Conclusione Eccezione preliminare respinta (no-esaurimento); No-violazione di P1-1; No-violazione dell'art. 14+P1-1
Nel causa Spadea e Scalabrino c. Italia (1),
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, costituita,
conformemente all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione di salvaguardia,
dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione")
ed alle clausole pertinenti del suo regolamento A (2), in una camera
composta dai giudici di cui il nome segue:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
F. Matscher,
L. - E. Pettiti,
B. Walsh,
C. Russo,
S.K. Martens,
A.N. Loizou,
L. Wildhaber,
G. Mifsud Bonnici,
così come del Sig. H. Petzold, cancelliere,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 marzo e
1 settembre 1995,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
_______________
Note del cancelliere
1. La causa porta il n° 23/1994/470/551. Le prime due cifre
ne indicano il posto nell'anno di introduzione, le due ultime il
posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su
quella delle richieste iniziali (alla Commissione) corrispondenti.
2. Il regolamento A applicato a tutte le cause deferite alla Corte
prima dell'entrata in vigore del Protocollo n° 9 (P9) e, da questa,
alle sole cause concernente gli Stati non legate da suddetto Protocollo
(P9). Corrisponde al regolamento entrato in vigore il 1 gennaio 1983
ed emendato a più riprese da allora.
_______________
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte per la Commissione europea
dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 7 luglio 1994, nel,
termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47 (art. 32-1
art. 47) della Convenzione. Alla sua origine si trova una richiesta
(n° 12868/87) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due
Cittadini residenti all’estero di questo Stato, G. S. e la Sig.ra M.
S., avevano investito la Commissione il 15 aprile 1987 in virtù di
l'articolo 25 ( art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli 44 e 48
(art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione italiana che riconosce
la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha
per oggetto di ottenere una decisione sul punto di sapere se i fatti
della causa rivelano una trasgressione dello stato convenuto alle esigenze
degli articoli 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) e 14 della Convenzione, combinato
con la precedente disposizione (art. 14+P1-1).
2. In risposta all'invito previsto all'articolo 33 paragrafo 3 d, del,
regolamento A, gli interessati hanno manifestato il desiderio di partecipare
all'istanza. Il presidente ha autorizzato il Sig. S. ad assicurarsi la
difesa dei suoi interessi così come di quelli della Sig.ra S. ed a
adoperare la lingua italiana (articoli 27 paragrafo 3 e 30).
3. La camera da costituire comprendeva di pieno dritto Sig. C. Russo,
giudice eletto di nazionalità italiana (articolo 43 della Convenzione)
( art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente della Corte (articolo 21 paragrafo 3 b)
del regolamento A). Il 18 luglio 1994, questo ha tirato alla sorte il nome
degli altri sette membri, ossia i Sigg.. F. Matscher, L. - E. Pettiti,
B. Walsh, S.K. Martens, A.N. Loizou, L. Wildhaber e G. Mifsud Bonnici,
in presenza del cancelliere (articoli 43 in fine della Convenzione e 21
paragrafo 4 del regolamento A) (art. 43).
4. Nella sua qualità di presidente della camera (articolo 21 paragrafo 5
del regolamento A) il Sig. Ryssdal ha consultato, tramite il
cancelliere, l'agente del governo italiano ("il Governo"),
Io Spadea ed il delegato della Commissione a proposito dell'organizzazione del
procedimento (articoli 37 paragrafo 1 e 38). Conformemente all'ordinanza
resa in conseguenza, il cancelliere ha ricevuto l'esposto del Governo
il 18 gennaio 1995 e quello dei richiedenti il 31. Il delegato della
Commissione non ha presentato osservazioni scritte.
5. Il 17 marzo 1995, la Commissione ha prodotto la pratica del
procedimento seguito dinnanzi a lei; il cancelliere l'aveva invitato su
istruzioni del presidente.
6. A questa ultima data, lo S. ha indicato alla cancelleria che egli
non avrebbe assistito all'udienza.
7. Così come aveva deciso il presidente, i dibattimenti si sono
svolti in pubblico il 21 marzo 1995, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a
Strasburgo. La Corte aveva tenuto prima una riunione preparatoria.
Sono comparsi:
- per il Governo
SIGG.. G. Raimondi, magistrato distaccato al servizio
del contenzioso diplomatico del ministero
delle Cause estere, coagente,
V. Esposito,
G. Colla, magistrati distaccati al gabinetto
legislativo del ministero della Giustizia, consiglieri,;
- per la Commissione
Il Sig. B. Conforti, delegato.
La Corte ha ascoltato nelle loro dichiarazioni i Sigg.. Conforti, Raimondi,
e Colla.
IN EFFETTI
I. Le circostanze dello specifico
8. Rispettivamente avvocato e professore di università, S.
e la Sig.ra S. abitano Milano.
9. Nell'aprile 1982, acquistarono, nello scopo di farne loro
abitazione, due appartamenti contigui. Il vecchio proprietario li
aveva dato in locazione alla Sig.ra B. e la Sig.ra Z. che pagavano uno
pigione sottomessa al controllo dei poteri pubblici.
10. Per un atto notificato il 13 ottobre 1982, i richiedenti,
diedero disdetta agli inquilini dei beni in questione, intimandoli
di lasciare i luoghi alla scadenza degli affitti (il 31 dicembre 1983) ed li
assegna dinnanzi al giudice di istanza (pretore) di Milano.
11. Il 22 dicembre 1982 e 13 gennaio 1983, questo ultimo omologò
l'ingiunzione e fissò la data dell'espulsione al 31 dicembre 1984. Le
decisioni furono rese esecutive il 22 dicembre 1982 e
19 gennaio 1983.
12. Per applicazione de decreto-legge n° 12 del 7 febbraio 1985,
convertito nella legge n° 118 del 5 aprile 1985 ("la legge n° 118"), il giudice
di istanza sospese l'esecuzione delle misure di espulsione fino al
30 gennaio 1986.
13. Il 14 marzo 1986, Io S. e la Sig.ra S. impegnarono il
procedimento di esecuzione delle decisioni di espulsione, gli inquilini non essendovi
ancora conformati. Tuttavia, l'ufficiale giudiziario di giustizia incaricato
dell'esecuzione urtò a tre riprese - il 9 giugno, 9 settembre e
10 ottobre 1986 - al rifiuto delle Sig.re B. e Z. di liberare gli
appartamenti. Queste, delle persone anziane a redditi modesti,
avevano difatti chiesto alla municipalità di Milano l'attribuzione di una
abitazione a affitto moderato.
14. Il decreto-legge n° 708 del 29 ottobre 1986, convertito nella
legge n° 899 del 23 dicembre 1986, sospese l'esecuzione delle misure
di espulsione fino al 31 marzo 1987: a contare da questa data e fino al
31 marzo 1988, solo il prefetto (prefetto) poteva, in certi casi,
fare eseguire suddette misure con l'assistenza della forza pubblica.
15. Il 14 maggio, 15 giugno, 22 settembre, 9 novembre,
10 dicembre 1987 e 14 gennaio 1988, l’ufficiale giudizioario tentò in
vano di procedere all'esecuzione controversa.
16. A partire dall’ 8 febbraio 1988, l'esecuzione delle misure
di espulsione fu una nuova volta sospesa, prima fino al
31 dicembre 1988 per il decreto-legge n° 26 dello stesso giorno, convertito in
legge n° 108 del 8 aprile 1988, poi fino al 30 aprile 1989 per il
decreto-legge n° 551 del 30 dicembre 1988, convertito nella legge n° 61 del
21 febbraio 1989.
17. Nell'agosto 1988, la Sig.ra Z. decedette ed i richiedenti entrarono in
possesso di uno degli appartamenti. Il secondo fu liberato dalla Sig.ra B.
nel febbraio 1989. Nel frattempo, il 22 febbraio 1988, S. e
La Sig.ra S. avevano dovuto acquistare un altro alloggio.
II. Il diritto interno pertinente
18. Sulla base del rapporto della Commissione, la legislazione,
italiana in materia di affitti di abitazione può riepilogare così:
Da 1947, la legislazione in questione è stata segnata per
differenti interventi dei poteri pubblici, mirando il controllo degli
affitti per mezzo del blocco di questi, mitigati dagli aumenti
legali decretati ogni tanto dal Governo, così come la
proroga legale di tutti gli affitti in corso e la proroga, la
sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione forzata delle espulsioni.
1. In materia di proroga legale
L'ultima proroga legale che riguarda tutti gli affitti in
corso, salvo in certi casi limitatamente previsti dalla legge, è
quell'invalsa dalla legge n° 392 del 27 luglio 1978 fino al
31 dicembre 1982, 30 giugno 1983 o 31 dicembre 1983 secondo le date di
conclusione dei contratti di affitto.
C'è luogo di notare mentre, per ciò che riguarda gli
immobili destinati ad un uso differente dall'abitazione, la proroga,
legale degli affitti in corso previsti dall'articolo 1 paragrafo 9 bis della legge
n° 118 del 5 aprile 1985 è stata dichiarata incostituzionale tramite una sentenza
della Corte costituzionale (n° 108) del 23 aprile 1986: i limiti
legali al diritto di proprietà, prevista dall'articolo 42 della
Costituzione per assicurare le finalità sociali di questa,
permettevano di considerare legittimo la regolamentazione che impone delle
restrizioni, purché questa regolamentazione abbia un carattere
straordinario e temporaneo, ma il fatto di perpetuare tali
limitazioni erano incompatibili con la protezione del diritto di proprietà
consacrata all'articolo 42 della Costituzione.
Nella sua decisione, la Corte costituzionale ha ricordato
anche che la proroga legale degli affitti per una durata di
sei mesi, invalsa dalla legge n° 118, non poteva essere considerata
isolatamente ma nel contesto della regolamentazione di insieme degli
affitti. Si è riferita in particolare al fatto che questa proroga
prendeva il relè da altre proroghe legali e poteva essere un
punto di partenza alle nuove limitazioni all'autonomia contrattuale
in materia. Per di più, la misura perpetuava dei contratti per
quali l’affitto, nonostante gli aumenti applicabili,
conformemente all'indice dei prezzi al consumo, non era anche
approssimativamente in rapporto con la nuova realtà socioeconomica.
Di più, questa legislazione non accordava al locatore la possibilità di
ritornare in possesso dell'immobile che in caso di estrema necessità.
La Corte ha stimato anche che la legge n° 118, nella misura,
in cui prevedeva una proroga generalizzata degli affitti in corso senza
tenere conto delle differenti condizioni economiche dei locatori e
inquilini, ciò che sarebbe stato tuttavia necessario alle fini di giustizia,
sociale, contravveniva al principio dell'uguaglianza dei cittadini dinnanzi al
legge, riconosciuto per l'articolo 3 della Costituzione.
2. In materia di esecuzione forzata
Delle numerose disposizioni hanno regolamentato la proroga, la
sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione forzata delle decisioni
giudiziali ordinando agli inquilini di liberare i luoghi (ordinanze)
di sfratto.
Una prima sospensione è stata messa a posto per il decreto-legge
n° 795 del 1 dicembre 1984. Le sue disposizioni sono state riprese dal
decreto-legge n° 12 del 7 febbraio 1985, convertito nella legge n° 118 del
5 aprile 1985. Riguarda il periodo del 1 dicembre 1984 al
30 giugno 1985. Peraltro, questi testi prevedevano lo scaglionamento
dell'esecuzione forzata delle misure di espulsione, al 1 luglio 1985,
30 settembre 1985, 30 novembre 1985 o 31 gennaio 1986, seguendo la data,
alla quale il giudizio che constata la fine dell'affitto era diventato
esecutivo.
L'articolo 1 paragrafo 3 della legge n° 118 prevedeva che una tale
sospensione non si applicava quando la liberazione dei luoghi era
stata ordinata a causa di ritardi nel pagamento degli affitti. Ugualmente
nessuna sospensione poteva essere decisa nei seguenti casi:
a) quando il locatore, dopo la conclusione del contratto di
affitto, si trovava nel bisogno di destinare l'immobile al suo uso
proprio o a quello del suo coniuge o dei suoi discendenti in fila
diretta fino al secondo grado, o a titolo di abitazione, o a titolo
commerciale o professionale, o quando il locatore che aveva
l'intenzione di utilizzare i locali come previsto sopra offriva, da una
parte, al suo inquilino un immobile similare di cui l’affitto che non supera
del 20% di quello pagato era compatibile con le sue possibilità e,
d’altra parte, si impegnava a pagare gli oneri di trasloco del suo
inquilino (articolo 59, primo capoverso, numeri 1, 2, 7, 8, della
legge n° 392 del 27 luglio 1978 ("la legge n° 392"));
b) nell'ipotesi in particolare dove il locatore aveva un bisogno
urgente di ricuperare il suo appartamento per abitarvi o ospitare
i suoi bambini o i suoi ascendenti (articolo 3, primo capoverso, numeri 1, 2,
4, 5, del decreto-legge n° 629 del 15 dicembre 1979, convertito nella
legge n° 25 del 15 febbraio 1980 ("la legge n° 25")).
Una seconda sospensione è stata messa a posto per il decreto-legge
n° 708 del 29 ottobre 1986, convertito nella legge n° 899 del
23 dicembre 1986.
Riguardava il periodo dal 29 ottobre 1986 al 31 marzo 1987
e contemplava agli articoli 2 e 3 le stesse eccezioni delle
disposizioni precedenti.
Questa legge ha stabilito anche che apparteneva al prefetto di
determinare i criteri da seguire per accordare il concorso della forza
pubblica in vista di procedere all'esecuzione forzata nel caso di
inquilini ricalcitranti, su avviso di una commissione che comprende i
rappresentanti degli inquilini e proprietari.
Il paragrafo 5 bis dell'articolo 3 della legge n° 899 del
23 dicembre 1986 prevedeva anche che l'esecuzione forzata delle espulsioni
era sospesa in ogni caso fino al 31 dicembre 1987 al riguardo degli
inquilini che hanno diritto all'attribuzione di una casa popolare.
Una terza sospensione è stata messa a posto per il decreto-legge
n° 26 dell’ 8 febbraio 1988, convertito nella legge n° 108 del 8 aprile 1988.
Riguarda il periodo dall’ 8 febbraio 1988 al 30 settembre 1988 innanzi tutto,
poi da questa ultima data al 31 dicembre 1988.
Una quarta sospensione è stata messa a posto per il decreto-legge
n° 551 del 30 dicembre 1988, convertito nella legge n° 61 del
21 febbraio 1989, fino al 30 aprile 1989. Nelle regioni toccate per
delle calamità naturali la sospensione andava fino al
31 dicembre 1989.
Questa legge prevedeva anche, salvo in caso di necessità,
lo scaglionamento della concessione del concorso della forza pubblica per
l'esecuzione delle espulsioni su un periodo di quarantotto mesi, a
contare del 1 gennaio 1990, e creava una commissione prefettizia
incaricata di fissare le precedenze nella concessione del concorso della forza
pubblica.
L'insieme di queste leggi e decreti conteneva per di più delle
disposizioni concernenti il finanziamento di case popolari ed gli
aiuti all'alloggio.
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
19. S. e la Sig.ra S. hanno investito la Commissione il
15 aprile 1987. Si lamentavano:
a) di un attentato ingiustificato al loro diritto di proprietà,
articolo 1 del Protocollo n° 1, (P1-1);
b) di ciò che l'applicazione della legislazione in questione aveva,
provocato una discriminazione tra proprietari di immobili ad uso
di abitazione ed inquilini, così come tra i primi ed i
proprietari di immobili destinati ad altri usi, articoli 14 della
Convenzione e 1 del Protocollo n° 1, combinati ( art. 14+P1-1);
c) della mancanza di ogni controllo che soddisfa le esigenze dell’articolo
6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione in quanto all'esercizio per
il prefetto del suo potere discrezionale tra il 31 marzo 1987 ed i
8 febbraio 1988.
20. La Commissione ha dichiarato la richiesta (n° 12868/87) accettabile il
5 aprile 1993 in quanto alle prime due lagnanze e ha respinto, per difetto
manifesto di fondamento, la lagnanza derivata del mancata osservanza dell'articolo 6,
paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione. Nel suo rapporto del 9 maggio 1994
(articolo 31) (art. 31) conclude che non vi è stata violazione né dell’articolo
1 del Protocollo n° 1 (P1-1) (ventuno voci contro due)
né dell'articolo 14 della Convenzione, composto con l'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (art. 14+P1-1) (ventidue voci contro una). Il testo
integrale del suo avviso e delle due opinioni dissidenti che lo
accompagnano figura qui accluso con la presente sentenza (1).
_______________
1. Nota del cancelliere: per le ragioni di ordine pratico non vi figurerà
che nell'edizione stampata, volume 315-B della serie A delle
pubblicazioni della Corte, ma ciascuno se lo può procurare presso la cancelleria
_______________
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
21. Nel suo esposto, il Governo ha chiesto alla Corte di
dichiarare la richiesta irricevibile per non-esaurimento delle vie di
ricorso interne e, a titolo sussidiario, di giudicare che non si è avuto
infrazione né dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) né dell’articolo
14(art. 14) della Convenzione.
IN DIRITTO
I. SULL'OGGETTO DELLA CONTROVERSIA
22. I richiedenti invocano dinnanzi alla Corte, oltre gli articoli 1,
del Protocollo n° 1( P1-1) e 14 della Convenzione, composto con la
precedente disposizione ( art. 14+P1-1) l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1)
della Convenzione.
Secondo la Corte, questa ultima lagnanza esce tuttavia della cornice della
causa come l'ha delimitato la decisione della Commissione
sull’ammissibilità (vedere in particolare, mutatis mutandis, la sentenza Brincat
c. Italia del 26 novembre 1992, serie a n° 249-a, p. 10, paragrafo 16).
II. SULL'ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
23. Il Governo eccepisce, come già dinnanzi alla Commissione, il
non-esaurimento delle vie di ricorso interni. S. e
La Sig.ra S. avrebbero trascurato di sollevare dinnanzi al giudice di istanza
la questione della legittimità costituzionale delle disposizioni
legislative controverse. Inoltre, avrebbero omesso di attaccare
dinnanzi alla giustizia amministrativa le misure del prefetto relativo
alla concessione dell'assistenza della forza pubblica nella cornice del
procedimento di espulsione.
24. A proposito della prima parte dell'eccezione, la Corte,
ricorda che nel sistema giuridico italiano un individuo non gode
di un accesso diretto alla Corte costituzionale per invitarla a verificare
la costituzionalità di una legge: ha l’unica facoltà di investirla, a
richiesta di una parte in causa o d’ufficio, una giurisdizione che conosce il fondo
di una causa. Da allora, uguale domanda non saprebbe analizzarsi in uno
ricorso incui l'articolo 26 (art. 26,)esige l'esaurimento (vedere, mutatis,
mutandis, le sentenze Brozicek c. Italia del 19 dicembre 1989, serie a
n° 167, p. 17, paragrafo 34, e Padovani c. Italia del 26 febbraio 1993,
serie a n° 257-B, p. 19, paragrafo 20).
La seconda anta dell'eccezione non resiste neanche
all'esame. Gli articoli 59 della legge n° 392, 3 del legge n° 25 e 1
della legge n° 118 prevedono che la sospensione dell'esecuzione costretta delle
espulsioni non si applica in particolare nel caso in cui il proprietario ha un
bisogno urgente di ricuperare il suo bene per ospitare la sua famiglia o
nell'ipotesi di ritardi nel pagamento dell’affitto da parte dell'inquilino
(paragrafo 18 sopra). È unicamente in questa cornice che il
prefetto è competente per accordare l'assistenza della forza pubblica.
Ora S. e la Sig.ra S., non assolvendo le condizioni,
richieste dalle disposizioni suddette, non potevano
rivolgersi al prefetto per chiedere l'aiuto della polizia o, in caso di
rifiuto, alle giurisdizioni amministrative per contestare la sua decisione.
Un tale mezzo era privato di ogni fortuna di successo dunque.
25. In conclusione, l'eccezione deve essere respinta.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
(P1-1)
26. Secondo i richiedenti, l'impossibilità prolungata di ricuperare,
i loro due appartamenti, risultante dell'applicazione delle disposizioni
legislative di emergenza in materia di affitti di abitazione, ha portato
attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, consacrato
dall’'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1), così formulato,:
"Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto di
i suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che per
causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste per
la legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al
diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi
che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni
conformemente all'interesse generale o per assicurare il pagamento
delle imposte o di altri contributi o delle multe."
A. la regola applicabile
27. L'articolo 1 (P1-1) garantisce in sostanza il diritto di
proprietà. Contiene tre norme distinte: la prima che si
esprime nella prima frase del primo capoverso (P1-1) e riveste un
carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; il
secondo, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso (P1-1), mira
la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; quanto
alla terza, registrata nel secondo capoverso (P1-1), riconosce
agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l'uso,
dei beni conformemente all'interesse generale e mettendo in vigore le
leggi che giudicano necessarie a questo fine. Non si tratta per
tanto di regole prive di rapporto tra esse: la seconda ed il
terzo hnnoa munto agli esempi particolari di attentati al diritto
di proprietà; da allora, devono interpretarsi alla luce del
principio consacrato dalla prima (vedere in particolare il sentenza Mellacher e
altri c. Austria del 19 dicembre 1989, serie a n° 169, pp. 24-25,
paragrafo 42).
28. La Corte nota con la Commissione che non si è avuto, nello specifico,
né espropriazione di fatto né trasferimento di proprietà. I richiedenti
si conservavano sempre la possibilità di alienare i loro beni e percepivano
regolarmente gli affitti. L'applicazione delle misure controverse che hanno
provocato il mantenimento degli inquilini negli appartamenti si analizza
senza dubbio, in una regolamentazione dell'uso dei
beni. Da allora, il secondo capoverso dell'articolo 1 (P1-1) gioca
all'occorrenza.
B. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso (P1-1)
29. Il secondo capoverso (P1-1) lascia agli Stati il diritto di adottare
le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni
conformemente all'interesse generale.
Simili leggi sono particolarmente frequenti nel
campo dell'alloggio che occupa un posto centrale nelle politiche
sociali ed economiche della nostra società moderna.
Nella messa in opera di tali politiche, il legislatore
deve godere di una grande latitudine per pronunciarsi tanto sull'esistenza
di un problema di interesse pubblico ricorrente una regolamentazione che sul
scelta delle modalità di applicazione di questa ultima. La Corte rispetta
il modo in cui concepisce gli imperativi dell'interesse generale, salvo
se il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole
(sentenza Mellacher ed altri precitati, pp. 25-26, paragrafo 45).
1. Scopo dell'ingerenza
30. I richiedenti contestano la legittimità dello scopo delle leggi in
causa; in sostanza, la politica cieca dello stato convenuto in
materia di alloggio è l’unica responsabile della penuria di locali in affitto
moderato che ha toccato e tocca ancora soprattutto le grandi città del
penisola italiana. Il Governo sarebbe senza diritto adesso a
giustificare le misure legislative di emergenza facendo appello
all'interesse generale.
Stabilendo un confronto tra le ragioni invocate
dall'Italia dinnanzi agli organi della Convenzione al riguardo del rispetto
della regola del termine ragionevole, articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) e queste
concernenti la presente causa, gli interessati invitano la Corte a
respingere queste ultime al motivo che qui anche la lentezza e l'inerzia
dello stato sarebbe inaccettabile.
31. Con la Commissione, la Corte osserva che le misure
legislative che hanno sospeso le espulsioni durante il periodo
1984-1988 ubbidivano alla necessità di fare fronte al numero alzato di
affitti venuti a scadenza in 1982 e 1983, così come per la preoccupazione di
permettere agli inquilini riguardati di rialloggiarsi nelle condizioni
adeguate o di ottenere delle case popolari.
Procedere simultaneamente a tutte le espulsioni avrebbe senza alcun
dubbio trascinato dell'importanti tensioni sociali e messa in pericolo dell'ordine
pubblico.
L'affermazione dei richiedenti secondo la quale la politica
dello stato in materia di alloggio sarebbe male concepita, non si fonda solamente
sulla penuria persistente di alloggi ad affitto moderato; da allora, il
parallelo che stabiliscono con l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) è
inaccettabile. Difatti, mentre l'articolo 6 paragrafo 1(art. 6-1) esige
la celerità dei procedimenti, i governi non sono tenuti ad una
tale obbligo nel campo della casa popolare.
32. In conclusione, la legislazione contestata inseguiva un scopo
legittimo conforme all'interesse generale, siccome lo vuole il secondo capoverso
dell'articolo 1 (P1-1).
2. Proporzionalità dell'ingerenza
33. Come la Corte l'ha sottolineato nella sentenza Mellacher ed altri
Precitato (p. 27, paragrafo 48) il secondo capoverso dell'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1) si deve leggere alla luce del principio consacrato
dalla prima frase dell'articolo (P1-1). Di conseguenza, una misura
di ingerenza deve predisporre un giusto equilibro tra le esigenze
dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia
dei diritti fondamentali dell'individuo (vedere, tra altri, la sentenza,
Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie a n° 52,
p. 26, paragrafo 69). La ricerca di simile equilibrio si riflette nel
struttura dell'articolo 1( P1-1) tutto intero (ibidem) dunque anche
nel secondo capoverso (P1-1). Deve esistere un rapporto ragionevole di
proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato (sentenza James,
ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie a n° 98, p. 34,
paragrafo 50).
34. Gli interessati trovano sproporzionati l'ingerenza in
questione. Se ammettono che gli inquilini avevano diritto ad una
protezione sociale rinforzata, a causa della loro età e redditi, essi,
non accettano il fatto di avere dovuto sopportare durante i lunghi anni
le scelte politiche dello stato italiano nel campo dell'alloggio,
scelta che giudicano erronee. Al posto di bloccare gli affitti e di
prorogare la validità degli affitti in corso fino nel 1983 per accorgersi
alla fine che bisognava sospendere e scaglionare le espulsioni, le
autorità italiane avrebbero dovuto adottare delle misure che mirano
l'introduzione sul mercato immobiliare di appartamenti adeguati ai
prezzi ragionevoli.
35. Secondo il Governo, se è vero che i richiedenti non hanno
potuto ricuperare i loro beni che in agosto 1988 e febbraio 1989, l'ingerenza,
che denunciano saprebbe non passare per sproporzionata, tenuto conto
di ciò che i poteri pubblici si sempre sono sforzati, in un
campo tanto sensibile, di predisporre un giusto equilibrio tra gli
interessi in causa.
36. La Corte nota che la crisi dell'alloggio costituisce un fenomeno
quasi generale per le società moderne.
Per ovviare a questo problema, il governo italiano ha adottato
una serie di misure di emergenza destinate, da una parte, a controllare gli
aumenti degli affitti per mezzo di blocchi temperati tramite rialzi
puntuali e, d’altra parte, a prorogare la validità degli affitti in corso.
La situazione italiana si è complicata quando l'industrializzazione delle
grandi città del Nord del paese esercitarono una forte attrazione sulla
popolazione delle regioni più sfavorite e delle campagne in
generale.
37. Negli anni 1982 e 1983, quando l'ultima proroga
legale, introdotta dalla legge n° 118, venne a scadenza, lo stato italiano,
considera necessario di ricorrere alle disposizioni di emergenza che mirano alla
proroga, la sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione costretta delle
decisioni giudiziali che ordinano la liberazione degli immobili per gli
inquilini. Queste misure predisponevano tuttavia delle eccezioni in virtù
dalle quali, in particolare, i proprietari che avevano un bisogno urgente
di ricuperare i loro immobili o che non percepivano gli affitti
scaduti, potevano ottenere l'esecuzione delle espulsioni con l'assistenza
della forza pubblica.
38. Per determinare se suddette disposizioni erano
proporzionate allo scopo perseguito - proteggere gli interessi degli inquilini
a deboli redditi ed evitare ogni rischio di agitazione dell'ordine pubblico -,
la Corte stima, con la Commissione, che c'è luogo di ricercare se,
nello specifico, il trattamento riservato agli inquilini di Spadea e
della Sig.ra Scalabrino ha permesso il mantenimento dell'equilibrio tra gli interessi
in causa.
39. Nell'occorrenza, il solo motivo all'origine delle espulsioni
controverse era la scadenza degli affitti degli appartamenti in controversia,
nessuna eccezione alla regola della sospensione delle esecuzioni che non giocano
al riguardo dei richiedenti. Inoltre, la Sig.ra Z. e la Sig.ra B., delle persone,
vecchie ai redditi modesti, si erano rivolte alla municipalità di
Milano per potere beneficiare di case popolari.
40. Certo, i richiedenti dovettero acquistare un altro alloggio e non
si riprendono i loro beni che in seguito al decesso della prima
inquilina e della partenza volontaria della seconda (paragrafo 17
sopra).
Tuttavia, avuto riguardo allo scopo legittimo ricercato, le misure
legislative adottate dallo stato italiano e criticate dagli
interessati saprebbero non passare per sproporzionate tenuto conto
dell margine di valutazione predisposto dal secondo capoverso dell'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1).
3. Conclusione
41. La Corte conclude dal momento che adottando delle misure di emergenza
il legislatore italiano poteva stimare ragionevolmente, considerando la
necessità di predisporre un giusto equilibro tra gli interessi della
comunità ed il diritto dei proprietari e dei richiedenti in
particolare, che mezzi scelti convenivano per raggiungere lo scopo
legittimo perseguito. Considera che la restrizione all'uso
dei loro appartamenti, subiti dal Sig. Spadea e dalla Sig.ra Scalabrino in virtù,
di suddette disposizioni, non era contrario alle esigenze del secondo
capoverso dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1). Non c'è stato dunque
violazione di questo (P1-1).
IV. Sulla Violazione Addotta Dall'articolo 14 Della Convenzione,
Combinato Con L'articolo 1 Del Protocollo N° 1( art. 14+P1-1)
42. Ai termini dell'articolo 14, art. 14, della Convenzione,
"Il godimento dei diritti e libertà riconosciuto nella
(...) Convenzione deve essere assicurato, senza nessuna distinzione,
fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua,
la religione, le opinioni politiche o tutti altri
opinioni, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a
una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita o tutta
altra situazione."
43. Secondo i richiedenti, l'articolo 14 della Convenzione, composto,
con l'articolo 1 del Protocollo n° 1 (art. 14+P1-1) si trova infranto
per le leggi in causa, per quanto queste proteggono gli
inquilini al danno dei proprietari e soprattutto i proprietari
di immobili ad uso altro che l'abitazione al danno dei
proprietari di immobili ad uso di abitazione.
44. Il Governo aderisce all'avviso della Commissione che
conclude alla mancanza di violazione dell'articolo 14 (art. 14).
45. La Corte prima ricorda che, secondo la sua giurisprudenza,
l'articolo 14 (art. 14) vieta di trattare in modo differente, salvo
giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste in
materia in situazioni comparabili. Una lagnanza derivata da questo
(art. 14,)non saprebbe prosperare dunque che se, in particolare, la situazione
della vittima pretesa si rivela comparabile a quella di persone
trattate meglio (sentenza Fredin c. Svezia (n° 1) del 18 febbraio 1991, serie a
n° 192, p. 19, paragrafo 60).
46. In ciò che riguarda la prima parte della lagnanza, la Corte nota
che solleva la questione della proporzionalità delle misure di emergenza
controverse rispetto al loro scopo, esaminata già sotto l'angolo
dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) (paragrafi 33-41 sopra).
In quanto alla differenza di trattamento rispetto ai
proprietari di immobili ad uso altro che l'abitazione, la Corte,
considera che la distinzione tra queste due categorie di persone ai
fini dell'esecuzione forzata delle espulsioni sia obiettiva e ragionevole
avuto riguardo allo scopo della legge - la protezione degli inquilini nella cornice
di una crisi grave dell'alloggio - ed all'utilizzazione dei beni - locazione
ai fini di abitazione, da una parte, ed uso particolarmente commerciale, dall'altra.
47. In conclusione, non c'è stata, nello specifico, violazione
dell'articolo 14 della Convenzione, composto con l'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (art. 14+P1-1).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge l'eccezione preliminare del Governo;
2. Dice che non c'è stata violazione dell'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1);
3. Dice che non c'è stata violazione dell'articolo 14 del
Convenzione, composto con l'articolo 1 del Protocollo n° 1
( art. 14+P1-1).
Fatta in francese ed in inglese, poi pronunciatain udienza,
pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, il,
28 settembre 1995.
Firmato: Rolv RYSSDAL
Presidente
Firmato: Herbert PETZOLD
Cancelliere