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OMISSIS
Oggetto:
In esecuzione della sentenza n. OMISSIS del C.G.A. per la Regione SOMISSIS (doc. n. 1), con mandati di pagamento n. OMISSIS del 26.2.2014 (doc. n. 2) e n. OMISSIS del 26.2.2014 (doc. n. 3) l’I.a.c.p. di OMISSIS (a seguito di interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167) corrispondeva agli istanti somme per indennita’ espropriative pari a complessivamente ad euro 1.466.906,69. In sede di pagamento, l’I.a.c.p. effettuava la ritenuta fiscale irpef del 20 % per un ammontare pari ad euro 292.560,94 ai sensi dell’art. 11 legge n. 413/1991 (ora art. 35 d.p.r. n. 327/2001), come risulta dalla nota prot. n. 3259 del 15.4.2014 dello stesso I.a.c.p. di OMISSIS (doc. n. 4).
Cio’ premesso, con la presente gli scriventi chiedono a codesta amministrazione di voler disporre il rimborso della citata imposta, il cui pagamento deve ritenersi indebito, alla luce dei motivi di cui in seguito.
E’ appena il caso di precisare che gli scriventi sono a conoscenza che la ritenuta irpef di cui trattasi potrebbe apparire legittima qualora l’analisi della fattispecie fosse esperita entro i ristretti ambiti della normativa nazionale.
In particolare, se non e’ escluso (sul piano del diritto processuale) che i contribuenti possano astrattamente chiedere il rimborso della imposta irpef ritenuta indebitamente pagata, tuttavia (sul piano del diritto sostanziale) bisognerebbe ammettere che, qualora fosse giustificata esclusivamente sulla base della normativa nazionale, una siffatta domanda sarebbe ragionevolmente destinata all’insuccesso. E’ noto infatti che per la legge italiana e per la giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione, deve ritenersi legittimamente effettuata la ritenuta irpef su somme espropriative corrisposte a seguito di espropriazioni effettuate per interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge n. 167/1962.
Infatti:
L’art. 11 della legge n. 413/1991 prevede testualmente:
L’art. 35 d.p.r. n. 327/2001 prevede testualmente:
“Si applica l’articolo 81, comma 1, lettera b), ultima parte, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato col decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, qualora sia corrisposta a chi non eserciti una impresa commerciale una somma a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, di un terreno ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici” (comma 1);
“Il soggetto che corrisponde la somma opera la ritenuta nella misura del venti per cento, a titolo di imposta. Con la dichiarazione dei redditi, il contribuente può optare per la tassazione ordinaria, col computo della ritenuta a titolo di acconto” (comma 2).
– quanto alle indicazioni fornite dal Ministero Economia Con una prassi assolutamente consolidata, l’amministrazione finanziaria ha costantemente confermato l’obbligo di sottoporre alla tassazione del 20 % le somme percepite dai proprietari a titolo espropriativo. In particolare: – risoluzione n. III-5-561 del 15 ottobre 1993Con la indicata risoluzione, il Ministero delle Finanze ha stabilito:- che “Al riguardo, va precisato che con l’art. 11, commi 5 e seguenti, della legge citata, è stata disposta la tassazione delle indennità di esproprio e delle somme percepite a seguito di cessioni volontarie o ad altro titolo nel corso di procedimenti espropriativi, nonché delle somme comunque dovute per effetto di occupazione acquisitiva, compresi gli interessi su tali somme e la rivalutazione, relative a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane ricadenti all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al D.M. 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, percepite da soggetti che non esercitano imprese commerciali. Detta tassazione è effettuata in primo luogo attraverso il sistema della ritenuta sull’intera somma percepita, la quale è a titolo definitivo a meno che l’interessato, al momento della dichiarazione dei redditi, non preferisca optare per la tassazione nei modi ordinari (tassazione separata oppure, ove consentito, tassazione ordinaria per opzione)”; – risoluzione n. 7/35 del 21 luglio 1993Con la indicata risoluzione il Ministero delle Finanze ha chiarito che “ Al riguardo, si precisa che lart. 11 comma 5 e seguenti, della L. 30 dicembre 1991, n. 413, ha introdotto nell’ordinamento tributario una nuova fattispecie impositiva e precisamente quella relativa alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano attività commerciali, di indennità di esproprio o di somme conseguite a seguito di cessioni volontarie o ad altro titolo nel corso di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque dovute per effetto di occupazione acquisitiva, compresi gli interessi sutali somme e la rivalutazione. In forza delle citate disposizioni le indennità e le altre somme sono sottoposte a tassazione se corrisposte relativamente ad aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane all’interno di zone omogenee di tipo A, B, C e D (…) di cui al D.M. 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici, ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni”; – risoluzione n. 5865 del 14 dicembre 1994Con la indicata risoluzione, il Ministero delle Finanze ha stablito che “Dopo aver ricordato il contenuto dellart. 11 commi da 5 a 9, della L. n. 413/1991, in vigore dal 1° gennaio 1992, si forniscono di seguito i chiarimenti richiesti in merito alla disciplina in esame. Come si è già precisato, la tassazione si attua in primo luogo con una ritenuta a titolo d’imposta del 20% sulle somme percepite a decorrere dal 1 gennaio 1992. La disciplina sopra descritta e le fattispecie da ricondurre a tassazione sono, dunque, contenute nei commi da 5 a 7. Tale disciplina si applica a decorrere dall’entrata in vigore della legge (in pratica per le somme corrisposte a decorrere dal 1° gennaio 1992)…. Al riguardo, non può che ribadirsi quanto già chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione dei redditi, dove, nel fare riferimento al prelievo alla fonte che viene effettuato a decorrere dal 1 gennaio 1992, non si dà alcun rilievo al provvedimento o all’atto che ha generato la corresponsione delle somme. Tale opinione risulta condivisa anche dall’Avvocatura generale dello Stato, il cui comitato consultivo (c.s. n. 7854/93, partenza n. 043408, 12 aprile 1994) ha affermato, fra l’altro, che non è affatto sostenibile che il limite riferito alla data dei provvedimenti stabilito nel comma 9, come limite alla retroattività, sia da estendere alla previsione del comma 5 che retroattiva non è. Non è infatti corretto interpretare la norma generale attraverso la norma eccezionale per estendere la portata dell’eccezione alle situazioni che non sono eccezionali”; – risoluzione n. 30/E-III-5-1914 del 18 febbraio 1997Con la citata risoluzione, il Ministero delle Finanze ha ulteriormente ribadito che “Pertanto, ove l’esproprio venga disposto per destinare l’area ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge sopra citata, la relativa indennità di esproprio dev’essere sempre assoggettata a tassazione, non assumendo alcun rilievo la collocazione dell’area in questione nelle diverse zone omogenee in cui è ripartito il territorio. Le zone omogenee, infatti, vengono prese in considerazione, ai fini della tassazione delle indennità di esproprio, solo quando si riferiscono a procedimenti espropriativi relativi ad aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane”; – circolare n. 194/E-III-5-82988 del 24 luglio 1998Con la indicata circolare che riveste particolare importanza, il Ministero delle Finanze ha precisato: – che “Pertanto, ove l’esproprio venga disposto per destinare l’area ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge sopra citata, la relativa indennità di esproprio dev’essere sempre assoggettata a tassazione, non assumendo alcun rilievo la collocazione dell’area in questione nelle diverse zone omogenee in cui è ripartito il territorio. Le zone omogenee, infatti, vengono prese in considerazione, ai fini della tassazione delle indennità di esproprio, solo quando si riferiscono a procedimenti espropriativi relativi ad aree destinate, alla realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture urbane”; – che “Ai sensi del comma 7 dell’articolo 11 della legge in esame, gli “enti eroganti”, all’atto della corresponsione delle somme relative alle indennità sopra descritte, comprese le somme per occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitive, rivalutazione e interessi, devono operare una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 20 per cento. Tuttavia, i contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi, possono optare per la tassazione nei modi ordinari (e cioè a tassazione separata ovvero a tassazione ordinaria) e in tal caso la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto. In proposito, si precisa che la ritenuta deve essere operata dall’ente erogatore sull’intera somma così come liquidata e, solo in caso di esercizio dell’opzione, il contribuente dovrà procedere al calcolo della plusvalenza secondo i criteri indicati dall’art. 82 del Tuir”;– che “La disciplina sopra descritta si applica a decorrere dall’entrata in vigore della legge e, pertanto, relativamente alle somme corrisposte a decorrere dal 1 gennaio 1992, indipendentemente dalla data del provvedimento che ha disposto l’esproprio, l’occupazione eccetera, il soggetto erogatore delle somme relative alle fattispecie sopra precisate è tenuto a effettuare, sull’intero ammontare delle stesse la prevista ritenuta del 20 per cento. Gli “enti eroganti” devono, quindi, effettuare la ritenuta sulle somme corrisposte a decorrere dal 1 gennaio 1992, senza dare alcun rilievo alla data del provvedimento o atto che ha generato la corresponsione delle somme”; – risoluzione. n. 192/E-241848 del 15 dicembre 2000Con la risoluzione indicata, il Ministero delle Finanze ha definitivamente ribadito che “Per le plusvalenze realizzate a decorrere dal 1 gennaio 1992 risulta del tutto indifferente la data di adozione dei provvedimenti che hanno generato la corresponsione delle somme (decreto di esproprio, sentenza, atto di cessione volontaria …) assumendo rilievo, ai fini della determinazione del presupposto impositivo, esclusivamente il momento della percezione delle somme, secondo il principio di cassa sancito dall’art. 82 comma 1, del Tuir. Si conferma in tal senso il contenuto della citata circolare n. 194/E del 24 luglio 1998”.
Cio’ premesso, la fattispecie si presenta con profili del tutto diversi allorquando l’inquadramento sia operato alla luce dei principi stabiliti dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e della giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
E’ noto che l’art. 1 Prot. 1 C.E.D.U. dispone:
“Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”.
Nella fattispecie, si dovra’ convergere sul fatto che vi sia stata una «privazione dei beni» ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
Come la Corte Europea ha più volte precisato, l’articolo 1 del Protocollo n. 1 contiene tre norme distinte:
« la prima, espressa nella prima frase del primo capoverso e che è di carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà ;
la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, considera la privazione della proprietà e la sottopone a determinate condizioni;
quanto alla terza, che compare nel secondo capoverso, essa riconosce agli Stati la facoltà, fra le altre, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale (…).
Non si tratta pertanto di regole prive di rapporto fra loro.
La seconda e la terza si riferiscono ad alcune ipotesi particolari di pregiudizio al diritto di proprietà; pertanto, esse devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima » (vedasi, fra l’altro, la sentenza James e altri c. Regno Unito, sopra citata, al § 37, la quale riprende in parte i termini dell’analisi che la Corte ha sviluppato nella sua sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 Settembre 1982, serie A nº 52, p. 24, § 61; vedansi anche le sentenze I Santi Monasteri c. Grecia, 9 Dicembre 1994, serie A nº 301-A, p. 31, § 56 ; Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 55, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 106, CEDH 2000-I).”.
La tassazione a cui e’ stata sottoposta la somma espropriativa di cui trattasi si ingerisce nel diritto che concerne i beni privati e non tiene conto del «giusto equilibrio» fra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedasi, fra le altre, in Sporrong e Lönnroth, sentenza precitata, p. 26, § 69).
La cura di assicurare un tale equilibrio si riflette nella struttura dell’intero articolo 1 del Protocollo n. 1 nella sua interezza e quindi anche nella seconda frase, che deve leggersi alla luce del principio sancito dalla prima.
In particolare, in tutte le disposizioni applicate da ogni Stato deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità fra i mezzi impiegati e il fine perseguito, comprese quelle che privano una persona della sua proprietà (Pressos Compañia Naviera S.A. E altri c. Belgio, sentenza del 20 Novembre 1995, serie A nº 332, p. 23 ; Ex re di Grecia e altri c. Grecia [GC], nº 25701/94, § 89-90. CEDH 2000-XII ; Sporrong e Lönnroth, p. 28, § 73, sentenza precitata).
Percio’, al fine di decidere se i termini che caratterizzano il rimborso di cui trattasi siano o meno rispettosi del principio del «giusto equilibrio» ed particolarmente se essi non facciano pesare sui contribuenti un carico sproporzionato, si rende necessario prendere in esame le modalità di indennizzo previste dalla Cedu.
La Corte ha già chiarito in passato che, senza il versamento di una somma che sia in rapporto ragionevolmente diretto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un pregiudizio eccessivo.
Nel caso di specie dunque, poiche’ e’ stata corrisposta una somma non corrispondente al pieno valore dei beni espropriati (per via della decurtazione della somma a seguito della ritenuta irpef del 20 %), i contribuenti hanno dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo.
Essi percio’ chiedono che le conseguenze della citata violazione siano eliminate con il riconoscimento della somma adeguata a riparare il danno per la perdita del fondo e la lesione dei diritti fondamentali a ristoro integrale del pregiudizio subito. Tale somma deve essere individuata in quella gia’ determinata dalla sentenza n. 504/2013 del C.G.A. per la Regione Siciliana ma ovviamente senza l’applicazione della ritenuta fiscale del 20 %, il cui importo deve essere rimborsato ai contribuenti istanti.
Se infatti la Corte di Appello aveva stabilito in una somma determinata che quello fosse l’effettivo valore di mercato dei beni espropriati, va da se’ che una somma inferiore del 20 % non puo’ rappresentare la giusta reintegrazione ed il giusto ristoro per i danni subiti, per l’evidente considerazione che si tratta di un importo inferiore.
I contribuenti sono rimasti privi del giusto indennizzo spettante poiché e’ stata loro corrisposta una somma effettivamente non rappresentativa del pieno valore di mercato pieno dei beni, in quanto inferiore del 20 %.
Solo il pagamento della somma intera rappresentativa del valore di mercato dei fondi avrebbe, infatti, ottenuto per i contribuenti il soddisfacimento integrale delle proprie ragioni.
Tra le sentenze gia’ emesse dalla Corte Europea, si richiamo tra le piu’ significative :
Con le citate sentenze, la Corte Europea ha tra l’altro stabilito che il valore di mercato che deve essere corrisposto al proprietario per risarcirlo del danno subito a seguito di espropriazione deve essere inteso e calcolato senza tener conto delle eventuali imposte eventualmente dovute sulla somma spettante e che pertanto qualora le stesse siano state gia’ corrisposte nell’ordinamento interno, lo Stato deve essere condannato a pagare la corrispondente somma al ricorrente al fine di garantirgli la equa soddifazione e la giusta reintegrazione nei suoi diritti.
E’ noto che in data 1.12.2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona che e’ stato ratificato dallo Stato Italiano con la legge 2.8.2008 n. 130.
L’art. 1 n. 8 del Trattato di Lisbona ha modificato l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunita’ Europea e pertanto l’attuale formulazione dell’indicato art. 6 ora prevede testualmente:
“1. L’Unione riconosce i diritti, le liberta’ e i principi sanciti nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.
Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.
I diritti, le liberta’ e i principi della Carta sono interpretati in conformita’ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
La citata novita’ normativa si rivela particolarmente importante poiche’ essa ha comportato una modifica (verso l’alto) della fonte di diritto a tutela della proprieta’: mentre infatti in precedenza i diritti fondamentali (e dunque anche la proprieta’) trovano la loro tutela in una convenzione internazionale (la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo) la cui applicazione nell’ordinamento (secondo l’orientamento piu’ restrittivo) era subordinata al rispetto delle condizioni previste dalla sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale, ora invece quegli stessi diritti fondamentali trovano tutela in un trattato internazionale (il Trattato di Lisbona) le cui previsioni sono immediatamente e direttamente applicabili nell’ordinamento, anche grazie alla cessione di parte della propria sovranita’ nazionale che ogni stato contraente ha operato sottoscrivendo il trattato.
Ecco allora che i diritti fondamentali gia’ previsti dalla c.e.d.u. in materia di tutela del diritto di proprieta’, ora fanno parte dei principi generali del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato istitutivo della Comunita’ Europea e pertanto in quanto tali devono essere applicati direttamente nell’ordinamento nazionale, con disapplicazione delle norme interne con esse configgenti, come avviene per tutte le norme comunitarie.
Infine e per l’effetto, e’ appena il caso di precisare che alla pubblica amministrazione ed al giudice italiano e’ ora consentito (anzi, imposto) di procedere alla applicazione diretta nell’ordinamento nazionale non solo delle norme della Convenzione Europea ma anche dei principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte Europea, posto che essi hanno notoriamente la stessa efficacia e la stessa valenza giuridica delle norme della convenzione. A tal fine e’ sufficiente richiamare la giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia.
“Ne’ va sottaciuto che la particolare autorevolezza della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta ad oggi ulteriormente avvalorata dalla rinnovata e diretta incidenza sul piano interno delle disposizioni della relativa Convenzione, e cio’ in forza del combinato disposto della nuova formulazione dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea conseguente dalle modifiche apportate con il Trattato di Lisbona (cfr. ivi, commi 2 e 3: <L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali. …>; <I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali>) e dell’art. 117 primo comma costituzione come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 (<La potesta’ legislativa e’ esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche’ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali>)” (C.d.S. sezione IV 11.9.2012 n. 4808).
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Tanto premesso, i contribuenti in epigrafe, ognuna in pari misura ed in ragione dei rispettivi diritti, chiedono che sia disposto il rimborso della imposta irpef di euro 292.560,94 (pari al 20 % trattenuta sulla somma di euro 1.466.906,69 pagata dall’I.a.c.p. di Siracusa) con gli interessi per legge.
In allegato:
OMISSIS