Conclusione Violazione di P1-1; Violazione dell’ Art. 6-1; danno materiale - risarcimento finanziario; danno Morale - risarcimento finanziario
PRIMA SEZIONE
CAUSA MALTONI C. ITALIA
(Richiesta n. 31548/96)
SENTENZA
STRASBOURG
15 novembre 2002
DEFINITIVO
15/02/2003
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.
Nella causa Maltoni c. Italia,
La Corte europea dei Diritti umani (Prima Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Il Sig. C.L. Rozakis, Presidente, il
Sig. G. Bonello il Sig. P. Lorenzen, la Sig.ra N. Vajic la Sig.ra S. Botoucharova, la Sig.ra E. Steiner giudici, il Sig. G. Raimondi giudice ad hoc, ed il Sig. E. Fribergh, Cancelliere di Sezione
Avendo deliberato in privato il 24 ottobre 2002,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa originò in una richiesta (n. 31548/96) contro la Repubblica italiana depositata con la Commissione europea dei Diritti umani (“la Commissione”) sotto il precedente Articolo 25 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e le Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino italiano, la Sig.ra A. M. M. (“il richiedente”), il 5 dicembre 1995.
2. Il Governo italiano (“il Governo”) fu rappresentato dal suo Agente, il Sig. U. Leanza e dal suo co-agente, il Sig. V. Esposito.
3. Il richiedente si lamentò sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 di non essere stato in grado di recuperare possesso del suo appartamento all'interno di un termine ragionevole. Invocando l’Articolo 6 § 1 della Convenzione, si lamentò inoltre della lunghezza dei procedimenti di sfratto.
4. La richiesta fu trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, quando il Protocollo N.ro 11 alla Convenzione entrò in vigore (Articolo 5 § 2 di Protocollo N.ro 11).
5. La richiesta fu assegnata alla Seconda Sezione della Corte (Articolo 52 § 1 degli Articoli di Corte). All’interno di questa Sezione, la Camera che avrebbe considerato la causa (Articolo 27 § 1 della Convenzione) fu costituita come previsto nell’ Articolo 26 § 1 degli Articoli di Corte. Il Sig. V. Zagrebelsky, il giudice eletto a riguardo dell'Italia, si ritirò dal riunirsi nella causa (Articolo 28). Il Governo nominò il Sig. G. Raimondi come giudice ad hoc per riunirsi al suo posto (Articolo 27 § 2 della Convenzione ed Articolo 29 § 2).
6. Il 22 marzo 2001 la Corte dichiarò la richiesta ammissibile.
7. Il 1 novembre 2001 la Corte cambiò la composizione delle sue Sezioni (l'Articolo 25 § 1). Questa causa fu assegnata alla Prima Sezione di recente composta.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
8. D.L.F. e D.E. erano i proprietari di un appartamento a Firenze che avevano affittato a F.M.
9. In una lettera datata 30 dicembre 1982, informarono l'inquilino che intendevano terminare il contratto d'affitto alla scadenza del termine il 31 dicembre 1983 e gli chiesero di sgombrare i locali per quella data.
10. In un documento notificato all'inquilino l’8 marzo 1986 D.L.F e D.E. reiterarono la loro intenzione di terminare il contratto d'affitto e chiamarono in causa l'inquilino per apparire di fronte al Magistrato di Firenze.
11. Con una decisione del 6 maggio 1986 che fu resa esecutiva il 16 maggio 1986 il Magistrato di Firenze sostenne la validità dell'avviso per sgomberare ed ordinò che i locali fossero sgombrati per il 30 giugno 1988.
12. Il 28 aprile 1988, il richiedente divenne il proprietario dell'appartamento.
13. Il 21 dicembre 1990, il richiedente notificò un avviso all'inquilino in cui gli richiedeva di sgombrare i locali.
14. Il 10 gennaio 1991, notificò un avviso all'inquilino in cui lo che il mandato per possesso sarebbe stato eseguito da un ufficiale giudiziario il 18 marzo 1991.
15. Fra il 18 marzo 1991 e il 6 dicembre 1991, l'ufficiale giudiziario fece tre tentativi di recuperare possesso. Dopo il terzo tentativo, il richiedente decise di cessare i procedimenti di esecuzione a causa della mancanza di assistenza della polizia.
16. L’8 febbraio 1995, il richiedente fece una dichiarazione legale in cui richiedeva urgentemente i locali come sistemazione per suo proprio uso.
17. Il 20 febbraio 1995, il richiedente notificò un nuovo avviso all'inquilino in cui gli richiedeva di sgombrare i locali.
18. Il 14 marzo 1995, lei notificò un avviso all'inquilino in cui lo informava che il mandato per possesso sarebbe stato eseguito da un ufficiale giudiziario il 15 maggio 1995.
19. Fra il 15 maggio 1995 e il 14 aprile 1997 , l'ufficiale giudiziario fece cinque tentativi di recuperare possesso. Ogni tentativo si dimostrò senza successo, siccome, sotto i provvedimenti legali che prevedevano lo scaglionamento degli sfratti, al richiedente non fu concessa l’ assistenza della polizia nell'eseguire il mandato per possesso.
20. A seguito di un regolamento amichevole, nel gennaio 1998 l'inquilino sgombrò i locali.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
21. Il diritto nazionale attinente è descritto nella sentenza della Corte nella causa Immobiliare Saffi c. Italia [GC], n. 22774/93, §§ 18-35, 1999-V di ECHR.
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N.RO 1 ALLA CONVENZIONE
22. Il richiedente si lamentò di non essere stato in grado di recuperare possesso del suo appartamento all'interno di un termine ragionevole a causa della mancanza di assistenza della polizia. Asserì una violazione diell’Articolo 1 delProtocollo N.ro 1 alla Convenzione che prevede:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento tranquillo della sua proprietà. Nessuno sarà privato della sua proprietà eccetto che nell'interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, i provvedimenti precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire tali leggi se ritiene necessario controllare l'uso della proprietà in conformità con l'interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
A. L'articolo applicabile
23. In conformità con la sua giurisprudenza, la Corte considera, che l'interferenza col diritto del richiedente al tranquillo godimento dei suoi possessi corrispondeva al controllo dell'uso della proprietà ed deve essere esaminata sotto il secondo paragrafo dell’ Articolo 1 (vedere Immobiliare Saffi, citata sopra, § 46).
B. Ottemperanza con le condizioni nel secondo paragrafo
1. Scopo dell'interferenza
24. La Corte prima ha espresso la prospettiva che la legislazione contestata aveva un scopo legittimo nell'interesse generale, come richiesto dal secondo paragrafo dell’ Articolo 1 (vedere Immobiliare Saffi, citata sopra, § 48).
2. La proporzionalità dell'interferenza
25. La Corte reitera che ai fini del secondo paragrafo dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 un'interferenza deve prevedere un “giusto equilibrio” fra le richieste dell'interesse generale e le esigenze della protezione dei diritti essenziali dell'individuo. Ci deve essere una relazione ragionevole della proporzionalità fra i mezzi assunti e lo scopo perseguito. Nel determinare se questa esigenza è soddisfatta, la Corte riconosce che lo Stato gode di un margine ampio di valutazione riguardo sia alla scelta dei mezzi d’imposizione ed sia alla verifica se le conseguenze dell’imposizione sono giustificate nell'interesse generale al fine di realizzare lo scopo della legge in oggetto. Nelle sfere come l’ alloggio che hanno un ruolo centrale nel welfare e nelle politiche economiche delle società moderne la Corte rispetterà il giudizio della legislatura come se fosse nell'interesse generale a meno che quel giudizio non sia manifestamente senza fondamento e irragionevole (vedere Immobiliare Saffi, citata sopra, § 49).
26. Il richiedente contese che l'interferenza era sproporzionata in prospettiva della sua lunghezza. L'interferenza aveva provocato una particolare fatica nella sua causa, siccome aveva fatto una dichiarazione legale in cui aveva richiesto urgentemente i locali come sistemazione per suo proprio uso. Effettivamente, aveva recuperato possesso solamente perché lei era riuscito ad ottenere un accordo dell'inquilino, non perché aveva avuto l’ assistenza di polizia.
27. Il Governo indicò che l'interferenza col diritto del richiedente al tranquillo godimento della sua proprietà era proporzionata allo scopo legittimo perseguito. Concluse che, prendendo in esame gli interessi sia del padrone di casa che dell'inquilino, il carico imposto al richiedente non era stato eccessivo.
28. La Corte considera che, in principio, il sistema italiano di scaglionamento dell'imposizione degli ordini dei tribunali non è di per sé aperto alla critica, avendo riguardo in particolare del margine di valutazione permesso sotto il secondo paragrafo dell’ Articolo 1. Comunque, tale sistema porta con sé il rischio di imporre ai padroni di casa un carico eccessivo in termini della loro capacità di sbarazzarsi della loro proprietà e deve offrire di conseguenza certe salvaguardie procedurali così come assicurare che l'operazione del sistema ed il suo impatto sui diritti di proprietà di un padrone di casa non sia né arbitraria né imprevedibile (vedere, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi citata sopra, § 54). La Corte deve accertare così se, nella presente causa, al richiedente furono riconosciute garanzie sufficienti da essere salvaguardato contro l'incertezza e l'arbitrarietà.
29. La Corte osserva che il mandato per possesso divenne esecutivo il 16 maggio 1986 ed indicava che l'inquilino avrebbe dovuto sgomberare l'appartamento il 30 giugno 1988. Il primo tentativo tramite un ufficiale giudiziario di esecuzione del mandato per possesso ebbe luogo il 18 marzo 1991. A causa in parte della legislazione che prevedeva per lo scaglionamento degli sfratti ed in parte della mancanza di assistenza di polizia il richiedente recuperò possesso del suo appartamento solamente a gennaio 1998, anche se lui aveva fatto una dichiarazione legale l’8 febbraio 1995 in cui confermava di aver bisogno urgentemente dell'appartamento per suo proprio uso.
30. Per approssimativamente sei anni e dieci mesi a partire dal primo tentativo dell'ufficiale giudiziario di eseguire il mandato di possesso, il richiedente fu lasciato così in un stato d'incertezza riguardo a quando sarebbe stato in grado riacquistare il suo appartamento. Fino all’ 8 febbraio 1995, non poteva fare domanda al giudice che tratta i procedimenti di esecuzione o al tribunale amministrativo che non avrebbero potuto non considerare la decisione del prefetto di dare priorità a tutte lei cause urgenti e pendenti, in quanto questa decisione era completamente legittima (vedere Immobiliare Saffi citata sopra , § 56). Benché il mandato per possesso fosse esecutivo ed il richiedente avesse fatto una dichiarazione legale che gli dava un titolo di priorità nella concessione di assistenza della polizia, non aveva nessuno mezzo di accelerare il processo che dipendeva quasi completamente dalla disponibilità degli agenti di polizia. Le autorità attinenti non sembrano avere preso alcuna azione in risposta alla dichiarazione legale dal richiedente dell’ 8 febbraio 1995 in cui dichiarava di aver bisogno dei locali per suo uso proprio.
31. Alla luce di ciò che precede, la Corte considera, che, nelle particolari circostanze di questa causa, un carico eccessivo fu imposto al richiedente; di conseguenza l'equilibrio che deve essere previsto fra la protezione del diritto di proprietà e le esigenze dell'interesse generale fu sconvolto a danno del richiedente.
C'è stata di conseguenza, una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
32. Il richiedente asserì anche una violazione di Articolo 6 § 1 della Convenzione, la parte attinente di che prevede:
“Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi..., ognuno è abilitato a un’... udienza all'interno di un termine ragionevole da [un]... tribunale...”
33. Il richiedente si lamentò di aver dovuto aspettare approssimativamente undici anni ed otto mesi per recuperare possesso del suo appartamento dopo che il mandato del magistrato fu emesso. Inoltre, dibatté che nonostante il fatto di aver fatto una dichiarazione legale in cui richiedeva urgentemente i locali come sistemazione per suo proprio uso, ha dovuto aspettare approssimativamente tre anni dalla data in cui la dichiarazione fu resa prima di recuperare possesso.
34. Il Governo contestò questo punto. Riguardo alla lunghezza dei procedimenti di esecuzione, il Governo sostiene, che il ritardo nell'offrire l'assistenza della polizia è giustificato dalla protezione dell'interesse pubblico.
35. La Corte osserva che il richiedente si era appellato originalmente all’ Articolo 6 in connessione con la lagnanza riguardo alla lunghezza dei procedimenti per possesso. La Corte considera nondimeno che la presente causa deve essere esaminata in connessione col diritto più generale ad un tribunale.
36. La Corte reitera che il diritto ad un tribunale come garantito anche dall’ Articolo 6 protegge l'attuazione decisioni giudiziali definitive e vincolanti che, in Stati che accettano l'articolo di legge, non può rimanere non operativa al danno di una parte (vedere Immobiliare Saffi citata sopra, § 66). L'esecuzione di una decisione giudiziale non può essere di conseguenza differita impropriamente.
37. Nella presente causa, il mandato per possesso emesso dal Magistrato di Firenze il 6 maggio 1986 divenne esecutivo il 16 maggio 1986. Per un periodo di più di tre anni e dieci mesi, dal 18 marzo 1991 sino all’ 8 febbraio 1995 quando il richiedente fece una dichiarazione legale di aver bisogno dei locali per suo proprio uso, l’esecuzione del mandato per possesso in suo favore fu posticipata in molte occasioni.
38. Anche dopo aver fatto la dichiarazione legale, al richiedente non fu accordata l'assistenza della polizia. Il richiedente recuperò effettivamente, possesso del suo appartamento solamente nel gennaio 1998 dopo essere giunti ad u regolamento amichevole giunse con l’inquilino più di sei anni e dieci mesi dopo il primo tentativo dell'ufficiale giudiziario.
39. La Corte considera che un ritardo di questa lunghezza nell'esecuzione di una decisione del tribunale definitiva spoglia l’Articolo 6 § 1 della Convenzione di qualsiasi effetto pratico.
40. In queste circostanze, la Corte sostiene, che c'è stata una violazione del diritto ad un tribunale, come garantito dall’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
41. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte trova che c'è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli inoltre, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette di rendere una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. danno Materiale
42. Il richiedente chiese riparazione per il danno materiale che aveva sostenuto che issò a 32,400,000 lire italiane (ITL) [16,733.20 euro (EUR)], la somma di ITL 31,150,000 [EUR 16,087.63] come la differenza fra il suo costo addizionale di vita e l'affitto per il periodo dei procedimenti di sfratto (il richiedente sostenne di doversi trasferire da Firenze a Bologna e, perciò, fare da spola ogni giorno), la somma di ITL 1,250,000 [EUR 645.57] come importo che il richiedente doveva pagare per l'ICI (“Imposta Comunale sugli Immobili”)-tassa municipale di beni immobili.
43. Il Governo sottolineò che il richiedente non era riuscito ad addurre una prova qualsiasi del danno materiale subito come risultato della violazione addotta. Riguardo ai costi sostenuti dal richiedente per la tassa municipale dei beni immobili, il Governo dibatté che non erano riferiti alle violazioni addotte.
44. La Corte considera che non c'è collegamento causale fra le violazioni trovate ed il danno materiale addotto e respinge questa richiesta.
45. Alla luce dell'evidenza di fronte a sé ed il periodo riguardato, e deliberando su una base equa, la Corte dà EUR 6,300 al richiedente sotto questo capo.
B. danno Morale
46. Il richiedente chiese ITL 80,000,000 [EUR 41,316.55] per il danno morale.
47. Il Governo presentò che in qualsiasi caso l'importo chiesto era eccessivo.
48. La Corte considera che il richiedente ha dovuto sostenere un danno morale. Perciò, la Corte decide, su una base equa, di dare EUR 6,000 sotto questo capo.
C. Interesse di mora
49. La Corte considera adatto che l'interesse di mora debba essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a cui si dovrebbero aggiungere tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITÀ
1. Sostiene che c'è stata una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;
2. Sostiene che c'è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato convenuto deve pagare ogni richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva secondo l’Articolo 44 § 2 della Convenzione i seguenti importi:
(i) 6,300 EUR (sei mila trecento euro) per danno materiale;
(ii) 6,000 EUR (sei mila euro) per danno morale;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’interesse semplice sarà pagabile sugli importi sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti di percentuale;
4. Respinge il resto della richiesta del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese e notificato per iscritto il 15 novembre 2002, facendo seguito all’ Articolo 77 §§ 2 e 3 degli Articoli di Corte.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Presidente