L’indennità aggiuntiva riconosciuta all’affittuario coltivatore diretto costituisce uno dei più significativi strumenti di equilibrio tra il potere ablatorio della pubblica amministrazione e la tutela delle posizioni soggettive dei lavoratori agricoli. Questo istituto, di matrice storica e sociale, mira a proteggere chi trae sostentamento diretto dalla coltivazione della terra, offrendo una compensazione per il danno derivante dalla perdita forzata del godimento del fondo. Nel tempo, la sua applicabilità, soprattutto nelle espropriazioni per opere private di pubblica utilità, è stata al centro di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. L’ordinanza Cass. n. 20341/2024 si colloca in questo scenario, fornendo una risposta chiara e rafforzando la tutela dei soggetti più deboli.
La vicenda nasce dall’espropriazione di terreni agricoli da parte del Ministero dello Sviluppo Economico per la realizzazione del metanodotto “Zimella-Cervignano d’Adda” della SNAM Rete Gas S.p.A. Un terreno di proprietà della Fondazione Opera Pia Castiglioni Onlus, concesso in affitto alla Società Agricola Oldini Cesare ed Emanuele, è oggetto di procedura espropriativa. La società affittuaria, in qualità di coltivatore diretto, chiede a SNAM e alla Fondazione la corresponsione dell’indennità aggiuntiva ex art. 42 d.P.R. 327/2001, che viene però negata da SNAM, la quale contesta l’applicabilità della norma in caso di opera privata di pubblica utilità.
La società agricola si rivolge al Tribunale di Milano e, ottenendo ragione, vede riconosciuta l’indennità aggiuntiva. La Corte d’Appello conferma la decisione, affermando che il pregiudizio subito dal coltivatore diretto è identico sia in caso di opera pubblica che privata, sancendo la necessità di evitare discriminazioni. SNAM ricorre in Cassazione sostenendo, sulla base di una lettura letterale dell’art. 36 d.P.R. 327/2001, che l’indennità aggiuntiva non sarebbe dovuta nelle espropriazioni per opere private.
L’articolo prevede, per l’espropriazione di terreni agricoli, il diritto dell’affittuario coltivatore diretto, mezzadro o colono, a un’indennità aggiuntiva. Questa misura mira a compensare il danno specifico subito dal lavoratore agricolo a seguito della perdita del godimento del fondo, tutelando la continuità dell’attività agricola e la funzione sociale dell’agricoltura.
L’indennità aggiuntiva si aggiunge a quella riconosciuta al proprietario ed è calcolata sulla base dei criteri previsti dalla disciplina vigente (oggi, il riferimento è al reddito dominicale e alle modalità di calcolo dettagliate nel T.U. Espropri).
L’articolo disciplina le espropriazioni per la realizzazione di opere private di pubblica utilità, prevedendo una disciplina derogatoria per l’indennità di espropriazione dovuta al proprietario. Non esclude però espressamente l’applicazione dell’art. 42: la questione interpretativa verte proprio sulla possibilità di riconoscere l’indennità aggiuntiva anche in questo scenario.
SNAM sosteneva che:
La Corte respinge il ricorso, richiamando la propria giurisprudenza (Cass. n. 21058/2022; Cass. n. 32072/2023), secondo cui l’indennità aggiuntiva ex art. 42 spetta anche nei casi di espropriazione per opera privata di pubblica utilità.
La disciplina derogatoria dell’art. 36 riguarda solo l’indennità di espropriazione e non quella aggiuntiva, che ha natura autonoma e può portare a una liquidazione complessiva superiore al valore venale del bene. La Corte valorizza la ratio della norma: tutelare la posizione lavorativa del coltivatore diretto, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto beneficiario dell’opera.
“…in tema di espropriazione per pubblica utilità, all’affittuario coltivatore diretto spetta l’indennità aggiuntiva non solo nel caso in cui il procedimento ablatorio sia finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica, ma anche quando sia eseguita un’opera privata di pubblica utilità (nella specie, un impianto di compressione di gas naturale), poiché la disciplina derogatoria, contenuta nell’art. 36 dPR n. 327 del 2001, riguarda solo l’indennità di espropriazione e non anche quella prevista dall’art. 42 dPR cit., che costituisce un’indennità del tutto autonoma e, appunto, aggiuntiva, la cui liquidazione può comportare l’erogazione (in favore del proprietario e del coltivatore diretto) di indennità che, nel loro complesso, superino il valore venale del bene espropriato (cfr. Cass. 21058/2022; Cass. n. 32072/2023). Al predetto orientamento si deve dare continuità, non avendo la ricorrente offerto elementi idonei a modificarlo.”
L’indennità aggiuntiva a favore dell’affittuario coltivatore diretto nasce dalla consapevolezza che il danno subito da chi coltiva la terra – spesso senza alternative lavorative o fonti di reddito – è qualitativamente diverso da quello del proprietario. La perdita della fonte di sostentamento può compromettere l’equilibrio familiare e sociale, giustificando una compensazione autonoma e rafforzata.
La soluzione accolta dalla Cassazione evita discriminazioni tra coltivatori che subiscano la perdita del fondo per opere pubbliche o private di pubblica utilità. Il criterio della “pubblica utilità” dell’opera – e non la natura pubblica o privata del soggetto attuatore – è il discrimine logico-normativo che fonda la spettanza dell’indennità.
Alcune voci dottrinali hanno sollevato perplessità, paventando il rischio di un eccessivo aggravio per i soggetti privati promotori di opere di pubblica utilità. Tuttavia, la funzione sociale della tutela, il favore per il lavoro agricolo e il principio di equità giustificano la soluzione accolta, che trova riscontro anche nell’orientamento della Corte costituzionale in materia di bilanciamento tra interesse pubblico e diritti fondamentali.
Colui che invoca l’indennità aggiuntiva deve:
L’indennità aggiuntiva è calcolata secondo le disposizioni dell’art. 42 T.U. Espropri, spesso facendo riferimento al reddito dominicale e alle modalità di calcolo dettagliate nel provvedimento ablatorio. La quantificazione deve essere oggetto di perizia e può portare, sommata all’indennità spettante al proprietario, al riconoscimento di una somma superiore al valore venale del bene.
L’ordinanza Cass. n. 20341/2024 conferma e rafforza la tutela del coltivatore diretto affittuario, riconoscendo il diritto all’indennità aggiuntiva ex art. 42 T.U. Espropri anche in caso di esproprio per la realizzazione di opere private di pubblica utilità. La disciplina speciale dell’art. 36 non si estende a tale indennità, che resta uno strumento fondamentale per la protezione delle attività agricole e dei soggetti meritevoli di tutela, in coerenza con i principi di equità e parità di trattamento.
La soluzione adottata dalla Corte si pone in linea con una visione costituzionalmente orientata della materia ablativa e rafforza il ruolo sociale dell’indennità aggiuntiva nel sistema delle espropriazioni.