Conclusione Violazione dell'art. 8 (rispetto della vita privata); Violazione dell'art. 13; violazione di P1-3; Parzialmente inammissibile; Danno morale - risarcimento pecuniario; Danno materiale - domanda respinta; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA VERTUCCI C. ITALIA
( Richiesta no 29871/02)
SENTENZA
STRASBURGO
29 giugno 2006
DEFINITIVO
11/12/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Vertucci c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, L. Caflisch, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 giugno 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 29871/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra M. R. V. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 26 luglio 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell'assistenza giudiziale, è rappresentatoa da S. F. ed M. R., avvocati a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 23 settembre 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze tratte dagli articoli 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1, 2 del Protocollo no 4 e 3 del Protocollo no 1 al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1972 e ha risieduto a Limatola (Benevento).
1. Il procedimento di fallimento
6. Con un giudizio depositato il 5 gennaio 1998, il tribunale di Benevento dichiarò il fallimento del società V.M.R. così come il fallimento personale del richiedente, amministratrice di questa.
7. Il 20 gennaio 1998, il curatore procedette all'apposizione dei sigilli.
8. Con una decisione del 27 gennaio 1998, il tribunale autorizzò l'esercizio provvisorio dell'attività del richiedente.
9. Il 2 febbraio 1998, il curatore fece l'inventario dei beni del richiedente.
10. Il 23 febbraio 1998, il giudice delegato ("il giudice") autorizzò il curatore ad affittare l'attività del richiedente, il 3 marzo 1998, autorizzò la vendita di certi beni, ed il 18 giugno 1998, ammise certi creditori al passivo del fallimento.
11. Il 21 settembre 1998, il curatore chiese al giudice di nominare un perito per valutare dei beni e, il 2 ottobre 1998, il giudice accolse questa domanda.
12. Il 25 novembre 1998, il giudice autorizzò il curatore a prelevare una somma dal conto corrente del fallimento e, il 15 dicembre 1998, ordinò la cessazione dell'esercizio provvisorio dell'attività del richiedente.
13. Il 1 febbraio 1999, il curatore chiese al giudice di nominare un rappresentante legale in vista della privazione di un bene facente parte dell'attivo del fallimento e, il 15 aprile 1999, il giudice ammise certi creditori al passivo del fallimento.
14. Il 27 settembre 1999 e 19 ottobre 1999, il giudice autorizzò il curatore a prelevare una somma dal conto corrente del fallimento ed ad effettuare delle operazioni finanziarie relative all'attivo del fallimento nel frattempo realizzato.
15. Il 15 novembre 1999, il giudice ammise certi creditori al passivo del fallimento e dichiarò esecutivo il passivo del fallimento.
16. Il 15 dicembre 1999, il giudice autorizzò il curatore a prelevare una somma del conto corrente del fallimento e, il 22 dicembre 1999, autorizzò la vendita di certi beni.
17. Non avendo perfezionato l'acquirente appaltatore l'acquisto di questi beni, il 12 luglio 2000, il giudice autorizzò il curatore a vendere questi beni ad un altro acquirente.
18. Il 11 aprile 2001, il giudice autorizzò il curatore a prelevare una somma dal conto corrente del fallimento.
19. Il 19 aprile 2001, il curatore depose il progetto parziale di ripartizione delle somme facenti parte dell'attivo del fallimento.
20. Secondo le informazione fornite dal richiedente, il procedimento era ancora pendente al 7 novembre 2005.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
21. Il 5 dicembre 2002, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto, lamentandosi della durata del procedimento così come del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
22. Con una decisione depositata il 13 maggio 2003, la corte di appello respinse la domanda del richiedente.
23. Ad una data non precisata, il richiedente ricorse in cassazione. Con una sentenza depositata il 23 settembre 2005, la Corte di cassazione annullò la decisione della corte di appello depositata il 13 maggio 2003 e rinviò la causa ad un'altra sezione di questa ultima. Un'udienza fu fissata al 26 giugno 2006.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
24. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c). Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
25. . Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l'articolo 1 del Protocollo no 1, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l'abbia privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l'articolo 2 del Protocollo no 4, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 2 del Protocollo no 4
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
26. Il richiedente sostiene che le osservazioni del Governo sono state presentate tardivamente, contrariamente all'articolo 38 dell'ordinamento della Corte.
27. La Corte rileva avere fissato al 14 dicembre 2004 il termine per la presentazione delle osservazioni del Governo e che questo ha mandato le sue osservazioni il 7 dicembre 2004.
28. Il Governo sostiene che, il richiedente avendo introdotto un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto, non può definirsi vittima delle violazioni che adduce.
29. Il richiedente pretende che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso efficace per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento.
30. La Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
31. La Corte ricorda avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere ignorata dal pubblico e che è a contare di questa data che deve essere esatto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, sentenza del 6 ottobre 2005, § 48).
32. La Corte rileva che, il 5 dicembre 2002, il richiedente ha introdotto un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto e che, con una sentenza depositata il 23 settembre 2005, la Corte di cassazione ha annullato la decisione della corte di appello depositata il 13 maggio 2003 e ha rinviato la causa ad un'altra sezione di questa ultima.
33. Essendo stata fissata un'udienza al 26 giugno 2006, la Corte nota che questo procedimento è pendente e questa parte della richiesta, essendo prematura, deve essere dunque respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SU LA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
34. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, non può essere chiesta che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L'articolo 8 è formulato così:
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
A. Sull'ammissibilità
35. La Corte constata che la lagnanza non è manifestamente mal fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
36. La Corte considera che l'insieme delle incapacità derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro provoca in sé un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata del richiedente che, tenuto conto della natura automatica di suddetta iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, non è "necessaria in una società democratica" al senso dell'articolo 8 § 2 della Convenzione.
La Corte stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1
37. Invocando l'articolo 3 del Protocollo no 1, il richiedente si lamenta inoltre della limitazione dei suoi diritti elettorali nella misura in cui questa costituisce una misura repressiva ed anacronistica, priva di una giustificazione legittima e mirando a punire ed emarginare lo fallito. Questo articolo è formulato così:
"Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, a intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, nelle condizioni che garantiscono la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. "
A. Sull'ammissibilità
38. La Corte constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
39. Il Governo sostiene che gli Stati godono di un largo margine di valutazione per stabilire le condizioni che restringono i diritti elettorali garantiti all'articolo 3 del Protocollo no 1 e che, comunque, la limitazione in questione ha una durata di cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
40. Il richiedente considera che la limitazione dei diritti elettorali del fallito si fonda sull'idea che questo sia penalmente responsabile del suo fallimento. Non avendo altro scopo questa misura se non quello di sanzionare il fallito, appare oggi anti-democratica e rappresenta un attentato alla dignità umana del fallito.
41. La Corte ricorda che l'articolo 3 del Protocollo no 1 implica i diritti soggettivi di voto e di eleggibilità (Mathieu-Mohin e Clerfayt c. Belgio, sentenza del 2 marzo 1987, serie A no 113, pp. 22-23, § 51) e considera che questi diritti sono cruciali per l'instaurazione ed il mantenimento dei fondamenti di una vera democrazia regolata dallo stato di diritto (Hirst c. Regno Unito (no 2), GC, no 74025/01, § 58) Ricorda anche che, pur importanti che siano, questi diritti non sono però assoluti. Nei loro rispettivi ordini giuridici, gli Stati contraenti restringono i diritti di voto e di eleggibilità con condizioni alle quali l'articolo 3 non mette in principio ostacolo. Godono in materia di un largo margine di valutazione, ma appartiene alla Corte di deliberare in ultima istanza sull'osservazione delle esigenze del Protocollo no 1; deve assicurarsi che suddette condizioni non riducano i diritti di cui si tratta al punto di toccarli nella loro stessa sostanza e di privarli della loro effettività, che inseguano un scopo legittimo e che i mezzi impiegati non si rivelino sproporzionati (vedere Gitonas ed altri c. Grecia, sentenza del 1 luglio 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-IV, § 39, Aziz c. Cipro, sentenza del 22 giugno 2004 no 69949/01, § 25, e Hirst, precitata, § 62).
42. Nello specifico, la Corte rileva che la misura controversa è contemplata dalla legge, ossia l'articolo 2, capoverso 1, lettera a, del decreto del presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967, modificato dalla legge no 15 del 16 gennaio 1992, che prevede essenzialmente la sospensione dei diritti elettorali del fallito durante la durata del procedimento di fallimento e, in ogni caso, per un periodo non superiore a cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
43. Evidentemente, questa misura costituisce un'ingerenza nei diritti elettorali del richiedente garantito all'articolo 3 del Protocollo no 1.
Peraltro altre incapacità personali derivano della limitazione dei diritti elettorali, come, per esempio, l'impossibilità di occupare degli impieghi civili per lo stato.
44. La Corte rileva per di più che il richiedente ha subito una limitazione dei suoi diritti elettorali per cinque anni a partire dal 17 marzo 2001 e che le elezioni politiche, alla camera dei deputati ed al senato, si sono tenute in Italia il 13 maggio 2001.
45. In quanto allo scopo perseguito da questa misura, la Corte ricorda che, contrariamente ad altre disposizioni della Convenzione, l'articolo 3 del Protocollo no 1 non precisa né limita gli scopi che una restrizione deve mirare. Una grande varietà di scopi può trovarsi compatibile con lui dunque, vedere § 74 Hirst, precitata, e, per esempio, Podkolzina c. Lettonia, no 46726/99, § 33, CEDH 2002-II.
La Corte rileva anche che nella causa Hirst (precitata, § 74) la Grande Camera della Corte ha constatato che la restrizione del diritto di voto dei detenuti poteva passare per mirare lo scopo di prevenire il crimine, rinforzare il senso civico ed il rispetto dello stato di diritto.
La Corte tiene a sottolineare che il procedimento di fallimento in questione non dipende dal diritto penale ma dal diritto civile. Per questo fatto, ogni nozione di dolo o di frode della persona dichiarata fallita è estranea ai fatti dello specifico, altrimenti si cadrebbe nell'ipotesi del reato di bancarotta semplice o fraudolenta, regolamentata dagli articoli 216 e 217 della legge sul fallimento. La Corte sottolinea inoltre che la limitazione dei diritti elettorali del fallito insegue una finalità di carattere essenzialmente afflittivo, che mira solo a deprezzare e punire il fallito in quanto individuo indegno e coperto di infamia per la sola ragione che è stato oggetto di un procedimento di fallimento civile.
46. Alla vista di queste considerazioni, la Corte stima che la misura prevista dall'articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967 non ha per scopo che sminuire il fallito e costituisce un biasimo morale per questo per il solo fatto di essere insolvibile ed a prescindere da ogni colpevolezza (vedere, mutatis mutandis, Sabou e Pircalab c. Romania, no 46572/99, § 48, 28 settembre 2004). Non insegue un obiettivo legittimo dunque. Peraltro, la Corte sottolinea che, lontano da essere un privilegio, votare costituisce un diritto garantito dalla Convenzione (vedere § 75 Hirst, precitata,).
Questa conclusione dispensa la Corte dal verificare nello specifico se i mezzi adoperati per raggiungere lo scopo perseguito si rivelano sproporzionati.
C'è stata dunque violazione dell'articolo 3 del Protocollo no 1.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
47. Invocando l'articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali il tocco durante tutto il procedimento di fallimento e fino all'ottenimento della sua riabilitazione. Questo articolo è formulato così:
"Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violata, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali. "
A. Sull'ammissibilità
48. In quanto alla parte della lagnanza concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, articolo 1 del Protocollo no 1, della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente, articolo 2 del Protocollo no 4, la Corte ricorda avere concluso all'inammissibilità di queste lagnanze. Pertanto, stima che, non trattandosi di lagnanze "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
49. In quanto alla parte della lagnanza che riguarda le incapacità personali che derivano dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurando fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si sconta con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
50. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46, 17 luglio 2003).
52. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che possano condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
52. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
53. Il richiedente presente una perizia che valuta a 72 735 euro (EUR) il danno materiale che avrebbe subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che avrebbe ricevuto a partire dalla sua dichiarazione di fallimento. Il richiedente richiede anche 300 000 EUR per il danno morale che avrebbe subito.
54. Il Governo contesta queste pretese.
55. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la domanda. In quanto al danno morale, stima in particolare che il richiedente abbia subito un torto morale certo, dovuto alla privazione del suo diritto di voto. Deliberando in equità, gli accorda 1 500 EUR a questo titolo.
B. Oneri e spese
56. Il richiedente chiede anche 29 927,40 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 1 506,89 EUR per gli oneri di perizia.
57. Il Governo contesta queste pretese.
58. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo degli oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
59. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto alle lagnanze derivate dagli articoli 8 della Convenzione, per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata del richiedente, 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità che derivano dell'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, e 3 del Protocollo no 1, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 3 del Protocollo no 1;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 1 500 EUR (mille cinque cento euro) per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 29 giugno 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupancic
Cancelliere Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell'ordinamento, l'esposizione dell'opinione concordante comune al Sig. Caflisch e la Sig.ra Ziemele.
B.M.Z.
V.B.
OPINIONE CONCORDANTE COMUNE
A AL GIUDICE CAFLISCH E AL GIUDICE ZIEMELE
Sottoscriviamo la sentenza salvo per ciò che riguarda il paragrafo 55 di questo, in cui la Corte constata che il richiedente ha subito in particolare un torto morale certo, dovuto alla limitazione del suo diritto di voto" e gli accorda "1 500 EUR a questo titolo."
Secondo noi, il torto morale che risulta da una limitazione del diritto di voto non è quantificabile. La Corte avrebbe dovuto giudicare che la constatazione di una violazione dell'articolo 3 del Protocollo no 1 avrebbe costituito, da sola, una soddisfazione equa adeguata.