Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l'art. 6-1; soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA TRAPANI LOMBARDO ED ALTRI C. ITALIA
(Richiesta no 25106/03)
SENTENZA
STRASBURGO
16 novembre 2006
DEFINITIVO
16/02/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Trapani Lombardo ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, il Sig.re I. Ziemele,
I. Berro-Lefevre, giudici,,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 ottobre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 25106/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui otto cittadini di questo Stato, il Sig. A. T. L. 1 ("il primo richiedente"), la Sig.ra M. C. T. L. 1 ("il secondo richiedente"), la Sig.ra B. S. ("il terzo richiedente"), la Sig.ra E. S. ("il quarto richiedente"), la Sig.ra M. C. T. L. 2 ("il quinto richiedente"), il Sig. V. T. L. ("il sesto richiedente"), la Sig.ra M. C. N. ("il settimo richiedente") ed il Sig. A. T. L. 2 ("l'ottavo che richiede"), hanno investito la Corte il 6 agosto 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. N. P., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 4 marzo 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1952, 1954, 1921, 1930, 1953, 1950, 1926 e 1949 e risiedono rispettivamente a Reggio Calabria ed a Roma
5. I richiedenti hanno ereditato da tre persone differenti ("i de cujus") un terreno edificabile di 945 metri quadrati ubicato a Reggio Calabria e registrato al catasto, foglio 103, appezzamento 63.
6. Con due ordinanze del 31 marzo 1969 e 25 ottobre 1973, il dipartimento regionale del Ministero dei lavori pubblici, Provveditorato regionale alle opere pubbliche del Ministero dei lavori pubblici, approvò il progetto di costruzione di una scuola sul terreno dei tre de cujus.
7. Con un'ordinanza del 9 gennaio 1974, il Prefetto di Reggio Calabria autorizzò la municipalità di Reggio Calabria ad occupare di emergenza il terreno dei tre de cujus, per un periodo massimale di due anni a contare dell'occupazione materiale, in vista della sua espropriazione a causa di utilità pubblica, per procedere alla costruzione della scuola.
8. Il 20 febbraio 1974, la municipalità procedette solamente all'occupazione materiale di una parte di questo terreno, ovvero 934 metri quadrati, ed iniziò i lavori di costruzione che si conclusero il 18 settembre 1976 per ciò che riguarda la prima parte della scuola.
9. Con un atto di citazione notificato l’ 11 novembre 1982, i quattro primo richiedenti che erano gli eredi dei due primi de cujus deceduto nel frattempo, ed il terzo de cujus introdusse un'azione in danno-interessi contro la municipalità dinnanzi al tribunale di Reggio Calabria. Facevano valere che l'occupazione del terreno era illegale, per il motivo che si era prolungata al di là del termine autorizzato e che i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un'indennità. Richiedevano in particolare una somma corrispondente al valore commerciale del terreno, abbinata di interessi e rivalutazione.
10. Durante il processo, una perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il valore commerciale del terreno nel 1976, ossia al momento della sua trasformazione irreversibile, era di 93 400 000 ITL, o 100 000 ITL il metro quadrato.
11. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 3 novembre 1990, il tribunale deliberò che la proprietà del terreno era stata trasferita all'amministrazione in virtù del principio dell'espropriazione indiretta che doveva passare oramai per consolidata nell’ambito della giurisprudenza della Corte di cassazione. Tale privazione del terreno costituiva un fatto illecito che rientrava in quanto tale nel campo di applicazione dell'articolo 2 043 del codice civile, che prevedeva un termine di prescrizione di cinque anni per richiedere dei danno-interessi. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale decise che il diritto al risarcimento per la perdita del terreno doveva essere considerato come prescritto, dato che l'azione in giustizia era stata introdotta più di cinque anni dopo il 18 settembre 1976, data della trasformazione irreversibile del terreno.
12. Nel frattempo, il terzo de cujus era deceduto, i quattro ultimi richiedenti essendo i suoi eredi.
13. Con un atto notificato il 1 marzo 1991, i richiedenti interposero appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Reggio Calabria, facendo valere in particolare che il termine di prescrizione ad applicare nello specifico era di dieci anni.
14. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 31 dicembre 1991, la corte di appello accolse l'appello, facendo valere in particolare che, conformemente all'ultima giurisprudenza della Corte di cassazione in materia, il termine di prescrizione nello specifico era di dieci anni e non di cinque anni. La corte di appello condannò dunque la municipalità a versare una somma corrispondente al valore commerciale della parte di terreno che era stato occupato, indicizzato al giorno della decisione, e cioè 430 835 520 ITL, più interessi, ai richiedenti.
15. Con un atto del 4 dicembre 1992, la municipalità ricorse in cassazione, facendo valere che il termine di prescrizione nello specifico era di cinque anni e non di dieci anni.
16. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 17 aprile 1996, la Corte di cassazione accolse il ricorso della municipalità, per il motivo che, conformemente alla sua sentenza no 12 546 di 1992 resa in sezioni unite, la privazione di un terreno per effetto dell'espropriazione indiretta costituisce un fatto illecito, in quanto tale sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di cassazione annullò la sentenza della corte di appello, rinviando la causa dinnanzi alla corte di appello di Messina.
17. Con un atto di citazione notificata il 27 marzo 1997, la municipalità citò i richiedenti dinnanzi alla corte di appello di Messina, facendo valere che il loro diritto al risarcimento doveva essere considerato come prescritto, tenuto conto del termine di prescrizione di cinque anni.
18. Con una sentenza deposta alla cancelleria l’ 8 marzo 1999, la corte di appello accolse la domanda della municipalità e dichiarò che il diritto dei richiedenti all'ottenimento di un risarcimento per la perdita del loro terreno era prescritto.
19. Con un ricorso notificato il 26 aprile 2000, i richiedenti ricorsero in cassazione verso la sentenza della corte di appello di Messina.
20. Con una sentenza deposta alla cancelleria il 7 marzo 2003, la Corte di cassazione respinse i richiedenti per loro ricorso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
21. Il diritto e la pratica interni pertinenti si trovano descritti nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
23. Il Governo non solleva di eccezioni concernenti l'ammissibilità di questa lagnanza.
24. La Corte constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
25. Il Governo fa valere che nello specifico la mancanza di indennizzo per la perdita del terreno risulta dall'inerzia dei richiedenti che non hanno introdotto un'azione in danno-interessi contro la municipalità nel termine previsto dal diritto interno.
b) I richiedenti,
26. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
27. Fanno osservare che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità.
28. I richiedenti denunciano una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al loro caso per il motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
29. Inoltre, osservano che sono stati privati del loro terreno in mancanza di ogni indennizzo, in ragione dell'applicazione retroattiva alla loro causa della prescrizione in cinque anni del diritto al risarcimento.
2. Valutazione della Corte
a) Sull'esistenza di un'ingerenza
30. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
31. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene in ragione della sua trasformazione irreversibile. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della Corte di cassazione depositata alla cancelleria il 7 marzo 2003 ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, § 61, CEDH 2000-VI, e Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
32. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1, tale ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69.) Inoltre, la necessità di esaminare la domanda del giusto equilibrio può farsi non "sentire solo quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
33. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
b) Sul rispetto del principio di legalità
34. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, precitato; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità per il motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
35. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene in ragione della sua trasformazione irreversibile, essendo riuniti le condizioni di illegalità dell'occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno che il 7 marzo 2003, data in cui l'ultima sentenza della Corte di cassazione è stata depositata alla cancelleria.
36. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di trarre vantaggio di un'occupazione di terreno illegale. In altri termini, l'amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra laltro, senza che un'indennità fosse messa in parallelo a disposizione degli interessati.
37. In quanto all'indennità, la Corte constata che l'applicazione retroattiva al caso di specifico del termine di prescrizione del risarcimento ha avuto per effetto di privare i richiedenti di ogni risarcimento del danno subito.
38. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
39. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
40. I richiedenti si lamentano dell'applicazione retroattiva al caso di specifico dei principi giurisprudenziali dell'espropriazione indiretta e della prescrizione di cinque anni del diritto all'ottenimento del risarcimento ivi relativo. Invocano l'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
41. Il Governo non solleva eccezioni concernenti l'ammissibilità di questa lagnanza.
42. La Corte rileva che questa lagnanza è legata a quella esaminata sopra e deve essere dichiarata dunque anche ammissibile.
43. La Corte ha appena constatato, sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dai richiedenti non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo dei motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 35 a 39 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stato, nello specifico, violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
44. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
45. In quanto al danno materiale, i richiedenti chiedono in via principale la restituzione del terreno ed il versamento della somma di 907 965,27 EUR a titolo di indennità di occupazione e di indennità per non- godimento del terreno.
46. In via sussidiaria, nel caso in cui tale restituzione non fosse possibile, facendo particolarmente riferimento alle cause Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50) sentenza del 31 ottobre 1995, serie A no 330-B, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa) no 31524/96, 30 ottobre 2003, e Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa) no 24638/94, 11 dicembre 2003, i richiedenti sollecitano da prima il versamento di un risarcimento di 361 269,64 EUR, uguale al valore commerciale reale del terreno, così come di un'indennità di occupazione di 22 797,17 EUR.
47. In più, chiedono 885 168,10 EUR a titolo di indennizzo per il non-godimento del terreno e 277 070,54 EUR per il plusvalore portato al terreno coi lavori pubblici costruiti.
48. A titolo di danno morale, i richiedenti chiedono 160 000 EUR.
49. Infine, sollecitano il versamento di 41 703,50 EUR, più tassa sul valore aggiunto (IVA) e contributi alla cassa di previdenza degli avvocati (CPA), per gli oneri del procedimento a Strasburgo.
50. In quanto al danno materiale, il Governo contesta al primo colpo le modalità di calcolo del danno materiale adoperato nelle sentenze sulla soddisfazione equa Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, precitata, e Carbonara e Ventura c. Italia, precitata.
51. Inoltre, il Governo fa valere che le somme richieste dai richiedenti sarebbero eccessive e contesta le modalità di calcolo di queste
52. In quanto al danno morale, il Governo fa valere che tale danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il Governo sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto.
53. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno supportato la loro domanda
54. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare al merito la lagnanza tratta dall'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 16 novembre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupancic
Cancelliere Presidente