Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
QUARTA SEZIONE
CAUSE NACARYAN E DERYAN C. TURCHIA
( Richieste numero 19558/02 e 27904/02)
SENTENZA
STRASBURGO
8 gennaio 2008
Domanda di rinvio dinnanzi alla Grande Camera in corso
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Nacaryan e Deryan c. Turchia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Josep Casadevall, Riza Türmen, Stanislav Pavlovschi, Lech Garlicki, Ljiljana Mijovic, Ján Šikuta, giudici,
e di Fatos Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trovano due richieste, numero 19558/02 e 27904/02, dirette contro la Repubblica della Turchia e in cui due cittadini greci, la Sig.ra Y. - J. N. ed il Sig. A. D. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 22 aprile 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati da D. B., avvocato ad Istanbul. Il governo turco ("il Governo") non ha designato alcun agente per il procedimento dinnanzi alla Corte.
3. I richiedenti adducevano in particolare che il rifiuto delle giurisdizioni turche di riconoscere loro la qualità di erede per ciò che riguardava i beni immobili aveva infranto l'articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 6 giugno 2006, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Il governo greco ha esercitato il suo diritto ad intervenire nel procedimento scritto, articoli 36 § 1 della Convenzione e 44 § 1 b) dell'ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1945 e 1948 e hanno risieduto in Grecia.
7. Il 10 agosto 2000, S. A. G. ("de cujus"), di nazionalità turca, decedette celibe e senza lasciare di posterità. Il suo patrimonio comprendeva dei beni immobili in Turchia così come dei beni mobili.
8. Il 22 agosto 2000, A. I. investì la pretura di Sisli ("pretura") di un'azione che tendeva a fare riconoscere la sua qualità di erede del de cujus.
9. Ad una data non conosciuta, A. G., padre dei richiedenti, intervenne nel procedimento dinnanzi alla pretura per essere designato tra gli eredi del de cujus. Il 9 dicembre 2000, i richiedenti proseguirono il procedimento dopo il decesso del loro padre.
10. Il 16 ottobre 2000, la pretura chiese alla Direzione generale delle relazioni estere e del diritto internazionale del ministero della Giustizia ("ministero della Giustizia") di fornirle delle informazione concernenti l'esistenza della reciprocità tra la Turchia e le Grecia in data del decesso del de cujus.
11. Il 1 novembre 2000, la pretura unì al procedimento che aveva d fornte quello relativo alla pretesa del Tesoro di essere designato come il solo erede del decujus.
12. Nel suo rapporto del 4 gennaio 2001, il ministero della Giustizia spiegò come segue:
"(...) Con una decisione del Consiglio dei ministri del 2 novembre 1964, basandosi sulla legge no 1062, il governo turco ha adottato una contromisura concernente le persone fisiche e giuridiche di nazionalità greca in ragione delle misure prese dal governo greco che restringono totalmente il diritto di proprietà sui beni immobili che appartengono ai turchi in Grecia. Con questo decreto, il passaggio di atti relativi alla proprietà o ad altri diritti reali sui beni immobili situati in Turchia che appartengono ai cittadini greci di origine greca, o il passaggio di atti di trasferimento che possono arrivare allo stesso risultato, è stato sospeso. Più tardi, il decreto del 2 novembre 1964 è stato abrogato da un decreto del Consiglio dei ministri del 3 febbraio 1988. Le misure previste dal decreto del 2 novembre 1964 non si applicheranno più dopo questa data.
Concernente il periodo in cui il decreto del 2 novembre 1964 era in vigore, è stato deciso dal decreto del 23 marzo 1988 di autorizzare l'iscrizione al registro fondiario dei beni immobili che non avevano potuto esserlo durante l'applicazione del decreto abrogato del 2 novembre 1964, [l'iscrizione] a nome delle persone in favore dalle quali era prevista la costituzione di un diritto tramite la disposizione a causa di morte o a nome degli eredi ab intestato tramite successione.
Però, conviene precisare questo punto; l'acquisizione di beni immobili da parte degli stranieri in Turchia essendo legata alla condizione di reciprocità in diritto ed in fatto secondo l'articolo 35 del codice fondiario, è obbligatorio ricercare se esiste la reciprocità affinché i cittadini greci possano acquisire dei beni immobili nel nostro paese, anche questo dopo l'abrogazione del decreto restrittivo.
(...) In quanto all'esame della reciprocità dal punto di vista della legislazione greca e la situazione di fatto, le informazione ottenute dal ministero delle Cause estere, in un'altra occasione, sono le seguenti:
L'articolo 4 del codice civile greco dispone "Il cittadino straniero beneficia di tutti i diritti come il cittadino greco."
Però,
(...)
5 - fino alla sua abrogazione nel 1990, la legge principale che regolava l'acquisizione di beni immobili in Grecia è stata la legge adottata nel 1938, relativa all'interdizione ad acquistare e a vendere nelle regioni di frontiera.
Questa legge conteneva delle disposizioni relative all'acquisto ed alla vendita di beni immobili nelle regioni di frontiera e costiere. Contemplava l'interdizione all'acquisto e alla vendita nelle regioni in questione. (...) Con eccezione, [la legge] contemplava che si sarebbe potuto togliere questa interdizione per i cittadini greci che vivono in Grecia su autorizzazione speciale rilasciata dalla commissione riguardata.
Dopo l'adesione della Grecia alla Comunità europea, la Corte di Giustizia delle Comunità europee, nella sua decisione relativa alla causa no 305/87, ha considerato questa legge contraria al diritto comunitario.
6 - in seguito a questa sentenza, le regole relative all'acquisizione di beni immobili nelle regioni di frontiera in Grecia sono state modificate e la nuova legge è entrata in vigore il 31 luglio 1990.
Le nuove disposizioni permettono ai cittadini greci ed ai cittadini dei paesi membri della Comunità europea così come ai cittadini di origine greca degli altri paesi di acquisire dei beni immobili nelle regioni di frontiera e di disporne su autorizzazione. È contemplato che le richieste di autorizzazione delle persone che figurano nella legge tra questi tre gruppi sono fatte dinnanzi ad una commissione costituita in ogni regione e composta dai rappresentanti dei ministeri della Difesa nazionale, dell'economia, dell'ordine pubblico e dell'agricoltura, sotto la presidenza del prefetto, e l'interdizione generale concernente l'acquisizione di beni immobili viene tolta tramite una decisione maggioritaria dei membri della commissione ed il voto favorevole del rappresentante del ministero della Difesa nazionale. È contemplato che l'acquisizione e la disposizione di beni immobili nelle regioni di frontiera e costiere da parte dei cittadini di un terzo altro paese non appartenente a questi tre gruppi sono possibili solamente con l'autorizzazione del ministero della Difesa.
(...)
Le restrizioni portate dalla Grecia all'acquisizione di beni immobili da parte degli stranieri prevedono, sia nella legge del 1938 che anche in quella del 1990, di impedire l'acquisizione della proprietà da parte degli stranieri nelle regioni sensibili per la sicurezza nazionale.
(...) Circa il 55% del territorio greco entro nel campo di applicazione di questa legge.
Nelle regioni che non entrano nel campo di applicazione della legge del 1990 che regola l'acquisizione di beni immobili in questo paese, (all’infuori regioni di frontiera e costiere) l'acquisizione della proprietà da parte degli stranieri, di conseguenza da parte dei turchi, o il fatto di disporre dei beni immobili di cui sono proprietari non sono sottomessi ad una restrizione legale.
Non è stata ottenuto alcuna informazione secondo la quale esiste una disposizione nella legislazione che restringe l'acquisizione di beni immobili tramite eredità in Grecia per gli stranieri, e di conseguenza i turchi.
I cittadini turchi che non sono di origine greca possono acquisire peraltro, legalmente dei beni immobiliari su una zona che rappresenta il 55% del territorio greco sotto condizione di un'autorizzazione preliminare, utilizzata nella pratica come un meccanismo che restringe le acquisizioni immobiliari. Per ciò che riguarda le zone fuori campo di applicazione della legge, esistono delle informazioni, non confermate da prove concrete secondo le quali l'acquisizione di beni immobiliari tramite acquisto o successione per i cittadini turchi che non sono di origine greca o i cittadini greci di origine turca viene impedita con diversi mezzi, questi individui sono incitati a vendere i loro beni immobiliari; i cittadini turchi di origine greca possono in principio acquisire dei beni immobiliari nelle zone che entrano nel campo di applicazione della legge sotto condizione di ottenimento di un'autorizzazione. "
13. Il 15 giugno 2001, la pretura riconobbe il legame di parentela dei richiedenti col de cujus e li designò tra gli eredi per i beni mobili. I richiedenti raccolsero così la metà delle parti della successione per i beni mobili.
In quanto ai beni immobili, la pretura conclude che i richiedenti, cittadini greci, non potevano pretendere la successione nella misura in cui non era assolta la condizione di reciprocità tra la Turchia e la Grecia. Si basò sul rapporto del 4 gennaio 2001.
14. Il 10 settembre 2001, la Corte di cassazione confermò questo giudizio.
15. Il 21 settembre 2001, i richiedenti chiesero la rettifica della sentenza.
16. Il 26 ottobre 2001, la Corte di cassazione respinse la domanda in rettifica della sentenza. Il testo della sentenza menziona solamente il nome di a. D. come richiedente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
17. All'epoca dei fatti, l'articolo 35 del codice fondiario era formulato così:
"Gli stranieri, persone fisiche, possono acquisire tramite trasferimento e possono ereditare beni immobili situati sul territorio turco, sotto riserva delle restrizioni previste dalle disposizioni legislative e purché ci sia reciprocità. "
18. L'articolo 35 del codice fondiario è stato modificato dalla legge no 5444 del 29 dicembre 2005. Oramai, gli stranieri possono acquisire un bene immobile in Turchia tramite successione stessa quando la condizione di reciprocità non è assolta. Tuttavia, in questo caso, è contemplato che dopo il compimento degli atti di trasferimento degli immobili acquisiti tramite successione, gli interessati sono informati che il bene immobile così ereditato è sottoposto a liquidazione. La tesoreria generale riguardata è informata ai fini della liquidazione.
19. Il 3 febbraio 1988, il Consiglio dei ministri abrogò il decreto del 2 novembre 1964 che limitava, per i cittadini greci, l'acquisizione di beni immobiliari in Turchia tramite successione o altro, così come la loro cessione.
20. A titolo addizionale al decreto del 3 febbraio 1988, il Consiglio dei ministri adottò un decreto il 23 marzo 1988. Rilevò che, durante il periodo in cui il decreto del 2 novembre 1964 era in vigore, non si era potuto iscrivere dei beni immobili al registro fondiario a nome degli eredi o legatari non cittadini, e decise di permettere l'iscrizione dei beni in questione al registro fondiario.
21. Il 17 maggio 1989, il Consiglio dei ministri decise di abrogare il decreto del 25 settembre 1964 che restringeva l'acquisizione di beni immobili da parte dei cittadini greci sul litorale e le frontiere della Turchia. Decise inoltre di permettere l'iscrizione di beni immobili al registro fondiario a nome degli eredi o legatari che non avevano potuto farlo durante il periodo in cui suddetto decreto era in vigore.
22. Il certificato di erede è un attestato rilasciato dalla pretura del luogo dell'apertura della successione in vista di stabilire la qualità di erede di una persona. Questo documento non registra i beni che figurano nel patrimonio del defunto ma stabilisce la quota dei diritti di ogni erede. Fa nascere una presunzione semplice di esattezza delle enunciazioni che vi figurano. Il certificato di erede è necessario per attestare la qualità di erede presso le autorità, il registro fondiario per l'iscrizione o presso la Sicurezza sociale per chiedere una pensione di vedovanza o di orfano, o presso terzi (banche, creditori, debitori ecc.) e potere così disporre dei beni ereditati. Non ha la forza di cosa giudicata. Se viene stato stabilito un certificato di erede inesatto, deve essere annullato dalla pretura. Il certificato non gode della fede pubblica, cioè non protegge i terzi in buona fede che acquisiscono dei beni di successione da un'eredità apparente.
23. Le parti pertinenti dell'articolo 22 della legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privato si leggono così:
"La successione è sottoposta alla legge nazionale del defunto. Gli immobili situati in Turchia sono regolati dal diritto turco.
Le disposizioni relative all'apertura, all'acquisizione ed alla divisione della successione sono sottoposte alla legge del luogo del patrimonio. (...) "
24. Le disposizioni pertinenti del codice civile sono formulate così:
Articolo 575
La successione si apre con la morte del de cujus. (...)
Articolo 705
L'acquisizione della proprietà fondiaria si fa con l'iscrizione [al registro fondiario].
In caso di successione, la proprietà viene acquisita prima dell'iscrizione. Tuttavia, in questi casi, la possibilità di prendere degli atti di disposizione è legata all'iscrizione della proprietà al registro fondiario.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO1
25. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni nella misura in cui le giurisdizioni nazionali hanno negato di riconoscere loro la qualità di erede per i beni immobili. Vedono una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
26. Il Governo invita la Corte a dichiarare inammissibile la richiesta no 19558/02 per non-esaurimento delle vie di ricorso interne perché il richiedente non avrebbe formato un ricorso in rettifica. A titolo sussidiario, sostiene che se la Corte dovesse considerare il ricorso in rettifica inefficace, le due richieste devono essere dichiarate inammissibili per mancata osservanza del termine di sei mesi.
27. I richiedenti si oppongono a questi argomenti.
28. La Corte osserva da prima che i due richiedenti hanno chiesto la rettifica della sentenza benché il testo della sentenza del 26 ottobre 2001 menzioni solamente il nome del richiedente A. D. come richiedente.
29. Ad ogni modo, la Corte ricorda che un richiedente deve aver fare verosimilmente fatto un uso normale dei ricorsi interni efficaci e sufficienti. Quando una via di ricorso viene stata utilizzata, non viene richiesto l'uso di un'altra via il cui scopo è praticamente lo stesso.
30. Nota che in dritto turco, il ricorso in rettifica ha per oggetto di rivedere la sentenza in ragione di un errore commesso dalla Corte di cassazione. Su semplice ricorso in revisione delle parti, la giurisdizione procede ad un secondo esame della stessa causa senza che ci siano di elementi nuovi. Pertanto, alla Corte basta rilevare che il giudizio della pretura di Sisli sia stato confermato definitivamente dalla Corte di cassazione (vedere, mutatis mutandis, Gök ed altri c. Turchia, numero 71867/01, 71869/01, 73319/01 e 74858/01, § 47, 27 luglio 2006). Respinge dunque l'eccezione del Governo.
31. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
A. Argomenti delle parti
1. Il governo convenuto
32. Il Governo sostiene che i richiedenti non dispongono di un "bene" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1. Fa notare che questa disposizione vale solamente per i beni reali, non essendo la speranza di ereditare un bene nel futuro protetta da questa disposizione.
33. Il Governo adduce che i richiedenti non possono avvalersi della protezione di questa disposizione nella misura in cui non hanno disposto mai legalmente dei beni in questione. Spiega che secondo l'articolo 35 del codice fondiario, i cittadini non turchi possono acquisire la proprietà di un bene immobile tramite successione solo se la condizione di reciprocità che deve esistere de jure o di facto viene assolta. Nella presente causa, le giurisdizioni nazionali hanno considerato che la legislazione greca e la pratica in vigore in Grecia all'epoca dei fatti non permettevano l'acquisizione fondiaria per i cittadini turchi. Precisa che la legge greca del 1990 vieta ai cittadini turchi ogni transazione relativa all'acquisizione fondiaria su circa il 55% del territorio greco. Sottolinea che né i richiedenti né il governo greco hanno prodotto qualche prova, come una decisione di giustizia o un'iscrizione al registro, che dimostrasse che i cittadini turchi possono acquisire un bene immobile in Grecia tramite successione.
34. Il Governo conclude che i richiedenti non avevano né un bene reale concernente i beni immobili del de cujus né una speranza legittima di ereditare dei beni in questione nella misura in cui la condizione di reciprocità è prevista chiaramente dall'articolo 35 del codice fondiario.
35. Il Governo contesta l'affermazione del governo greco secondo la quale i cittadini turchi dispongono di un diritto illimitato di acquisire dei beni immobili tramite successione in Grecia. A questo riguardo, fa notare che il governo greco non dà nessuna spiegazione sulle conseguenze legali dei documenti che egli produce.
36. Il Governo aggiunge che nei documenti prodotti dal governo greco, le date dell'apertura delle successioni, ossia il 10 maggio 2001 ed il 6 gennaio 1978, sono differenti dalla data di apertura della successione nella presente causa. Per questo motivo, fa notare che la reciprocità è suscettibile di evolversi nel tempo. Produce due giudizi della 2 pretura di Sisli resi il 31 luglio 2006 ed il 15 dicembre 2006. I giudizi in questione riguardano il rilascio di un certificato di erede ai cittadini greci. La pretura conclude nei suoi giudizi che la condizione di reciprocità tra la Turchia e le Grecia è assolta e riconosce la qualità di erede dei richiedenti per i beni immobili che appartengono ai de cujus deceduti il 20 dicembre 2001 ed il 23 giugno 1975. Secondo il Governo, questi giudizi, come i documenti prodotti dal governo greco, non hanno nessuna pertinenza nella valutazione dei fatti della presente causa.
2. I richiedenti
37. I richiedenti contestano gli argomenti del Governo. Secondo loro, hanno acquisito automaticamente la proprietà dei beni immobili col decesso del de cujus. Si riferiscono a questo riguardo agli articoli 575 e 705 del codice civile turco. Sostengono che il rifiuto delle giurisdizioni nazionali di rilasciare loro un titolo di successione abbia impedito loro di godere dei loro dritti di successione. Adducono essere stati privati del loro diritto di disporre dei beni immobili del de cujus nelle condizioni contrarie alla legislazione in vigore all'epoca dei fatti in Turchia. Fanno notare che secondo il rapporto del ministero della Giustizia, non esistono restrizioni per l'acquisizione fondiaria tramite successione per i cittadini turchi in Grecia.
38. I richiedenti precisano che al momento, i cittadini greci possono acquisire dei beni immobiliari in Turchia tramite successione. A sostegno delle loro affermazioni, hanno prodotto un giudizio reso il 6 giugno 2006 dalla 2 pretura di Sisli. La pretura, dopo avere rilevato che c'era reciprocità tra la Turchia e le Grecia, designò il richiedente, cittadino greco, come erede del de cujus deceduta il 24 ottobre 2004.
3. Il governo greco
39. Il governo greco sostiene che i richiedenti sono titolari di un "bene" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1 o almeno di una "speranza legittima."
40. Per il governo greco, la giustificazione considerata dalle giurisdizioni turche per negare di riconoscere la qualità di erede dei richiedenti non è pertinente. A questo riguardo, fa notare, da una parte, che il principio di reciprocità non si applica per le domande relative alla protezione dei diritti dell'uomo e, dall’altra parte, i cittadini turchi possono accedere alla proprietà di beni immobili in Grecia tramite successione. Sostiene che secondo il diritto turco i richiedenti avevano acquisito automaticamente dei dritti di successione. Si riferisce a questo riguardo agli articoli 575 e 705 del codice civile. Secondo lui, i richiedenti assolvevano tutte le condizioni per essere designati come eredi del de cujus per i beni immobili ma che la loro richiesta è stata allontanata in ragione di un'interpretazione troppo formalista e particolarmente severa del diritto interno.
41. Il governo greco fa valere che il rifiuto delle giurisdizioni turche di riconoscere la qualità di erede dei richiedenti costituisca un'ingerenza nel loro diritto al rispetto dei loro beni.
42. Il governo greco precisa che la legislazione greca non vieta ai cittadini turchi di accedere alla proprietà fondiaria tramite successione, e questo in qualsiasi regione del paese. In quanto alla restrizione prevista dalla legge del 1990, fa notare che riguarda solamente le regioni di frontiera e che è giustificata dagli interessi legittimi di difesa e di sicurezza nazionale. In più, questa interdizione riguarda esclusivamente gli atti inter vivos e non gli atti mortis causa. In questo senso, produce due atti notarili di accettazione di successione, il primo validato dalla corte d'appello di Ksanthi il 15 dicembre 2005 ed il secondo validato dalla corte d'appello di Rodopi il 3 novembre 2006. Gli atti in questione riguardano la trasmissione di beni immobili situati a Ksanthi e Komotini (dipartimento di Rodopi) ai cittadini turchi in seguito al decesso dei de cujus il 10 maggio 2001 ed il 6 gennaio 1978.
43. Il governo greco aggiunge che l'interpretazione e l'applicazione fatta dalle giurisdizioni nazionali dell'articolo 35 del codice fondiario hanno creato una situazione arbitraria ed una mancanza di sicurezza e di prevedibilità. Conclude che l'ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni non era prevista dalla legge e che non c'era ad ogni modo proporzionalità tra lo scopi perseguito e la misura imposta.
B. Valutazione della Corte
1. Sull'esistenza di un bene
44. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, un richiedente non può addurre una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 se non nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi "beni" al senso di questa disposizione. La nozione di "beni" previsti dalla prima parte dell'articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che è indipendente rispetto alle qualifiche formali del diritto interno (Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 100, CEDH 2000-I). Può ricoprire tanto i "beni reali" che i valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali un richiedente può pretendere avere almeno una "speranza legittima" di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX). L'articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire la proprietà tramite successione ab intestat o tramite liberalità (Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie A no 31, p. 23, § 50, ed Inze c. Austria, sentenza del 28 ottobre 1987, serie A no 126, § 37).
45. Nello specifico, la Corte rileva che nessuna giurisdizione interna ha riconosciuto ai richiedenti il diritto di ereditare dei beni immobili del de cujus. Nota anche che gli interessati non hanno acquisito automaticamente dei diritti di successione con la morte del de cujus, come pretendono. Su questo punto, conviene ricordare che secondo l'articolo 35 del codice fondiario turco, l'accesso alla proprietà fondiaria tramite successione per gli stranieri era sottoposta alla condizione della reciprocità all'epoca dei fatti. Si trattava di un diritto condizionale dunque. La proprietà dei beni immobili che figurano nel patrimonio del de cujus non è mai stata trasferita ai richiedenti secondo le disposizioni del diritto turco. Segue che i richiedenti non avevano "bene reale."
46. Resta da sapere se c'era nello specifico un valore patrimoniale in virtù del quale i richiedenti potevano pretendere di avere la speranza legittima di vedere riconoscere il loro requisito di eredi per ciò che riguarda i beni immobili e, di conseguenza, un diritto di proprietà.
47. La Corte ha deliberato già che un credito può essere considerato come un "valore patrimoniale" solo quando ha una base giuridica sufficiente in diritto interno (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 52, CEDH 2004-IX). La questione essenziale per la Corte è di sapere dunque se c'era una base sufficiente in diritto interno come interpretato ed applicato dalle giurisdizioni interne affinché si possa qualificare il credito dei richiedenti come "valore patrimoniale" ai fini dell'articolo 1 del Protocollo no 1. Per ciò, c'è luogo di determinare se si può considerare che gli interessati avevano soddisfatto la condizione di reciprocità prevista all'articolo 35 del codice fondiario.
48. La Corte osserva che la pretura di Sisli, dopo avere proceduto ad una valutazione delle conclusioni del rapporto del ministero della Giustizia, ha considerato che la condizione di reciprocità non era assolta. A questo riguardo, la Corte ricorda che può conoscere solamente in modo limitato degli errori che si presuppone siano stati commessi di fatto o di diritto dalle giurisdizioni interne alle quali spetta per prime di interpretare e di applicare il diritto interno (sentenze García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). Essendo così, deve di verificare se il modo in cui il diritto interno è stato interpretato ed applicato nei casi sottomessi al suo esame si concilia con la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Pla e Puncernau c. Andorra, no 69498/01, § 46 in fini, CEDH 2004-VIII).
49. Poiché le giurisdizioni interne hanno negato di rilasciare il certificato di erede per i beni immobili che si riferiscono al principio di reciprocità, la Corte ricorda che a differenza dei trattati internazionali di tipo classico, la Convenzione oltrepassa il quadro della semplice reciprocità tra Stati contraenti. Al di là di una rete di impegni sinallagmatici bilaterali, crea degli obblighi obiettivi che, ai termini del suo preambolo, beneficiano di una "garanzia collettiva"(Irlanda c. Regno Unito, sentenza del 18 gennaio 1978, serie A no 25, § 239). Concludendo la Convenzione, gli Stati Contraenti non hanno voluto concedersi dei diritti ed obblighi reciproci utili al perseguimento dei loro interessi nazionali rispettivi, ma realizzare gli obiettivi e gli ideali del Consiglio dell'Europa ed instaurare un ordine pubblico comunitario delle libere democrazie dell'Europa per salvaguardare il loro patrimonio comune di tradizioni politiche, di ideali, di libertà e di preminenza del diritto (Austria c. Italia, no 788/60, decisione della Commissione dell’ 11 gennaio 1961, Decisioni e rapporti, (DR, 1961-4, p,). 139, ed Apostolidi ed altri c. Turchia, no 45628/99, § 71, 27 marzo 2007).
50. Nello specifico, la Corte non stima necessario esaminare in abstracto se l'applicazione del principio di reciprocità in dritto turco è compatibile con la Convenzione ma di ricercare se il modo di cui ha toccato i richiedenti ha infranto la Convenzione.
51. Osserva che, nel suo giudizio del 15 giugno 2001, la pretura di Sisli ha concluso che la condizione di reciprocità non era assolta e si è rifiutata di riconoscere ai richiedenti la qualità di eredi per i beni immobili. Per ciò, il giudice di istanza si è basato sulle conclusioni del rapporto del ministero della Giustizia. Ora, alla lettura di questo rapporto, non è stabilito se esistesse in Grecia una restrizione per i cittadini turchi in quanto all'acquisizione di un bene immobile tramite successione. Secondo questo rapporto, il testo in vigore alla data del decesso del de cujus era la legge del 1990 riguardante le restrizioni all'acquisizione di beni immobili nelle regioni di frontiera e limitrofe. Suddetta legge sottoponeva le acquisizioni fondiarie nelle regioni in questione ad un'autorizzazione rilasciata dal ministero della Difesa. Per regioni non riguardate da questa legge, non esiste nessuna restrizione.
52. Comunque sia, il rapporto menziona espressamente la mancanza di restrizione in quanto all'acquisizione di un bene immobile tramite successione. Su questo punto, la Corte nota che il rapporto del ministro della Giustizia fa riferimento a informazioni secondo le quali questo tipo di acquisizione è impedita con diversi mezzi. Rileva tuttavia che le informazione in questione non sono fondate su delle prove concrete (vedere paragrafo 12 in fine sopra).
53. La Corte rileva anche che secondo i due documenti prodotti dal governo greco, i cittadini turchi hanno potuto ereditare dei beni immobili situati in Grecia, nelle regioni riguardate dalla restrizione prevista dalla legge del 1990. Si tratta nell'occorrenza di atti notarili validati dalle giurisdizioni greche. Per il primo, la data di apertura della successione, ossia il 6 gennaio 1978, è anteriore all'entrata in vigore della legge del 1990. Per il secondo, l'apertura della successione ebbe luogo il 10 maggio 2001, data in cui la legge del 1990 era in vigore.
54. In quanto alla regolamentazione in vigore in Turchia all'epoca dei fatti, la Corte nota che questa non ostacolava l'acquisizione di beni immobili da parte di cittadini greci in Turchia, purché ci fosse reciprocità. A questo riguardo, la regolamentazione turca ha subito una modifica il 3 febbraio 1988. In questa data, il Consiglio dei ministri ha abrogato il decreto del 2 novembre 1964 che vietava l'accesso alla proprietà fondiaria per i cittadini greci. È il decreto del 3 febbraio 1988 dunque che era in vigore alla data del decesso del de cujus. Il decreto del 23 marzo 1988, addizionale a quello del 3 febbraio 1988, mirava espressamente ad ovviare alla situazione degli eredi che non avevano potuto procedere all'iscrizione dei loro beni immobili al registro fondiario in ragione della restrizione imposta dal decreto del 1964 (paragrafi 19-20 sopra).
55. La Corte prende anche nota della modifica legislativa portata all'articolo 35 del codice fondiario che riconosce d'ora in poi il diritto alla successione per i cittadini non nazionali anche se la condizione di reciprocità non è assolta. Il bene immobile così ereditato è liquidato e l'erede indennizzato.
56. In queste condizioni, la Corte stima che i richiedenti il cui legame di filiazione col de cujus è stabilito con certezza, potevano credere legittimamente di aver soddisfatto tutte le esigenze per vedersi riconoscere la qualità di eredi per i beni immobili, come nel caso dei beni mobili (paragrafo 13 sopra). Potevano difficilmente contemplare che la pretura considerasse la condizione di reciprocità non rispettata. Così, i richiedenti avevano una "speranza legittima" al senso della giurisprudenza della Corte di vedersi riconoscere i loro dritti di successione sui beni immobili del de cujus e, perciò, il loro diritto di proprietà. L'articolo 1 del Protocollo no 1 si applica quindi nello specifico.
57. La Corte stima che il rifiuto delle giurisdizioni interne di riconoscere la qualità di eredi ai richiedenti per ciò che riguarda i beni immobili ha costituito un'ingerenza nel diritto degli interessati al rispetto dei loro beni. Stima dovere esaminare l'ingerenza in questione alla luce della norma generale enunciata nella prima frase del primo capoverso.
2. Sul principio di legalità
58. L'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Amuur c. Francia, sentenza del 25 giugno 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-III, pp. 850-851, § 50, ed Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). L'esistenza in quanto tale di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e la Corte stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge (Pasculli c. Italia, no 36818/97, § 84, 17 maggio 2005). Il principio di legalità significa l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110). La valutazione di questo principio implica anche il fatto di verificare se il modo in cui il diritto interno viene applicato dalle giurisdizioni interne ha prodotto degli effetti conformi ai principi della Convenzione (Apostolidi ed altri, precitata, § 70).
59. La Corte stima che l'esame della legalità dell'ingerenza controversa solleva delle questioni strettamente legate a quelle poste dall'esame dell'esistenza di un "bene" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
60. Alla luce delle conclusioni sopra (vedere sopra paragrafi 51-55) ed alla vista dell'insieme degli elementi della pratica, l'applicazione ai richiedenti dell'articolo 35 del codice fondiario non poteva passare per sufficientemente prevedibile (vedere in questo senso Apostolidi ed altri, precitata, § 78). La Corte conclude dunque che l'ingerenza controversa sia incompatibile col principio di legalità e che non sia conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
61. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
62. I richiedenti richiedono 3 822 616,86 euro (EUR) a titolo di danno materiale che avrebbero subito per non aver potuto ereditare dei beni immobili del de cujus. Secondo loro, questa somma corrisponde al valore della loro quota nei beni immobili, aumentata degli interessi al tasso legale.
63. I richiedenti chiedono anche 25 000 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte.
64. Il Governo contesta queste pretese.
65. Nelle circostanze della presente causa, la Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato, così che conviene riservarla tenendo conto dell'eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all'unanimità, le richieste ammissibili,;
2. Stabilisce, con cinque voci contro due, che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce, all'unanimità, che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine di sei mesi a contare dalla data di notificazione della presente sentenza, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 gennaio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Nicolas Bratza
Cancelliera collaboratrice Président
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell'ordinamento, l'esposizione delle seguente opinioni:
-opinione dissidente del giudice Türmen;
-opinione dissidente del giudice Garlicki.
N.B.
F.A.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE TÜRMEN
(Traduzione)
Con mio grande dispiacere, non posso aderire alla conclusione della maggioranza secondo la quale c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
Secondo un principio ben radicato nella giurisprudenza della Corte, l'articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire dei beni. Non può esserci violazione di questa disposizione se non nella misura in cui le decisioni delle giurisdizioni nazionali si riferiscano ai "beni" al senso di questa disposizione. La nozione di "beni" può ricoprire tanto i "beni reali" che i valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali il richiedente può pretendere almeno di avere una "speranza legittima" di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX).
Ciò che distingue la presente causa dalla causa Apostolidi ed altri c. Turchia (no 45628/99, 27 marzo 2007)-che sembro essere la principale sorgente di ispirazione della constatazione di violazione formulata nello specifico-, è che in questa ultima la quarta sezione della Corte ha ammesso l'esistenza di un "bene" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, mentre nello specifico, secondo la maggioranza, non ci sono beni reali ma unicamente una "speranza legittima."
La ragione di questa differenza fondamentale di approccio, è che nella causa Apostolidi, i richiedenti si erano visti rilasciare un "certificato di eredi" dal tribunale turco. Come spiega la sentenza resa in questa causa, in dritto turco il certificato di erede stabilisce la qualità di erede di una persona (Apostolidi precitata §§ 54 e 68). È su questo fondamento che la quarta sezione ha concluso all'esistenza di un "bene" (Apostolidi, precitata, § 68, ultima frase). Nella presente causa, in compenso, i richiedenti non hanno ricevuto alcun certificato di erede. La maggioranza si è basata su un altro elemento dunque: la nozione di "speranza legittima."
Al centro della nozione di speranza legittima che è stata sviluppata in una serie di sentenze e decisioni della Corte (come Pine Valley Developments Ltd ed altri c. Irlanda, sentenza del 29 novembre 1991, serie A no 222, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, sentenza del 20 novembre 1995, serie A no 332, Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca (, déc.) [GC], no 39794/98, CEDH 2002-VII, Jantner c. Slovacchia no 39050/97, 4 marzo 2003, Malhous c. Repubblica ceca (, déc.) no 33071/96, CEDH 2000-XII, e Kopecký, precitata) figura il carattere prevedibile delle disposizioni giuridiche interne sulle quali il richiedente può fondare la sua lagnanza. Il richiedente deve difatti potersi appellare a delle disposizioni giuridiche accessibili e prevedibili.
Nel decisione Gratzinger e Gratzingerova, la Corte ha dichiarato: "[C’è] una differenza tra una semplice speranza di restituzione ed una speranza legittima che deve basarsi su una disposizione legale o un atto giuridico, come una decisione giudiziale" (paragrafo 73). Non c'è speranza legittima se una condizione legale non si trova assolta dall'interessato (Malhous, precitata). In modo analogo, non si può concludere all'esistenza di una speranza legittima quando c'è controversia sul modo in cui il diritto interno deve essere interpretato ed applicato e gli argomenti sviluppati a questo riguardo dal richiedente sono in definitiva respinti dalle giurisdizioni nazionali (Kopecký, precitata, § 50). L'esistenza di una contestazione reale o di una pretesa difendibile non è un criterio determinante per giudicare l'esistenza di una speranza legittima. Un credito non può essere considerato come un "valore patrimoniale" se non quando ha una base sufficiente in diritto interno (Kopecký, precitata, § 52).
Nello specifico, l'articolo 35 del codice fondiario indica chiaramente che gli stranieri possono acquisire tramite successione dei beni immobili situati sul territorio turco, sotto riserva delle restrizioni legali e purché ci sia reciprocità.
La pretura di Sisli, che i richiedenti avevano investito di un'azione che tendeva a fare riconoscere il loro requisito di eredi del defunto, ha concluso che gli interessati, cittadini greci, non potevano in Turchia acquisire beni immobili tramite successione nella misura in cui la condizione di reciprocità non era assolta.
Tenuto conto della giurisprudenza della Corte e delle circostanze dello specifico, bisogna rispondere qui di seguito alle domande poste per potere determinare se c'era una "speranza legittima."
1. C'era "una base sufficiente in diritto interno" affinché i richiedenti abbiano una speranza legittima?
L'articolo 35 del codice fondiario è facilmente accessibile e prevedibile. Non è possibile che i richiedenti che sono rappresentati da avvocati turchi, ignorino l'esistenza di una simile disposizione del diritto interno. Gli interessati sapevano o avrebbero dovuto sapere che per avere la qualità di eredi del defunto, dovevano assolvere la condizione posta dalla legislazione turca. Quindi, non disponevano in diritto interno di una base sufficiente per avere una speranza legittima.
2. C'è una decisione giudiziale che avrebbe potuto costituire la base di una speranza legittima?
Il 15 giugno 2001, la pretura di Sisli ha giudicato che la condizione di reciprocità tra la Turchia e le Grecia per l'acquisizione di beni immobili non era assolta. Il 10 settembre 2001, la Corte di cassazione ha confermato questo giudizio. Quindi, non c'è alcuna decisione giudiziale che avrebbe potuto costituire la base di una speranza legittima. Le decisioni delle giurisdizioni turche al contrario hanno indicato, chiaramente la ragione per la quale i richiedenti non avevano speranza legittima.
Su che cosa la maggioranza si è allora fondata per concludere che gli interessati avevano una speranza legittima? La risposta si trova al paragrafo 56 della sentenza e comprende due elementi. Il primo consiste nel dire che il legame dei richiedenti col defunto era stabilito, così che potevano credere legittimamente di aver soddisfatto tutte le esigenze per ereditare dei beni immobili, come nel caso per i beni mobili.
Le suddette sentenze che menzionano la speranza legittima sottolineano costantemente che una semplice convinzione o una semplice speranza non bastano per costituire una speranza legittima. Questa deve fondarsi su un elemento più concreto, come una disposizione legale o una decisione giudiziale. La maggioranza ha trascurato il fatto che esiste una legislazione interna che impone una condizione agli stranieri che rivendicano dei beni immobili nella cornice di una successione, ed il fatto che la richiesta del certificato di erede formata dai richiedenti era stata respinta dal tribunale perché la condizione di reciprocità non era assolta.
Il fatto che gli interessati abbiano potuto ereditare dei beni mobili dal defunto non cambia per nulla a questo, riguardando la condizione legale unicamente i beni immobili.
Il secondo elemento sul quale la maggioranza si basa per concludere all'esistenza di una "speranza legittima" consiste nel dire che i richiedenti non potevano prevedere che il tribunale turco giudicasse la condizione di reciprocità non rispettata (paragrafo 56).
Non solo tale elemento non può servire come base ad una speranza legittima, secondo i criteri presenti nella giurisprudenza della Corte, ma in più parte da una presunzione ingiustificata concernente la conclusione della causa dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Ora, per ogni questione dibattuta dinnanzi ad un tribunale, le parti in causa possono sempre contemplare due conclusioni possibili: una favorevole, l'altra sfavorevole.
Le considerazioni che precedono mi portano a concludere che non c'è base per una "speranza legittima" dei richiedenti e che il fondamento invocato dalla maggioranza non quadra con la giurisprudenza della Corte.
Se i richiedenti non hanno nessuna speranza legittima, non ci sono "beni" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, e non c'è stata quindi violazione di questa disposizione.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE GARLICKI
(Traduzione)
1. Ho formulato la presente opinione dissidente perché stimo che la sentenza come è stata redatta dalla maggioranza non rifletta correttamente la giurisprudenza della Corte, in particolare la posizione adottata dalla Grande Camera nelle cause Kopecký c. Slovacchia ([GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX) e Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca (, déc.) [GC], no 39794/98, CEDH 2002-VII).
2. Condivido l'interpretazione del giudice Türmen secondo la quale i richiedenti nello specifico non hanno mai acquisito alcun diritto patrimoniale. Certo, il loro requisito generale di eredi non è mai stato contestato, ma il diritto turco prevedeva una condizione di reciprocità particolare concernente la trasmissione tramite successione dei beni immobili. Quindi, le loro pretese relative ai beni in questione costituivano un "credito condizionale che si estingue a causa della mancata realizzazione della condizione [di reciprocità]" (Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, §§ 82-83, CEDH 2001-VIII; Gratzinger e Gratzingerova precitato, § 69; Kopecký precitata, § 35). Non è necessario ripetere l'analisi del problema al quale si è concesso il giudice Türmen.
Quindi, non posso ammettere l'idea che il caso specifico rappresenti una semplice variante della causa Apostolidi ed altri c. Turchia (no 45628/99, 27 marzo 2007,). Dato che in questa ultima causa non c'erano dubbi in quanto all'esistenza di "beni", era totalmente legittimo applicare i criteri abituali di legalità e di proporzionalità dell'intervento. Nello specifico, invece, poiché l'esistenza di "beni", anche sotto forma di una speranza legittima, non è stata dimostrata dalla camera, non è possibile seguire l'approccio Apostolidi.
3. Non valuto affatto il sistema turco di reciprocità, in particolare il modo in cui viene interpretato dalle giurisdizioni nazionali. Però, ciò non basta a giustificare che si faccia astrazione della giurisprudenza reale. Il solo modo possibile di concludere all'esistenza di una violazione nella presente causa sarebbe di distinguere questa dalla linea giurisprudenziale Principe Hans - Adamo II-Gratzinger-Kopecký.
Posso immaginare almeno un ragionamento che permetta una tale distinzione. Contrariamente alle suddette "grandi decisioni", la presente causa riguardava una controversia patrimoniale ordinaria e non presentava nessuno legame diretto col contesto della trasformazione di un Stato. In più, riguardava essenzialmente la restrizione dei diritti di successione in seno alla famiglia. Si potrebbe postulare che nel campo particolare della successione e della famiglia, e del suo legame diretto con la "vita familiare"( protetto dall'articolo 8) ci siano dei limiti differenti tra ciò che costituisce una "semplice speranza" e ciò che diventa una "speranza legittima." Forse dal momento che viene stabilito che un parente del defunto ha acquisito la qualità di erede,
ciò crea la speranza legittima che questa persona sarà ammessa alla successione per l'insieme del patrimonio. Così, un diritto protetto dall'articolo 1 del Protocollo no 1 nascerebbe dal solo fatto che il richiedente sia un erede.
Se simile ragionamento fosse stato adottato e sviluppato dalla camera, sarebbe stato possibile distinguere la presente causa dalle altri e deliberare senza infischiarsene della giurisprudenza consolidata. Purtroppo, la camera ha preferito scegliere una via meno ambiziosa e fondare unicamente il suo ragionamento sull'approccio Apostolidi.