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Richiesta di Rimborso IRPEF su Indennità di Esproprio: Come Tutelare i Propri Diritti

Quando la Ritenuta del 20% è Indebita: Focus su Normativa Italiana e Convenzione Europea

Casi Pratici e Sentenze CEDU: Come Ottenere la Restituzione dell’IRPEF sull’Esproprio

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OMISSIS

 

Oggetto:

  • OMISSIS nato a…..il……..e residente in………..c.f………….
  • OMISSIS nata a………il…………e residente in………c.f………….
  • Domanda di rimborso irpef trattenuta su indennita’ di esproprio

 

In esecuzione della sentenza n. OMISSIS del C.G.A. per la Regione SOMISSIS  (doc. n. 1), con mandati di pagamento n. OMISSIS del 26.2.2014 (doc. n. 2) e n. OMISSIS  del 26.2.2014 (doc. n. 3) l’I.a.c.p. di OMISSIS  (a seguito di interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962,  n.  167) corrispondeva agli istanti somme per indennita’ espropriative pari a complessivamente ad euro 1.466.906,69. In sede di pagamento, l’I.a.c.p. effettuava la ritenuta fiscale irpef del 20 %  per un ammontare pari ad euro 292.560,94 ai sensi dell’art. 11 legge n. 413/1991 (ora art. 35 d.p.r. n. 327/2001), come risulta dalla nota prot. n. 3259 del 15.4.2014 dello stesso I.a.c.p. di OMISSIS  (doc. n. 4).

 

Cio’ premesso, con la presente gli scriventi chiedono a codesta amministrazione di voler disporre il  rimborso della citata imposta, il cui pagamento deve ritenersi  indebito,  alla luce dei motivi di cui in seguito.

 

  1. QUANTO ALLA NORMATIVA NAZIONALE

 

E’ appena il caso di precisare che gli scriventi sono a conoscenza che la ritenuta irpef di cui trattasi potrebbe apparire legittima qualora l’analisi della fattispecie fosse esperita entro i ristretti ambiti della normativa nazionale.

 

In particolare, se non e’ escluso (sul piano del diritto processuale) che i contribuenti  possano astrattamente chiedere il rimborso della imposta irpef ritenuta indebitamente pagata,  tuttavia (sul piano del diritto sostanziale) bisognerebbe ammettere che,  qualora fosse giustificata esclusivamente sulla base della normativa nazionale,  una siffatta domanda sarebbe ragionevolmente destinata all’insuccesso. E’ noto infatti che per la legge italiana e per la giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione, deve ritenersi legittimamente effettuata la ritenuta irpef su somme espropriative corrisposte a seguito di espropriazioni effettuate per interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge n. 167/1962.

 

Infatti:

  • la stessa legge (art. 11 commi 5, 6 e 7 della legge n. 413/1991) prevede per gli enti esproprianti l’obbligo di applicare sulle somme corrisposte a titolo di risarcimento danni la ritenuta fiscale del 20 %;
  • il Ministero delle Finanze ha da sempre costantemente stabilito che le amministrazioni devono applicare la ritenuta fiscale del 20 % sulle somme risarcitorie spettanti a seguito di espropriazioni;
  • la Corte di Cassazione, con giurisprudenza del tutto pacifica, ha da sempre stabilito che (fatti i salvi i casi di esclusione) la ritenuta fiscale del 20 % deve essere applicata in sede di pagamento (anche quando questo sia effettuato in data successiva alla entrata in vigore della legge n. 413/1991).

 

  • quanto al dato normativo

 

L’art. 11 della legge n. 413/1991 prevede testualmente:

 

  • che Per le plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità  di  esproprio  o  di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di  procedimenti espropriativi nonché di somme comunque dovute per effetto  di  acquisizione coattiva  conseguente  ad  occupazioni  di  urgenza  divenute   illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche  o  ad  infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  97  del 16 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici ovvero  ad  interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962,    167,  e  successive  modificazioni,  si  applicano  le disposizioni di cui all’art. 81, comma 1, lettera b), ultima parte, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n.  917,  e  successive  modificazioni, introdotta dal comma 1, lettera f), del presente articolo” (comma 5);

 

  • che “Le indennità di occupazione e gli interessi comunque  dovuti  sulle somme di cui al comma 5 costituiscono reddito imponibile e concorrono  alla formazione dei redditi diversi di cui all’art. 81 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, come  modificato  dal comma 1 del presente articolo” (comma 6);

 

  • che Gli enti eroganti, all’atto della corresponsione delle somme di cui ai commi 5 e 6, comprese le somme per occupazione temporanea,  risarcimento danni  da  occupazione  acquisitiva,  rivalutazione  ed  interessi,  DEVONO OPERARE una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20 per  cento.  È facoltà del contribuente optare,  in  sede  di  dichiarazione  annuale  dei redditi, per  la  tassazione  ordinaria,  nel  qual  caso  la  ritenuta  si considera effettuata a titolo di acconto” (comma 7).

 

L’art. 35 d.p.r. n. 327/2001 prevede testualmente:

 

“Si applica l’articolo 81, comma 1, lettera b), ultima parte, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato col decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, qualora sia corrisposta a chi non eserciti una impresa commerciale una somma a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, di un terreno ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici” (comma 1);

“Il soggetto che corrisponde la somma opera la ritenuta nella misura del venti per cento, a titolo di imposta. Con la dichiarazione dei redditi, il contribuente può optare per la tassazione ordinaria, col computo della ritenuta a titolo di acconto” (comma 2).

 

–          quanto alle  indicazioni fornite dal Ministero Economia  Con una prassi assolutamente consolidata, l’amministrazione finanziaria ha costantemente confermato l’obbligo di sottoporre alla tassazione del 20 % le somme percepite dai proprietari a titolo espropriativo.  In particolare: –          risoluzione  n. III-5-561 del 15 ottobre 1993Con la indicata risoluzione,  il Ministero delle Finanze ha stabilito:-          che Al riguardo, va precisato che con l’art. 11, commi 5 e seguenti,  della legge citata, è stata disposta la tassazione delle indennità di esproprio e delle somme percepite a seguito di cessioni volontarie o  ad  altro  titolo nel corso di procedimenti espropriativi, nonché delle somme comunque dovute per effetto di  occupazione acquisitiva,  compresi  gli  interessi  su  tali somme e la rivalutazione, relative a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane ricadenti all’interno delle zone omogenee di  tipo A, B, C, D di  cui  al  D.M.  2  aprile  1968,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, definite  dagli  strumenti  urbanistici ovvero ad interventi di  edilizia  residenziale  pubblica  ed  economica  e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, percepite da soggetti che non esercitano imprese commerciali.    Detta tassazione è effettuata in  primo  luogo  attraverso  il  sistema della ritenuta sull’intera somma percepita, la quale è a titolo  definitivo a meno che l’interessato, al momento della dichiarazione dei  redditi,  non preferisca optare per la tassazione nei modi ordinari (tassazione  separata oppure, ove consentito, tassazione ordinaria per opzione)”;    –          risoluzione  n. 7/35 del 21 luglio 1993Con la indicata risoluzione il Ministero delle Finanze ha chiarito che Al riguardo, si precisa che lart. 11 comma 5 e seguenti, della L.  30 dicembre 1991, n. 413, ha introdotto nell’ordinamento tributario una  nuova fattispecie impositiva e precisamente quella relativa alla  percezione,  da parte di soggetti che non esercitano attività commerciali, di indennità  di esproprio o di somme conseguite a seguito di cessioni volontarie o ad altro titolo nel corso di procedimenti espropriativi  nonché  di  somme  comunque dovute per effetto di occupazione acquisitiva, compresi  gli  interessi  sutali somme e la rivalutazione.     In forza delle citate  disposizioni le indennità e le altre  somme  sono sottoposte a tassazione se corrisposte relativamente ad aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane all’interno  di zone omogenee di tipo A, B, C e D (…)  di cui al D.M. 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici, ovvero  ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni”; –          risoluzione  n. 5865 del 14 dicembre 1994Con la indicata risoluzione, il Ministero delle Finanze ha stablito che  “Dopo aver ricordato il contenuto dellart. 11 commi da 5 a 9, della L. n. 413/1991, in vigore dal 1° gennaio 1992,  si  forniscono  di  seguito  i chiarimenti richiesti in merito alla disciplina in esame.  Come si è già precisato, la tassazione si attua in primo luogo con una ritenuta a titolo d’imposta del 20% sulle somme percepite  a  decorrere dal 1 gennaio 1992.  La  disciplina  sopra  descritta  e  le  fattispecie  da  ricondurre  a tassazione sono, dunque, contenute nei commi da 5 a 7. Tale  disciplina  si applica a decorrere dall’entrata in vigore della legge (in pratica  per  le somme corrisposte a decorrere dal 1° gennaio 1992)…. Al riguardo, non può che ribadirsi quanto già chiarito  nelle istruzioni  ai  modelli  di  dichiarazione  dei  redditi,  dove,  nel  fare riferimento al prelievo alla fonte che viene effettuato a decorrere dal  1 gennaio 1992, non si dà alcun rilievo al provvedimento o  all’atto  che  ha generato la corresponsione delle somme.  Tale opinione risulta condivisa anche  dall’Avvocatura  generale  dello Stato, il cui comitato consultivo (c.s. n. 7854/93, partenza n. 043408,  12 aprile 1994) ha affermato, fra l’altro, che non è affatto  sostenibile  che il limite riferito alla data dei provvedimenti stabilito nel comma 9,  come limite alla retroattività, sia da estendere alla previsione del comma 5 che retroattiva non è. Non è infatti corretto interpretare  la  norma  generale attraverso la norma eccezionale per  estendere  la  portata  dell’eccezione alle situazioni che non sono eccezionali”; –          risoluzione  n. 30/E-III-5-1914 del 18 febbraio 1997Con la citata risoluzione, il Ministero delle Finanze ha ulteriormente ribadito che Pertanto,  ove  l’esproprio venga disposto per destinare  l’area  ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare  di cui  alla  legge  sopra  citata,  la  relativa  indennità  di  esproprio dev’essere  sempre  assoggettata  a  tassazione,  non  assumendo   alcun rilievo  la  collocazione  dell’area in  questione  nelle  diverse  zone omogenee  in  cui è ripartito il territorio. Le zone omogenee,  infatti, vengono  prese  in  considerazione,  ai  fini  della  tassazione   delle indennità  di  esproprio,  solo  quando si  riferiscono  a  procedimenti espropriativi  relativi  ad aree destinate alla realizzazione  di  opere pubbliche o di infrastrutture urbane”; –          circolare n. 194/E-III-5-82988 del 24 luglio 1998Con la indicata circolare che riveste particolare importanza, il Ministero delle Finanze ha precisato: –          che  Pertanto, ove  l’esproprio  venga  disposto  per  destinare  l’area  ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge sopra citata, la  relativa  indennità  di  esproprio  dev’essere sempre  assoggettata  a  tassazione,  non  assumendo   alcun   rilievo   la collocazione dell’area in questione nelle diverse zone omogenee  in  cui  è ripartito il territorio.  Le  zone  omogenee,  infatti,  vengono  prese  in considerazione, ai fini della tassazione delle indennità di esproprio, solo quando  si  riferiscono  a  procedimenti  espropriativi  relativi  ad  aree destinate, alla  realizzazione  di  opere  pubbliche  o  di  infrastrutture urbane”; –          che  “Ai sensi del comma 7 dell’articolo 11 della legge in esame,  gli  “enti eroganti”,  all’atto  della  corresponsione  delle  somme   relative   alle indennità sopra descritte, comprese le somme  per  occupazione  temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitive, rivalutazione  e  interessi, devono operare una ritenuta a titolo d’imposta  nella  misura  del  20  per cento. Tuttavia, i contribuenti, in  sede  di  dichiarazione  dei  redditi, possono optare per la tassazione nei modi ordinari  (e  cioè  a  tassazione separata ovvero a tassazione ordinaria)  e  in  tal  caso  la  ritenuta  si considera effettuata a titolo di acconto. In proposito, si precisa  che  la ritenuta deve essere operata dall’ente  erogatore  sull’intera  somma  così come liquidata e, solo in caso di esercizio dell’opzione,  il  contribuente dovrà procedere al calcolo della plusvalenza  secondo  i  criteri  indicati dall’art. 82 del Tuir”;–          che “La disciplina sopra descritta si applica a  decorrere  dall’entrata  in vigore della legge e, pertanto,  relativamente  alle  somme  corrisposte  a decorrere  dal  1  gennaio  1992,   indipendentemente   dalla   data   del provvedimento che  ha  disposto  l’esproprio,  l’occupazione  eccetera,  il soggetto erogatore delle somme relative alle fattispecie sopra precisate  è tenuto  a  effettuare,  sull’intero  ammontare  delle  stesse  la  prevista ritenuta del 20 per cento.    Gli “enti eroganti” devono, quindi, effettuare la ritenuta sulle  somme corrisposte a decorrere dal 1 gennaio 1992, senza dare alcun rilievo  alla data del provvedimento o atto  che  ha  generato  la  corresponsione  delle somme”; –          risoluzione. n. 192/E-241848 del 15 dicembre 2000Con la risoluzione indicata, il Ministero delle Finanze ha definitivamente ribadito che “Per le plusvalenze realizzate a decorrere dal 1 gennaio  1992  risulta del tutto indifferente la data di  adozione  dei  provvedimenti  che  hanno generato la corresponsione delle somme  (decreto  di  esproprio,  sentenza, atto  di  cessione  volontaria  …)  assumendo  rilievo,  ai  fini   della determinazione del presupposto impositivo, esclusivamente il momento  della percezione delle somme, secondo il principio di cassa sancito dall’art. 82 comma 1, del Tuir.     Si conferma in tal senso il contenuto della citata circolare n. 194/E del 24 luglio 1998”.

 

 

  1. QUANTO ALLA NORMATIVA DELLA C.E.D.U.

 

Cio’ premesso, la fattispecie si presenta con  profili del tutto diversi allorquando l’inquadramento sia operato alla luce dei principi stabiliti dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e della giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

 

E’ noto che  l’art. 1 Prot. 1 C.E.D.U. dispone:

“Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”.

 

Nella fattispecie,  si dovra’ convergere  sul fatto che vi sia stata una «privazione dei beni» ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

Come la Corte Europea  ha più volte precisato, l’articolo 1 del Protocollo n. 1 contiene tre norme distinte:

 

« la prima, espressa nella prima frase del primo capoverso e che è di carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà ;

la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, considera la privazione della proprietà e la sottopone a determinate condizioni;

quanto alla terza, che compare nel secondo capoverso, essa riconosce agli Stati la facoltà, fra le altre, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale (…).

Non si tratta pertanto di regole prive di rapporto fra loro.

La seconda e la terza si riferiscono ad alcune ipotesi particolari di pregiudizio al diritto di proprietà; pertanto, esse devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima » (vedasi, fra l’altro, la sentenza James e altri c. Regno Unito, sopra citata, al § 37, la quale riprende in parte i termini dell’analisi che la Corte ha sviluppato nella sua sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 Settembre 1982, serie A nº 52, p. 24, § 61; vedansi anche le sentenze I Santi Monasteri c. Grecia, 9 Dicembre 1994, serie A nº 301-A, p. 31, § 56 ; Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 55, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 106, CEDH 2000-I).”.

 

La tassazione a cui e’ stata sottoposta la somma espropriativa di cui trattasi  si ingerisce nel diritto che concerne i beni privati e non tiene conto del  «giusto equilibrio» fra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedasi, fra le altre, in Sporrong e Lönnroth, sentenza precitata, p. 26, § 69).

La cura di assicurare un tale equilibrio si riflette nella struttura dell’intero articolo 1 del Protocollo n. 1 nella sua interezza e quindi anche nella seconda frase, che deve leggersi alla luce del principio sancito dalla prima.

In particolare, in tutte le disposizioni applicate da ogni Stato deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità fra i mezzi impiegati e il fine perseguito, comprese quelle che privano una persona della sua proprietà (Pressos Compañia Naviera S.A. E altri c. Belgio, sentenza del 20 Novembre 1995, serie A nº 332, p. 23 ; Ex re di Grecia e altri c. Grecia [GC], nº 25701/94, § 89-90. CEDH 2000-XII ; Sporrong e Lönnroth, p. 28, § 73, sentenza precitata).

Percio’, al fine di  decidere se i termini che caratterizzano il rimborso di cui trattasi  siano o meno rispettosi del principio del  «giusto equilibrio» ed  particolarmente se essi non facciano pesare sui  contribuenti  un carico sproporzionato, si rende necessario  prendere in esame le modalità di indennizzo previste dalla Cedu.

 

La Corte ha già chiarito in passato che, senza il versamento di una somma che sia in rapporto ragionevolmente diretto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un pregiudizio eccessivo.

Nel caso di specie dunque,  poiche’ e’ stata corrisposta  una somma non corrispondente al pieno valore dei beni espropriati (per via della decurtazione della somma a seguito della ritenuta irpef del 20 %),   i contribuenti hanno  dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo.

Essi percio’  chiedono che le conseguenze della citata violazione siano eliminate con il riconoscimento della somma adeguata a riparare il danno per la perdita del fondo e la lesione dei diritti fondamentali a ristoro integrale del pregiudizio subito. Tale somma deve essere individuata in quella gia’ determinata dalla sentenza n. 504/2013  del C.G.A. per la Regione Siciliana  ma ovviamente senza l’applicazione della ritenuta fiscale del 20 %, il cui importo deve  essere rimborsato ai contribuenti istanti.

Se infatti  la Corte di Appello aveva stabilito in una somma determinata che quello fosse l’effettivo valore di mercato dei beni espropriati, va da se’ che una somma inferiore del 20 % non puo’ rappresentare la giusta reintegrazione ed il giusto ristoro per i danni subiti, per l’evidente considerazione che si tratta di un importo inferiore.

I contribuenti  sono rimasti privi del giusto indennizzo spettante poiché e’ stata loro corrisposta  una somma effettivamente non rappresentativa del pieno valore di mercato pieno dei beni, in quanto  inferiore del 20 %.

Solo il pagamento della somma intera rappresentativa del valore di mercato dei fondi avrebbe, infatti, ottenuto per i contribuenti  il soddisfacimento integrale delle proprie ragioni.

 

Tra le sentenze gia’ emesse dalla Corte Europea, si richiamo tra le piu’ significative :

  • Guiso Gallisay contro Italia n. 58858 del 22.12.2009
  • Di Belmonte contro talia n. 72638 del 16.3.2010

 

Con le citate sentenze,  la Corte Europea ha tra l’altro stabilito  che il valore di mercato che deve essere corrisposto al proprietario per risarcirlo del danno subito a seguito di espropriazione deve essere inteso e calcolato senza tener conto delle eventuali imposte eventualmente dovute sulla somma spettante e che pertanto qualora le stesse siano state gia’ corrisposte nell’ordinamento interno, lo Stato deve essere condannato a pagare la corrispondente somma al ricorrente al fine di garantirgli la equa soddifazione e la giusta reintegrazione nei suoi diritti.

 

 

 

  • quanto all’applicabilita’ diretta nell’ordinamento delle norme della cedu

E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.

L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:

 

“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

  1. L’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  2. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orientamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.

Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea  e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.

Infine e per l’effetto, e’ appena il caso di precisare che alla pubblica amministrazione ed al giudice italiano e’ ora consentito (anzi, imposto) di procedere alla  applicazione diretta  nell’ordinamento nazionale non solo delle norme della Convenzione Europea ma anche dei principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte Europea, posto che essi hanno notoriamente la stessa efficacia e la stessa valenza giuridica delle norme della convenzione. A tal fine e’ sufficiente richiamare la giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia.

 

“Ne’ va sottaciuto che la particolare autorevolezza della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta ad oggi ulteriormente avvalorata dalla rinnovata e diretta incidenza sul piano interno delle disposizioni della relativa Convenzione, e cio’ in forza del combinato disposto della nuova formulazione dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea conseguente dalle modifiche apportate con il Trattato di Lisbona (cfr. ivi, commi 2 e 3: <L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali. …>; <I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali>) e dell’art. 117  primo comma costituzione come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale  18 ottobre 2001 n. 3 (<La potesta’ legislativa e’ esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche’ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali>)” (C.d.S. sezione IV 11.9.2012 n. 4808).

 

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Tanto premesso, i contribuenti in epigrafe, ognuna in pari misura ed in ragione dei rispettivi diritti,  chiedono che sia disposto il rimborso della imposta irpef di euro 292.560,94 (pari al 20 % trattenuta sulla somma di  euro 1.466.906,69 pagata  dall’I.a.c.p. di Siracusa) con gli interessi per legge.

 

In allegato:

  • sentenza n. OMISSIS del C.G.A. per la Regione OMISSIS;
  • mandato di pagamento n. OMISSIS del 26.2.2014;
  • mandato di pagamento n. OMISSIS del 26.2.2014;
  • nota n. OMISSIS del 15.4.2014 I.a.c.p. di Siracusa.

 

OMISSIS

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