espressamente applicabile per legge ai processi PENDENTI come era quello dei ricorrenti non essendo ancora passata in giudicato la sentenza di I grado) il Comune proponeva appello con atto di citazione notificato ed iscritto al ruolo nei primi mesi del 1997 con il quale il Comune (in appello) chiedeva ed otteneva l’espletamento di una nuova CTU e l’affidamento ad essa sia della valutazione circa l’edificabilità del fondo in questione sia il valore da attribuire allo stesso secondo i nuovi criteri introdotti dalla L. 359/1992.
All’udienza del 3.5.1991 venivano rassegnate le conclusioni e alla successiva udienza collegiale del 13.10.1995, la causa veniva spedita a sentenza.
Con le conclusioni rassegnate all’udienza del 3.5.1991, gli attori richiedevano – in via alternativa- la condanna del Comune di OMISSIS alla corresponsione, in favore, del risarcimento dei danni derivanti dalla perdita del diritto di proprietà ovvero l’indennità di esproprio. In via cumulativa veniva invece richiesta la corresponsione di un indennizzo per l’occupazione di urgenza e di una somma a titolo di risarcimento dei danni conseguenti al mancato rendimento dei beni durante il periodo di occupazione legittima, il tutto con interessi e rivalutazione monetaria fino alla data dell’effettivo pagamento.
Si evinceva dall’esposizione dei fatti operata da parte attrice e non contestata dal convenuto che l’utilizzazione delle aree occupate per le finalità pubbliche prefissate (parte del complesso sportivo della città di OMISSIS) era avvenuta entro il triennio di occupazione legittima. Decorso detto periodo, non risultava intervenuto alcun decreto di esproprio.
Nel caso di specie il bene veniva irreversibilmente trasformato per mezzo della realizzazione di un’opera pubblica e quindi non era più restituibile al privato.
Si veniva così a creare, la perdita della destinazione propria del fondo e il conseguente azzeramento del contenuto sostanziale del diritto di proprietà del privato (così in ultimo sintetizzando le più significative pronunce della suprema Corte – Corte Cost. 23.5.1955 N.88).
Affermava il Tribunale che nel caso qui in esame, essendo stata l’opera pubblica realizzata entro il termine di efficacia del provvedimento di occupazione, gli effetti estintivo vengono a realizzarsi al momento della scadenza di detto termine, quando la radicale trasformazione del suolo diventa giuridicamente rilevante per la produzione di detti effetti. Gli attori avevano quindi diritto alla corresponsione di:
– un’indennità per il periodo di occupazione legittima compreso tra il 15.6.1982 e il 15.6.1985;
– il risarcimento dei danni, commisurato al valore venale del bene irreversibilmente perduto alla data del 15.6.1985.
LA DECISIONE DI I GRADO
Sentenza n.180/’96 del 20.10.1995 depositata in data 5.04.1996 (doc. 5)
Affermava, quindi, il Tribunale che l’obbligazione della P.A. di corrispondere ai privati proprietari il controvalore dell’ area acquisita a titolo originario aveva fondamento in un illecito, esso costituiva debito di valore ed era quindi necessario esprimere – in termini attuali al tempo della decisione – il valore del bene, stimato dal CTU nel momento in cui si era perfezionata la fattispecie acquisitiva. La somma di L. 554.561.250 necessitava di essere rivalutata utilizzando indici annuali medi di svalutazione.
Sulla somma rivalutata dovevano essere calcolati gli interessi legali, i quali – in assenza di specifici elementi di prova- costituiva l’ unico criterio utilizzabile per la determinazione del danno conseguente al ritardato ottenimento dell’ equivalente monetario del bene. (Cass. 20.06.1990 n. 6209).
Sull’ indennità per occupazione legittima, in quanto non correlata ad alcuna pretesa risarcitoria, in assenza di elementi probatori idonei a dimostrare il concreto pregiudizio subito per il ritardo, dovranno essere calcolati gli interessi legali a far data dal 15.6.1985.
Il Tribunale, quindi, con sentenza n.180/’96 del 20.10.1995 depositata in data 5.04.1996 si pronunciava definitivamente sulla causa n. 2383/87 promossa da OMISSIS Maria, OMISSIS Enrico, OMISSIS Lucia, OMISSIS Ida e OMISSIS Pierina nei confronti del comune di OMISSIS ogni contraria istanza ed eccezione disattesa così decidendo:
1) condannava il convenuto al pagamento della somma di L. 554.561.250, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma annualmente rivalutata, dal 15.6.1985 alla data della presente sentenza;
2) condannava il convenuto al pagamento delle spese del giudizio – che liquidava in complessive L. 22.160.000 ( L. 260.000 per spese , L. 1.900.000 per diritti del procuratore e L. 20.000.000 per onorari di avvocato) oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge – e delle spese di CTU, già liquidate in L. 2.410.250.
GIUDIZIO DI SECONDO GRADO
DINANZI ALLA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Il Comune di OMISSIS proponeva appello avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale Civile di Ancona n. 180/’96 del 5.4.1996 con la quale il Comune appellante era stato condannato a pagare agli appellati le somme nella stessa sentenza precisate a titolo di risarcimento danni per l’ occupazione dei terreni irreversibilmente perduti perché occupati dal Comune e da questi acquistati a titolo originario.
Ciò poteva fare il Comune in quanto – OTTO MESI DOPO LA SENTENZA DI PRIMO GRADO resa nell’aprile del 1996 – era entrato in vigore (23-12-1996) il più volte da questa Corte esaminato ius superveniens costituito dll’art 5-bis della legge L. 359/’92, così come modificato dalla legge 23.12.1996 n.662. Introdotta tale nuova normativa (espressamente applicabile per legge ai processi PENDENTI come era quello dei ricorrenti non essendo ancora passata in giudicato la sentenza di I grado) il Comune ne sfruttava il disposto a sè più favorevole proponendo appello con atto di citazione notificato ed iscritto al ruolo nei primi mesi del 1997 con il quale il Comune (solo in appello) chiedeva ed otteneva l’espletamento di una nuova CTU e l’affidamento ad essa sia della valutazione circa l’edificabilità del fondo in questione sia il valore da attribuire allo stesso secondo i nuovi criteri introdotti dalla L. 359/1992 (tra cui il comma 4 dell’art 5-bis)
Il procuratore dell’appellante (Comune di OMISSIS), infatti, concludeva così:
‘’Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Ancona, in via principale ed istruttoria: ‘’ in riforma della impugnata sentenza del Tribunale di Ancona, pubblicata in data 5.4.1996, in applicazione dell’art. 5 bis L. 359/’92, così come modificato dalla legge 23.12.1996 n.662, previa idonea CTU, rideterminare il reale valore venale dei beni occupati dal Comune di OMISSIS ed acquisiti a titolo originario in forza del principio dell’accessione invertita, e conseguentemente calcolare sulla base dei principi stabiliti dalla suddetta normativa l’importo spettante agli appellati per il titolo di diritto;
in via subordinata ed istruttoria: previa chiamata a chiarimenti del CTU nominato in primo grado, rideterminare la valutazione dei beni oggetto dell’occupazione acquisitiva da parte del Comune di OMISSIS e in accoglimento delle osservazioni del consulente di parte del Comune di OMISSIS quantificare la somma dovuta agli appellati nella misura indicata dal suddetto CTP’’.
Il proc. degli appellati nella comparsa di appello concludeva così (doc. 6):
‘’Piaccia all’ Ecc. ma Corte di Appello di Ancona ….. accertare e dichiarare, anche, si opus, con il richiesto richiamo del CTU la mancanza del preventivo parere del CONI, obbligatorio ai sensi della legge 02.04.1968 n. 526, sul progetto relativo alla costruzione della Palestra Polivalente sul terreno di proprietà degli appellanti al momento dell’ approvazione dello stesso operata ai sensi dell’ art. 1 della legge 03.01.1978 n.1 da parte della Giunta Municipale di OMISSIS con delibera n. 1725 del 30.12.1981 e conseguentemente dichiarare la mancanza di valida ed efficacia dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in assenza del nominato parere preventivo del CONI e la non applicabilità del caso in esame dello ‘’ jus superveniens’’ introdotto dall’ art. 3, comma 65 della legge n. 662 del 1996 che ha aggiunto il comma 7/bis all’ art. 5/bis del D.L. n.333 del 1992 convertito in legge 359/1992 con condanna del Comune di OMISSIS al pagamento in favore degli appellati del valore venale delle aree occupate, senza tener conto dei vincoli preordinati all’esproprio e di inedificabilità posti sugli stessi, a titolo di risarcimento danni derivante da fatto illecito, nella misura liquidata dal Tribunale Civile di Ancona con l’ appellata sentenza, maggiorata degli interessi e della rivalutazione come specificato nella sentenza stessa o in quella che verrà determinata, si opus, con il rifacimento di una nuova CTU, con condanna dell’appellante alla corresponsione agli appellati della indennità di occupazione agli stessi dovuta per legge e degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme dovute a partire dal giorno dell’occupazione dell’area fino al saldo.
In subordine qualora si dovesse ritenere valida ed efficace la dichiarazione di pubblica utilità nonostante la mancanza del parere preventivo del CONI sul progetto approvato con delibera della Giunta Municipale n. 1725 del 30.12.1981, accertare e dichiarare che l’area occupata dal Comune di OMISSIS era al momento dell’occupazione avvenuta il 15.06.1982 edificabile in quanto tale l’ aveva resa la variante automatica apportata dal Comune di OMISSIS alla destinazione originaria dell’ area, con l’ approvazione del progetto di costruzione della Palestra Polifunzionale, realizzata sull’ area stessa, operata ai sensi dell’ art. 1 della Legge n.1/78 in data 30.12.1981 con conseguente condanna del Comune al pagamento del risarcimento per l’occupazione dell’area stessa nella misura stabilita dalla sentenza di primo grado con applicazione su tale valutazione delle decurtazioni volute dalla nuova norma sopravvenuta o nella misura che verrà determinata con rifacimento di nuova CTU nel corso del presente giudizio, con condanna del Comune al pagamento dell’ indennità disoccupazione e degli interessi e della rivalutazione sulle somme dovute dal giorno dell’ occupazione al saldo.
In via ancora subordinata qualora l’area in questione, nonostante tutto, dovesse essere ritenuta ‘’inedificabile’’ e si dovesse ritenere da applicare la nuova normativa in vigore accertare e dichiarare che l’area deve essere valutata non come area “agricola” con vincolo di rispetto ambientale, ma come pura e semplice area inedificabile con applicazione alla stessa dei valori calcolati per tali di aree e dallo stesso Comune di OMISSIS con le tabelle Prodotte agli atti di causa da parte opponente come allegati alla consulenza tecnica di parte, valori maggiorati degli interessi legali e della rivalutazione monetaria al momento dell’occupazione al saldo, con pagamento delle relative indennità di occupazione maturate e maturande. Con conferma della sentenza appellata per le parti che riguardano la condanna del Comune alle spese, competenze ed onorari del giudizio di primo grado, con rigetto dell’appello proposto dal comune di OMISSIS e con condanna dello stesso al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio di appello’’.
All’ udienza del 10.01.2002 l’ Avv. Alessi per parte convenuta depositava certificato di morte di OMISSIS Enrico e chiedeva l’ interruzione della causa . Il G.I. dichiarava l’ interruzione della causa. All’ udienza del 13.6.2002 l’ avv. Moretti per il Comune di OMISSIS depositava originale di notifica dell’ atto di riassunzione.
Si costitutiva in giudizio l’ Avv. Alessi per OMISSIS Abdenago, erede di OMISSIS Enrico, chiedendo la condanna del Comune per fatto illecito generatore di danno nei confronti dell’ appellato e degli altri aventi la stessa posizione processuale.
Anche nel secondo grado veniva espletata una consulenza tecnica.
La CONSULENZA TECNICA d’ufficio
DEL GIUDIZIO D’APPELLO (doc. 7)
A tale proposito basti precisare che il Consulente tecnico è stata costretto a procedere alla valutazione del fondo secondo la NUOVA normativa appena introdotta dalla L. 662 del 1996 modificativo dell’art 5-bis della L. 359 del 1992 ED ESTESA ANCHE AI GIUDIZI PENDENTI i cui criteri sono risultati più sfavorevoli per i ricorrenti rispetto al valore pieno di mercato secondo la libera contrattazione tra le parti previsto dalla legge 2359 del 1865.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Venivano, quindi, precisate le conclusioni di entrambe le parti, e la causa veniva assegnata in decisione all’udienza collegiale dell’ 8.10.2003.
La Corte d’Appello riteneva fondato l’appello sulla base delle seguenti considerazioni.
“L’appello è fondato e merita accoglimento. Il CTU all’esito degli accertamenti demandatagli, stabiliva che l’area oggetto di occupazione da parte del Comune di OMISSIS era dal punto di vista urbanistico, sia alla data dell’occupazione che a quella antecedente dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica, urbanisticamente zonizzata come area agricola, con vincolo di tutela ambientale’’. Il CTU precisava che la trasformazione dell’area e la conclusione dei lavori in data 11.3.1983 si verificarono addirittura prima dell’adozione della variante al PRG avvenuta in data 24.2.1984, e pertanto nel periodo in cui l’area era sicuramente non edificabile; in altri termini, in base alla destinazione urbanistica disposta al momento dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica era qualificata come agricola. Di conseguenza, a norma dell’ art. 5 bis, comma quarto della L. 8.8.1992, n. 359, si applicavano le norme di cui al titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865 che determinavano il valore dell’area con riferimento ai parametri contenuti nella tabella definita annualmente dalla Commissione Provinciale Espropri e pubblicati sul BUR Marche. Ciò posto il CTU determinava in L. 11.202.072 l’indennità di esproprio e in L. 2.799.398 l’indennità di occupazione d’urgenza, per un totale di L. 14.001.470.
Quindi la Corte, in accoglimento dell’appello, liquidava pertanto ai Sig. ri OMISSIS l’ anzidetta somma di L. 14.001.470, con rivalutazione ISTAT e sulla somma annualmente rivalutata, dall’ 11.3.1983 (data di cessazione dei lavori), sino al saldo effettivo. Veniva respinta la domanda nuova ai sensi dell’ art. 345 c.p. C.. Veniva compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio, come richiesto dall’ appellante.
Pertanto, la Corte di Appello di Ancona sull’appello proposto dal Comune di OMISSIS in persona del sindaco pro tempore, in riforma della sentenza di primo grado del tribunale di Ancona n, 180/’96 provvedeva:
1) in accoglimento dell’ appello e in totale riforma dell’ impugnata sentenza, liquidava in favore degli attori la somma complessiva di L. 14.001.470, indicata nella CTU, con la rivalutazione secondo gli indici ISTAT e gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dall’ 11.3.1983 (data di cessazione dei lavori), sino al saldo effettivo; 2) compensava le spese di entrambi i gradi di giudizio.
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA’ DINANZI
LA CORTE DI CASSAZIONE
Con ricorso notificato il 15.12.2004 (doc. 9), depositato presso la cancelleria della Corte suprema di Cassazione in data 28.12.2004 ed iscritto a ruolo generale al n. 28249, ed illustrato con memoria ex art 378 cpc (doc. 10) i sig.ri OMISSIS Lucia, OMISSIS Ida, OMISSIS Pierina, OMISSIS Abdenago (quale erede di OMISSIS Enrico) e Ripanti Alessandro (quest’ultimo erede di OMISSIS Maria), impugnavano la sentenza n. 837/2003, resa dalla Corte di Appello di Ancona il 26.11.2003, depositata il 27.12.2003 e registrata il 27.2.2004, con la quale la Corte giudicante accoglieva l’appello proposto a suo tempo dal Comune di OMISSIS, in persona del suo sindaco pro- tempore, avverso la sentenza n. 180/’96 di primo grado del Tribunale Civile di Ancona.
I ricorrenti a sostegno dell’impugnazione denunziavano:
La Corte di Cassazione rigettava la richiesta dei ricorrenti con sentenza 19213 del 4-9-2009 (doc. 11) con la seguente motivazione
“Il primo ed il secondo motivo del ricorso, che essendo connessi consentono esame unitario; al relativo rigetto seguiva anche l’assorbimento al terzo motivo di ricorso. Ai sensi del previgente art. 345 c.p. c., applicabile ratione temporis, la Corte distrettuale riteneva ineccepibilmente inammissibile perché veniva ritenuta nuova la domanda, volta all’accertamento dell’invalidità della dichiarazione di pubblica utilità per cause antecedenti l’introduzione della lite, quale circostanza ostativa alla configurabilità dell’occupazione appropriativa ed idonea a fare ricondurre la pretesa attorea nel diverso ambito nel risarcimento del danno da occupazione illegittima ‘’ ab origine’’, ossia della cd. occupazione usurpativa, dal momento che l’occupazione espropriativa si configurava come ontologicamente diversa rispetto all’occupazione usurpativa, le due azioni essendo caratterizzate da una diversa “causa petendi” (in tema, cfr 200115687; 2001513001; 200622479; 200810560).
Nella specie, inoltre, per la liquidazione del risarcimento, i giudici di merito, una volta qualificato il suolo come agricolo in base alla destinazione urbanistica, veniva applicato i criteri di cui alla L. 865 del 1971, titolo 2° richiamato dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4 ( non interessato dalla pronuncia di incostituzionalità n. 348 del 2007 – cfr. Cass. 200803022) e non già il medesimo art. 5 bis, comma 7 applicabile ai soli suoli edificabili (cfr. Cass. 2007-14783), per cui la censure, che non involgono specificatamente la qualificazione dell’area come agricola né i criteri di liquidazione applicati o il quantum, e che in sintesi finale riassuntiva vengono volte alla declaratoria d’inapplicabilità del citato comma 7 bis, non appaiono idonee ad attingere la ratio decidendi dell’impugnata pronuncia né ad evidenziare l’interesse del gravame. Conclusivamente il ricorso veniva respinto, con condanna in solido dei ricorrenti soccombenti al pagamento, in favore del Comune, delle spese di giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. La Corte di Cassazione Sez. I con sentenza n.19213 del 4.9.2009 rigettava il ricorso e condannava in solido i ricorrenti a rimborsare al comune di OMISSIS le spese del giudizio di Cassazione, che liquidava in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
III
– EXPOSÉ DE LA OU DES VIOLATION(S) DE LA CONVENTION ET / OU DES PROTOCOLES ALLÉGUÉE(S), AINSI QUE DES ARGUMENTS À L’APPUI
– STATEMENT OF ALLEGED VIOLATION(S) OF THE CONVENTION AND / OR PROTOCOLS AND OF RELEVANT ARGUMENTS
– ESPOSIZIONE DELLA O DELLE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE LAMENTATE DAL/DALLA RICORRENTE NONCHÉ DELLE RELATIVE ARGOMENTAZIONI
(Voir chapitre III de la note explicative)
(See Part III of the Explanatory Note)
(Si veda il capitolo III della nota esplicativa)
Violazione dell’art. 1 prot. 1 C.E.D.U..
I ricorrenti hanno subito una grave violazione del diritto al rispetto dei loro beni assicurato dall’art. 1 Prot. 1 C.E.D.U., nella parte in cui dispone:
«Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni Precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende».
Sul punto i ricorrenti richiamano, in primo luogo, l’applicazione al proprio caso dei principi della Corte Europea stabiliti nella giurisprudenza in materia di OCCUPAZIONE ACQUISITIVA.
Nel caso di specie, la Corte dovrà constatare anzitutto che le parti sono d’accordo sul fatto che vi sia stata una «privazione dei beni» ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo nº 1.
Come essa ha più volte precisato l’articolo 1 del Protocollo nº 1 contiene tre norme distinte :
« la prima, espressa nella prima frase del primo capoverso e che è di carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà ;
la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, considera la privazione della proprietà e la sottopone a determinate condizioni;
quanto alla terza, che compare nel secondo capoverso, essa riconosce agli Stati la facoltà, fra le altre, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale (…).
Non si tratta pertanto di regole prive di rapporto fra loro.
La seconda e la terza si riferiscono ad alcune ipotesi particolari di pregiudizio al diritto di proprietà; pertanto, esse devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima » (vedasi, fra l’altro, la sentenza James e altri c. Regno Unito, sopra citata, al § 37, la quale riprende in parte i termini dell’analisi che la Corte ha sviluppato nella sua sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 Settembre 1982, serie A nº 52, p. 24, § 61; vedansi anche le sentenze I Santi Monasteri c. Grecia, 9 Dicembre 1994, serie A nº 301-A, p. 31, § 56 ; Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 55, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 106, CEDH 2000-I).
Il provvedimento di cui sono stati destinatari i ricorrenti si ingerisce nel diritto che concerne i beni e non tiene conto del «giusto equilibrio» fra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedasi, fra le altre, in Sporrong e Lönnroth, sentenza precitata, p. 26, § 69).
La cura di assicurare un tale equilibrio si riflette nella struttura dell’intero articolo 1 del Protocollo nº 1 nella sua interezza e quindi anche nella seconda frase, che deve leggersi alla luce del principio sancito dalla prima.
In particolare, in tutte le disposizioni applicate dallo Stato deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità fra i mezzi impiegati e il fine perseguito, comprese quelle che privano una persona della sua proprietà (Pressos Compañia Naviera S.A. E altri c. Belgio, sentenza del 20 Novembre 1995, serie A nº 332, p. 23 ; Ex re di Grecia e altri c. Grecia [GC], nº 25701/94, § 89-90. CEDH 2000-XII ; Sporrong e Lönnroth, p. 28, § 73, sentenza precitata).
Onde determinare se i termini contenziosi rispettino il desiderato «giusto equilibrio», e particolarmente se essi non facciano pesare sui ricorrenti un carico sproporzionato, è il caso di prendere in esame le modalità di indennizzo previste dalla legislazione interna.
A questo proposito la Corte ha già detto che, senza il versamento di una somma che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un pregiudizio eccessivo.
Una mancanza di indennizzo totale non potrebbe essere giustificata, sulla base dell’articolo 1 del Protocollo nº 1, che in circostanze eccezionali (I Santi Monasteri, p. 35, § 71, Ex re di Grecia e altri, § 89, sentenze precitate). Questa disposizione non garantisce in tutti i casi il diritto a una riparazione integrale (James e altri, sentenza precitata, p. 36. § 54 ; Broniowski c. Polonia [GC], nº 31443/96, § 182, CEDH 2004-V).
Se è vero che in molti casi di espropriazione, come quello dell’espropriazione isolata di un terreno per la costruzione di una strada o per altri fini di « pubblica utilità », solo un indennizzo integrale può venire considerato come ragionevolmente in rapporto col valore del bene, questa regola non è tuttavia senza eccezioni (Ex re di Grecia e altri c. Grecia [GC] (equa soddisfazione), nº 25701/94, § 78), invece, degli obiettivi legittimi di « pubblica utilità », quali quelli perseguiti da misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono condurre ad un rimborso inferiore al pieno valore di mercato (Scordino c. Italia (nº 1), precitata, §§ 93-97). Nel caso di specie resta pertanto da ricercare se, nel quadro di una privazione di proprietà illecita come devono essere definite le ipotesi di ACCESSIONE INVERTITA, i ricorrenti abbia, inoltre, dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo.
I ricorrenti fanno presente che per determinare se c’è stata “privazione di beni” occorre non soltanto esaminare se c’è stata espropriazione o espropriazione formale, ma ancora osservare gli aspetti ed analizzare la realtà della situazione controversa.
La convenzione mirando a proteggere diritti “concreti ed effettivi”, occorre ricercare così se la suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, decisione del 23 settembre 1982, serie A n. 52, pp 24-25, § 63).
La Corte dovrà rilevare che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il Tribunale di Ancona, la Corte d’Appello di Ancona e la Corte di Cassazione hanno considerato i ricorrenti come privati del loro bene a partire dal momento in cui il terreno era stato irreversibilmente trasformato dai lavori di costruzione del palazzetto dello sport.
In mancanza di un atto formale d’espropriazione, la constatazione d’illegalità da parte del giudice è l’elemento che decide il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato.
In queste circostanze, la Corte dovrà concludere che il giudizio del Tribunale e della Corte d’appello ed infine della Cassazione hanno avuto per effetto di privare i ricorrenti del loro bene ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del protocollo n. 1 (Carbonara e Ventura summenzionato, § 61, e Brumarescu c. Romania (GC), n. 28342/95, § 77, CEDU 1999-VII).
Tuttavia, per essere compatibile con l’articolo 1 del protocollo n. 1, tale ingerenza deve essere operata “a causa d’utilità pubblica” ed “alle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale”.
L’ingerenza deve fornire un “corretto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della Comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong et Lönnroth, précité, p. 26, § 69).
Peraltro, la necessità di esaminare la questione del corretto equilibrio “può farsi sentire soltanto quando è risultato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria” come nel caso dei ricorrenti (Iatridis c. Grecia (GC), n. 31107/96, § 58, CEDU 1999-II, e Beyeler c. Italia (GC), n. 33202/96, § 107, CEDU 2000-I). 40.
Pertanto, al di là della considerazione se vi sia stata una riparazione integrale a favore dei ricorrenti bisogna porre in evidenza la constatazione che è STATO VIOLATO IL PRINCIPIO DI LEGALITA’ (Carbonara, précité, § 62).
Infatti, nessuna legge autorizzava in Italia all’epoca in cui i ricorrenti hanno subito l’esproprio un espropriazione nelle circostanze e nei termini portati avanti dalla Amministrazione Comunale di OMISSIS. Come più volte ricordato da questa Corte la c.d. OCCUPAZIONE ACQUISITIVA è un istituto di creazione giurisprudenziale e non rispetta quindi il requisito di LEGALITA’.
A ben vedere, la condotta illecita ed illegale della pubblica amministrazione pone un rilevante problema: si tratta cioe’ di poter giustificare come se da un atto illegale (la espropriazione della realizzazione dell’opera per fini non legittimi e non legittimamente portati a compimento ed il mancato pagamento del risarcimento per la parte di perdita economica costituita dalla perdita di chances per lo sfruttamento dell’area) possa far nascere diritti e vantaggi (acquisto della proprieta’) a favore del soggetto che abbia violato le leggi.
Sottolineando il principio fondamentale che tutte le ingerenze nel godimento dei diritti e delle liberta’ fondamentali DEBBANO essere siano previste dalla legge, gli organi della Convenzione hanno affinato questa nozione.
E’ stato stabilito infatti che l’espressione “previsto dalla legge” concerne anche la qualita’ della legge, che deve esser compatibile con la preminenza del diritto menzionata nel preambolo della Convenzione.
La Corte non potrà non fare riferimento alla sua giurisprudenza in materia d’espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n. 31524/96, CEDU 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, n. 24638/94, CEDU 2000-VI; fra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, n. 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, n. 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (n. 3), n. 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, n. 67198/01, 13 ottobre 2005, Rosa ed Alba c. Italia (n. 1), n. 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (n. 4), n. 67196/01 ctobre 2005, et Chirò c. Italie (no 4), no 67196/01, 11 octobre 2005),
secondo la quale l’espropriazione indiretta viola il principio di legalità poiché non è atto a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all’amministrazione di aggirare le norme fissate in materia d’espropriazione.
Infatti, in tutti i casi, l’espropriazione indiretta mira a ratificare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dall’amministrazione, e a regolare le conseguenze per il privato e per l’amministrazione, a vantaggio di questa.
Nel presente affare, i ricorrenti fanno rilevare che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il Tribunale di Ancona e la Corte d’Appello di Ancona prima e la Corte di Cassazione poi hanno considerato i ricorrenti privati del loro bene a partire dal momento in cui l’occupazione aveva cessato di essere autorizzata (1985), essendo soddisfatte le due condizioni d’illegalità dell’occupazione e dell’interesse pubblico per essere stata l’opera costruita.
Ma, in mancanza di un atto formale d’espropriazione, i ricorrenti ritengono che questa situazione non può essere considerata come “prevedibile”, poiché è soltanto con la decisione giudiziaria definitiva che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come effettivamente applicato e avvenuta l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico.
Di conseguenza, i ricorrenti non hanno avuto la “sicurezza giuridica” che riguarda la privazione del terreno se non il 04 settembre 2009, data nella quale il giudizio della Corte di Cassazione è diventato definitivo.
Tale situazione ha permesso all’amministrazione di trarre vantaggio da un’occupazione di terreno illegale e dalle modifiche legislative dalla stessa amministrazione introdotte a suo beneficio nel corso del tempo necessario ai tre gradi di giudizio.
In altri termini, l’amministrazione ha potuto acquisire il terreno a dispetto delle norme che disciplinano l’espropriazione nella debita forma e, tra l’altro, senza che un’indennità sia messa in parallelo a disposizione degli interessati.
Infatti, pur essendo iniziata la causa nel 1987 data in cui era in vigore la legge 25.6.1865 n. 2359 che prevedeva un indennizzo corrispondente al valore venale del terreno secondo una libera contrattazione (oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda fino all’effettivo pagamento) – a motivo del prolungarsi del processo è, nel mentre, stato adottato l’art 5 bis della legge 359 del 1992, dapprima applicato ai soli procedimenti pendenti e, quindi esteso a tutti i processi in corso.
Con detta norma è stato mutato dal legislatore italiano il quadro legislativo:
– sia a proposito del criterio giuridico di qualificazione di terreno edificabile e non edificabile (essendo stato abrogato il criterio della c.d. edificabilità di fatto applicabile all’epoca dello esproprio subito dai ricorrenti)
– sia il criterio per stabilire il valore con cui indennizzare i fondi espropriati.
Non sarà inutile precisare che la sentenza di I grado che riguarda i ricorrenti del Tribunale di Ancona è stata depositata il 5 aprile 1996 mentre l’estensione dell’applicazione dei criteri di cui all’art 5-bis 359/1992 ai processi in corso è avvenuto con la legge finanziaria 662/1996 adottata il 23 dicembre 1996.
Pertanto, nel caso di specie si è avuta anche una
Violazione delle norme del giusto ed equo processo
(art 6 par. 1)
dal momento che – a motivo del protrarsi del giudizio – lo Stato e la pubblica amministrazione (Comune di OMISSIS) hanno potuto trarre un ingiusto profitto da una situazione di illegalità poiché i ricorrenti:
– nel 1982 subivano la privazione ILLECITA ED ILLEGALE della loro proprietà e, quindi, già solo per tale motivo avrebbero dovuto essere risarciti con il valore pieno di mercato del fondo senza alcun riferimento alla normativa sulle espropriazioni;
– benché a detta data fosse vigente l’art 39 della L. 2359 del 1865 che stabiliva per i proprietari espropriati un indennizzo equiparato al valore di mercato del fondo i ricorrenti alcun pagamento ricevevano dal Comune di OMISSIS;
– i ricorrenti erano costretti ad adire nel 1987 il Tribunale di Ancona e nel corso di tale giudizio veniva adottato dallo Stato italiano lo IUS SUPERVENIENS costituito dall’art. 5 bis L. n. 359 del 1992 che mutava il quadro normativo per i soli procedimenti espropriativi non conclusi;
– quindi, nel dicembre del 1996 dopo la sentenza di I grado (aprile 1996) interveniva la seconda modifica del quadro normativo, introdotto dalla legge n.662 del dicembre del 1996, art. 3, comma 65, che estendeva l’applicazione dei nuovi criteri introdotti dall’art 5-bis della Legge 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 anche ai giudizi pendenti;
– in conseguenza di tale nuova normativa a sè più favorevole ciò il Comune di OMISSIS appellava la sentenza di I grado (depositata solo qualche mese prima il 5-4-1996) e chiedeva alla Corte di Appello di Ancona di applicare la nuova normativa del tutto pregiudizievole per i ricorrenti;
– la Corte d’appello disponeva nuova CTU che accertava il valore dei fondi dei ricorrenti non in base al valore di mercato dei fondi bensì al valore agricolo degli stessi e ai nuovi criteri stabiliti dalla nuova normativa (e non in più in base al valore di mercato stabilito dalla L. 2359 del 1865).
Pertanto, i ricorrenti hanno subito un processo non-equo e non imparziale in violazione dell’art. 6 par. 1 e dell’art 1 prot 1.
Infatti, alla situazione di illegalità generata dall’espropriazione del proprio fondo in maniera non conforme alla legge si è aggiunta l’ulteriore violazione di cui sopra.
IN DEFINITIVA, il Comune di OMISSIS ha tratto un duplice vantaggio dalla situazione di illegalità da esso stesso creata:
– la privazione del fondo dei ricorrenti contro la legge;
– l’indennizzo del valore dello stesso in base a criteri di valutazione peggiorativi rispetto alla data dell’esproprio ed introdotti da una normativa (L. 359/1992 art 5-bis) tesa a sanare ex post la situazione di ILLEGALITA’ dalla stessa pubblica amministrazione creata.
I ricorrenti, quindi, hanno subito la privazione della loro proprietà:
* SENZA UN MOTIVO DI PUBBLICA UTILITA’
* SENZA il rispetto del PRINCIPIO DI LEGALITA’ anzi in maniera ILLECITA per i motivi appena detti
* subendo un carico ingiusto e sproporzionato in virtù di un’applicazione ARBITRARIA, PERVERSA ED INGIUSTA della normativa in materia introdotta, per altro, quando gli stessi avevano già ottenuto dalle Autorità italiane giurisdizionali una sentenza favorevole che riconosceva il carattere edificatorio del fondo e, quindi, il suo valore venale PIENO.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte non potrà non ritenere che l’ingerenza controversa non sia compatibile con il principio di legalità e che sia stato dunque violato il diritto al rispetto dei beni dei ricorrenti.
Quanto al diritto dei ricorrenti all’indennizzo integrale IN BASE AL VALORE EDIFICABILE DELL’AREA
Si tratta nella fattispecie di un caso di espropriazione isolata, che non si colloca in un contesto di riforma economica, sociale o politica, e che non è collegata ad alcun’altra circostanza particolare (sul terreno dei ricorrenti è stato edificato un palazzetto dello sport).
Conseguentemente, la Corte dovrà ravvisare che non esiste alcun obiettivo legittimo di « pubblica utilità » che possa giustificare un rimborso talmente inferiore al valore di mercato.
Tenendo conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte dovrà ritenere che l’indennizzo accordato alla ricorrente non è adeguato, considerati l’esiguità della cifra e l’assenza di motivi di pubblica utilità che potessero legittimare un indennizzo talmente inferiore al valore di mercato del bene al momento della espropriazione.
Infatti, nonostante anche il Comune di OMISSIS durante il giudizio di I grado avesse operato una valutazione sul valore venale del terreno (sebbene inferiore a quella dei ricorrenti) – ai ricorrenti è stato riconosciuto solo il valore AGRICOLO del bene al 1985
per effetto dell’applicazione perversa, illegittima illegale ed arbitraria della NORMA DI CUI All’art 5-bis della L. 359/1992 e della legge 662/1996,
ciò in luogo del VALORE di MERCATO del FONDO nell’ambito di una libera trattativa tra privati siccome stabilito dalla legge 2359 del 1865) E SECONDO LA C.D. Edificabilità di fatto.
Tale concetto prima della introduzione dell’art 5.bis
era stato più volte ribadito dalla Corte di cassazione
la quale aveva ripetutamente affermato QUANTO SEGUE circa la:
legge 25 giugno 1865 n. 2359, art. 39
i criteri di determinazione dell’indennità:
la possibilità legale ed effettive di edificazione
il fondo edificabile con utilizzazione agricola
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, è irrilevante la classificazione catastale del terreno o la sua concreta utilizzazione agricola da parte del proprietario o di coloni, occorrendo tener conto delle concrete attitudini edificatorie del suolo stesso, che possono essere desunte da indiretti, ma inequivoci elementi obiettivi, quali quelli evincibili dall’ubicazione del terreno, dall’accessibilità, dallo sviluppo edilizio della zona, nonché dalla presenza di infrastrutture e di servizi pubblici. Tuttavia la potenzialità o la vocazione edificatoria che si riconosce anche ai terreni coltivati non destinati espressamente dagli strumenti urbanistici all’edilizia, non può Essere messa in discussione quando lo stesso Comune per sua libera scelta classifica l’area in cui è compreso il fondo espropriato come residenziale.
Sez. I, sent. n. 1797 del 14-04-1989, Comune di Ferrara c. Castaldi (rv 462490
In tema di espropriazione per pubblica utilità, l’edificabilità effettiva – quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori – può venir ridotta o addirittura esclusa dalle caratteristiche morfologiche o dalla limitata superficie del suolo o da altre circostanze ostative di fatto alla realizzazione del manufatto, mentre esula dalla questione dell’astratta potenzialità edificatoria la circostanza che la costruzione effettivamente realizzabile risponda o no a criteri di convenienza e di profitto, così come ogni altra considerazione di carattere meramente economico. Il carattere edificatorio di un suolo può essere desunto, o in via diretta in base alla destinazione risultante dagli strumenti urbanistici o in via indiretta in base ad altri elementi che ne attestino l’attitudine ad essere edificato in concreto quali, ad esempio, l’ubicazione, l’accessibilità, l’esistenza di servizi e infrastrutture, lo sviluppo della zona.
Sez. I, sent. n. 774 del 27-01-1998, Vignarca c. Comune di Seveso (rv 511957).
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il carattere edificatorio di un terreno può essere desunto dagli strumenti urbanistici in atto o in via di adozione o anche da altri elementi che attestino, comunque, una concreta attitudine all’edificabilità, quali l’ubicazione, l’accessibilità, lo sviluppo della zona nonché l’esistenza di servizi pubblici. Pertanto, va considerato edificatorio (sia pure nei limiti di un insediamento produttivo) il suolo che sia indicato come tale nel piano per gli insediamenti produttivi (di cui all’art. 27 della legge 22 ottobre 1971 n. 865), il quale deve prevedere – in base al richiamo alle norme riguardanti i piani per l’edilizia economica e popolare (legge 18 aprile 1962 n. 167) – la rete stradale e la delimitazione degli spazi destinati ad opere pubbliche ed impianti di pubblico interesse, la suddivisione in lotti e la loro utilizzazione, l’ubicazione, la tipologia e le modalità costruttive dei vari edifici nonché gli elenchi catastali delle proprietà comprese nel piano stesso.
Sez. I, sent. n. 11811 del 12-12-1990, Comune di S. Casciano in Val di Pesa c. Semplici (rv 470119).
In tema di espropriazione per pubblica utilità e di determinazione della relativa indennità, il carattere edificatorio di un suolo può essere desunto o, in via diretta, in base alla destinazione risultante dagli strumenti urbanistici ovvero, in via indiretta, in base ad altri elementi, purché obiettivamente sicuri, che attestino che il suolo ha in concreto un’attitudine edificatoria, quali, ad esempio, l’ubicazione, l’accessibilità, lo sviluppo della zona, l’esistenza di servizi e infrastrutture: corrispondentemente, mentre nel primo caso è in primo luogo agli strumenti urbanistici che occorre fare riferimento per decidere del tipo di sfruttamento consentito e perciò del valore che può essere riconosciuto al terreno, nel secondo deve aversi riguardo alla concreta e specifica destinazione del suolo ad un certo tipo di attività edilizia, con riguardo a quella in atto nella zona in cui il fondo espropriato è compreso, sempre che non sia contrastante la previsione generale del relativo piano regolatore.
Sez. I, sent. n. 6803 del 14-12-1988, Terranova c. Costilletti (rv 461052).
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il carattere edificatorio del terreno espropriato può essere desunto oltre che dalla destinazione risultante dagli strumenti urbanistici in atto, o in via di adozione, anche da altri elementi certi ed obiettivi che attestino comunque la concreta attitudine alla edificabilità, come quelli concernenti l’ubicazione del fondo, lo sviluppo edilizio della zona, l’esistenza di impianti e di esercizi pubblici necessari alla vita di una comunità sociale, la prossimità alle vie di comunicazione e di collegamento con i centri urbani. Peraltro la vocazione edificatoria del terreno espropriato non può essere desunta dalla generica vicinanza con una sede stradale e dall’avvenuta vendita in zona di altri suoli come edificatori, occorrendo accertare in concreto l’autentico sviluppo edilizio della zona, la specifica accessibilità al fondo, i servizi pubblici e sociali effettivamente realizzati ed operanti in una prospettiva non meramente potenziale, ma di concreto e oggettivo riscontro dell’attitudine edificatoria in esame.
Sez. I, sent. n. 1129 del 04-02-1988, Comune di Maddaloni c. Carbone (rv 457372).
Anche con riguardo ad espropriazione disposta a norma della legge 22 ottobre 1971 n. 865, l’indagine sull’attitudine edificatoria del suolo, implicante la determinazione dell’indennità secondo le regole generali dell’art. 39 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 (a seguito della declaratoria d’illegittimità costituzionale, per le aree edificabili, dei criteri posti dall’art. 16, quinto, sesto e settimo comma, di detta legge, al pari di quelli poi reintrodotti in via provvisoria dalla legge 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe), non è vincolata all’inclusione o meno del terreno negli strumenti urbanistici, ovvero nei perimetri dei centri abitati ai sensi dell’art. 18 della legge stessa, ma deve essere condotta con riferimento alle sue obiettive caratteristiche (ubicazione, accessibilità, sviluppo edilizio nelle zone immediatamente adiacenti, presenza di servizi ed infrastrutture, ecc.).
Sez. I, sent. n. 8859 del 28-11-1987, I.A.C.P. di Napoli c. Morabito (rv 456215).
Il carattere edificatorio di un suolo ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione può risultare o direttamente dal fatto che esso è compreso in un piano regolatore, o indirettamente dall’ubicazione del suolo stesso, considerato in relazione ad un complesso di elementi obiettivi, quali quelli concernenti la sua accessibilità, lo sviluppo edilizio della zona, l’adiacenza con reti varie di collegamento con il centro urbano o la presenza di impianti di esercizi pubblici necessari alla vita di una comunità sociale. Ciò perché la circostanza che un fondo al momento dell’occupazione preordinata all’espropriazione sia concretamente sfruttato a fini agricoli non osta a che il fondo medesimo, ove siano presenti elementi indicativi della sua attitudine all’utilizzazione edilizia, quali l’inclusione in un piano regolatore o in un piano di zona, la presenza degli anzidetti servizi, e delle infrastrutture proprie di una zona urbana, possa essere considerato edificatorio.
Sez. I, sent. n. 4457 del 14-05-1987, Tramontano c. Comune di Pagani (rv 453176).
In tema di espropriazione per pubblica utilità, l’individuazione dei suoli edificatori, per i quali l’indennità deve essere determinata, dopo la declaratoria d’illegittimità costituzionale dei criteri fissati dall’art. 16 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 (e di quelli reintrodotti in via provvisoria dalla legge 29 luglio 1980 n. 385 e successive disposizioni di proroga), in applicazione delle regole generali poste dalla legge 25 giugno 1865 n. 2359, va effettuata indipendentemente dalla loro inclusione o meno in strumenti urbanistici, ovvero nei perimetri dei centri abitati delineati dai Comuni ai sensi dell’art. 18 della citata legge del 1971, e con riferimento alle obiettive caratteristiche e destinazione dei fondi medesimi, quali desumibili da ubicazione, accessibilità, sviluppo edilizio in atto nelle zone immediatamente adiacenti, presenza di servizi pubblici e sociali.
Sez. I, sent. n. 2834 del 22-04-1986, Comune di Ferrara c. Zamorani (rv 445871).
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il carattere edificatorio del terreno espropriato può essere desunto, oltreché dalla destinazione risultante dagli strumenti urbanistici in atto o in via di adozione, anche da altri elementi, certi ed obiettivi, che attestino comunque una concreta attitudine alla edificazione, quali l’ubicazione, l’accessibilità, lo sviluppo della zona, l’esistenza di servizi pubblici ecc. (Nella specie, è stata ritenuta la vocazione edificatoria di un terreno sito fuori del centro abitato, ma in zona di espansione dello stesso e destinato allo sviluppo di preesistenti strutture universitarie).
Sez. I, sent. n. 3085 del 09-05-1986, Università degli studi di Messina c. Russo (rv 446094).
Anche al fine della liquidazione del danno, spettante al proprietario di un fondo a seguito della sua illegittima occupazione ed irreversibile acquisizione nella realizzazione di opera pubblica, la natura edificatoria del fondo medesimo, che non risulti dagli strumenti urbanistici, non può essere desunta dalla mera circostanza della sua ubicazione nelle immediate vicinanze del centro abitato, in quanto devono concorrere ulteriori elementi certi ed obiettivi, idonei ad evidenziare inequivocamente le attitudini edilizie dell’immobile, quali l’accessibilità, la presenza di infrastrutture, l’esistenza di strade pubbliche nelle adiacenze, il collegamento con i servizi essenziali alla vita cittadina.
Sez. I, sent. n. 280 del 23-01-1985, Enel c. Guerrisi (rv 438506).
Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il carattere edificatorio dell’area espropriata può risultare, oltre che direttamente dal fatto che essa è compresa nel piano regolatore di una zona destinata all’edilizia, anche indirettamente da un complesso di elementi certi ed obiettivi, quali l’ubicazione, l’accessibilità per la presenza, nelle immediate adiacenze, di strade pubbliche che ne rendano agevole il collegamento con il centro urbano, l’esistenza di impianti di servizi pubblici (come acqua, energia elettrica, gas, fognature) essenziali per la vita di una comunità, l’edificazione già iniziata, e, in genere, ogni circostanza che attesti una concreta ed attuale edificabilità.
Sez. I, sent. n. 4907 del 01-08-1980, Consorzio autostrada Messina-Catania c. La Spada (rv 40874
Con riguardo ad espropriazione disposta a norma della l. prov. Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, la declaratoria d’illegittimità costituzionale dei criteri indennitari di cui all’art. 12, 1° comma, detta legge (sentenza corte costituzionale n. 231 del 1984) comporta che, per le aree munite di vocazione edificatoria, cioè per tutte quelle che siano edificabili in base alle previsioni degli strumenti urbanistici, ed inoltre per quelle che, in difetto di tali previsioni, siano caratterizzate da edificabilità