Come Contestare la Stima dell’Indennità Espropriativa ex art. 54 DPR 327/2001 e art. 29 D.Lgs. 150/2011: Procedura, Valore di Mercato e Destinazione Urbanistica
Criteri Estimativi, Indice Medio di Edificabilità, Aumento del 10% e Prassi Giurisprudenziale nell’Opposizione alla Stima
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CORTE DI APPELLO DI OMISSIS
R I C O R S O
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
(ART. 54/1 D.P.R. N. 327/2001 ED ART. 29 D.LGS. N. 150/2011)
OMISSIS
difesi e rappresentati nel presente giudizio giusta procura in calce e con poteri disgiunti dall’Avv. OMISSIS ed elettivamente domiciliati presso i rispettivi domicili digitali di posta elettronica certificata, spiegano
C O N T R O
il OMISSIS la presente
OPPOSIZIONE ALLA STIMA
delle indennita’ espropriative determinate con il decreto di esproprio sanante n. OMISSIS del 20.2.2018 emesso ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 (doc. n. 1) notificato ad entrambi gli opponenti in data 4.4.2018:
F A T T O
A seguito di una complessa e convulsa vicenda giudiziaria, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di OMISSIS emetteva ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 il decreto sanante n. OMISSIS del 20.2.2018 con il quale acquisiva i terreni di cui in premessa gia’ occupati per la delocalizzazione del depuratore della Citta’ di OMISSIS.
Con il citato decreto, il consorzio determinava nelle misure indicate in precedenza le singole voci spettanti ai proprietari ed in particolare quelle a titolo di indennita’ di esproprio (danno patrimoniale corrispondente al valore di mercato), a titolo di indennita’ di occupazione temporanea legittima (calcolata nella misura di 1/12 della indennita’ di esproprio per ognuno dei cinque anni del relativo periodo di occupazione), a titolo di indennita’ di occupazione illecita (calcolata nella misura del 5 % della indennita’ di esproprio per ognuno degli anni del relativo periodo di occupazione) ed a titolo di indennita’ per il danno non patrimoniale (calcolato nella misura del 10 % della indennita’ di esproprio).
Con il presente giudizio, i ricorrenti intendono contestare le citate indennita’ espropriative perche’ determinate in maniera erronea sulla base di un valore unitario della indennita’ di esproprio (pari ad euro 3,61 mq.) che e’ manifestamente sottodimensionato rispetto all’effettivo valore di mercato dei terreni espropriati.
M O T I V I
Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie, si rende necessario premettere preliminarmente le coordinate normative alle luce delle quali deve essere accertata la giurisdizione alla quale il presente giudizio appartiene.
Le norme che disciplinano la materia sono:
(“Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”)
(“Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:
[…]
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che l’emissione del decreto di esproprio sanante (che riconduce l’attivita’ amministrativa nell’alveo della legalita’) (da un lato) e la conseguente natura pacificamente indennitaria delle somme previste dall’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 riconosciuta tale dalla nota sentenza n. 71/2015 della Corte Costituzionale (dall’altro lato), rappresentano argomenti fermi ed insuperabili che devolvono alla giurisdizione ordinaria la controversia in materia di opposizione alla stima in relazione al decreto di esproprio sanante emesso ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 (qual e’ quella oggetto del presente giudizio) [Cass. SS.UU. 29.10.2015 n. 22096 (doc. n. 2)].
La stessa Corte di cassazione ha chiarito infatti che, se e’ legittimo il provvedimento di acquisizione sanante, l’indennizzo ivi liquidato non potra’ che avere natura indennitaria, con il conseguente radicamento della controversia sul “quantum” in capo al giudice ordinario:
<…con la conseguenza che, ove detto autonomo, speciale ed eccezionale procedimento espropriativo sia stato legittimamente promosso, attuato e concluso, l'”indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale”, in quanto previsto dal legislatore per la perdita della proprietà del predetto bene immobile, non può che conferire all’indennizzo medesimo natura non già risarcitoria ma indennitaria, con l’ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di “determinazione o di corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa” sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario>
(Cass. SS.UU. 29.10.2015 n. 22096).
Si aggiunga, solo per completezza di indagine che, una volta giustificata nei termini indicati la giurisdizione ordinaria, la Suprema Corte ha ulteriormente chiarito che ha pacifica natura indennitaria anche l’ulteriore voce rappresentata dall’importo del 5 % annuo sul valore venale del bene spettante “a titolo risarcitorio” (espressione affetta da evidente imprecisione lessicale) per il periodo di occupazione illecita. Con l’effetto che anche la relativa controversia, al pari di quella concernente il danno patrimoniale ed il danno non patrimoniale, appartengono alla giurisdizione ordinaria ed in particolare alla competenza funzionale della Corte di Appello [Cass. SS.UU. 25.7.2016 n. 15283 (doc. n. 3) e Cass. SS.UU. 22.9.2016 n. 18567 (doc. n. 4)].
<Deve quindi concludersi che l’uso dell’espressione “a titolo risarcitorio” nel comma 3 dell’art. 42 bis, riferita all’interesse, sia una mera imprecisione lessicale, che non altera la natura della corrispondente voce dell’indennizzo, il quale essendo unitario non può che avere natura unitaria.
[…]
Una volta qualificato l’indennizzo di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, come “indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa“, ai sensi dell’art. 133, lett. g), u.p., c.p.a., si pone la questione se sia applicabile il disposto di cui al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29, commi 1 e 2, per il quale sulle “controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54… è competente la corte d’appello nel cui distretto si trova il bene espropriato”, ovvero se la relativa domanda sia soggetta alla disciplina ordinaria, che prevede la competenza del tribunale e il doppio grado di giurisdizione di merito: infatti nessuna norma espressa collega l’indennizzo di cui all’art. 42 bis al giudizio di opposizione alla stima di cui all’art. 54 (che ha riferimento all’ordinario procedimento espropriativo), oggetto di richiamo testuale nel D.Lgs. n. 150 del 2011, menzionato art. 29.
Evidenti esigenze di coerenza del sistema depongono per la prima soluzione, alla quale tuttavia i ricorrenti oppongono il carattere eccezionale della previsione della competenza in unico grado della corte d’appello, che deroga alla regola generale della competenza del tribunale e del doppio grado di giurisdizione di merito e osterebbe, quindi, all’interpretazione analogica o estensiva della disposizione normativa, considerata anche la peculiarità dell’istituto della c.d. acquisizione sanante, di cui all’art. 42 bis, che postula la mancanza di un legittimo ordinario procedimento espropriativo, alla quale è intesa appunto a porre rimedio.
[…]
Da tali espresse previsioni, che coprono l’intera gamma delle indennità collegate a provvedimenti espropriativi note all’epoca in cui sono entrate in vigore, è lecito trarre la conclusione – analoga a quella già tratta dalla giurisprudenza di questa Corte nell’assetto normativo precedente al D.P.R. n. 327 del 2001 (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 7191/1997) – che quella della competenza della corte d’appello in unico grado è in realtà la regola generale prevista dall’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità dovute, nell’ambito di un procedimento espropriativo, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato. L’applicazione della medesima regola anche alla determinazione dell’indennità per la c.d. occupazione sanante, di cui all’art. 42 bis, cit., consegue, dunque, alla interpretazione estensiva del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, il quale non avrebbe potuto fare espresso riferimento a un istituto introdotto nell’ordinamento solo in epoca successiva>
(cosi’ testualmente Cass. SS.UU. 25.7.2016 n. 15283 citata).
Nello stesso senso depone anche la pacifica giurisprudenza amministrativa secondo cui nella nuova configurazione normativa dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale per la perdita del diritto di proprieta’ all’esito del peculiare provvedimento di acquisizione ivi previsto ha natura non risarcitoria ma indennitaria, con l’ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di determinazione delle relative indennita’ sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (ex multis C.d.S. A.P. 9.2.2016 n. 2), al pari di quelle relative all’accertamento della natura edificabile o meni dei fondi, del momento storico della stima e di ogni altro danno subito dal proprietario, ivi compreso anche quello relativo al periodo di occupazione illecita [C.d.S. 14.4.2017 n. 1778 (doc. n. 5) e C.d.S. 5.6.2017 n. 2682].
E’ appena il caso di precisare che la valutazione in ordine alla destinazione urbanistica delle aree, ed alla conseguente stima delle stesse, debba essere fatta assumendo a riferimento un preciso momento storico che e’ rappresentato dalla data del decreto di esproprio sanante.
Cio’ si desume coerentemente dalla stessa legge la quale prevede infatti:
La chiara formulazione normativa fissa dunque nella data del decreto di esproprio da un lato il momento del trasferimento della proprieta’ dei beni occupati in capo all’autorita’ amministrativa utilizzatrice e dall’altro lato il radicamento in capo al privato del diritto ad ottenere le relative indennita’ espropriative.
E’ dunque con riferimento a tale preciso momento storico che devono essere effettuati l’accertamento in ordine alla edificabilita’ o meno dei terreni ed il calcolo della determinazione del valore di mercato.
Emerge immediatamente che le citate norme hanno finito per recepire, attribuendone ora fonte e veste normativa, il principio gia’ affermato dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 442/1993 (emessa a conclusione di una lunga e coerente evoluzione giurisprudenziale) secondo cui “L’art. 42, comma terzo Costituzione esige che l’indennizzo espropriativo – per non risultare astratto – sia quantificato tendenzialmente tenendo conto delle caratteristiche del bene espropriato nel momento in cui il proprietario ne è privato, e non già delle pregresse, ma non più attuali caratteristiche del bene stesso…”.
Si aggiunga altresi’ che anche la pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione fornisce utili contributi a conferma del citato principio.
“…il comune, nell’esporre la censura, ha dato conferma di quanto l’impugnata sentenza ha accertato, vale a dire del fatto che all’epoca del decreto ablativo (gennaio 2008) – che è quella alla quale, per costante giurisprudenza, va correlata la ricognizione legale del suolo (v. Cass. n. 8837/15, Cass. n. 5979/05, Cass. n. 4130/03)…”
(Cass. 28.2.2018 n. 4723)
“In base a tale criterio, un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass., n. 7987/2011; Cass., n. 9891/2007; Cass., n. 3838/2004; Cass., n. 10570/2003; Cass., Sez. un., nn. 172 e 173/2001)…”
(Cass. 10.2.2017 n. 3607; conforme Cass. 9.8.2017 n. 19758)
“Le conclusioni cui è pervenuta la corte territoriale in relazione alla ricognizione giuridica delle aree sono conformi al consolidato orientamento di questa Corte, in quanto si fondano sulla necessità di individuare la natura dei terreni con riferimento alla data di emanazione del decreto di esproprio (Cass., 6 settembre 2006, n. 19128; Cass., 14 febbraio 2006, n. 3146, Cass., 4 luglio 2003, n. 10570)… La tesi sostenuta dal Comune, secondo cui la presenza di un vincolo asseritamente preordinato all’esproprio imporrebbe di tener conto unicamente della natura da attribuirsi all’area con riferimento al momento anteriore all’apposizione del vincolo stesso, confligge con il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass., 15 marzo 1999, n. 2272; Cass., 16 febbraio 2001, n. 2276; Cass., 21 marzo 2003, n. 4130, Cass., 18 marzo 2005, n. 5979)”
(Cass. 30.4.2015 n. 8837)
“…tale atto, infatti, (n.d.r. Il decreto di esproprio) segnando la conclusione della vicenda ablatoria, ed al tempo stesso il momento dell’acquisto dell’immobile da parte del beneficiario, costituisce il dato temporale di riferimento imprescindibile anche ai fini della determinazione dell’indennità dovuta all’espropriato, la quale, in mancanza di una disciplina specifica, deve pertanto aver luogo non solo sulla base del valore del bene accertato alla relativa data, ma anche alla stregua dei criteri di liquidazione all’epoca vigenti (cfr. Cass., Sez. 1, 17 dicembre 1980, n. 6523; 12 luglio 1979, n. 4034)”
(Cass.5.3.2015 n. 4488).
(conformi ex multis Cass. 26.7.2012 n. 13286; Cass. 5.7.2012 n. 11274; Cass. 6.4.2012 n. 5631; Cass. 3.2.2012 n. 1594; Cass.19.10.2011 n. 21637; Cass. 27.6.2011 n. 14127; Cass. 19.10.2011 n. 21637; Cass. 16.9.2011 n. 18964; Cass. 1.9.2011 n. 17988; Cass. 8.10.2009 n. 21395).
Nello stesso senso depone anche la giurisprudenza amministrativa:
“Nel caso in cui l’amministrazione ritenga di dover fare applicazione del citato art. 42 bis, essa dovra’ corrispondere ai ricorrenti un indennizzo corrispondente al valore venale degli immobili occupati al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione…”
(Tar Sicilia Catania 23.3.2016 n. 827)
(conformi ex multis Tar Sicilia Palermo 5.4.2016 n. 855; Tar Lazio Roma 27.4.2016 n. 4795; Tar Campania Napoli 23.4.2015 n. 2346; Tar Sardegna 7.4.2016 n. n. 328; Tar Sicilia Palermo 23.3.2016 n. 753; Tar Sicilia Palermo 22.1.2016 n. 186; Tar Lazio Roma 21.1.2015 n. 1019).
Dall’esame degli atti dello stesso procedimento di esproprio risulta espressamente che, per consentire la realizzazione del nuovo impianto di depurazione della citta’ di OMISSIS, al piano regolatore del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di POMISSIS fu apportata una specifica variante al fine di includere nel piano stessi i terreni ora espropriati.
Cio’ risulta testualmente:
(“che tali opere non erano previste nel vigente piano regolatore consortile approvato con D.P.G.R. n. 304 del 10.4.1991 e che pertanto e’ stato necessario procedere alla variante del predetto con l’inserimento delle suddette opere da realizzare;
che al fine di procedere alla variante ed all’ampliamento dell’agglomerato industriale di OMISSIS , il Consorzio, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 7 della Legge Regionale n. 41 del 1998, con delibera n. 328 del 23.11.1998 approvava il progetto redatto…
che il comma 11 dell’art. 7 della predetta Legge Regionale n. 41 del 3.11.1998 prevede che gli impianti da realizzare compresi nei piani consortili sono dichiarati di pubblica utilita’, indifferibilita’ ed urgenti…
che le opere da realizzare previste nel predetto progetto…sono comprese nella predetta variante ed ampliamento dell’agglomerato industriale di OMISSIS approvata dal Consiglio Regionale in data 4.9.1999 con delibera n. 1175”);
(“che le opere da realizzare sono previste nella variante ed ampliamento del piano regolatore generale dell’agglomerato industriale di OMISSIS approvata dal Consiglio Regionale con delibera n. 1175 del 4.9.1999 con delibera n. 1175”);
(“che il c.d.a. con delibera n. 24 del 23.11.1998 ha approvato rispettivamente il progetto di delocalizzazione del depuratore della citta’ di OMISSIS …nonche’ l’ampliamento e la variante del Piano Regolatore dall’agglomerato industriale di OMISSIS ;
[…]
che le opere da realizzare sono previste nella variante ed ampliamento del Piano Regolatore Generale dell’agglomerato industriale di OMISSIS approvata dal Consiglio Regionale con delibera n. OMISSIS del 4.9.1999 con delibera n. OMISSIS”);
(dal quale emerge che il terreno in esame, all’epoca distinto in catasto al foglio OMISSIS particella OMISSIS nella sua intera superficie originaria, aveva destinazione urbanistica “D1 ASI”).
Tale destinazione industriale risulta coerente tra l’altro:
(“L’ambito di operatività del Consorzio comprende l’intero territorio della Provincia di OMISSIS […]. Il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di OMISSIS articola oggi la propria attività negli agglomerati industriali di OMISSIS ….”;
Cio’ premesso, e’ noto che la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che la verifica in ordine alla sussistenza o meno della edificabilita’ legale deve essere esperita in funzione della previsione contenuta negli strumenti urbanistici.
“L’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione del criterio dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, tuttora vigente, e D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, in base al quale un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti così classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass. nn. 7987/2011; 9891/2007; 3838/2004; 10570/2003; S.U. n. 172 e 173/2001)”
(Cass. 15.6.2017 n. 14889)
“E l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo, fondato sulla edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37.
In base a tale criterio, un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass., n. 7987/2011; Cass., n.9891/2007; Cass., n. 3838/2004; Cass., n. 10570/2003; Cass., Sez. un., nn. 172 e 173/2001)…”
(Cass. 7.10.2016 n. 20235)
Cio’ posto, la pacifica giurisprudenza di legittimita’ ha altresi’ affermato che (al pari di quelli compresi nel p.i.p. comunali) ai terreni compresi nel piano regolatore consortile (che ha efficacia di piano territoriale di coordinamento) deve essere attribuita per cio’ stesso l’edificabilita’ legale:
“Vero e’, invece, che, in conformita’ dei principi generali, i piani regolatori, adottati o modificati in relazione al piano per l’area di sviluppo industriale con il procedimento disciplinato dal d.p.r. 218/1978 citato art. 51, possiedono indubbia valenza conformativa della proprieta’ dei fondi in essi inclusi, e sono dunque pienamente idonei a conferire ad essi qualita’ edificatoria, ancorche’ detta qualita’ debba essere valutata con riferimento alla destinazione specifica di zona (nel caso: sviluppo industriale)”
(Cass. 10.11.2006 n. 24041)
“Tanto premesso, deve rilevarsi come la corte di merito abbia correttamente evidenziato che all’epoca dell’emanazione del decreto di esproprio il terreno in questione era incluso in zona D – produttivo industriale, sulla base del Piano Regolatore del Comune di Enna, adottato nel 1979 ed approvato con decreto dell’Assessore regionale territorio e ambiente del 23 marzo 1979, in piena sintonia, del resto, con il Piano Regolatore del Consorzio A.S.I. di Enna”
(Cass. 9.2.2011 n. 17988)
“Questa Corte, poi, in controversie analoghe aventi per oggetto terreni inclusi nell’ambito del medesimo consorzio ASI approvato con decreto assessoriale n. 317 del 1997 ha enunciato i seguenti principi, cui deve essere data continuita’: a) la destinazione da parte del P.R.G. della zona in esame agli insediamenti industriali, gia’ sufficiente a conferire al terreno V., “le possibilita’ legali di edificazione” richieste dall’art. 5 bis, ha trovato conferma proprio nello strumento consortile che l’ha ribadita, percio’ confermandone la vocazione edificatoria accertata dalla Corte di Appello; ed escludendo che la valutazione dell’area potesse essere compiuta con il criterio tabellare relativo ai suoli agricoli di cui alla legge n. 865/1971 art. 16…”
(Cass. 19.10.2011 n. 21637)
“…la Corte di Appello ha correttamente affermato in diritto che le possibilita’ legali di edificazione di un’area espropriata vanno valutate con riferimento al momento del verificarsi della vicenda ablatoria, ed ha quindi accertato in fatto che al momento dell’espropriazione il terreno aveva destinazione edificatoria (p. 9), rilievi che sono stati contestati apoditticamente con la semplice indicazione <che al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio da parte del Piano ASI esse erano effettivamente agricole>”…
(Cass. 28.1.2011 n. 2110)
(conformi Cass. 27.4.2011 n. 9392 Cass. 7.4.2011 n. 7987; Cass. 21.1.2011 n. 2108).
E’ noto che tutte le aree comprese in un stesso contesto territoriale costituente un microsistema urbano ovvero in uno stesso comprensorio, in quanto concorrono alla realizzazione del medesimo programma edilizio, sono tutte considerate edificabili nella stessa misura, a prescindere se esse siano in concreto destinate alla edificabilita’, a viabilita’, a servizi, a spazi verde, ecc.. In altri termini, la circostanza che, per una previsione accidentale e casuale del progetto, alcune aree debbano essere apparentemente “sacrificate” (in quanto destinate a servizi o comunque non destinata alla edificazione) ed altre invece apparentemente “favorite” (in quanto destinate ad ospitare fabbricati e manufatti edilizi) non deve trarre in inganno, inducendo a ritenere inedificabili le prime ed edificabili solo le seconde. In realta’, la possibilita’ di realizzare interventi edificatori su alcuni fondi e’ consentita solo in virtu’ del fatto che altri fondi siano destinati ad ospitare interventi non edificatori quali infrastrutture e servizi generali. Cio’ comporta dunque la necessita’ che la volumetria complessivamente prevista realizzabile all’interno del medesimo comprensorio territoriale sia prodotta dal concorso di tutti i terreni appartenenti a quel medesimo comprensorio, a prescindere se gli stessi siano destinati ad ospitare fabbricati e manufatti oppure infrastrutture e servizi.
E’ questa la funzione perequativa dell’indice medio di edificabilita’ territoriale.
Diversamente, si rischierebbe di avere all’interno dello stesso comprensorio picchi di valutazioni in eccesso (per terreni destinati ad interventi edificatori) ed in difetto (per terreni destinati ad ospitare servizi) risultanti dall’indice fondiario, che esprime invece la capacita’ edificatoria di ognuno dei singoli fondi individualmente valutato.
La tesi gode del conforto della giurisprudenza di legittimita’ in materia di piani comprensoriali (quali ad esempio piani produttivi, piani di edilizia residenziale pubblica, ecc.).
<…la previsione dell’indice di fabbricabilità fondiaria, che individua la sede di distribuzione delle strutture pubbliche realizzande, non è rilevante laddove sia assente l’indice di fabbricabilità territoriale, che è quello che definisce il complessivo carico di edificazione che può gravare su di una zona territoriale omogenea ed è definito al lordo degli spazi pubblici. Questa Corte (Cass. n. 21011 del 2006) ha, appunto, precisato che: “la densità fondiaria di un’area è utilizzabile soltanto per definire il volume massimo consentito su di essa, ed il relativo indice vale ad individuare l’effettiva superficie suscettibile di edificazione; laddove una zona edificabile omogenea deve necessariamente comprendere in base alle disposizioni stabilite dal D.M. 2 aprile 1968, artt. 3 e segg. spazi pubblici nonchè aree aventi le destinazioni previste da questa normativa che li ripartisce per categoria e ne fissa quantità e proporzioni; di modo che il complessivo carico di edificazione che può gravare sull’intera superficie della zona deve tener conto necessariamente di essi ed è espresso da un indice di densità (c.d. territoriale) che comprendendo anche gli spazi assegnabili ai ricordati standards e le decurtazioni da ciascuno di essi imposte, ne definisce l’effettivo valore in comune commercio. Per tale ragione la giurisprudenza di questa Corte e quella dei giudici amministrativi ha ripetutamente affermato che allorquando il valore venale di un fondo debba determinarsi in base al suo valore di trasformazione (c.d. metodo analitico-ricostruttivo) deve essere recepito non l’indice relativo alla densità fondiaria, ma quello che individua la densità territoriale della zona, soltanto questo includendo nel calcolo la percentuale di spazi pubblici gravanti sul fondo espropriato” (Cass. n. 18254/2004; n. 16710/2003; Cons. St. 4, 443/1998; cfr. anche: Cass. n. 1043/2007; n. 19501/2005)>
(Cass. 2.2.2017 n. 2765)
“Riferisce il ricorrente che il valore venale del bene è stato determinato dal CTU, e dalla sentenza che su di esso si è basata, per la determinazione dell’indennità di espropriazione sulla scorta del metodo analitico che ha tenuto conto dell’indice di fabbricabilità fondiario. Il criterio, che attiene al profilo, di diritto, relativo all’individuazione delle possibilità legali ed effettive di edificazione, incorre nella censura che gli viene rivolta, avendo questa Corte già affermato (cfr. Cass. n. 9891 del 2007; n. 7288 del 2013, e vedi, pure, per l’omologo caso del PEEP Cass. n. 22421 del 2008; n. 14939 del 2010), che la valutazione va fatta tenendo presente che i volumi realizzabili non possono essere quantificati applicando l’indice fondiario di edificabilità – che è invece riferito alla singola area e definisce il volume massimo consentito su di essa (Cass. n. 21011/2006; n. 5874/2004; n. 16710/2003; Cons. St. n. 1402/1999) – ma, occorre tener conto dell’incidenza degli spazi riservati (secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico attuativo) ad infrastrutture e servizi di interesse generale; il che può anche essere espresso ricorrendo a indici medi di edificabilità riferiti all’intera zona omogenea…(Cass. n. 7288/2013; n. 12771/2007)”
(Cass. 20.5.2016 n. 10521)
<Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’edificabilità del fondo deve necessariamente essere commisurata ad indici “medi” di fabbricabilità riferiti (o riferibili) all’intera zona omogenea, al lordo dei terreni da destinarsi a spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, nel senso che, ove non si ritenga di stimare il terreno ricorrendo a criteri comparativi basati sul valore di aree omogenee, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilità (che e’ riferito alle singole aree specificamente destinate all’edificazione privata) e che, invece, postulando l’esercizio concreto dello ius aedificandi che l’area sia urbanizzata e, che si tenga conto dell’incidenza degli spazi all’uopo riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, si debba prescindere come dal fatto che l’area sia (eventualmente) destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilità, parcheggi) non potendo l’edificabilità essere vanificata dalla utilizzabilità non strettamente residenziale, così dalla maggiore o minore fabbricabilità che il fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni di piano attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero servizi ed infrastrutture, di guisa che tutti i terreni espropriati in uno stesso ambito zonale vengano a percepire la stessa indennità, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialità edificatoria “media” di tutto il comprensorio, ovvero dietro applicazione di un indice di fabbricabilità territoriale che sia frutto del rapporto tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato” (Cass. sez. 1^ 29 novembre 2006 n. 25363; Cass. sez. un. 21 marzo 2001 n. 125; Cass. sez. 1^ 16 maggio 2006 n. 11477; Cass. sez. 1^ 16 giugno 2006 n. 13958)>
(Cass. SS.UU. n. 11729 del 14.5.2010)
Appare subito gravemente sottodimensionata la misura unitaria della indennita’ di esproprio determinata dal consorzio in euro 3,61 mq., trattandosi di un valore piu’ propriamente rappresentativo del valore agricolo medio (di cui ovviamente non puo’ piu’ tenersi conto a seguito della sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale) anziche’ di un terreno avente natura produttiva o comunque compatibile con tale utilizzazione.
4.1) quanto al criterio di stima sintetico – comparativo
Con atto di transazione rep. n. 37371 del 13.12.2016 (doc. n. 13) e con atto di compravendita rep. n. 23.944 del 23.3.2016 (doc. n. 14), il Consorzio per lo Sviluppo Industriale di OMISSIS ha negoziato terreni aventi destinazione produttiva al prezzo unitario rispettivamente di euro 110,20 mq. e di euro 107,62 mq..
Si ritiene che tali atti possano essere assunti a comparazione ai fini della determinazione della indennita’ di esproprio dei terreni espropriati, con la doverosa precisazione che il lieve disallineamento cronologico (2016) rispetto alla data del decreto di esproprio (2018) non comporta divergenze valutative atteso che l’andamento del locale mercato immobiliare non ha registrato significative oscillazioni nel periodo incì considerazione.
Si aggiunga per chiarezza che la giurisprudenza di legittimita’ e’ granitica nell’affermare il principio secondo cui, ove sia adottato il criterio di stima sintetico – comparativo, i costi degli oneri di urbanizzazione (rilevanti solo nel criterio cosiddetto analitico – ricostruttivo o di trasformazione) non hanno alcuna incidenza nel calcolo della indennita’ di esproprio:
“In tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabili, questa Corte ha ripetutamente affermato che la determinazione del valore del fondo può essere effettuata tanto con metodo sintetico – comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico – ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, e restando pertanto rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettività (cfr. Cass., Sez. 1, 22 marzo 2013, n. 7288; 18 maggio 2007, n. 11643; 15 febbraio 2005, n. 3034). L’adozione di uno di tali metodi rende peraltro superflua l’analisi degli elementi su cui si fonda l’altro, con la conseguenza che ove, come nella specie, sia stato adottato quello sintetico – comparativo, resta del tutto irrilevante l’omessa valutazione dell’incidenza delle aree da destinare a spazi pubblici o delle spese di urbanizzazione, trattandosi di oneri che assumono uno specifico rilievo soltanto ai fini dell’applicazione del metodo analitico – ricostruttivo, mentre risultano preventivamente scontati nelle valutazioni di mercato relative alle aree edificabili (cfr. Cass., Sez. 1, 4 luglio 2013, n. 16750; 31 maggio 2007, n. 12771; 16 giugno 2006, n. 13958)”
(Cass. 31.3.2016 n. 6243)
“Torna pertanto applicabile, in riferimento alla fattispecie in esame, il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabile secondo cui, nell’ambito della valutazione dell’immobile, la distinta considerazione degli oneri di urbanizzazione costituisce un momento imprescindibile esclusivamente nel caso di adozione del metodo di stima analitico – ricostruttivo, fondato sul calcolo del valore di trasformazione dell’immobile, da determinarsi tenendo conto degl’indici di fabbricabilità previsti dallo strumento urbanistico e dell’incidenza delle superfici da destinare a spazi pubblici e ad opere d’interesse generale, mentre non trova giustificazione nel caso di ricorso al metodo sintetico – comparativo, che, in quanto fondato sulla comparazione con i prezzi di mercato pagati per immobili situati nella medesima zona ed aventi caratteristiche omogenee a quelle del fondo espropriato, sconta anticipatamente il peso degli oneri connessi allo sfruttamento del suolo, la cui detrazione si risolverebbe pertanto in una non consentita duplicazione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 4 luglio 2013, n. 16750; 22 marzo 2013, n. 7288; 31 maggio 2007, n. 12771)”
(Cass. 25.9.2015 n. 19077)
(conformi ex multis Cass. 3.3.2010 n. 5174; Cass. 26.5.2010 n. 12865; Cass. 28.4.2010 n. 10217; Cass. n. 22395 del 5.9.2008; Cass. 16.6.2006 n. 13958; Cass. n. 12771 del 31.5.2007; Cass. n. 12461 del 28.5.2007; Cass. 24.4.2007 n. 9891; Cass. 12771/07; Cass. 27.9.2006 n. 21011; Cass. n. 3766 del 21.2.2006; Cass. n. 9178 del 20.4.2006; Cass. n. 11391 del 4.9.2001).
In subordine, e solo per scrupolo difensivo, appare prudente spendere le seguenti considerazioni nell’ipotesi in cui i terreni espropriato fossero ritenuti non legalmente edificabili.
E’ noto infatti che il ricorso al criterio del valore agricolo medio e’ stato interdetto dalla sentenza n. 181/2011 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ dell’art. 40 commi 2 e 3 d.p.r. n. 327/2001 ed ha stabilito che, anche per i terreni non legalmente edificabili, e’ necessario adottare sempre il criterio dell’effettivo valore di mercato dei terreni espropriati. Valore di mercato che ovviamente deve essere compatibile e coerente con l’utilizzazione economica consentita dalla destinazione urbanistica.
In particolare, la Corte Costituzionale ha stabilito quanto segue:
“E’ costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost. , in relazione all’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, e con l’art. 42, terzo comma, Cost. , l’ art. 5-bis, comma 4, del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 , in combinato disposto con gli artt. 15, primo comma, secondo periodo, e 16, commi quinto e sesto, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , come sostituiti dall’ art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. La censurata normativa prevede che l’indennità di espropriazione per le aree agricole e per le aree non suscettibili di classificazione edificatoria sia commisurata ad un valore – quello agricolo medio della coltura in atto o di quella più redditizia nella regione agraria di appartenenza dell’area da espropriare, annualmente calcolato da apposite commissioni provinciali – che prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo ed ignora ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Restano così trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso….”.
2.2) quanto alla giurisprudenza della Corte di Cassazione
E’ altrettanto noto che del nuovo quadro normativo emerso a seguito della sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione ha dato una interpretazione articolata con la quale ha stabilito tra l’altro:
“In ossequio al predetto criterio, deve quindi ritenersi consentito a quest’ultimo…di dimostrare, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che, sempre all’interno della categoria dei suoli inedificabili, il predetto valore è mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con l’accertata esclusione della sua vocazione edificatoria e con i vincoli derivanti dall’inclusione nella riserva (cfr. Cass., Sez. 1, 31 maggio 2013, n. 13836)”
(Cass. 21.9.2015 n. 18560).
“La sentenza Corte cost. n. 181/2011 ha sganciato l’indennizzo dei suoli non edificabili dal valore agricolo medio così in sostanza riconoscendo un tertium genus tra suoli edificabili o no e consentendo che questi ultimi siano valutati con criteri rapportati a caratteristiche e utilizzi economici non agricoli, se conformi alle norme vigenti e agli strumenti urbanistici: per essi, nella determinazione dell’indennizzo espropriativo, il valore di mercato deve tener conto di utilizzazioni diverse dalla destinazione agricola o edificatoria”
(Cass. 10.12.2014 n. 26057)
“A fini di determinazione dell’indennità di espropriazione, il valore venale di terreni di natura non edificatoria va valutato (pur senza raggiungere i livelli di prezzo delle aree edificabili) in base alle loro caratteristiche oggettive, tenendo conto di possibili utilizzazioni economiche, ulteriori e diverse da quelle agricole, consentite dalla normativa vigente, e dando rilievo, con intento premiale della libertà d’iniziativa privata, ad una vasta gamma di attività umane che si sviluppano sul territorio”
(Cass. 30.7.2014 n. 17271)
“La pronuncia della Corte costituzionale ha in sostanza comportato il riconoscimento di un tertium genus tra suoli che godono o meno della prerogativa della edificabilità, consentendo che quelli non edificabili vengano valutati in base a criteri oggettivi, idonei a premiarne utilizzazioni alternative, purchè, comunque, non rapportabili all’edificazione (Cass. 10.2.2014 n. 2959): sicchè, attraverso il sistema indennitario delle aree non edificabili viene in considerazione l’iniziativa privata non strettamente commisurata alla rendita di trasformazione dei suoli. L’intervento della Corte costituzionale ha sganciato l’indennizzo dei suoli non edificabili dal valore agricolo medio, e ne ha consentito la valorizzazione in base alle caratteristiche oggettive, che tengano conto di loro possibili utilizzabilità economiche, ulteriori e diverse da quelle agricole, consentite dalla normativa vigente e conformi agli strumenti di pianificazione urbanistica, previe le opportune autorizzazioni amministrative (Cass. 28.5.2012, n. 8442)”
(Cass. 10.12.2014 n. 26057).
(conformi ex multis Cass. 23.4.2015 n. 8313; Cass. 17.9.2015 n. 18240; Cass. 11.9.2015 n. 17958; Cass. 28.5.2012 n. 8442)
2.3) quanto al valore di mercato
Va da se’ che, qualora si ritenesse di dover far applicazione del principio stabilito dalla richiamata sentenza n. 181/2011 della Corte Costituzionale, anche in tal caso i terreni espropriati avrebbero comunque un valore di mercato decisamente significativo e certamente superiore a quello determinato con il decreto di esproprio sanante di cui trattasi.
In tal caso, in conformita’ ai principi stabiliti dalla richiamata giurisprudenza di legittimita’, il valore di mercato deve essere determinato in base alle caratteristiche oggettive dei terreni, tenendo conto delle possibili utilizzazioni economiche (diverse da quelle agricole) consentite dalla normativa, e dando rilievo, con intento premiale della liberta’ d’iniziativa privata, ad una vasta gamma di attivita’ umane che possono esprimersi sul territorio.
La prima di tali diverse utilizzazioni economiche deve essere ravvisata nella possibilita’, consentita dagli strumenti urbanistici, della destinazione dei terreni ad ospitare proprio l’impianto di depurazione delle acque reflue.
Si tratta di una destinazione economicamente significativa ed apprezzabile destinata alla produzione di lucro (e cio’ ovviamente incide sul valore di mercato dei terreni espropriati) come risulta dalla circostanza:
In tale contesto (poiche’ non risulta facilmente applicabile il criterio di stima sintetico – diretto), appare utilizzabile il criterio cosiddetto sintetico – diretto. Valorizzando una prassi estimativa giudiziaria diffusa e condivisa anche nel mercato immobiliare, esso determina il valore del terreno calcolandolo in misura percentuale al valore dei manufatti edificati sullo stesso.
Cio’ premesso, puo’ assumersi come parametro base di riferimento il costo di costruzione del nuovo depuratore aggiudicato all’importo di euro 17.301.306,119 come risulta dal verbale del 27.5.1999 di consegna delle relative opere (doc. n. 14).
Gli altri dati metrici disponibili necessarti per il calcolo sono i seguenti:
(art. 36/7 d.l. n. 223/2006 secondo cui “Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni”).
Utilizzando i citati dati metrici:
si ottiene il valore unitario di euro 118,10 mq. (euro 17.301.306,116 : 7325 mq. copribili = euro 2.361,95 mc. : 20 m. altezza = 118,20 euro mq.).
Corre l’obbligo di richiamare l’attenzione sulla circostanza che il valore unitario cosi’ ottenuto (euro 118,20 mq,.) con il criterio sintetico – diretto risulta essere significativamente coerente e coincidente con quello indicato negli atti pubblici (euro 110,20 mq. ed euro 107,62 mq.) assunti a comparizione nell’ambito del criterio sintetico – comparativo.
Dallo stesso decreto di esproprio sanante risulta che l’occupazione e’ stata disposta con decreto n. 2435 del 5.4.2000 del Commissario Straordinario del consorzio (cfr. pag. 1) e che la durata dello stesso si e’ protratta per cinque anni (cfr. terza colonna della tabella riportata a pag. 4 del decreto di esproprio).
L’indennita’ annuale e’ stata calcolata nella misura di 1/12 per ognuno dei cinque anni di occupazione.
Fermo restando che l’indennita’ di occupazione deve essere calcolata nella citata misura frazionaria, sulla base pero’ dell’effettivo valore di mercato che codesta Corte riterra’ di determinare, emerge immediatamente che il consorzio ha omesso di calcolare gli interessi legali maturati sulle singole quote annuali di occupazione con decorrenza dal termine finale di ogni singolo anno.
Infatti, l’indennita’ di occupazione legittima serve a compensare il proprietario della mancata disponibilita’ dei frutti che avrebbe percepito periodicamente se avesse avuto il godimento del terreno (Cass. n. 11498/2010 e Cass. n. 5520/2006).
Gli interessi legali sulla indennita’ di occupazione temporanea decorrono dalla scadenza di ciascuna annualita’ trascorsa, quale momento di maturazione del relativo diritto, sino alla cessazione dell’occupazione e vanno corrisposti sino alla data dell’adempimento dell’obbligazione principale. Il relativo diritto, essendo esigibile dalla scadenza di ciascun anno di occupazione (Cass. n. 3682/2012, Cass. n. 11498/2010 e Cass. n. 13942/1999), si configura come autonomo anche ai fini della produzione degli ulteriori interessi per il ritardato pagamento del capitale, i quali appunto decorrono (non dalla data del decreto di esproprio e neppure dalla domanda ma) da ogni singola annualita’ successiva a quella cui si riferisce l’obbligazione principale.
(Cass. 8.8.2017 n. 19717; Cass. 8.1.2016 n. 132; Cass. 13.3.2015 n. 5099; Cass. 20.7.2014 n. 15753).
Come e’ noto l’art. 42 bis comma 3 d.p.r. n. 327/2001 prevede che il proprietario espropriato sia indennizzato anche per il periodo durante il quale l’amministrazione ha occupato senza titolo il bene privato:
“Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.
Nella fattispecie, il periodo di occupazione senza titolo si e’ protratto dal 2005 (termine finale di occupazione temporanea) fino al 2018 (data del decrero di esproprio sanante).
L’esame dell’art. 42 bis consente di affermare:
Al fine di evitare false applicazioni della norma, si deve convenire che essa prevede espressamente che l’indennizzo del 5 % annuo sia calcolato “…sul valore determinato ai sensi del presente comma” e cioe’ sul valore di mercato dei terreni espressi alla data del decreto di esproprio.
Si tratta chiaramente di un criterio forfettario e semplificato che prescinde dal rigore di criteri economici e da canoni di coerenza logica (astrattamente idonei a giustificare la diversa tesi secondo cui la misura del 5 % andrebbe calcolata sul valore di mercato devalutato che i fondi avevano all’inizio di ogni anno di occupazione senza titolo, salvo poi rivalutare i singoli importi).
A ben vedere, infatti, e’ la stessa legge ad imporre che il la misura del 5 % sia calcolata semplicemente e forfettariamente sul valore di mercato dei fondi espropriati determinato alla data del decreto di esproprio. Si tratta dunque di un criterio cogente ed inderogabile.
E’ appena il caso di precisare che la giurisprudenza prevalente depone in tal senso:
“Più specificatamente ai fini della concreta quantificazione del danno occorre che si tengano presenti due fondamentali criteri:
b)…;
(C.d.S. 27.1.2015 n. 354)
“Per quanto precede il ricorso deve essere accolto nei descritti termini disponendo che, nel termine di 120 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, o dalla notifica se precedente, il Comune di Correggio valuti o la permanenza di un interesse pubblico all’acquisizione (non retroattiva) al suo patrimonio, del fondo della ricorrente, adottando il relativo provvedimento ovvero, in alternativa, la convenienza di restituirlo alla ricorrente, tuttora proprietaria, corrispondendo un importo pari al 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione illegittima relativamente tanto alla porzione utilizzata per la realizzazione dell’opera quanto a quella residua occupata strumentalmente ma non trasformata…”
(C.d.S. 8.9.2015 n. 4193)
“Pertanto, la determina n. 2 del 30.12.2013 non attua in modo corretto il giudicato, nella parte in cui omette di stabilire che il valore venale del bene debba essere determinato con riferimento al momento dell’adozione della predetta determina dirigenziale, e cioè a dire al 30.12.2013.
La determinazione del valore venale del bene, da effettuare secondo il criterio enunciato, condiziona tutti gli altri indennizzi e risarcimenti, che spettano ai ricorrenti…
In particolare, l’ammontare degli interessi del 5%, dovuti a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione sine titulo, va determinato tenendosi conto del valore venale del bene alla data del ricordato provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale”
(C.G.A. Regione Siciliana 21.4.2015 n. 337)
“Tale approdo ancora di recente riconfermato dalla giurisprudenza di merito (T.A.R. Abruzzo Pescara 8.7.2014 n. 336) appare coerente con la espressa distinzione contenuta nel comma 3, secondo periodo, dell’ art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001, a norma del quale <per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma>“
(C.d.S. 29.1.2015 n. 437)
“Il ragionamento operato dal Consiglio di Stato in relazione al pregiudizio non patrimoniale e’ chiaramente estensibile, per identita’ di ratio, anche al danno da occupazione senza titolo, il cui criterio di quantificazione forfettaria e’ codificato dal comma 3 secondo periodo”
(Tar Puglia Bari 19.5.2015 n. 745)
(conformi ex multi Tar Lazio Roma 20.10.2015 n. 12025; Tar Emilia Romagna Bologna 28.1.2015 n. 56; Tar Lazio Roma 27.4.2016 n. 4795; Tar Sicilia Palermo 5.4.2016 n. 855; Tar Lombardia Milano 29.10.2015 n. 2278; Tar Lazio Roma 4.3.2015 n. 3752; Tar Sicilia Palermo 5.5.2015 n. 1077; Tar Emilia Romagna Parma 4.5.2015 n. 140; Tar Campania Napoli 23.4.2015 n. 2346 e Tar Lazio Roma 21.1.2015 n. 1019).
Cio’ chiarito, appare infine utile aggiungere che sulla citata indennita’ spettante per il periodo di occupazione senza titolo:
L’art. 2 comma 89 della legge n. 244/2007 prevede che nei casi in cui sia stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non e’ stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perche’ a questi e’ stata offerta un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennita’ e’ aumentata del 10 per cento.
Si ritiene che la corretta interpretazione dell’art. 2 commi 89 e 90 legge n. 244/2007 possa autorizzare il riconoscimento in sede giurisdizionale del beneficio dell’aumento del 10 % della indennita’ definitiva determinata dalla stessa corte territoriale:
E’ appena il caso di segnalare che in materia la Corte di Cassazione ha gia’ chiarito i termini della questione:
“Con riguardo alla censura di cui al terzo motivo, che conclama la mancata applicazione dell’aumento del 10 % stante la sproporzione superiore ai due decimi del quantum offerto rispetto al quantum accertato come dovuto per indennità, essa appare fondata come rilevato in relazione. In punto di fatto si rammenta, alla stregua di quanto già questa Corte ha rilevato (Cass. 2774/2012) che nella specie la dichiarazione di p.u. venne adottata ben dopo l’acquisizione di efficacia del D.P.R. n. 327 del 2001, che il procedimento venne definito con l’esproprio 4.1.2008, che la riscrittura dell’art. 37 del T.U. venne ad entrare in vigore l’1.1.2008. Orbene, lettera chiarissima e ratio della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 fanno ritenere che l’espressione non può che riferirsi, al fine di indicare le ipotesi in cui si debba dare ingresso al testo dell’art. 37 riscritto al comma 89 secundum constitutionem, ai procedimenti determinativi pendenti all’1.1.2008, per i quali soltanto l’indennità può ancora essere determinata secondo lo jus superveniens, in tal senso potendosi richiamare quanto considerato da questa Corte (Cass. 14939 del 2010), fermo restando che, per i procedimenti espropriativi pur successivi ad 1.7.2003 ma definiti prima della entrata in vigore della novella, non può che darsi ingresso al criterio del valore venale pieno (rispettoso della pronunzia di Corte Cost. 348 del 2007) di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 39. Di qui la cogenza nella specie della previsione di incremento perequativo del 10% che l’accertamento comparativo tra indennità offerta (Euro 22.315) ed indennità accertata come dovuta (Euro 288.884) conclama come evidente. E di qui, cassata la sentenza e non occorrendo altre valutazioni, la pronunzia ex art. 384 c.p.c. che determina l’importo dovuto nella maggior somma di Euro 317.773 (Euro 288.884 + 10%), della quale devesi ordinare il deposito in una con gli interessi legali, nelle forme di legge”
(Cass. 13.1.2014 n. 499) (conformi Cass. 5.3.2018 n. 5104 e Cass. n. 2774/2012).
$ $ $ $ $
Tanto premesso i ricorrenti rassegnano le seguenti
C O N C L U S I O N I
Voglia codesta Corte di Appello, in relazione al terreno sito in Comune di OMISSIS in catasto al foglio 35 particella 20 di mq. 17.815 ed al terreno sito in Comune di Vaglio di Basilicata in catasto al foglio 29 particella 234 di mq. 4.161) espropriati dal Consorzio di Sviluppo Industriale della Provincia di OMISSIS con il decreto sanante n. 60 del 20.2.2018 emesso ai sensi dell’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001:
il tutto fino alla data del pagamento e/o del versamento al M.E.F. delle relative somme;
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis comma 1 c.p.c.
A V V E R T O N O
il Consorzio Industriale per la Provincia di OMISSIS Comune di OMISSIS in persona del legale rappresentante p.t. che la costituzione oltre i termini stabiliti dal giudice ai sensi del comma terzo dell’art. 702 bis c.p.c. implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c..
Ai fini istruttori:
Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della presente controversia e’ indeterminabile e che il relativo contributo ammonta ad euro 259,00 misura corrispondente alla meta’ di quella ordinaria trattandosi di rito ordinario.
OMISSIS